Be my forever
“Il Professor X ha detto che
possiamo prendere l’auto di Scott per andare alla ricerca di un mutante che sia
stato costretto a iniettarsi la cura” disse il giovane Charles a Erik,
avviandosi con lui verso il garage di Villa Xavier.
“Molto generoso” commentò Erik,
“ma ha anche detto dove possiamo trovare uno di questi mutanti?”
“Li sta contattando lui stesso
tramite Cerebro, per cui immagino che sarà qualcuno di loro a mettersi in
contatto con noi” rispose il telepate, salendo in macchina mentre Erik si
sedeva al posto di guida.
“Ti rendi conto, vero, che se tu
avessi i tuoi poteri non ci sarebbe bisogno di fare tutto questo?” lo provocò
Lensherr, mentre l’auto usciva dal garage e s’immetteva nel viale della villa.
“Saremmo potuti benissimo partire alla ricerca di uno di questi mutanti mentre tu ti mettevi in contatto con loro:
sarebbe stato più semplice.”
Charles scosse il capo,
innervosito. Possibile che ogni volta Erik dovesse rimproverarlo per aver
scelto di continuare a usare il siero creato da Hank?
“Preferirei anch’io non essere costretto a scegliere ogni volta tra i
miei poteri e la possibilità di muovermi autonomamente, o pensi forse che mi ci
diverta?” fu la tagliente risposta del telepate.
L’auto era uscita dal viale di
Villa Xavier e adesso stava percorrendo la strada che conduceva in città.
“Per quante volte ancora dovrò
dirti che mi dispiace, Charles?”
sospirò rassegnato Erik.
“Allora, se ti dispiace veramente,
puoi anche smettere di esasperarmi ogni volta con la storia dei miei poteri…
Erik, guarda! Ferma la macchina, accosta!”
Charles aveva visto una figura al
bordo della strada, infagottata in una vecchia tuta grigia e col cappuccio
della felpa che nascondeva il volto. La figura, impossibile capire se fosse un
uomo o una donna, aveva gesticolato verso la loro auto per indurli a fermarsi.
“Forse è proprio uno dei mutanti
contattati dal Professore!” esclamò il giovane telepate, mentre Erik accostava
e spegneva il motore.
I due aprirono le portiere e
scesero dall’auto, incamminandosi verso la figura che adesso era immobile e
rimaneva avvolta nel suo mistero. Charles le si rivolse nel tono più
tranquillizzante che riuscì a trovare.
“Non aver paura di noi, ci manda
il Professor X” disse. “Siamo mutanti come te e vogliamo aiutarti a ritrovare i
tuoi poteri.”
Erik, al contrario, appariva
molto nervoso e preoccupato e richiamò subito il compagno.
“Tu non lo hai, il tuo potere, in
questo momento” precisò. “Come puoi sapere che si tratta veramente di un
mutante? Potrebbe essere una trappola!”
“Non ho bisogno dei miei poteri
per riconoscere un mutante in difficoltà” replicò sicuro Charles, prima di
rivolgersi nuovamente alla figura incappucciata. “Non temere, non devi
nasconderti da noi. Vieni, ti porteremo a Villa Xavier e lì ti aiuteranno. Vuoi
dirmi il tuo nome?”
La figura, allora, si tolse il
cappuccio della felpa, rivelando il volto ben noto di Raven. Negli occhi della
ragazza si poteva leggere lo sbigottimento.
“Charles? Erik? Ma… com’è
possibile che voi due siate qui… così
giovani?”
Vedendola, anche Charles si
bloccò.
“Raven? Ma tu non eri con…”
“Magneto, sì” rispose lei,
lanciando un’occhiata accusatoria a Erik, che era rimasto fermo accanto alla
portiera dell’auto. “Quando mi hanno catturata e privata dei miei poteri lui mi
ha abbandonata, non ha fatto nulla per salvarmi e sono riuscita a fuggire solo
grazie a un colpo di fortuna. Poi ho sentito la voce di Charles… del Professor
X… che mi invitava a andare da lui, che mi avrebbe aiutata e così ho cercato di
raggiungere Villa Xavier.”
