Arda Anno Zero

di Ernst Schmitt
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A Tyelemmaiwe
 

Giorno zero, Cirith Gorgor

È così lucente e liscio questo bell'elmo che ho trovato sulla testolina dai capelli dorati. Sorrido alla mia figura che viene riflessa dall'acciaio macchiato di sangue ormai rappreso. La mia sagoma deforme risponde con un ghigno. Quelle imperfezioni frutto di una vita passata nel fango a mangiare vermi tra una frustata e un'altra, mi hanno reso un mostro. Mi soffermo a guardare quei denti sottili come lische di pesce e quegli occhi vispi incastonati in un teschio foderato di un sottile strato di pelle grigiastra. Sono un orco: poco più che una bestia fatta per procacciarsi da vivere nell'oscurità di quei buchi dove spade, asce e fiamme ci hanno confinati.

Lancio un urlo, alzo la mia mazza ferrata e fracasso l'elmo e quell'immagine, poi mi avvento sul cranio del rohirrim che lo indossava e ne ricavo uno scalpo - Senza capelli non sono poi così belli! - gracchio verso un compagno seduto a qualche passo di distanza, intento a godersi la vittoria - Hanno la pelle liscia come quella dei maiali - mi risponde lui, e scoppiamo in una fragorosa risata.

Mi alzo e mi spingo sulla piccola altura che si erge alle spalle del mio compagno d'armi, per godermi lo spettacolo. Un'oceano di corvi fa da volta alla piana del Morannon. Devono essere visibili per almeno venti miglia. Un brulicare di miei simili, di uomini dell'est e di altre creature nostre alleate offre uno scrosciante sottofondo alla visione su cui mi ergo. Siamo finalmente liberi.

Faccio un cenno ai sopravvissuti del mio clan, non più di una cinquantina di orchi dei Monti Nebbiosi che hanno servito per lungo tempo l'Unico. Mi si fanno tutti attorno appesantiti dai cimeli qua e là raccolti, meritati frutti del bottino di guerra. Il mio parente più giovane veste l'elmo di un nano. Non credevo neanche ve ne fossero. Poco importa.

Alzo la mazza ferrata sopra la testa, qualche goccia di sangue mi cade sulle spalle. Gli altri mi si fanno vicino, portando a loro volta le armi al petto, in un rituale quasi ancestrale. Abbiamo marciato sotto il vessillo dell'Unico in guerra. Una battaglia si chiude e una nuova si apre. Dobbiamo guadagnarci una casa, una terra, un Regno.

- Fratelli! Il nostro tempo è giunto!

La mia voce riecheggia nella selva di lance e teste ferrate che nascondono sottili occhi di jena severi ed attenti. Si alza un urlo e il clan intona un antico inno di guerra. Passo il palmo della mano su uno spuntone della mazza e lascio cadere il liquido nero che mi scorre nelle vene in terra. Uno dopo l'altro tutti i guerrieri ripetono il gesto. Il patto è siglato. Noi ultimi di questa Terra ci riprenderemo ciò che per troppo tempo c'è stato tolto.




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