Nota.
La fanfiction che state per leggere è un adattamento/parodia
del celeberrimo racconto di Dickens che ho scritto molti anni fa. In
occasione delle scorse feste ho pensato di risistemarla un po', ma a fare la
differenza è stato il contributo fondamentale di Moira, che
ha betaletto e revisionato l'intera storia. Colgo l'occasione per
augurare a tutti buon Natale!
Capitolo primo: L’apparizione di Kinnosuke
Era
la vigilia di Natale.
Così almeno segnava il calendario ed era per questo che se
n’era accorta, non
appena alzato lo sguardo dalla propria scrivania. Fino
a quel momento non avrebbe avuto modo di farvi caso: l’aria,
fuori, era stata
fredda e pungente esattamente come negli altri giorni di quel noioso
inverno.
Nabiki
sopportava a fatica quel periodo, e del resto era
sempre stato così, fin dai tempi in cui frequentava il
liceo.
Strofinandosi
vigorosamente le mani, pensò di
concedersi un momento di pausa. Il più era fatto, e adesso
le restava
soprattutto da attendere le telefonate e le risposte dei potenziali
nuovi
partner alle proposte d’affari che aveva pazientemente
rivolto loro, per tutta
la mattina e per tutti i consueti canali. Levatasi in piedi, si
avvicinò
all’ingresso del proprio studio e aprì leggermente
la porta. La visuale che si
offriva verso l’atrio le consentiva di tener
d’occhio, non vista, l’attività
più prettamente materiale
della
propria azienda.
Lo
staff, dovette constatare, era ridotto ai
minimi termini. Erano già passate le quattro di pomeriggio?
Sbuffò, ricordando
con fastidio le negoziazioni relative all’orario ridotto nel
periodo delle
festività, come se poi ci fosse chissà cosa da
festeggiare. Ma almeno una
persona, il suo impiegato tuttofare, era ancora presente e, da quel che
riusciva a scorgere, stava copiando con lena certe lettere con messaggi
natalizi abbinati a fotografie di Ranma ragazza a torso nudo. Nabiki
annuì
convinta.
Sasuke
Sarugakure non aveva particolari doti o
qualità, ma adempiva diligentemente a qualunque incarico gli
venisse affidato.
Svolgeva le mansioni più svariate, si assumeva i compiti
più ingrati e, cosa
più importante, non la assillava con richieste di aumenti o
roba simile. Del
resto, valutò tra sé, il suo servilismo era a
tratti perfino tedioso e a ben
vedere, tra i continui sospiri e le incessanti rievocazioni della sua
esistenza
passata con cui non mancava mai di distrarre i colleghi, quello sgorbio
lamentoso
non meritava un solo yen in più di quanto era costretta a
retribuirgli ben una
volta l’anno.
Strapparlo
dai Kuno, tutto sommato, aveva
costituito un buon affare per entrambe le parti in causa. Doveva
esserle grato,
molto grato, dopotutto lei era stata la salvezza di quel disgraziato
d’un ex ninja
o giardiniere o quel vattelappesca che era prima. E la gente andava
pure
mormorando che Nabiki Tendo non fosse generosa! Sasuke aveva raccontato
con
dovizia di particolari le sue vicissitudini andate, di quando era
costretto
tutte le mattine a dar da mangiare a Verdolino, per la somma gioia
della
padroncina Kodachi, ma anche rischiando lui di essere mangiato dal
cucciolo
preferito di quella stramba famiglia; di quando doveva seguire quel
matto di
Tatewaki il resto della giornata, assecondando le sue continue
stramberie; di quando
infine passava la notte contendendosi il cibo e l’unico posto
riparato
dell’enorme e freddo giardino di villa Kuno, vale a dire la
cuccia del cane, appunto
con l’ingrato Armadillo, il quale aveva presto capito che,
invece del suo osso
anestetizzato, gli conveniva piuttosto mordere lo sgradito coinquilino.
