Just Good Friends

di Padme Undomiel
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JGF1

Just Good Friends






1.




Ci risiamo. Mi sono di nuovo lasciata trascinare.

Giuro che non avevo alcuna intenzione di bere così tanto alcool. Giuro. Diciamo soltanto che tutto era a sfavore della mia razionalità, questa sera.
Voglio dire, una festa meravigliosa, un sacco di invitati –è incredibile il numero di amici che Mimi riesce ad avere e ad invitare a casa sua- e un po’ di drink che vivacizza la festa e che non fa mai male.
Non fosse che soffro poco l’alcool, anche se in dosi così esigue, e che non avrei potuto rifiutare. Non se ad offrirmi l’ultimo drink è stato Michael.
Cammino come sulle uova, su tacchi che mi martoriano i piedi, e barcollo in maniera vergognosa, cercando nel contempo di smettere di battere i denti –ma tutto questo freddo da dove viene? Possibile ci fosse anche all’andata?- e di non scivolare clamorosamente a terra. E già lo so che la mia razionalità personale non sarà contenta di vedermi in questo stato.
Ma che avrei potuto fare? Ero decisamente su di giri, mi sentivo come se niente potesse andare storto.
Mimi mi ha portato Michael qui dall’America, per queste vacanze di Natale: voleva mostrargli Tokyo, e fargli incontrare di nuovo noi Prescelti giapponesi. Inutile spiegare quanto la notizia mi abbia resa felice: era da un secolo che non lo vedevo più. E, accidenti se non è diventato ancora più attraente. Ha un sorriso davvero meraviglioso, così cordiale, sempre gentile, sempre luminoso …
D’accordo, lo ammetto: è principalmente per lui che sono venuta a questa festa, a casa di Mimi. E d’altronde persino Mimi lo sa. Perché Michael mi è sempre piaciuto, fin dalla prima volta che l’ho visto a Digiworld.
Eppure, al momento sto maledicendo con tutta me stessa i miei trampoli –messi per lui, ovvio, come tutto il resto-, dato che rischio continuamente di cadere. Ora come ora un paio di scarpe da ginnastica mi andrebbero molto più a genio … Perché ho messo una gonna, perché?
Sono pronta ad affermarlo: Inoue Miyako è un’idiota.
Ma è un’idiota che ha un salvatore.
Finalmente, poco lontano da me, lo vedo. La mia salvezza.
Se ne sta appoggiato al motorino, rigirandosi il casco tra le mani con aria assente, a testa bassa, e vederlo lì mi fa trarre un sospiro di sollievo. E’ sempre puntuale, fino all’esaurimento: sapevo che non mi avrebbe fatto attendere affatto. Lui è fatto così.
“Soccorso, piedi doloranti post-festa super ballerina!” Dico a voce alta, avvicinandomi a lui. E lui si riscuote, sollevando il capo e poggiando il casco sulla sella del motorino, già coperto da un qualcosa di scuro che non riesco a vedere bene. Getta uno sguardo alle mie scarpe, per poi fare una smorfia comprensiva.
“Ah, lo immagino. Non potevi mettere qualcosa di più comodo?” Mi dice, e mi evita l’ultimo tratto di strada che mi toccava fare, avvicinandosi a grandi passi. E provo sincera invidia per il suo cappotto caldo, così come per la sua sciarpa: notarlo, e sapere che il mio cappottino non può nulla contro quel gelo invernale mi fa correre molti più brividi dietro la schiena.
Rido istericamente, battendo i denti senza dignità. “E’ la stessa domanda che non mi dà pace da quando sono uscita da casa Tachikawa, Ken-kun”, quasi strillo. “Non girare il coltello nella piaga.”
Se c’è una cosa che mi piace particolarmente di Ichijouji Ken, tra le tante, è che gli basta un solo sguardo per capire esattamente ciò di cui tu hai bisogno. Sorride, per poi porgermi il braccio come un vecchio cavaliere di altri tempi. Io mi appoggio, grata, a lui, ponendo fine al giramento di testa e cercando ulteriore calore. “Ringrazia il cielo di non essere una donna.”
