*READMEPLEASE*
Ehilà. Come ho anticipato nell'introduzione, avevo
già pubblicato questa OS qualcosa come un anno fa, se non di
più, e qualche tempo fa mi è per caso passata
sotto gli occhi e... beh, ho voluto rivederla un po', l'ho riscritta,
perché, per quanto mi potesse piacere (è, da
sempre, forse l'unica storia scritta da me che sia riuscita ad
apprezzare appieno, quindi significa molto per me...), non mi
convinceva totalmente. Sono stata invogliata ancor di più a
fare ciò da tutte le recensioni positive che mi avevate
lasciato, non so, mi pareva giusto rendervi partecipi (?). So che pubblicarla proprio oggi fa male, tanto male, ma prendetela come un mio piccolo omaggio a quel genio quale era The Rev, che, nonostante tutto, rimarrà per sempre nei cuori di tutti noi.
Vabbé, non sto qui a dilungarmi troppo e vi lascio alla
lettura, per alcuni di voi nuovamente, magari.
Ci si vede alle recensioni (se ce ne saranno, ovvio ahah)
FICTION
Le
dita si
muovevano sinuose sui tasti, li accarezzavano leggere trasportate
direttamente
dalla melodia che stavano improvvisando, intrappolate nel turbinio di
ispirazione in cui colui che le guidava tra il bianco e il nero di quel
maestoso pianoforte era completamente immerso.
Scendevano
e risalivano veloci, la destra di quando in quando si soffermava su un
accordo,
ripetendolo, mentre la sua compagna, parallela, si esibiva in
virtuosismi,
formando una musica che come confusione arrivava alle sue orecchie,
poiché era
in quello stato che usciva dalla sua mente e si trasferiva ai suoi arti.
Si sentiva
stordito, frastornato, come se avesse appena preso una botta in testa.
Era totalmente
perso nel suo mondo.
Non capiva
perché proprio lui, ma a volte aveva bisogno di una pausa.
Frustrazione,
rabbia, stanchezza, felicità: la risposta che dava ad ognuno
di questi
sentimenti era solo una, la musica. Perché, in fondo, niente
lo avrebbe capito
e ascoltato meglio di lei.
Nessuno
gli avrebbe creduto, neanche se lo avessero visto con i loro occhi,
perché lui
era quello spensierato, imprevedibile, sconsiderato.
Lui
pensieroso, triste? Mai, se lo avesse raccontato ai suoi amici non gli
avrebbero
riso in faccia.
Ma in quel
momento aveva solo bisogno di staccare la spina.
Pian piano
quella melodia prendeva un senso nella sua mente, costringendolo a
proseguire e
a far vorticare in modo ancor più frenetico le sue dita,
sentendo presto le
giunture snodarsi e cominciare a vivere di vita propria; i muscoli
bruciavano e
la concentrazione era tale che il respiro si faceva sempre
più fine e a tratti
affannoso, ma nulla lo avrebbe fatto fermare.
Nemmeno i
ricordi della mattina appena passata, che gli affollavano il pensiero,
gli
avrebbero tolto la volontà e la voglia di concludere
ciò che stava facendo, che
come un quadro astratto stava prendendo vita tra le sue mani e iniziava
ad
avere un significato ben preciso per lui.
Quelle
note lo avevano completamente circondato, racchiudendolo nelle loro
spire e
facendolo estraniare dal mondo esterno. Presto ne sarebbe rimasto
soffocato.
Solo lui e
il suo pianoforte, non c’era nessun altro lì con
loro, sia a livello fisico che
mentale.
La musica
si faceva sempre più forte, tanto che sentì le
tempie pulsare dal dolore, ma
non appena riaprì gli occhi si rese conto che era solo
suggestione. Con un
grosso sforzo fermò le mani, riprendendo fiato.
D’un tratto si sentì meglio; le
preoccupazioni erano scomparse, lasciando posto alla pace
più totale, la
felicità che presto spuntava per ciò che avevo
appena preso vita dal suo
cervello.
Un sorriso
spuntò sulle sue labbra: si sentiva fiero di essere riuscito
a comporre
qualcosa di nuovo, sicuro del fatto che presto lo avrebbe fatto
ascoltare ai
suoi compagni.
“Questa
è l’ultima traccia per l’album”
Già
si
poteva immaginare la scena.
Andò
avanti a perfezionare quella sua creazione, finché non
raggiunse il risultato
tanto atteso.
Quando
finì era stanco, appesantito da tutte quelle ore di lavoro.
E in quel momento,
con la fatica che lo schiacciava sotto un macigno, pensò di
aver bisogno di una
pausa. Era assurdo, stava chiedendo riposo a quello che era nato come
momento
di relax. Ogni volta si meravigliava della sua mente che non aveva mai
intenzione di fermarsi.
Si diresse
in cucina e prese a frugare nei mobiletti: ne tirò fuori una
bottiglia in vetro
e si sedette attorno al tavolo, pronto ad affogare
nell’alcool e ad
alleggerirsi l’animo; non per un vero bisogno, ma solo per
dover smettere di
pensare per un po’ di tempo. La sua mente era in costante
lavoro, giorno e
notte, e lui aveva bisogno di farla smettere di agitarsi e placare le
sue
angosce.
E quando
le sue percezioni cominciarono ad annebbiarsi, capì di aver
raggiunto il suo scopo.
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