Nabiki
aveva davvero donato una nuova vita a
quel Sasuke. Sì, doveva esserle grato. E invece ecco che era
costretta a
controllare periodicamente il suo operato, giacché con
l’avanzare dell’inverno
quel mostriciattolo diventava ancora più lamentoso del
solito. Che cosa faceva
adesso, perché aveva smesso di scrivere? Ah, guardatelo! Si
era appena preso il
lusso di raggomitolarsi su se stesso, le braccia avvolte al petto per
scaldarsi
il più possibile, le mani strette nei pugni come se si
trovasse nel mar
glaciale artico. Invece di usarle per completare quella benedetta
lettera.
Cosa
aspettava, insomma?! Che lei fornisse
l’intero edificio di un inutile (e costoso) impianto di
riscaldamento?! Illuso!
Se voleva tanto scaldarsi, l’aveva lei un bel lavoro manuale
che avrebbe fatto
tanto piacere a Sasuke. Pensò di manifestare la propria
presenza e comunicargli
la lieta novella, quando la porta dell’ingresso si
aprì di scatto.
“Buon
Natale, sorellina!”
La
voce
era inconfondibile. Acuta, calda, allegra. In una parola,
insopportabile.
Cosa
aveva mai da essere così felice? Che
persona ingenua e sprovveduta, Nabiki ancora si meravigliava di come
loro due
potessero essere nate dagli stessi genitori. Con Kasumi si era
rassegnata da
tempo, ma quanto ad Akane, beh si era illusa che almeno lei, dopo tanti
anni,
avesse imparato una volta per tutte come si stava al mondo.
Nabiki
lasciò la propria stanza e le andò
incontro. “Buon Natale?” non poté
trattenersi dal replicare. “Che stupidaggine!”
L’interlocutrice
la fissò con uno sguardo tra
l’incredulo e lo scandalizzato. Il volto tradiva tutte le sue
emozioni, come ai
tempi della scuola: non cambiava mai di una virgola, povera piccola,
ingenua Akane.
Per quanto tempo ancora non avrebbe capito che Ryoga e P-chan erano la
stessa
persona? Per quanto ancora avrebbe continuato a credere a
quel… quel…
“Natale
una stupidaggine, Nabiki?” le disse.
“Non puoi pensarlo sul serio. Nemmeno tu.”
“Certo
che lo penso, invece.” replicò secca.
“Non
vedo come ci possa riguardare se non come l’ultimo estremo
del consumismo
occidentale che va tanto di moda in questi tempi. Ecco,
l’unica cosa buona:
quando viene questo periodo dell’anno, la gente consuma; e io
vendo e faccio
soldi. Però ci sono tante altre cose cattive, come quei
bambini che ti
assordano le orecchie cantando stupide melodie, quei lavoratori che
hanno l’ardire
di chiedere la tredicesima, quelle famiglie che invece di produrre
ricchezza
perdono tempo ad addobbare l’albero… e
soprattutto, come dovresti ben sapere,
con questo tempo il tuo fidanzato ha meno voglia di bagnarsi con
l’acqua fredda
e di girare mezzo svestito per la vostra casa. E Sasuke che foto mi fa,
me lo
dici?!”
“La nostra casa?!”
La cara sorellina, ovviamente,
era rimasta catturata da quella sola parte del monologo. “Sai
benissimo che è
anche casa tua e puoi tornarci quando vuoi.”
“Non
ci tengo proprio.” replicò. “Forse
andrà
bene per te, Ranma e i nostri padri. Perfino Kasumi pare avere capito
l’antifona, tanto che ha fatto lei il primo passo con Tofu,
si è sposata e ora
vive da lui. Il dottore ha pure una carriera davanti a sé,
mica come voi, con
le vostre arti marziali.”
L’espressione di Akane cambiò radicalmente. Ah,
già. Sciocca
Nabiki, si rimproverò in silenzio, dovresti saperlo che quello è l’unico
tasto che nemmeno tu
puoi toccare.
“Cos’hai
contro le arti marziali?!”
“Niente.”
rispose, decidendo di far valere la
ragione sull’emotività della sorellina.
“Solo che non fanno guadagnare soldi.”
“Sei
impossibile, Nabiki!” si rassegnò
l’interlocutrice.
“Faresti di tutto per il denaro.”
“L’ho
già fatto.” sorrise. “Guarda come ho
spolpato quell’imbecille di Kuno.”