“Come hai potuto fare una cosa
simile, Erik?” sibilò Charles, infuriato, rivolgendosi al compagno. “Hai
abbandonato Raven quando aveva più bisogno di te?”
“Cerca di ragionare per un
attimo, Charles” replicò infastidito Erik. Possibile che Charles fosse sempre pronto
a rivoltarsi contro di lui? Era questa la fiducia che aveva? “Io non ho alcun
controllo su ciò che il me stesso anziano
deciderà di fare tra quarant’anni e sarei lieto che te ne ricordassi. Avanti,
salite in auto, tutti e due, prima che qualcun altro ci veda e
s’insospettisca.”
Il tragitto verso Villa Xavier fu
percorso in un clima di gelida ostilità. Sia Charles sia Raven non riuscivano a
staccare l’immagine del giovane Erik che avevano accanto da quella dell’anziano
Magneto che aveva abbandonato la ragazza agli agenti dell’FBI che le avevano
tolto i poteri; dal canto suo, Erik provava un’amara delusione constatando che
Charles, nonostante tutto, continuava a non avere fiducia in lui e ad essere
pronto a scagliarglisi contro con ogni pretesto, perfino il più assurdo. Non si
scambiarono nemmeno una parola per tutto il tempo, Charles si limitò a spiegare
a Raven ciò che era accaduto quando si erano ritrovati lì dal lontano 1973 e
anche la giovane donna fu d’accordo nell’ipotizzare che, con ogni probabilità,
sarebbero stati riportati al loro tempo quando avessero compiuto ciò per cui
erano stati inviati.
Arrivati alla villa, si
affrettarono verso lo studio del Professor X e Raven corse ad abbracciare la
versione anziana dell’uomo che l’aveva salvata.
“Perdonami, Charles, avevi
ragione tu, hai sempre avuto ragione tu e io me ne sono resa conto solo
adesso!” esclamò, tra le lacrime. “Il mio posto è qui e, comunque vadano le
cose, io lotterò insieme a voi.”
Xavier la strinse, commosso.
“Hank ti aiuterà a ritrovare i
tuoi poteri” la rassicurò. “Analizzerà il tuo sangue e scoprirà un antidoto per
quella cosiddetta cura inventata
dalla Casa Farmaceutica Worthington. Così, grazie a te, potremo restituire i
poteri anche a tutti gli altri mutanti che sono stati costretti con la forza a
subire l’iniezione.”
“E’ meraviglioso” sussurrò lei,
lanciando un’occhiata piena di gratitudine al Professor X e rivolgendo poi uno
sguardo luminoso a Hank McCoy, che la fissava come se non credesse di averla
veramente davanti agli occhi.
“Forse era questo il nostro
compito” suggerì Charles. “Abbiamo ritrovato Raven, grazie a lei la cura inventata dagli scienziati sarà
sconfitta e lei… beh, lei resterà nella sua vera casa, nel luogo al quale è
sempre appartenuta. A me pare che il cerchio si sia chiuso e sono sicuro che
presto saremo rispediti nel nostro tempo.”
“Lo penso anch’io” affermò il
Professore, “ma prima tu ed Erik dovrete chiarirvi e riappacificarvi: non
esiste un futuro per noi senza la vostra unione e collaborazione e nessuno può
saperlo più di me.”
Hank e Raven si avviarono verso
il laboratorio, ansiosi di lavorare al siero che avrebbe finalmente liberato i
mutanti privati dei loro poteri. Anche Charles ed Erik si congedarono dal
Professor X e presero a salire le scale che li avrebbero condotti alle loro
stanze.
