Lezioni di erotismo

di Little Redbird
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Lezioni di storia erotismo.


Sherlock non era particolarmente interessato agli argomenti trattati nel corso di storia – lui studiava chimica – eppure, da quando il professor Watson aveva sbagliato classe il suo primo giorno di lavoro, seguiva tutte le sue lezioni. Era uno di quei tipi di docenti che non hanno paura di perdere dieci minuti a rispondere alle domande inopportune degli studenti. Studenti che, prevedibili, ne approfittavano ogni volta. Così, dieci minuti alla volta, con una domanda ed una risposta, Sherlock era diventato probabilmente la persona che conosceva di più John Watson. Gli altri ragazzi si distraevano appena apriva bocca – quelli che non erano già distratti ad inizio lezione. Lui invece trovava incredibilmente piacevole il suono della sua voce, lo rilassava più del suo adorato violino. Lo osservava ciarlare della sua vita privata come se stesse parlando con degli amici al pub; andava avanti ed indietro lentamente, lungo il bordo della cattedra, come se sapesse che lui era lì a godere della sua vista e volesse rendergli l’esperienza ancora più piacevole, muovendo le braccia per sistemarsi i pantaloni prima di accomodarsi sulla scrivania.
Lanciò un’occhiata ai suoi calzini neri con strisce rosso scuro, appena scoperti da quella posizione, e sorrise. L’ex-archeologo era il tipo da abbinare gli abiti, l’aveva notato già il secondo giorno. Lo immaginò con un paio di boxer intonati ai calzini ed al maglione di quel giorno, con il suo fisico un po’ trascurato a causa del cambio di lavoro. Nell’aula poco affollata, Sherlock si sentì improvvisamente accaldato. Seduto all’ultima fila, si lasciò scivolare sulla sedia, accarezzando la propria gamba come avrebbe fatto con quella del professore per cui apparentemente aveva una cotta. La stoffa ruvida dei propri jeans gli diede la sensazione di accarezzare quella che immaginava fosse la peluria bionda dell’insegnante, facendolo rabbrividire al suo stesso tocco. Chiuse gli occhi ed assaporò la cadenza della sua voce attenuata dalla distanza, immaginando che fosse in realtà un sussurro nel suo orecchio. Suo malgrado, si ritrovò ben presto con la nuca completamente sudata e le mani che tremavano mentre si accarezzava in modo inappropriato.
Riaprì di scatto gli occhi. In aula c’era un silenzio tombale, accentuato dal chiacchiericcio proveniente dai corridoi della facoltà. Di fronte a lui, a pochi banchi di distanza, il professor Watson era appoggiato ad un banco, con le braccia dai muscoli accentuati conserte contro il petto, e lo fissava con gli occhi socchiusi. Sherlock deglutì, paralizzandosi all’istante.
“Lei non dovrebbe essere qui” lo informò il docente.
Sherlock si leccò le labbra aride. “Lo so. Mi scusi professore, esco tra un attimo.”
“Perché non subito?”
“Perché non sarebbe un bello spettacolo” disse, passando una mano trai capelli scuri e sorridendo mesto.
Il professore lo guardò di sottecchi e fece un mezzo sorriso prima di voltarsi per andarsene. “Dipende dai punti di vista” mormorò, in un tono che permetteva solo a lui di sentirlo.




                                                 




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