Solite note.
- L'orologio beh, si capisce :) La "sveglia" e l'altro optional di cui
parlo sono mie invenzioni. Tenetele a mente *cough*
- Questa storia, come sapete, in linea di massima non tiene conto
dell'ottava stagione. Non per questo ho ignorato l'incredibile
somiglianza tra Drax e un certo personaggio incontrato su un treno,
comunque, e ho voluto accennare a questa mia teoria nel presente
capitolo.
Ma la vera domanda è: di cos’è
fatta la bistecca della mensa? No, davvero. Ci dicono che è di
cinghiale, ma la verità è ben più triste, ahimè. È costituita di una
lega speciale che ha inventato il professore di Ingegneria nel suo
laboratorio. Onore a lui per aver creato il non masticabile.
- BEAUREGLAMMORTH! HAI APPENA FIRMATO LA TUA
PRIMA INSUFFICIENZA DEL SEMESTRE! - sbraitò Drax, minacciando
l’altoparlante con la sonda che teneva in mano. - Perché devo finirci
sempre io nelle barzellette?
- Te le vai a cercare, però... - rise Kedred.
- Nessuno ti ha chiesto di sintonizzarti sulla radio clandestina degli
studenti!
E ora passiamo a notizie più piacevoli: sono ora disponibili
per il download immediato gli appunti delle ultime lezioni di
Intolleranza Avanzata. No, un momento, mi dicono qui che il nome
ufficiale è Civiltà Comparate…
- Questa non è più una barzelletta, è un
suicidio. Per il sangue dei Vampiri, mi faranno diventare pazzo! -
Mollò gli strumenti e si precipitò fuori dalla stanza, e quasi si
scontrò con Thistle che entrava in quel momento. - Voi! Come vi hanno
cresciuti, a pane e comizi sindacali?
- Professore, che succede? - reagì lei, ma
Drax era già in fondo al corridoio, imprecando e rischiando di
inciampare nelle sue stesse scarpe. - Di chi stava parlando?
Kedred sospirò, indeciso se seguire il
collega, ma si risolse a restare e spiegarle la situazione.
- Abbiamo crackato il segnale radio della
vostra emittente per così dire segreta. Ascolta, noi possiamo anche
condividere alcune delle cose che dice tuo Cugino, ma dovrebbe essere
più prudente. Si viene espulsi per molto meno.
- La ringrazio di essere sincero con me.
- Oh… oh, sciocchezze. - Eppure non era una
sciocchezza. Alcuni suoi coetanei stavano passando l’inferno in quegli
anni di avviamento dei Corsi Superiori, specialmente chi aveva scelto
una materia il cui insegnante era particolarmente severo. Non era
semplice nemmeno per lei, chiaro, c’erano da imparare un mucchio di
cose e non sempre era stata sicura delle proprie capacità, ma faceva
sempre del suo meglio e si sentiva riconosciuta, apprezzata persino
trattata alla pari, qualche volta... come in quel preciso momento. No,
non era affatto una sciocchezza, era qualcosa di estremamente prezioso.
- Ma Morth non è l’unico a gestire la radio.
Ci sono studenti di un po’ tutte le età, alcuni della classe di Jack.
- Fantastico - borbottò lui, sarcastico,
ravviandosi i capelli con un gesto nervoso che non gli era abituale. -
Ora devo anche preoccuparmi…
- No, cos’ha capito? Naturalmente Ash non si
andrebbe ad impelagare in una faccenda simile.
Kedred sospirò. - No, suppongo di no. Quello
che vorrei capissero è che non si risolve nulla in questo modo. Non
siamo stati invasi dai Dalek, abbiamo semplicemente un governo
conservatore che viene puntualmente rieletto, con piccole modifiche.
Dobbiamo continuare a contrastarli con le armi della democrazia, questo
sì… ma istigare una rivolta qui all’Accademia non è la soluzione.
- E io la penso come lei. Ma non posso dar
loro contro, mi vedrebbero come una nemica.