Ken ride piano, accompagnandomi alla moto, ben attento a non farmi cadere, barcollante come sono. “Diciamo che in questo momento non capisco come tu faccia, Miyako-san”, risponde, per poi sospirare. “Hai bevuto di nuovo.”
Lo sapevo che avrebbe notato e disapprovato, lo sapevo. Lo conosco troppo bene, ormai.
“Solo un pochino”, faccio, con un sorriso imbarazzato, e pregando che le mie gambe ritrovino un po’ di forza.  
Ken scuote il capo, lasciandomi andare. Subito trovo l’appoggio nella moto dietro di me, anche se il calore diminuisce sensibilmente. E intanto i suoi occhi azzurri mi guardano per qualche istante, lievemente socchiusi a causa della fronte aggrottata. “E stai tremando come una foglia. Forse avresti dovuto scegliere un abbigliamento più … caldo.”
E subito lo vedo distogliere lo sguardo, e arrossire lievemente, e capisco perfettamente dove vuole arrivare: allude alla mia gonna troppo corta, che mi arriva a metà coscia, e sta cercando di farmi notare che è eccessiva in maniera educata.
Il fatto che sia così discreto è un’altra caratteristica a suo vantaggio, anche se alle volte non ce n’è proprio bisogno.
Alzo le spalle, e a dispetto del fatto che rischio di morire assiderata, riesco ancora a difendere il mio abbigliamento. Ci ho messo troppo tempo a prepararmi per non conoscerne i pregi, andiamo. “Era una festa, Ken-kun. Non posso andare in giro con un piumino ad avvolgermi, no? Tu riusciresti a ballare così impedito nei movimenti?”Gli spiego, pratica, incrociando le braccia in tono falsamente saccente.
Lui fa un sorrisetto –uno dei suoi: posato, autoironico, divertito. Non conosco nessuno capace di sorridere in modo tanto strano. “No. E nemmeno se fossi libero nei movimenti, se è per questo.”
“Sciocchezze. Non hai mai provato!”
“Credimi sulla parola, Miyako-san.”
Sbuffo, rassegnata sulle sue prese di posizione. In tanti anni di conoscenza non c’è mai stato modo di convincerlo a ballare ad una festa, mai. Ma se è per questo … quand’è stata l’ultima volta che ha partecipato, ad una festa? Mi stringo maggiormente nel cappotto, autoconvincendomi che basterà volerlo per stare più al caldo. “Come ti pare. Ma un giorno giuro che ti trascinerò in pista da ballo, fosse l’ultima cosa che faccio!”
Ken scuote il capo, chiaramente divertito, porgendomi il casco che teneva tra le mani prima che mi vedesse. “Non dovresti sprecare così il tuo tempo: potresti dedicarti a cose più importanti, non credi?”
Sì, è davvero scioccante che sia l’unico ragazzo sulla faccia della Terra capace di smontare, con calma e razionalità, ogni mio tentativo di minacciarlo con proposte che non gli piacciono. Detesto che sia praticamente un genio, certe volte.
“Basta, ci rinuncio”, affermo plateale, allacciandomi il casco. “Con te non c’è gusto …”
“Mi dispiace sul serio.” Ma non è vero, si sta divertendo un sacco. Lo si vede dal lampo che ha negli occhi.
Mi imbroncio, guardandolo storto. “Devo fare finta di crederti?”
 Ken ride ancora, per poi avvicinarsi al motorino, e quindi a me. “Puoi fare quel che vuoi, Miyako-san”, mi dice semplicemente. “Ma … forse prima dovresti metterti quello, se hai freddo.”
Indica col dito il motorino dietro di me, e solo allora mi accorgo di cosa è poggiato sulla sella.
Un lungo, marrone, caldo cappotto invernale. Oltre a quelli che sembrano guanti abbinati.
Lo fisso esterrefatta per qualche secondo, come istupidita. “Che … un cappotto?”
