Turin Aphorism

di Elly Priest
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Torino, la città della polenta, si stava svegliando.
La luce della notte regnava ancora incontrastato, ma l' alba si stava avvicinando. L'aria fredda sferzava tra le lunghe vie, qualche giornalaio combatteva il vento mentre le serrande si aprivano.
I pendolari accendevano incerti la macchina, da lontano erano tante lucciole anonime. All' orizzonte il nero dava spazio al rosso, il sole era in dormiveglia.
Occhiaie e sbuffi di vapore mentre i negozi si aprivano, si accendevano le luci. Le vecchiette avvolte in scialle borgogna camminavano lente, piccoline ma forti, mentre studenti in ritardo le sorpassavano senza rancore.
Le vie cominciavano ad illuminarsi, lo smog ed il cielo che parevano tutt'uno. Il sole spuntó dietro un palazzo, dorato e fiammante: Torino si era svegliata.
La foschia mattutina avvolgeva la città. L' autunno stava assumendo la sua bellezza malinconica, con le giornate di pioggia ed il cielo offuscato dalle nuvole gonfie.
I lampioni brillavano opachi nella nebbiolina di umidità che avvolgeveva tutto.
Le persone sembravano spettri scolpiti nel paesaggio, immobili alle fermate dei pullman. Il profumo d' autunno al mattino risvegliava le persone, improvviso e silenzioso.
Le foglie cadevano una dopo l' altra, in strada, sui marciapiedi, si infilavano ovunque. Abbellivano la città con il loro disordine, davano colore dove ci fosse grigio.
Le pozzanghere rispecchiavano la bellezza del cielo, le gocce di pioggia suonavano come le note di un pianoforte: lento, vivace, fortissimo, poi una marcetta.
Poi arrivarono i primi fiocchi di neve. Ci sorprese alle spalle: ecco arrivato l' inverno.




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