- Non te lo chiederei mai. Dopotutto,
conosciamo la loro base. Sappiamo anche chi ha procurato le
apparecchiature… ma fino ad oggi non abbiamo ritenuto necessario
intervenire. Loro ascoltano, figurati, ma finché si tratta di battute
innocenti lasciano correre, sai, l’utilità delle valvole di sfogo...
Poco fa però è stato varcato un confine. - Abbassò la testa e diede un
sospiro secco.
Thistle si sedette accanto a lui, aspettando
che riprendesse a parlare.
- Sai perché questa si chiama Accademia di
Prydon?
Le sembrò una domanda retorica e ne fu
imbarazzata, immaginando ci fosse un trabocchetto, ma rispose
ugualmente. - Perché… la frequentano i Prydoniani?
- Esatto, Thistle. Per questo, ma per nessun
altro motivo. Non si insegna qualcosa di diverso dalle altre scuole sul
pianeta. I programmi didattici arrivano direttamente da una commissione
apposita del Consiglio. Ed è quando ci si inizia a ribellare a questo,
ecco, che si può sembrare pericolosi. Tutto ha inizio nella propria
Casa, è vero, ma è qui che si diventa un Signore del Tempo...
- Tutto sta nel capire quale genere di
Signore del Tempo si vuole diventare. - Aveva pensato ad alta voce?
Oppure gli aveva trasmesso senza volerloi propri pensieri? Doveva fare
qualcosa a riguardo. L’espressione di lui era troppo…
- Sai, sono onorato di averti qui, ma a volte
penso che tu sia troppo intelligente per questo lavoro.
Lei arrossì un poco, ma mantenne il
controllo. - Non ho mai sognato di diventare avvocato o Governante o
Lord Presidente. Mi piace quello che faccio, altrimenti non l’avrei
scelto.
Si sentiva molto fiera di sé mentre
pronunciava queste parole, distaccata e pratica come era giusto che
fosse.
Lui sembrò ravvivato da quell’entusiasmo. -
Splendido! A proposito, mettiamoci all’opera. Pronta per il collaudo?
- Io sì, ma… quindi ci siamo.
- I risultati dei test virtuali si sono
rivelati positivi, non vedo perché dovremmo attendere. L’ultima volta
che sei salita su una TARDIS?
- Non me lo ricordo. E se mi chiedi da quanto
non torno a casa, la risposta è la stessa. Sono una pessima figlia,
credo.
Kedred non lasciò trapelare cosa pensasse del
suo atteggiamento nei riguardi della famiglia. Non era così indelicato
da immischiarsi. - Concentrati, su. Te l’ho chiesto perché serve una
quantità notevole di Particelle Huon per effettuare una prova
funzionale. Potremmo prima andare a fare un giro per caricarci.
- Un giro in nome della scienza, mi sembra
equo - sorrise lei, ma dentro di sé ripeteva: “No, stupida, non è un
appuntamento”.
Non ci fu niente di scientifico nella gita di
quel giorno. Noleggiarono una vecchia slitta su Polarfrey, congelandosi
allegramente il fondoschiena perché il sistema di riscaldamento non
funzionava, poi si abbuffarono all’inaugurazione di un ristorante
turistico su Razithi e brindarono ad un matrimonio nella città degli
Stranieri, in pieno deserto. Quando furono davvero stanchi e abbastanza
carichi di particelle, tornarono in laboratorio e per i primi tre
secondi tentarono invano di ristabilire un contegno, poi scattarono
verso il Riciclatore:
- Presto, prima che si disperdano!
Kedred entrò per primo, mentre lei
controllava i livelli di energia in trasferimento. Non erano eccelsi, a
dire la verità. Ne avrebbero raccolta una quantità maggiore viaggiando
propriamente nello spazio-tempo, ma non era ancora sicuro farlo senza
rischiare di scivolare. Altro che slittino
scalcagnato.