“Avevo pensato che avresti indossato abiti poco pratici per questo freddo. Senza contare che in moto la situazione sarebbe solo peggiorata.”
Non ci posso credere. Ha sul serio pensato ad una cosa del genere. Ichijouji Ken non è umano.
Sbatto le palpebre, e osservo il suo viso. E’ chiaramente arrossito, e guarda da tutt’altra parte.
“E’ di mia madre. L’ho … ecco … chiesto in prestito. Non ti andrà perfettamente, ma, se vuoi …”
C’è ancora da chiedersi perché sia il mio migliore amico?
Forse la cosa che mi piace più di lui è che mi vuole bene in maniera così carina che ogni volta non posso che intenerirmi. Chissà quanto dev’essere stato imbarazzante chiedere quel cappotto a sua madre, quasi non riesco ad immaginarlo. Eppure lui l’ha fatto, e solo per tenermi al caldo.
Lo abbraccio, grata, e sorrido quando lo sento irrigidirsi di colpo. E non si può dire che sia una novità, lo fa sempre quando lo abbraccio. “Sei sempre tanto dolce, Ken-kun: grazie, grazie, grazie!”
“Ehi … non è niente … Miyako-san, dai. Non è stato un problema”, fa lui, tossicchiando a disagio. Si stacca quasi subito, il viso in fiamme e gli occhi bassi, ma non si riesce ad avercela con lui. Se solo non fosse tanto timido, probabilmente non si sarebbe scostato  tanto presto. “Se ti va di provarlo …”
Mi aiuta ad indossarlo, perché ho ormai perso sensibilità nelle dita, ed è un sollievo quando il calore del cappotto della signora Ichijouji mi fa rabbrividire ancora più violentemente e stringermi ad esso, finalmente trovando un po’ di pace. Lo abbottono in fretta, sorridendo come una bambina davanti ad un regalo.
“E’ anche molto carino, tua mamma ha buoni gusti”, faccio, e rido, infilandomi i guanti.
Ken non dice nulla per un attimo, limitandosi ad osservarmi mentre termino l’operazione.
Solo quando sollevo le mani, mostrandogli il lavoro concluso, si riscuote, e sospira. “Meglio così. Vogliamo andare?”
“Oh, sì. Certo.”
Mentre salgo sulla moto dietro di lui, e mi aggrappo forte per evitare di cadere quando Ken mette in moto, non posso fare a meno di sentirmi una ragazza decisamente fortunata, e felice. Dubito che qualcuno avrebbe fatto tanto per me.
Mi chiedo cosa avrebbe fatto Michael al suo posto. Forse non avrebbe avuto la trovata originale del cappotto di sua madre.
Ridacchio, appoggiando il capo sulla schiena di Ken. “Sul serio, Ken-kun, io credo che tu ti sia votato al martirio. Non sei obbligato a trasportarmi di qua e di là solo per non farmi uccidere dai miei chiedendo passaggi ogni volta che vado da qualche parte.”
“Te l’ho detto, non è affatto un problema. Quando sono libero, ben venga.” Mi risponde cauto, concentrato sulla strada davanti a sé.
Sospiro, esasperata. “Sì che lo è”, gli spiego pazientemente, come se fosse uno scolaretto ingenuo. “Di solito si portano da ogni parte le proprie fidanzate, e tu ti ostini a portare da ogni parte me. Ovvio che io non posso che approfittarne, dato che sei ancora deciso a non averne una.”
Ci mette un po’ per rispondermi, preso com’è dalla sua guida. “Ora mi prendi in giro, vero?”
“Non sia mai”, rispondo, angelica, e lo sento sospirare, rassegnato. Ma non dice altro: probabilmente pensa che non ci sia nient’altro da aggiungere.
Sbagliato.
Osservo la sua figura –perché tanto non si accorgerà mai che lo sto spiando, posso farlo senza che lui si imbarazzi-, e mi acciglio. E’ davvero un peccato che Ken sia così testardo sull’argomento fidanzate: è uno spreco, ecco. Ken è un ragazzo splendido, e non parlo soltanto dei suoi occhi azzurri, così belli e penetranti, o dei suoi capelli scuri e lisci, o dell’aura di mistero che sembra circondarlo e renderlo così interessante, o ancora del fatto che sia decisamente cresciuto, e in meglio, dall’avventura di Digiworld di sei anni fa. E’ un ragazzo straordinariamente attraente, ma non è solo questo.