“Avrei
tanto preferito non vedere… nemmeno il
senpai si meritava un trattamento del genere. Sposarlo con
l’inganno e poi
divorziare e prenderti quasi tutti i suoi beni. Questo è
troppo anche per te.”
“Sorellina.”
decise di accantonare il tono
accondiscendente e provare a fare un discorso serio.
“Dovresti averlo capito,
ormai… il mondo non è un luogo incantato dove
puoi tirare a campare con le arti
marziali, ti accadono ogni giorno le cose più incredibili e
sposi qualcuno per
amore sapendo che condividerai con lui il resto della tua felice
esistenza.
Torna alla realtà, Akane. Smettila di credere in una magia
che non c’è!”
“Nabiki!”
“E
tu e Ranma, scommetto che dopo tutti questi
anni… non siete ancora andati a letto insieme! E
perché? Solo perché non avete
abbastanza soldi per sposarvi e mettere su famiglia.”
“Ma
di cosa stai parlando?!” gridò Akane,
accigliata e allo stesso tempo tutta rossa dall’imbarazzo. La
solita bambina. “Non
saranno i nostri genitori a decidere… e soprattutto tra me e
lui non c’è
assolutamente…”
“Risparmiati
la solita tiritera.” la zittì.
“Credi nel Natale? Liberissima! Ma in quanto a me, lascia che
lo viva a modo
mio.”
“Cioè,
non vivendolo affatto.” osservò la
sorella. “Non credevo arrivassi a questo punto, sei senza
cuore.”
“Certo
che un cuore ce l’ho… ma serve a me per
vivere.” scherzò. “E poi non dirmi che
non so essere buona, non vedi come ho
aiutato Sasuke, che viveva sotto i ponti?”
“Sei
tu che ce l’hai buttato, lì sotto!”
replicò
Akane. “L’hai messo in mezzo alla strada insieme a
tutta la famiglia Kuno,
pignorando la loro villa. E nemmeno ci abiti.”
“Ovvio
che no. La rivenderò al miglior
offerente, riservandomi un buon margine di profitto: Mikado Sanzenin e
Picolet
Chardon si sono già fatti avanti per le trattative, se mi va
bene ci ricavo una
bell’asta tra loro due e tanto di guadagnato per
me.”
“La…
la storica dimora della famiglia Kuno
occupata da estranei? Non può farlo davvero.” gemette
una nuova voce.
“Certo
che posso. Piuttosto tu cosa ci fai qui?!” Fulminò
Sasuke con un'occhiata
glaciale. “Ti decidi a tornare a lavorare?!”
“Ma
veramente” balbettò lui “il mio lavoro
l’avevo finito, è ora di chiusura.”
“Il
tuo orario di lavoro termina alle sette del
pomeriggio.”
“È
vero.” disse Sasuke. “Ma oggi è la
vigilia di
Natale, anch’io esco prima. Non ricorda più di
quando ho chiesto e ottenuto
questa concessione?”
Sospirò.
Dunque si rivolse con aria stanca alla
sorellina: “Ecco,
lo vedi quant’è
bello il tuo Natale?!”
Non
ricevendo risposta, tornò a fissare il suo tuttofare.
“Va
bene, esci pure se ci tieni a perdere
tempo!” disse. “Comunque ricordati che domani ti
aspetto alle otto in punto.”
“Ma
domani è Natale.”
“Sai
che m’importa!” sbuffò, tornando nella
sua
stanza e mettendosi a controllare certi conti. “E bada che se
tarderai di un
solo minuto, sarai licenziato.”
“No,
per carità!” supplicò il servitore.
“Sarò
puntuale, signorina Nabiki!” e si congedò, non
prima di aver ricevuto degli
auguri sinceri dalla minore delle Tendo e averli lietamente ricambiati.
“Nabiki,
non ti vergogni?!” esclamò infine Akane,
entrando nell’ufficio.
“Te
l’ho già detto che cosa penso della tua
festività. E ora se vuoi scusarmi…”
“Va
bene.” chinò il capo lei. “Almeno vieni
a
pranzo da noi, domani.”