- Puoi entrare tu, adesso. Su, su,
confrontiamo dopo le misurazioni.
Era allegro ed eccitato e le sorrise
attraverso la parete trasparente, ma d’improvviso si rabbuiò e
gesticolò per dirle di uscire.
- Cosa succede?
Kedred sospirò di sollievo, quando lei fu al
sicuro fuori dal Riciclatore. - Thistle… avrei dovuto accorgermene
prima.
Le appoggiò le braccia sulle spalle,
terribilmente vicino, terribilmente giusto e sbagliato e delicato e
forte, con entrambe le mani le sfiorò il collo e strinse le labbra come
per concentrarsi su qualcosa.
"Sta per baciarmi,"
pensò lei improvvisamente, ed ebbe un capogiro… i suoi cuori battevano
così forte che temette potessero scoppiare. "Sta per baciarmi
proprio come quella volta ha baciato Jenny e non voglio essere una
delle tante, devo capire, ho bisogno di capire..."
- Ecco fatto.
Quando si staccò da lei, teneva in mano la
sua collana e gliela consegnò. - Forse hai sempre letto le regole del
laboratorio come favole della buonanotte, ma avranno pure un
fondamento, no? Se questa rimane incastrata negli aspiratori rischia di
esplodere tutto con te dentro, e non potrei mai perdonarmelo. Tienila
nell’armadietto, d’ora in poi.
- Grazie, lo farò. Le chiedo scusa. - rispose
lei in un soffio, mentre il calore che le era salito alle guance si
trasformava in gelo. Su una scala da zero a infinito, quanto si sentiva
sciocca? Sarebbe più riuscita a guardarlo in faccia senza desiderare di
sprofondare? Ma soprattutto, gli erano arrivati i suoi pensieri
distorti e inadeguati?
- Oh, perdonami tu, non avrei dovuto invadere
il tuo spazio. Mi è venuto naturale, ma avrei semplicemente potuto dirti
di toglierla. Scusami, davvero. Mi sono solo spaventato, ecco.
Decisamente, aveva equivocato ogni cosa.
Più tardi, consultò la bacheca delle lezioni
di recupero serali, trovando l’orario e l’aula in cui si teneva
Disciplina Mentale. Non avrebbe più rischiato di esporsi in quel modo.
Mentre loro due saltellavano da un confine
all’altro di Kasterborous, Drax aveva somministrato una lavata di capo
ai responsabili della radio. Se Morth era lo speaker e probabilmente
l’autore dei testi, la logistica era specialità del famigerato
Blynexus, l’incubo di ogni suo collega sin da quando aveva otto anni.
Non sperava che la chiudessero e non aveva
nemmeno requisito le attrezzature; si sarebbe sentito molto ipocrita a
fare qualcosa del genere, ma sperava di essere riuscito a convincerli
che, continuando così, si stavano mettendo seriamente nei guai.
- E mettete nei guai anche me, se si viene a
sapere che vi stavo coprendo!
Morth si era offeso, alzando un sopracciglio
mentre sosteneva il suo sguardo senza alcun timore. - Oh, se è di
questo che ha paura, non lo sapranno da me.
Ormai, più che arrabbiato, era rassegnato.
La questione della mancanza di autorità era
molto più radicata nel tempo e nella sua natura. Semplicemente non
faceva mai nulla per essere preso sul serio. Da un lato, la percezione
che gli altri avevano di lui gli consentiva un certo margine di
libertà, dall’altro, nei momenti di sconforto, gli mostrava un vuoto
quasi insopportabile.
Non sperava mai più di conquistare Romana, e
non perché lei fosse, come un tempo, un bel sogno irraggiungibile… al
contrario, erano più vicini e in confidenza, e il tempo aveva addolcito
la forma di quell’ossessione al punto che ormai avrebbe con facilità
potuto strappare il velo che ancora gli copriva gli occhi, rallentare i
battiti dei suoi cuori, rendere i propri pensieri asciutti come il
deserto attorno alle rovine di Arcadia. Ma non voleva farlo. Non aveva
voluto rinunciare ad un sentimento che ancora lo faceva sentire vivo,
in un modo o nell’altro.