E’ sempre attento, è un caro amico, ed è sempre disposto ad ascoltare quando ce n’è bisogno. Non sarà di molte parole, certo, ma quando si apre davvero con qualcuno è capace di rivelare al meglio la sua interiorità, che è meravigliosa, benché lui stesso ne dubiti.
Peccato che sia convinto sul serio che non si fidanzerà mai con nessuna.
Me lo disse alcuni anni fa, quando per la prima volta noi due scoprimmo di essere davvero in grado di stringere un’amicizia speciale. E, per quanto sia assurdo, lui sostiene che la sua convinzione derivi dal fatto che i suoi sentimenti sono pericolosi, fonte di guai.
Scoppiai a ridere allora: credevo sul serio scherzasse. Come potevano essere pericolosi dei sentimenti?
Lui, però, non rise affatto. Si incupì, e mi zittì con due sole, quanto significative, parole.
Digimon Kaiser.”
Non credo che abbia mai dimenticato ciò che ha fatto anni fa a Digiworld. Naturale che il senso di colpa si sia attenuato man mano che passava il tempo, man mano che il Digimon Kaiser diventava sempre più un fantasma del suo passato … ma in qualche modo ha trovato il sistema per avvelenargli le speranze. Come un tarlo invisibile, è ancora lì, a precludergli qualsiasi aspirazione ad una vita sentimentale.
Non c’è mai stato modo di fargli cambiare idea.
“L’ultima volta che non ho frenato i miei sentimenti, tutti quanti voi ne avete subìto le conseguenze, e sofferto”, mi disse, serio come poche volte lo avevo visto. “Non commetterò più lo stesso errore, mai più.”
Molto triste davvero.
Ma, checché ne dica lui, io sono sicura che una ragazza capace di cancellargli quest’assurda paura dalla mente esista, da qualche parte. Un giorno arriverà, e allora lo farà impazzire sul serio, e al diavolo il controllo dei sentimenti: come se fosse possibile vivere in questo modo. Sicuramente, quella ragazza avrà tutta la mia stima: credo le stringerò la mano.
“Sei silenziosa. La festa non è andata come speravi?” Dice il soggetto dei miei pensieri all’improvviso, e io mi riscuoto dalle mie fantasticherie.
“No, no, anzi!” Mi affretto a dire. “E’ stata davvero carina, c’era un sacco di gente. Ancora non capisco, piuttosto, perché tu abbia preferito non venire, Ken-kun.” Il pensiero mi fa sbuffare, critica. “Ti sei perso l’ennesima occasione per divertirsi.”
Le spalle di Ken sembrano irrigidirsi, ma solo per un istante: un secondo dopo sembra non essere mai successo nulla. “Non conosco Michael”, obietta. “Che motivo avrei avuto di venire? Non gli avrebbe fatto piacere.”
Questa, poi. Cosa ne sa lui di quello che avrebbe pensato Michael?
“Questa avrebbe potuto essere l’occasione per conoscervi, no? Michael è davvero affabile, ti avrebbe fatto sentire a tuo agio all’istante, come se vi foste conosciuti quando ci siamo conosciuti noi.” Mi infervoro, rifiutandomi di assecondare oltre i suoi argomenti tanto deboli.
“Avrei sottratto del tempo a te. A … a voi.”
Mi immobilizzo, sorpresa. Ha uno strano tono stasera, sembra … seccato. No, forse non è nemmeno il termine adatto. “Non c’è ancora un noi, Ken-kun”, rispondo perplessa, cercando di individuare il problema. “E comunque figurati, per qualche secondo non avresti smontato i miei piani di conquista.”
Rido, un po’ titubante, cercando di fingere di non essermi accorta di nulla. Resto una pessima attrice, sempre e comunque.