“Sei
matta? Dovrò lavorare tutto il giorno, per
recuperare questo pomeriggio perso. A proposito, ti avevo appena
chiesto di non
farmi perdere altro tempo!”
“Ma
Nabiki…”
“Ciao.”
“Sarai
tutta so…”
“Ciao.”
“Ciao
anche a te, Nabiki. E buon Natale, perché voglio
credere che ci sia del buono anche in te.”
E
con quelle parole fu finalmente lasciata in
pace, libera di lavorare nella più completa solitudine.
Almeno fino a una
mezz’ora più tardi.
“Scusate,
è permesso?” disse una voce.
“Lei
chi è? E come mai il mio impiegato l’ha
fatta entrare?!” replicò Nabiki, alzando lo
sguardo.
“Veramente
qui non c’è nessuno, però la porta
era rimasta socchiusa…” mormorò
sommesso un vecchietto tutto incurvato,
varcando l’uscio ed entrando nel suo sancta sanctorum.
Incuriosita,
lo osservò più attentamente: sembrava
un personaggio uscito da un manga, con quel mento sporgente, il naso
aquilino, il
paio di occhiali sottili e le due spesse sopracciglia bianche, che
tanto
contrastavano con quel suo capo quasi del tutto pelato.
“Tutto
chiaro.” disse ad alta voce, più a se
stessa che al proprio interlocutore. Non sapeva con chi avercela di
più tra
Sasuke e Akane.
“Non
è il caso di allarmarsi, non sono un
delinquente.” disse il vecchietto. “Lei, piuttosto,
non si agiti e stia attenta
a non cadere dalla sua sedia.”
Neanche ebbe finito di proferire quelle parole, che Nabiki
cadde dalla sedia. Si rialzò malamente.
“Che
cosa vuole, allora?” chiese.
“Ecco,
questa è la ditta Tendo & Kashao,
credo.” riprese lui. “Con chi dei due ho il piacere
di parlare?”
“Il
signor Kinnosuke Kashao se n’è andato tre
anni or sono.” rispose lei. “Proprio in questa
notte.”
“Mi
perdoni.” abbassò il capo. “Non
immaginavo…”
“Che
cosa ha capito?!” lo interruppe.
“Quell’infame ha lasciato il Paese dopo aver
comprato a credito un sacco di
merce mettendola sul conto di questa ditta.” Se ci pensava!
Quel maledetto
l’aveva fregata. Ma lei gli aveva reso pan per
focaccia… una telefonata a certi
amici, un piccolo intervento su certi computer e voilà, i
conti di Kinnosuke
sulle banche svizzere si erano magicamente azzerati.
“Eppure,
il nome della ditta impresso sulla
targhetta del portone diceva…”
“Niente.
Quella è la vecchia targhetta, ma la
tengo ancora là per due motivi: perché mi ricorda
il grande sbaglio che feci ad
associarmi a quell’idiota e, più importante,
perché non mi va di buttare i miei soldi
per comprarne una nuova.”
Il
vecchietto si ricompose. “Dunque mi trovo di
fronte alla signorina Tendo, presumo.”
“Lei
piuttosto, chi è?”
“Oh,
io… nessuno di importante, ho fatto per
anni il maggiordomo di una villa ora disabitata. Ne avrà
sentito parlare, è arredata
in stile occidentale e la gente la chiama villa dello
specchio.”
“E
cosa vuole?”
“Vede,
questo è un periodo di feste ed è giusto
che tutti lo vivano in modo felice, anche chi è meno
fortunato di noi. Proprio
per questo, la nostra organizzazione sta cercando di raccogliere fondi
per
comprare ai poveri qualcosa da mangiare e da bere, e
l’occorrente per
scaldarsi. Contiamo sulla sua generosità, un piccolo
contributo che però,
sommato ad altri, renderà felici tante persone.”
Nabiki
si lasciò sfuggire una smorfia annoiata.
“Lei
purtroppo conta male. Non ho niente da
offrirle.”
“Cosa?
Strano, credevo che questa ditta fosse
ben messa economicamente.”
“Lo
è eccome. Gli affari vanno a gonfie vele e
posso ben dire che mezzo quartiere di Nerima fa parte delle mie
proprietà.”