Da qualche tempo, comunque, le sfuggiva.
Giocava d’orgoglio, boicottava anche la minima speranza soffocandola di
ironica amarezza. Per contro, Kedred era diventato uno dei punti fermi
nella sua vita.
Ancora lo sconcertava quella sua purezza
d’animo, l’incapacità di covare rancore o di ribellarsi. E non era
vigliaccheria, oh, se c’era qualcuno che poteva chiamare vigliacco era
se stesso… no, Kedredaselus era soltanto un bellissimo enigma che pian
piano iniziava a svelarsi, smuovendogli stupore senza tuttavia deludere
l’idea fondamentale che si era fatto di lui.
- Sai come ho fatto a sopravvivere durante la
Guerra del Tempo? - si sentì chiedere quella sera.
Non aveva mai manifestato curiosità sul suo
passato, e nemmeno ne aveva più parlato con il Dottore. Aveva sempre
sperato che prima o poi, se avesse coltivato quell’amicizia con cura,
sarebbe stato ripagato della più completa fiducia. Quella sera il vuoto
che l’aveva sempre accompagnato si colmò un poco, per la prima volta.
- Mhhhm, vediamo… ti stavi ancora
specializzando qui all’Accademia, suppongo.
- Qui? Oh no, no. Sono più vecchio di quanto
tu creda. Prima che Lord Rassilon tornasse al potere, Lady Romana si
mise in testa di proteggermi. Costrinse la mia famiglia a tenermi al
sicuro, nonostante mi odiassero, in cambio della libertà di restare
ancorati ai loro valori antiquati.
Drax fischiò. - Potessi rigenerarmi in questo
istante…
- Non scherzare su queste cose. Il punto è:
ho vissuto per troppo tempo rinchiuso, cercando di impedire alle TARDIS
dei miei Cugini caduti in guerra a non lasciarsi morire a loro volta…
erano quanto di più simile a degli amici potessi avere. Erano gusci
antiquati che non avrebbero mai più volato, che avevano sentito
echeggiare gli ultimi rantoli del Signore del Tempo a cui erano
appartenute e spegnevano una ad una le loro interfacce, restringendosi
all’essenziale, ad un cubo senza entrate… mentre a me succedeva più o
meno la stessa cosa, anche se non smettevo mai di tentare, di dar loro
coraggio fino alla fine. Non sono cresciuto, solo solo invecchiato e
quasi non mi sono accorto di essere sul punto di rigenerarmi... mi ero
perso nel ricordo di mia madre, proprio come quelle navi, non speravo
più in un futuro diverso. Quando tutto è finito e ricominciato ero una
persona nuova in un mondo nuovo, non sapevo che fare di me. Ma Lady
Romana non mi aveva dimenticato, e mi sembrò incredibile. Mi ha
permesso di svolgere un lavoro che mi piaceva, di diventare
indipendente… e poi mi ha mandato da te.
Drax si sentì davvero molto piccolo, molto
meschino. Nessuno, prima di quel momento, l’aveva mai lasciato entrare
così in profondità nel proprio intimo. Era così intenso, quasi
insopportabile, provare la sofferenza di qualcun altro. Anche peggio di
quando aveva vegliato il Dottore durante la sua lotta contro il gelo, e
tuttavia non era una sensazione di puro dolore: c’era tanta bellezza,
tanta luce.