Ken non ride, nemmeno un po’. “Lo vedi, Miyako-san? Hai dei piani, non potevo certo mettermi in mezzo.”
Altro che freddo della serata. Il suo tono è polare.
Ma che sta succedendo?
“Ken-kun, che hai? Sei strano”, gli dico, preoccupata. “Sembra quasi che tu abbia problemi con Michael!”
L’ho provocato. Mi aspettavo avrebbe smentito, avrebbe detto che non era assolutamente così. Era un’affermazione come un’altra, la mia.
Non mi aspettavo certo che ci avrei preso.
Ken sobbalza, e all’improvviso sembra perdere il controllo del motorino: sterza bruscamente, mentre io strillo e mi aggrappo a lui. Una macchina dietro di noi ci supera, suonando furiosamente il clacson.
E giuro, mai era successo che Ichijouji Ken perdesse il controllo alla guida.
Lo fisso, scioccata, mentre lui si stabilizza e continua ad andar dritto senza fermarsi. “Ma insomma!” Sbotto, con la voce stridula.
“Scusami, mi dispiace”, fa lui in fretta, imbarazzato. Ma non aggiunge nulla su Michael: lascia che il suo atteggiamento parli per lui.
Allora ha sul serio problemi con Michael?
Questo, poi, è assurdo. Ken sta facendo il fratellino minore, adesso? Cerca di proteggermi dai ragazzi?
Possibile?
Però è un pensiero carino, in fondo. Cerco di nascondere il sorriso che mi è nato spontaneo, mentre comincio a parlare pazientemente. “D’accordo, ascoltami: Michael è un ragazzo per bene. Non ha cercato di farmi niente, a parte parlarmi con aria gentile, invitarmi a ballare due … no, tre volte. Cos’ha che non va?”
Ken non risponde, lo sguardo fisso davanti a sé. Lo prenderò come un invito a continuare.
“Anzi, a dirla tutta è una persona che sembra avere tutto dalla sua”, riprendo, lasciando che l’entusiasmo trapeli dalla mia voce mentre parlo del ragazzo che mi piace. “Bello, attraente, piacente, simpatico, gentile … sa sempre cosa dire, come comportarsi … Un vero gentiluomo. Soprattutto stasera.”
Arrossisco di gioia, mentre ripenso al suo sguardo, alla sua presenza accanto a me. “Mi ha detto che suo padre sta girando un nuovo film. Sai che è un attore famoso? E che lui sta pensando di seguire la sua carriera? Non sarebbe fantastico se arrivasse anche lui sul grande schermo …?”
“Immaginavo.”
Ammutolisco, colpita dal suo tono gelido. “Cosa?”
“Da quello che mi dici, ti ha parlato solo di sé. Mi sembra un atteggiamento un po’ narcisistico.”
All’improvviso, ne ho abbastanza: è come se la mia preoccupazione per lui sia scoppiata come una bolla di sapone, lasciando il posto ad un sentimento ben più sgradevole. Ora sono arrabbiata. Che motivo ha di prendersela tanto?
Sbotto. “Mi ha chiesto anche di me, cosa credi? Non perderei tempo con qualcuno che non mi considera minimamente.”
“Tu dici?”
Scettico, e decisamente antipatico. Non l’ho mai visto così acido in tutta la mia vita.
“Ecco, ti rispondo immediatamente: mi ha chiesto come me la passo, come vanno i miei studi, e …” E’ assurdo, all’improvviso parlare di Michael davanti a un Ken irritato e odiosamente freddo mi fa sentire a disagio. Arrossisco sgradevolmente, cercando di ripensare alle conversazioni tenute con il mio americano preferito questa sera, ma non riesco a concentrarmi.
Non con Ken in questo stato.
“… E basta. Miyako-san, perché perdi tempo con persone che non sono interessate a te come tu lo sei di loro?”