“Ma
allora…”
“Allora
non ho niente da offrirle, perché non
voglio offrire niente. Punto.”
“Capisco.”
fece per andarsene. “Arrivederci e
buon Natale.”
Ancora
il Natale?! “Ma quale buon…”
Irritata,
si alzò istintivamente di colpo, solo
per venire a sua volta colpita da un dolore allucinante.
“Ah!”
disse lui. “E non si alzi imprudentemente
di scatto per accompagnarmi alla porta, mi raccomando! Deve stare
attenta a non
prendere il colpo della strega, è così
fastidioso.”
“È
inutile dirlo dopo che l’ho fatto!”
gridò
lei, mettendolo veramente alla porta. Incredibile, era riuscita a
perdere la
calma. Lei! Tutta colpa del Natale. Bah, stupidaggini!
Molte
ore più tardi, Nabiki lasciò finalmente
l’ufficio e scese sulla strada buia e gelata. La nebbia e
l’oscurità si erano
fatte fitte, il freddo sempre più intenso. La gente era
rientrata nelle proprie
case, a festeggiare al caldo, ormai da molto. Dall’interno
delle dimore
riuscivano comunque a trapelare voci gioiose e risate spensierate.
Povera
gente sprovveduta! La maggior parte di
quelle persone lavorava per lei o comunque le doveva qualcosa, dunque
Nabiki
sapeva che guadagnavano paghe da morti di fame e annegavano nei debiti.
Eppure
erano allegri, il loro giorno finiva in letizia. Folli! La sua
giornata,
invece, non era ancora finita...
Il
dolore alla schiena non era diminuito nemmeno
un po’. Adesso era lei ad essere incurvata, e
l’umore non ne giovava. Entrò nel
ristorante di Ukyo.
“Mi
dispiace ma il locale è chiu… oh,
Nabiki!”
“Buonasera,
signorina Nabiki! E buon Natale!”
“Non
c’è bisogno che ti inginocchi sempre,
stupido. Né che tu ti metta a lustrarle le scarpe come stai
facendo adesso.” Ucchan
riprese il kunoichi maschio che lavorava per lei con un leggero pugno
sul capo.
“Ah!
Mi perdoni, l’abitudine!” disse Konatsu.
“Il fatto è che… sono stata sconfitta
dalla povertàaaa!”
“Piantala
di usare quel vecchio apparecchio per
il karaoke tutto scassato, e va’ a fare qualcosa di
più utile!”
Accertatasi
che il suo cameriere fosse andato
via, Ukyo la squadrò attentamente e incrociò le
braccia. “Non credo tu sia
venuta qui per mangiare un’okonomiyaki, sbaglio?”
“Non
sbagli.”
“E
allora, avanti.”
“Presto
detto. Vi do un giorno, un solo altro
giorno. Dopodiché vi sfratterò.”
L’interlocutrice
strinse con maggiore forza il
manico della sua enorme spatola da okonomiyaki.
“Tu
non puoi!”
Nabiki
si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.
Sapeva che gli affari di Ukyo stavano andando piuttosto male, del resto
le sue
okonomiyaki non potevano reggere la concorrenza di quella
“robaccia occidentale”,
come la chiamava Ucchan, propugnata dai nuovi fast food comparsi in
città
nell’ultimo anno. Certo, non aiutava i buoni rapporti il
fatto che quella
catena di negozi appartenesse a lei.
“Sì
che posso, invece!" disse. “Il locale Piccola
Ukyo è
mio, me l’hai venduto due anni fa:
tu e Konatsu l’avete solo in affitto e mi dovete, tra
l’altro, diverse
mensilità arretrate.”
“Va
bene, ma come posso procurarmi i soldi la
notte di Natale?”
“Non
è affar mio. Domani tornerò. E se non
riuscite a procurarvi i soldi, allora vi converrà passare
questa notte a fare i
bagagli!” Detto questo, uscì soddisfatta.
Eccola,
la magia del Natale, disse tra sé. A
qualcosa era servita, alla fine. Aveva fatto rammollire Ukyo, per
esempio, che
non aveva opposto eccessiva resistenza – un tempo
l’avrebbe fatta uscire
minacciando di prenderla a spatolate – rendendole
così il lavoro sommamente più
semplice. Chissà se sarebbe stato così facile
anche con…
“RAANMAAA,
dov’è la mia bambina e perché tu non
sei con leeei?!”