“Sì… beh, penso che il Professore
abbia ragione, non devono restare rancori tra noi” cominciò a dire Charles, a
disagio. Questa volta sapeva benissimo di essere stato lui a sbagliare… “Mi
dispiace di averti aggredito a quel modo davanti a Raven… lo sai quanto tengo a
lei e quanto sono sempre stato iperprotettivo nei suoi confronti…”
“Non si tratta di Raven” affermò
con una punta di amarezza Erik, mentre si avviavano lungo il corridoio sul
quale si affacciavano le stanze di studenti e professori. “Posso comprendere la
tua reazione in quel momento, ma il vero problema è che tu non ti fidi di me e
forse non mi hai mai veramente perdonato per ciò che è accaduto su quella
spiaggia nel 1962. Se non superi questo, Charles, non ci potrà mai essere una
vera unione tra noi.”
Il tono di Erik era volutamente
allusivo e Charles si ritrovò, suo malgrado, ad arrossire.
“Non che tu abbia fatto molto per
dimostrarti degno di fiducia” ribatté, cercando di cambiare argomento. “Anche
quando Logan è venuto a cercarci nel 1973 e ti abbiamo liberato, tu…”
Erano giunti davanti alla porta
della stanza di Erik. L’uomo si fermò e costrinse anche Charles a fermarsi,
prendendolo per le spalle e fissandolo intensamente negli occhi.
“Potrei dirti che, in questi
giorni, credo di essermi impegnato abbastanza per rimediare ai miei errori e
per mostrare che puoi fidarti di me, ma non è questo il punto” lo strinse più
forte e avvicinò il viso a quello di lui. “La vera domanda è: cosa devo fare
perché tu mi perdoni veramente, Charles?”
L’ondata di emozioni che travolse
il giovane telepate fu talmente improvvisa e intensa da riempirgli gli occhi di
lacrime. Era vero, era proprio quello il punto: lui non riusciva a perdonare Erik
non per l’incidente della spiaggia, ma per averlo fatto sentire solo e
abbandonato dopo quel drammatico episodio.
“Non avresti dovuto lasciarmi
solo” confessò Charles con voce rotta dall’emozione.
“Adesso non sei solo, Charles” sussurrò
Erik, facendosi sempre più vicino a lui. “Ho detto che avrei rimediato a tutti i miei errori, perciò non ti
lascerò mai più, nemmeno quando ritorneremo nel nostro tempo. Non staremo dalla
stessa parte, è vero, ma io troverò sempre il modo per tornare da te…”
“Ehm… scusate se interrompo
questo momento così intimo, ma dovevo passare per forza di qui per andare nello
studio del Professor X” li interruppe Logan, inopportuno come sempre, prima che
i due potessero baciarsi. “Dunque avete trovato il mutante che servirà alla
ricerca di Hank, non è così? Per questo stavate… come dire… festeggiando?”
Charles era rosso in viso e
riuscì a malapena a balbettare qualcosa, staccandosi da Erik; dal canto suo, il
Signore dei Metalli aveva mantenuto la calma e fu lui a rispondere a Logan.
“Sì, abbiamo trovato Raven e
proprio in questo momento lei e Hank sono in laboratorio per lavorare al siero”
spiegò. “Se vuoi andare nello studio del Professore, lui sarà certo in grado di
fornirti tutti i chiarimenti che vorrai. Se permetti, io e Charles avremmo
altro di cui parlare.”
“Ma Erik!” esclamò, sconvolto, il
giovane telepate, facendosi ancora più rosso mentre l’uomo apriva la porta
della sua stanza e ve lo conduceva.
“Oh, sì, spero che anche voi
potrete spiegarvi nel modo migliore”
ironizzò Logan, guardando i due che scomparivano nella stanza di Erik.
Nella camera dell’uomo, Erik e
Charles avrebbero finalmente cancellato i rancori, la rabbia e le delusioni del
passato e si sarebbero donati l’uno all’altro, completamente, realizzando
quell’unione indispensabile alla sopravvivenza degli X-Men negli anni a venire.