- Oh, questo me lo ricordo bene. La spia
presidenziale. - Fece di tutto per non mostrarsi commosso, perché
talvolta la solidarietà può sembrare compassione e non era il caso di
lasciare spazio agli equivoci, non ora che gli veniva concessa così
tanta fiducia. - Al punto non ci sei arrivato davvero, però, o mi
sbaglio? - Lo invidiava. In quel momento stava sognando di rinascere e
diventare lui, di provare la sua malinconica pace…
- Drax, ci sto arrivando, non è facile. Non
sono più un ragazzino. Ma non sono nemmeno un uomo saggio. Sono…
qualcosa a metà. Ci sono ancora esperienze che non ho mai vissuto. Mi
succede qualcosa di nuovo. Ma a volte penso sia troppo tardi, o troppo
presto, comunque che dovrei frenarmi…
- No, non parlare così. - Drax gli circondò
le spalle con un braccio in una stretta amichevole. - Hai una cotta per
Thistle, vero?
Kedred saltò su come se avesse appena visto
un cinghiale a strisce caricare verso di lui. - Come osi?
- Oso. Oso pensare che potresti essere felice
e non rassegnarti alla cinica solitudine come ho fatto io. Oso dire che
te lo meriti.
- Sarei un depravato se pensassi in
quel modo ad una studentessa minorenne.
- Tra vent’anni sarà diplomata e sarai libero
di dirle cosa provi! Pensi che saremmo qui a fare questo discorso se
pensassi minimamente che tu intenda mancarle di rispetto? Ho fiducia in
te, nella tua buona fede. Sei un bravo ragazzo, ascolta questo buffone
e non preoccuparti troppo.
- Grazie, - sospirò Ked infine, sorpreso e
sollevato. - Ti prego di non parlarne al Dottore… per ora.
- Per chi mi hai preso, per quella linguaccia
di Damon? Gliene parlerai tu, se e quando verrà il momento. Per me il
discorso è chiuso, non ne so niente!
Rimasero un po’ in silenzio.
- E tu… come sei sopravvissuto, invece? -
Raccontare sembrava averlo svuotato, rubandogli il colore dal volto.
- Sei proprio sicuro di volerlo sapere?
Kedred annuì, rivolgendogli uno sguardo
franco e mostrandogli di essere libero da ogni pregiudizio.
- Allora. Eravamo stati richiamati da ogni
angolo dell’Universo. Rassilon sapeva quali tasti toccare per
convincerci… ma non riuscì con tutti. Alla fine, alcuni di noi
riuscirono a fuggire. Racconto sempre di essere stato in un’altra
dimensione, ma è una balla pura e semplice. Dicono che una bella
cravatta riesca a toglierti dagli impicci, ma anche l’orologio giusto
può essere molto utile - ammiccò, battendosi sulla tasca. - Il Maestro
ne aveva uno quasi uguale, ma scommetto che non aveva la sveglia, e
nemmeno il regolatore dello stadio di crescita. Dovevo
mettere la sveglia, capisci? Altrimenti arrivi a novant’anni e muori
nel sonno o qualcosa del genere. Sì, gli umani sono creature piuttosto
fragili, ma quando non ricordi di essere un Signore del Tempo non senti
nostalgia, fondamentalmente. Hai qualche vaga risonanza, ti ricordi
come aggiustare un banco di memoria, provi simpatia per qualcuno che
credi di non aver mai visto prima, cose del genere. Comunque, me la
sono spassata. Ho lavorato sull’Orient Express, ho vagabondato per
l’Impero Terrestre facendo il calderaio ambulante e ad un certo punto
ho avuto una fidanzata con la coda. Gran bella coda.
- Figo, - sorrise Kedred. Si sentiva davvero
molto stanco; forse era colpa del clima di Polarfrey, dello spavento
preso durante il collaudo o del troppo parlare di ricordi non certo
piacevoli. - Meglio che vada. A domani, Calderaio.
- Ehi! - protestò Drax, eppure nel silenzio
che seguì assaporò quel nome e non gli dispiacque. - Li voglio proprio
vedere con una fascia intorno alle mani. Non me lo perderei per niente
al mondo, - mormorò a se stesso, sorridendo alla porta chiusa.
Ma il destino aveva in mente per lui qualcosa
di diverso.
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