Anche
se
sbirciato di nascosto dalla finestra, lo spettacolo era imperdibile
come
sempre.
“Ca-calmati!”
uno spaventato ragazzo col codino
tentò di rabbonire una faccia gigantesca di demone dalla
lingua biforcuta con
le sembianze vagamente somiglianti a quelle di suo padre.
“Akane è solo uscita per
invitare a casa nostra i familiari… compresa Nabiki, ci
teneva tanto a lei. Ho
provato a farla desistere, ma quella stupida è
così cocciuta. Sicuramente avrà
fallito e ora starà passeggiando per le strade cercando di
smaltire
l’arrabbiatura.”
“Piccina
mia!” piagnucolò l’uomo più
grande.
“Tutta sola ed esposta alle intemperie!”
“Non
ti sembra di esagerare?” sorrise
nervosamente quello più giovane.
Non
cambiavano mai, pensò. Smise di giocare a
fare la spiona e alzò lo sguardo all’ingresso di
casa Tendo: l’abitazione sì,
quella era cambiata, molto più decrepita e malridotta di
quanto fosse mai stata
in passato, anche nei suoi momenti peggiori. E con Ranma ne aveva
conosciuti
parecchi.
Ma
non aveva voglia di muoversi a pietà, il suo
umore non era migliorato, anzi. Il dolore alla schiena non voleva
saperne di
lasciarle un momento di sollievo, e questo la rendeva più
aspra e vendicativa.
Adesso
i suoi pensieri erano concentrati sulle
parole di Akane, che avevano contribuito non poco a peggiorare quella
giornata già
orrenda di per sé: piena di gioia e letizia da parte di
tutti quanti, sentimenti
che poi erano completamente ingiustificati.
Lo
spirito natalizio. Gliel’avrebbe fatto vedere
lei, ad Akane, lo spirito natalizio. Era il momento di attuare quel
vecchio
piano predisposto da tempo per un’occasione speciale.
“Salve
a tutti.” Si
annunciò, dopo avere aperto con le sue
chiavi.
“Nabiki...”
mormorò sospettoso Ranma, accorrendo
in corridoio insieme a suo padre. Sicuramente il suo istinto da
artista marziale gli
stava consigliando di tenere la guardia alzata. Ma lei non era un
avversario qualunque.
“Un
uccellino, anzi, le vostre grida” proseguì
“mi hanno raccontato che Akane non è
momentaneamente in casa. Meglio. Così io e
te, Ranma, potremo parlare con calma.”
Prese
il ragazzo col codino in disparte.
“Cosa
vuoi?!” disse Saotome con tono secco.
“Ricorderai”
rispose “che il terreno su cui
sorge il dojo si trova proprio nel bel mezzo del futuro centro
commerciale che
la mia impresa ha intenzione di edificare in questo
quartiere.”
“Ricordo.
Ma forse sei tu che dimentichi”
replicò Ranma “che la palestra Tendo appartiene a
tuo padre. Ad ogni modo Soun
l’ha già destinata a me e Akane, perché
potessimo gestirla per insegnare le
arti marziali, e non ne farebbe niente senza prima
consultarci.”
“Oh,
io non dimentico mai.
Dovresti saperlo bene.”
“Allora
non avrò bisogno di darti una seconda
volta la stessa risposta.”
“Già.
Mio padre finirei per convincerlo, a
vendermi questo terreno: il problema è smuovere voi altri
due testardi.”
“Bene,
mi sembra che tu alla fine sia venuta qui
per nulla.”
“Non
direi proprio...” Nabiki estrasse qualcosa
dalla tasca. “La riconosci questa?”
Ranma
si lasciò sfuggire un urlo di sorpresa.
“Ma…
ma tu come hai…” balbettò nervoso e
imbarazzato, con gli occhi che quasi gli uscivano dalle orbite.
“Mmh,
sarebbe un vero peccato” continuò
incurante “se Ukyo o Kodachi ricevessero questa foto che
ritrae te e la mia
sorellina, così dolci e teneri, mentre…”
“Dammela!”
