Un portafoglio scuro, aperto a
metà, lascia intravedere il
suo contenuto. Fra le pieghe ci sono delle carte varie.
Uno scontrino della spesa di
chissà quale negozio, una
tessera di un qualche supermercato.
Poi delle banconote da dieci, fresche
fresche di bancomat.
Appunto la tessera della banca, poi altre carte varie.
Ad una prima impressione, quel
portafoglio non appartiene ad
una persona propriamente ordinata.
Poi, ad osservare meglio fra le
pieghe, si può vedere della
carta più spessa.
Ora noi faremo finta di avere uno
zoom millimetrico e
ingrandiremo quella zona.
È una fototessera, di
quelle che si fanno nelle macchinette
accanto ai supermercati.
Ci sono un ragazzo e una ragazza.
Fin qui mi pare tutto normale, no?
La ragazza è
più piccola di lui, ha entrambe le braccia
strizzate attorno al collo di lui, che sembra volersi ritrarre.
Lei gli sta stampando un bacio sulla
guancia, e il ragazzo
ha gli occhi alzati ma sembra stia per scoppiare a ridere.
Okay, ora possiamo lasciar perdere il
portafoglio.
Subito dopo un ragazzo attraversa il
corridoio velocemente,
alla ricerca di qualcosa; si ferma davanti al mobiletto
dell’ingresso, apre il
tiretto e quasi getta all’aria tutto il contenuto.
-Dannazione a me!- esclama nervoso.
Rinuncia alla ricerca e chiude il
tiretto sbuffando. Si guarda
nello specchio davanti a sé.
I capelli castani gli cadono in vari
ciuffi sulla fronte, la
barba è un po’ più cresciuta di come la
ricordavamo, ma gli occhi verdi e
l’espressione preoccupata sono identiche.
Davide appoggia le mani ai lati del
mobile e sbuffa seccato.
Non trova le chiavi della sua
macchina.
Gira tutto il suo appartamento,
disperato.
La cucina, più piccola
della metà della metà dell’aula della
sua università, si illumina alla luce spenta di un
lampadario. Cerca di nuovo
nei cassetti, sotto i giornali.
Niente.
Poi attraversa nuovamente il piccolo
appartamento ed è già
nella camera da letto.
Vestiti sparsi ovunque, lenzuola
sfatte, appunti su appunti,
libri e una scrivania che potrebbe assomigliare ad una discarica.
Davide attraversa il disordine e
rovista sulla scrivania.
Ancora nulla.
Poi vede un barlume di salvezza. Il
Nokia grigio posato sul
comodino.
Lo afferra sdraiandosi sul letto e
guarda soprasotto il
display. Nessuna chiamata e nessuna risposta.
Ci pensa un attimo, poi decide.
Fa un numero e attacca il telefono
all’orecchio.
Sta squillando.
Poi gli risponde.
-Pronto?-
La voce alterata
dall’apparecchio gli parla con tono
divertito.
-Dì la verità-
dice il ragazzo, sorridendo e mettendosi a
pancia in su.
-Di che parli?-
-Oh andiamo… lo sai di che
parlo-
-Invece no-
La ragazza all’altro capo
del telefono ride.
-Dai non farmi spendere soldi-
-Ma io non so davvero di che parli
Davide…- ma mentre lo
dice ride ancora.
Dall’altra parte il ragazzo
sente un rumore strano.
-Ma dove diavolo sei?- chiede.
-Eh sapessi…- fa lei,
enigmatica.
-Come sapessi? Dove sei?-
-E che, ti devo dire anche dove sono,
con chi parlo, quando
mangio…?-
-Sì, per il bene mio e
degli altri-
-Antipatico-
Davide sorride di nuovo.
È sempre la stessa.
-Quando ci vediamo? Dai che domani ho
un sacco di cose da
fare…- le chiede, cambiando tono.
-Beh non saprei…-
-Sapresti, sapresti…
vabbè okay… ti lascio con l’energumeno
di martedì allora-
Sa che dicendo così la fa
andare fuori dai gangheri.
-Oh senti!- la ragazza cambia tono e
si fa battagliera
-giusto quella sera tu dovevi trovarti con me vero? E non è
colpa mia se ho
tanti fan!-
Davide ridacchia.
-Presuntuosa…
dov’è la mia macchina?- chiede
all’improvviso.
Silenzio per un secondo
dall’altra parte.
-Alice è inutile che
cerchi una scappatoia. Ti ho scoperta-
-………
non vale…- gli risponde una voce flebile.
-Dove sei?-
-Ehm…- sente un rumore
strano -la linea non prende bene… ci
sentiamo dopo!-
Così dicendo gli chiude il
telefono; il ragazzo ride, stiracchiandosi.
Ha scoperto che fine hanno fatto le
sue chiavi.
Alice si morde un labbro, chiudendo
lo sportello del suo
Motorola. Quello dorato, ricordate?
Poi accende il motore e alza il
volume dello stereo. C’è
Ligabue con ‘Il giorno dei giorni’.
È l’unica cosa
sua nella macchina di Davide. Si sistema
nello specchietto laterale.
Degli occhiali da sole scuri le
coprono gli occhi e un bel
sorriso le incornicia le labbra.
Poi tira il freno a mano e parte.
Esce dallo spiazzale ed entra in
strada.
Conosce bene la città, ci
ha vissuto per ben diciannove
anni. Da poco compiuti.
Imbocca la strada del corso cittadino.
Non vede l’ora di arrivare
sotto casa sua. Non vede l’ora di
vedere la sua faccia.
Adora fargli le sorprese.
Come quando si era presentata davanti
casa dei suoi. Al
vederla lì Davide era sbiancato; ma lei, perché
Alice ha una reputazione da
mantenere, non si era persa d’animo e aveva salutato tutti
senza problemi.
Così aveva conosciuto il
padre, la madre, il fratello e la
sorella. Una bella famiglia.
Anche suo padre è un
bell’uomo, aveva pensato.
Ma non aveva dubbi su chi preferisse
tra lui e il figlio.
Adorava vederlo spiazzato.
Una volta gli aveva detto di essere
incinta per il solo
gusto di vederlo quasi avere un infarto sul momento.
Poi gli aveva praticato una
respirazione bocca a bocca,
naturalmente.
Morale della favola: niente
più gioco del dottore senza
preservativo.
Alice fa una curva a destra, entra
nella via.
Poi si parcheggia un po’
malamente, ben sapendo che lo farà
arrabbiare.
Scende veloce e citofona. Senza
chiedere già le apre.
Ma non la invita a salire, invece
scende lui.
Fa le scale dal quarto piano in
giù a rompicollo, arrivando
all’ingresso.
-Ma che hai combinato stavolta?- le
chiede divertito.
Alice non gli dà il tempo
di aggiungere altro e lo bacia.
-Mmm… dai…-
protesta quando si stacca.
-Che hai fatto, avanti-
Davide si mette a braccia conserte e
attende la risposta.
Alice lo guarda negli occhi.
-Prometti che non ti arrabbi?-
-Promesso. E tu prometti che non
prendi più la mia macchina di
nascosto?-
-Beh….- lei esita.
Il ragazzo dice, strafottente
-Guarda che non ti porto
più in giro-
-Uffa, antipatico. Promesso-
Ribatte con la migliore faccia
d’angelo, ma lui non può
notare le dita incrociate dietro la schiena.
Allarga le braccia verso
l’auto.
Davide è allibito.
-Non può
essere…ma come…- guarda
prima la Opel, poi la ragazza.
Alice ride.
-L’ho portata
all’autolavaggio!-
|