Neve
Guardo
nuovamente quel foglio che ho tra le mani. Per quanto mi sforzi di
guardare, il
risultato che vi leggo è sempre lo stesso. Negativo. Cosa mi
aspetto? Che a
rileggerlo quel valore cambi, aumentando quel tanto che basti a far
riaccendere
le nostre speranze? No. Non accadrà mai.
Anche
questa volta, come tutte le altre, è andata male. Consegno
il foglio a InuYasha
che non ha bisogno di leggerlo per capire cosa vi sia scritto. Lo vede
impresso
sul mio volto. Non oso guardalo in volto. Non riesco a sopportare
nuovamente
quello sguardo di sconfitta. Sospiro e lui mi abbraccia.
“Non
ti preoccupare Kagome, la prossima volta sarà quella giusta,
ne sono certo!”
dice con quell’entusiasmo di circostanza che usa tutte le
volte. Io, però, non
ne sono più tanto sicura. Ricambio il suo abbraccio,
ringraziandolo, in cuor
mio, per gli sforzi che fa che evitare che io mi abbatta. So che il suo
cuore è
a pezzi quanto il mio.
Restiamo
abbracciati per qualche minuto fino a quando non mi stacco da lui per
mettere
via tutto. Non voglio vedere nulla di questo per i prossimi mesi. Lui
mi guarda
raccogliere ogni singolo foglio, riporlo nella cartellina, nasconderlo
in fondo
al cassetto e chiuderlo con forza. In silenzio. Non parliamo per un
po’.
Vado
in cucina e inizio a preparare la cena. In silenzio. Lui accende la tv
e guarda
il notiziario della sera. E anche questa volta le notizie non sono
buone.
Un’altra donna si è liberata del suo bene
più prezioso. Non ne posso più. Come si
può solo pensare di fare una cosa simile? Sbatto con forza
il piatto sul
ripiano della cucina e ovviamente si rompe.
“Kagome,
tutto bene?” chiede InuYasha correndo a controllare che non
mi sia ferita o altro.
“Spegni
quella dannata tv” rispondo senza voltarmi.
Lui
torna in sala e cambia canale, mettendo su un film che so non sta
seguendo. So
che vorrebbe che io gli parlassi, che iniziassimo a progettare i
prossimi mesi,
che ci informassimo con chi di dovere, ma io non ne ho voglia. Voglio
solo
finire questa giornata e svegliarmi domani, con un altro giorno davanti
e
magari con un altro spirito. Non oggi. Non sono pronta.
Ci
sediamo a tavola e consumiamo la nostra cena, in silenzio. Solo la tv
fa rompe
il silenzio tra noi. Una commedia. Qualcosa di allegro che ci faccia
pensare ad
altro. Qualche battuta fa si che un debole sorriso spunti sulle mie
labbra ma
nulla più.
“Vuoi
che ti prepari un bel bagno caldo? – mi chiede mentre
sistemiamo la cucina –
Magari ti rilassa e ti aiuta a dormire”. Sorrido annuendo
appena. E’ sempre
così dolce e carino con me che mi chiedo come faccia a stare
ancora con me dopo
tutti questi anni. Sono intrattabile, ma lui è ancora qui.
“Allora
va a prepararti, qui ci penso io”.
Lo
osservo riporre le ultime cose e dirigersi in bagno. Vado in camera e
mi
spoglio, indossando solo la vestaglia. Spengo la luce e mi accorgo che
la
finestra è ancora aperta. Mi avvicino per chiuderla ma mi
accorgo che fuori sta
nevicano. Lo spettacolo che vedo è magico. E resto
lì a bearmi di ogni singolo
fiocco che cade dal cielo, sotto la luce dei lampioni che illuminano la
strada.
Sorrido.
Sorrido
a un dolce ricordo che avevo dimenticato.
“Kagome
la vasca è pronta, dove sei?” chiede comparendo
sulla porta della nostra stanza
e trovandomi al buio, di spalle a guardare fuori.
“Guarda
InuYasha, la neve!” esclamo con un sussurro.
Mi
si avvicina, passa le mani attorno alla mia vita, appoggia il mento
sulla mia
spalla destra, e insieme guardiamo fuori.