Ranma si scagliò contro di lei.
“Amaguriken!”
Con
un veloce movimento delle mani le sottrasse la
foto, e senza esitare un solo momento di più
la strappò in mille
pezzi.
“Ah!
Stavolta te l’ho fatta!” esclamò
trionfante.
“Che
illuso. Guarda che ne ho altre decine di
copie, tutte già pronte per essere spedite ad Ucchan, alla
Rosa Nera… e infine
a Shan-Pu, che si trova in Cina a passare le festività nel
suo villaggio. La
posta arriva anche a Joketsuzoku, oggigiorno.”
guardò divertita l’espressione
di giubilo del ragazzo mutare nello sconforto più totale.
“Maledetta…!”
borbottò ringhiante Ranma.
“Che
disastro sarebbe!” esclamò con finta
preoccupazione. “Dopotutto tu e Akane non siete ancora
sposati e le tue altre
fidanzate, finora ignare, non si rassegnerebbero tanto facilmente: come
minimo
quelle pazze finirebbero per distruggervi la casa, sempre che poi, tra chui, spatole e clavette, non succeda
qualcosa di peggio alla mia povera amata
sorellina…” Poi assunse un’espressione
di sfida: “Dato che hai appena cercato di fregarmi,
sarò meno conciliante che
mai. Domani mattina porterò il contratto, una firmetta di
papà col consenso di
voi due fidanzatini e tutte le copie di quella foto, negativo compreso,
andranno bruciate. Arrivederci. E risparmiati, almeno tu, gli auguri di
buon
Natale!”
Un
soffio di vento più gelido degli altri
accompagnò il suo congedo da casa Tendo.
*******
“Ho
visto abbastanza. Dobbiamo fare qualcosa,
quella donna sta esagerando!” sbottò esasperata.
“Tu che ne pensi, Harumaki?”
“Sono
d’accordo, piccola Kogane.” disse il suo
interlocutore più vicino, un vecchio uomo sdentato con gli
occhi a palla. “Non
è giusto che mezzo mondo compri le cartoline natalizie
raffiguranti quella
povera ragazza senza veli… tra l’altro mi
è molto simpatica, è identica alla
mia amata Gyoko.”
“Bene,
è deciso!” intervenne un panda mal scarabocchiato.
O almeno credeva fosse un panda, non conosceva quello spirito se non di
vista.
“Ma come operiamo? Qualcuno ha un’idea?”
“Una
l’avrei io, l’umana non
deve passarla liscia!” sentenziò l’unico
tra loro che fino a quel momento aveva taciuto, un altro spirito
strambo che
assomigliava vagamente a un cane marino strabico. “Tra
l’altro ha commesso del
male nei confronti di quel ragazzo, Natsuhiko… no volevo
dire Kuno, che tempo
fa mi fece i complimenti rendendomi tanto felice. Nabiki Tendo deve
pagarla e
io ho già preparato da tempo qualcosa di speciale per lei.
Per questo vi ho
riuniti qui.”
“Interessante,
illustraci il tuo progetto!” lo
incitò Kogane.
“Vi
dirò. Innanzitutto dovrete aiutarmi a contattare certi altri
nostri colleghi…”
*******
“Alla
fine è stata una giornata abbastanza
fruttuosa, nonostante le arrabbiature e il mal di schiena...”
si disse,
rientrando nel proprio appartamento. Un misero appartamento, di una
casa che
nemmeno le apparteneva – lei, che possedeva mezza Nerima. Un
bel paradosso,
effettivamente.
Girò
la chiave nella serratura. Fu proprio a quel
punto che le accadde un evento stranissimo. Non vide più la
targa appesa alla
porta.
“Non
può essere!” mormorò a voce alta per
rassicurarsi. “Devo essere stanca per il troppo
lavoro.”
Chiuse
le palpebre. Forse non l’aveva visto. Non
doveva nemmeno starci a pensare. Eppure… eppure era
così reale. Nabiki avrebbe
potuto giurare di aver visto il volto del suo ex socio
d’affari Kinnosuke
Kashao.
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