Quella stessa notte sarebbero stati riportati nell’anno 1973 e si sarebbero
risvegliati abbracciati nel letto di Charles, a Villa Xavier, con nuovi
sentimenti e speranze per il futuro.
Il cerchio si era finalmente
chiuso.
Logan, ridacchiando tra sé, si
avviò lungo il corridoio per recarsi nello studio del Professor X, ma poi si
fermò. La tenera scena tra Erik e Charles gli aveva fatto ricordare ciò che era
accaduto tra lui e Scott dopo la missione alla Casa Farmaceutica Worthington e
la tragica fine di Jean Grey. Scott lo aveva accusato di essere incapace di
provare veri sentimenti e questo aveva fatto infuriare Logan, che aveva
risposto rivolgendo al ragazzo parole irripetibili. In quel momento aveva
pensato soltanto a ferirlo il più profondamente possibile, ma adesso… di fronte
all’evidente forza dell’amore che legava i giovani Erik e Charles, Logan
riusciva a sentire solo un vuoto incolmabile al pensiero di aver perduto per
sempre anche Scott.
“Al diavolo l’orgoglio,
maledizione!” brontolò, facendo rapidamente marcia indietro e ripercorrendo il
corridoio per raggiungere la camera del giovane Summers. Aveva tutto il tempo
di parlare con il Professor X, in fondo: Hank si sarebbe occupato dell’antidoto
con l’aiuto di Raven e per lui… per lui era molto più importante chiarirsi con
Scott!
Giunto davanti alla porta della
stanza del ragazzo, una volta tanto Logan si prese il disturbo di bussare prima
di entrare.
“Sono Logan” disse. “Posso
entrare, Summers? C’è una cosa che devo dirti.”
“E’ aperto” fu la laconica
risposta di Scott.
Logan entrò e richiuse la porta
dietro di sé. Il giovane era seduto sul letto, i capelli scompigliati, il volto
pallido e provato e gli occhiali scuri che non potevano nascondere le lacrime
che gli rigavano le guance.
Sta soffrendo molto, è evidente, ma non devo farmi illusioni… è la
morte di Jean che lo sta devastando e non certo la mia mancanza!
“Erik e Charles sono riusciti a
trovare una mutante disposta a far analizzare il proprio sangue a Hank” iniziò
a dire. “Si tratta di Raven, tu la conosci come Mystica… anni fa era una grande
amica del Professore e di McCoy, perciò sembra che tutto sia risolto: Hank
riuscirà sicuramente a preparare un siero per rendere i poteri ai mutanti che
lo vorranno, la Casa Farmaceutica
Worthington non esiste più e la loro stramaledetta cura sarà definitivamente eliminata!”
“Mi… mi fa piacere” mormorò
Scott. La sua voce era talmente debole che sembrava provenire da molto lontano.
“Ti ringrazio per essere venuto a dirmelo.”
E’ talmente annichilito dalla morte di Jean da non interessarsi più
nemmeno al destino dei mutanti, o alla scuola… ma cosa devo fare con questo
ragazzo, dannazione?
“So che niente di tutto ciò
riporterà indietro Jean e so che in questo momento ti sembra che niente abbia
un senso” tentò di scuoterlo Logan, “ma devi almeno sforzarti di reagire. Il
Professor X conta su di te, la scuola e i ragazzi hanno bisogno di te. Ti ho
accusato di essere solo un piccolo stronzo egoista, Summers… beh, sta a te
dimostrarmi che mi sbagliavo. Anche se hai perduto Jean per sempre, non sei
solo: hai molti amici, hai la scuola, i ragazzi ti vogliono bene e ci sono
ancora tante cose da fare… anche se abbiamo sconfitto questa minaccia, non
m’illudo che non ve ne saranno altre in futuro. Per noi mutanti le cose non
saranno mai facili e dobbiamo abituarci a lottare, sempre e comunque.”