“Bella,
vero?”.
“No.
– rispondo – E’ magica
…”.
“Sì,
forse hai ragione” dice guardano il mio volto sereno.
Restiamo
lì in silenzio ad ammirare lo spettacolo di come tutto
attorno a noi cambi
colore. Il buio della notte è lentamente inghiottito dal
bianco candido della
neve. Non sento freddo. Il suo calore lungo la mia schiena mi riscalda.
“Sai
InuYasha, so cosa si prova” dico a un tratto.
“Di
cosa stai parlano?” chiede.
“So
cosa si prova a essere chiamata mamma”.
Solleva
il mento per voltarsi verso di me, mentre non distolgo lo sguardo dalla
neve.
“Come
fai a saperlo” chiede curioso.
“Perché
una volta ho avuto un figlio”
dico mettendo
troppa enfasi sulla parola "figlio" e sorrido alla stupidaggine
appena detta.
“Scusa?”
chiede questa volta allarmato. E capisco che teme che io gli abbia
nascosto
qualcosa d'importante. Sorrido nuovamente.
“Quando
frequentavo la seconda media, mio nonno si ammalò molto
gravemente. All’epoca
abitavamo a Sapporo, mentre lui era qui, a Tokyo. Per dargli
assistenza, la
mamma prese mio fratello Sota e si trasferì dal nonno per un
paio di mesi. Io
ero nel pieno dell’anno scolastico e non potevo assentarmi.
Ero una studentessa
modello e troppi mesi di assenza avrebbero pregiudicato il mio
rendimento
scolastico. Così fui ospitata da mia zia Kikyo e suo marito
Naraku. E sai una
cosa? Sono stati i mesi più belli della mia adolescenza.
E’
stato l’anno in cui ho smesso di mangiare le unghie. Sai, da
piccolina mangiavo
le unghie e quell’anno smisi. E vuoi sapere il motivo? Zia
Kikyo usava lo
smalto e aveva delle mani bellissime. Ed io volevo le mani come le sue.
E ci
sono riuscita. – dico sollevando le mani e guardandole con un
sorriso – Sì,
sono state il mio più grande successo.
Comunque
zia Kikyo aveva due figli, Sayuri, la maggiore e Shippo, il
più piccolino.
Aveva solo dieci mesi quando io andai a stare da loro. I suoi figli
erano
bellissimi, ma nessuno era paragonabile a Shippo. Aveva brillanti occhi
verdi e
folti capelli castani. Ed era così tenero.
Per
tutto il periodo che sono rimasta da loro passavo molto tempo con lui.
Gli davo
da mangiare, lo cambiavo, giocavamo sempre insieme, gli ho insegnato a
camminare e si addormentava sempre e solo con me. Eravamo inseparabili.
E alla
zia questo faceva comodo, perché così poteva
occuparsi della casa e di Sayuri
che aveva iniziato l’asilo e stava avendo problemi con i
compagni. Faceva
fatica ad ambientarsi quella bambina, per questo motivo zia doveva
stare con
lei a scuola, i pomeriggi. Io, invece, restavo a casa a badare al
piccolo
Shippo.
Dopo
un mese e mezzo che ero lì, Shippo iniziò a dire
le prime parole. Ed era buffo
come facesse smorfie con il musetto per cercare di farsi capire. Lo
vedevi lì
seduto a terra a concentrarsi per chiamare le cose con il loro nome.
Ma
quando chiamò me, non ebbe nessuna esitazione InuYasha. Mi
guardò con un
sorriso, allargò le sue piccole braccia e disse solo
“Mamma Ome”. E in quel
momento mi sentii emozionata e fiera di me. Per lui ero importante come
la sua
mamma, che chiamava Mamma Io. Aveva qualche difficoltà nel
pronunciare tutte le
sillabe. – sorrisi nuovamente a quel pensiero – Ma
era così tenero.
Ricordo
ancora che quando mio nonno fortunatamente guarì e mamma
tornò a prendermi,
Shippo non voleva lasciarmi andare via da casa sua. Piangeva quel
giorno. Ed io
con lui. Gli promisi che sarei tornata spesso a giocare con lui. E fin
quando
siamo rimasti a Sapporo, l’ho fatto. Ho mantenuto la mia
promessa. Purtroppo
dopo il trasferimento a Tokyo non ho potuto più farlo.
– sospiro – Ma
fortunatamente è diventato grande e piano si è
staccato da me.
Adesso
è diventato un giovane uomo, con una splendida ragazza al
suo fianco. E sono
tanto orgogliosa di lui. Se ripenso a quel bimbo paffuto che mi
chiamava mamma
Ome, il cuore mi si riempie di gioia” dico, concludendo il
racconto con l’ennesimo
sorriso.
“Non
sapevo di questa storia, Kagome” dice dopo qualche attimo di
silenzio.
“Perché
lo avevo dimenticato. È stata la neve a farmelo ricordare.
– dico sorridendo – C’era
la neve anche quella volta”.
InuYasha
mi vede sorridere. E so cosa sta pensando.
“Beh,
allora, sia benvenuta la neve che ti ha riportato alla mente
così bei ricordi!”
e mi stringe ancora di più a sé.
“Sì!”.
“Adesso
andiamo, o il bagno che ti ho preparato non farà effetto.
– dice allontanandomi
dalla finestra – E poi non voglio che tu prenda
freddo!”.
“Agli
ordini capo!” e insieme ci dirigiamo in bagno.
“A
proposito, come hai concluso l’anno scolastico?”
chiede con una punta di
malizia.
“Sono
passata per il rotto della cuffia! – ammetto bofonchiando
– Ma non me ne è mai
importato nulla!”.
***
“Kentai
mi fai male! Stupido! Stupido! Stupido!”
“Mayu
piagnona! Mayu piagnona!”
“Mamma!
Kentai mi tira i capelli!!” urla la piccola.
“Kentai,
lascia stare tua sorella, o vengo lì e sai che poi ti metto
in punizione!” dico
esasperata da quei due che non accennano a fermarsi. Così
disturberanno tutto
il vicinato. Entro in casa e chiamo mio marito.
“InuYasha!
Va a separare i tuoi figli! Stanno litigando!”.
“Ma
Kagome, hanno quattro anni, è normale che
litighino!”.
“Ti
prego separali! Non voglio metterli in punizione la vigilia di
Natale”.
“E
va bene, va bene! Se non ci fossi io, questa casa sarebbe una
giungla!” dice
andando in giardino.
“Si
certo, come no!” rispondo tra me e me alzando gli occhi al
cielo.
Mentre
sono lì a preparare la cena mi sento chiamare da InuYasha.
“Kagome,
corri!”.
“Che
cosa succede?” rispondo correndo fuori allarmata. E resto
basita da quello che
vedo.
“Guarda
Kagome! La neve!” esclama InuYasha allargando le mani per
mostrarmi quello che
da qualche minuto ha iniziato a cadere dal cielo. Timidi fiocchi si
posano
attorno a noi. I nostri figli, imitando il padre, allargano le braccia
al cielo
e urlano per tutto il giardino “La neve! La neve!”.
Era
da quella notte che non nevicava. Nel vedere quello spettacolo, un
calore
invade il mio cuore e gli occhi pungono per le lacrime che vogliono far
capolino. InuYasha corre ad abbracciarmi.
“Te
lo avevo detto io, ricordi? La prossima
volta sarà quella giusta. E così
è stato!” sussurra al mio orecchio,
accarezzando il pancione.
“Avevi
ragione. – dico guardando i nostri figli rincorrere i fiocchi
di neve – Tu hai sempre
ragione”.
L’angolino di
Ness
Che ne dite, sono riuscita a scrivere qualcosa con
un lieto fine? E che
“Kakkio”, ci voleva, no? Spero vi sia piaciuta, e
mi scuso per eventuali errori
che possono esserci. Ma l’ho scritta di getto, senza pensare
alla forma, e non
ho voglia di rileggerla.
Con questa auguro a tutti voi un felice 2015 e come
dice un grande
saggio “Mira alla Luna, ma se la manchi non preoccuparti,
sarai sempre tra le
stelle”.
Ogni riferimento a persone, luoghi o fatti
realmente accaduti è
puramente voluto.
Un bacio al piccolo Shippo, ovunque tu sia.
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