Scott continuava a tacere, seduto
immobile sul letto con la testa china a guardarsi le mani intrecciate sulle
ginocchia. Solo un lieve tremito sembrava scuoterlo.
“Anche se tu non ci credi, io
comprendo benissimo la tua sofferenza e ti assicuro che ho perso molte persone
care nella mia vita; non è poi così esaltante essere immortale…” riprese Logan.
“Tutti noi siamo destinati a soffrire molto, proprio a causa della nostra
condizione di mutanti… ma l’unica cosa che possiamo fare è restare uniti e
continuare a combattere tutti insieme. Questo è ciò che ho deciso di fare io,
così come il Professor X, Tempesta, Bobby e tutti gli altri. Se tu vuoi
arrenderti adesso, Summers, fallo pure, però sappi che deluderai molte persone
che credono in te.”
Nessuna reazione da parte del
giovane.
Logan sospirò, rassegnato.
“Va bene, quello che dovevo dire
te l’ho detto” concluse, facendo per andarsene dalla stanza. “Ora sei tu che
devi decidere cosa fare della tua vita.”
Aveva mosso soltanto due o tre
passi verso la porta, quando sentì la mano di Scott che gli si posava su un
braccio.
“Logan, aspetta, per favore, io…”
mormorò il ragazzo, a disagio. “Io… ti ringrazio per quello che mi hai detto e…
hai ragione, sono stato uno stronzo egoista, lo sono stato anche con te, mi
dispiace, mi dispiace davvero per le cose che ti ho detto, non le pensavo ma
ero sconvolto e…”
“Sì, hai sicuramente esagerato,
ragazzino, ma anch’io non ci sono andato tanto leggero” replicò Logan,
interrompendo il fiume di parole di Scott. “Non preoccuparti, non sono in
collera con te, altrimenti te ne saresti accorto.”
“Non è solo questo, è che… io…”
Scott cercava disperatamente le parole giuste. “Logan, perdonami, io non voglio
perderti!”
Quanto vorrei crederti, ragazzino… quanto vorrei pensare che lo dici
sul serio e non perché ti senti solo e smarrito!
“Non vado da nessuna parte,
Summers” rispose l’uomo, in tono scherzoso. “Come ti ho detto, sta a te
decidere se vuoi rimanere a lottare con noi oppure preferisci arrenderti…”
“Io voglio stare con te!” esclamò
finalmente Scott, disperato. “Ti amo, Logan! Ho già pianto la morte di Jean, il
motivo per cui sto tanto male adesso è perché… perché sono pentito di averti
detto quelle cose e di averti allontanato. Io non posso andare avanti senza di
te, Logan, sei tu che mi manchi!”
Quel grido disperato veniva dal
cuore e anche Logan lo comprese. Prese Scott tra le braccia, sentendosi
invadere da una meravigliosa sensazione di sollievo e calore, e lo strinse
forte al petto.
“Io sono qui, Scott, non mi
perderai mai” gli sussurrò con tenerezza, abbracciandolo e accarezzandogli i
capelli arruffati. “Ti amo, ti amo da tanto tempo, Scott, e non ti lascerò mai
solo se… se anche tu mi vuoi.”
Il giovane era troppo sopraffatto
dall’emozione e dalla forza del sentimento che provava per rispondere, ma si strinse
a Logan, abbandonandosi totalmente a lui. L’uomo si chinò a baciarlo, perdendosi
sulle sue labbra, mescolando il respiro a quello di lui e incollandosi al suo corpo.
Entrambi riversarono in quel bacio tutte le sofferenze e i dolori passati,
fondendo insieme le loro anime e i loro corpi per trovare, l’uno nell’altro, la
forza per affrontare tutto ciò che li attendeva.
I mutanti avrebbero dovuto
affrontare ancora molti ostacoli e molte battaglie, ma l’unione, l’amicizia e l’amore
sarebbero state le loro armi per sconfiggere qualsiasi nemico.
Mutanti, fieri… e uniti.
FINE