“Ma scusa, cosa ne sai di lui? Ti rifiuti di conoscerlo ogni benedetta volta in cui ci organizziamo per vederci!” Quasi sbraito, frustrata, e persino la mia presa sulla sua schiena è rigida, innaturale. Cerco di stargli più lontana possibile, ora che sembra starmi dimostrando che non è dalla mia, stavolta. “E poi chi lo sa? Magari potrei piacergli. Credi sia impossibile?”
La mia ultima domanda mi esce fuori come uno strillo, pieno di rabbia.
Ed è strano, perché proprio questo suono così strano e quasi buffo a sentirsi è quello che sembra sospendere la nostra discussione: la moto si ferma, e solo allora mi rendo conto che siamo arrivati davanti a casa mia.
Tutto questo tragitto passato a parlare di nulla. E a sentirmi a pezzi.
Ken scende con un movimento rapido, togliendosi il casco e porgendomi una mano per aiutarmi. Ma non riesco a muovermi, mi sento pietrificata. Pietrificata nel cappotto lungo e marrone della signora Ichijouji, che nasconde gonna corta e maglia leggera e un po’ scollata. All’improvviso mi sento solo sciocca, e in imbarazzo.
E ferita, tanto.
Gli occhi mi bruciano, e mi trovo senza un motivo preciso a trattenere le lacrime davanti al suo sguardo. “Tu credi che io non potrò mai piacere a nessuno, Ken-kun”, dico, la voce tremante.
 Credo di averlo spiazzato, perché forse non si aspettava che fossi così diretta con lui: abbassa il braccio, sconcertato. “Cos …?”
E non posso lasciarlo finire di parlare: gli occhi mi brillano in modo vergognoso. Inghiottisco a fatica, per farmi forza, e scendo dal motorino da sola, voltandomi di spalle e armeggiando con il casco. Tutto, pur di non guardarlo. “Non negare, ho capito benissimo. Insulti Michael per farmi capire quanto io sia ridicola. Mi porti persino il cappotto da casa per rimediare alla mia indecenza. Non vieni alle feste per evitare di dirmi quanto ti vergogni di me. Come ho fatto a non capirlo prima? Sempre a biasimarmi se bevo, se mi vesto a festa, se sto con Michael … mi trovi ridicola e idiota. Bene. Hai ragione …”
“Miyako-san, credi davvero una cosa del genere?”
C’è un tono nascosto, quasi vibrante, nella voce di Ken, adesso. Non si può fingere un tono del genere, dev’essere autentico. Deve essere autenticamente pieno di impeto trattenuto, di stupore e amarezza insieme.
Mi blocco, turbata. Cos’è questo cambiamento, adesso?
“E cos’altro dovrei credere?” Chiedo, voltandomi per affrontarlo.
Ma poi sussulto, presa alla sprovvista.
Ken è proprio di fronte a me, e mi fissa, immobile e serio. Ma non è questo a fermarmi.
Sono i suoi occhi. Sembrano inchiodarmi sul posto, sottrarmi il respiro dai polmoni, chiedermi prepotentemente di essere osservati intensamente come loro osservano me.
C’è mai stato quel lampo, nell’azzurro profondo del suo sguardo?
Perché il mio cuore ha accelerato tanto i battiti? Diamine, in tanti anni non ho mai guardato negli occhi Ichijouji Ken, non ne ho mai osservato l’incredibile forza che traspare da essi?
L’unico luogo in cui nessun suo sentimento è trattenuto, e tutto è messo a nudo …
Ho mai visto quanto mi parlassero?
Non riesco a muovermi.
E, un istante dopo, rapido, Ken mi bacia.
E non so se sia complice l’alcool, che mi annebbia ogni capacità di ragionamento, o se è la debolezza che mi fiacca lì contro il motorino, o ancora le braccia di Ken che, calde, mi cingono per la vita in modo da non farmi cadere, ma non riesco a fermarmi.
Rispondo al bacio, e per un istante mi scordo di poter pensare ad altro.
Altro che non sia il suo profumo, o il calore insopportabile che mi cresce dentro. Altro che non siano le sue labbra, che, in modo un po’ impacciato ma decisamente non incerto, non ne vogliono sapere di abbandonare le mie. Altro che non sia il desiderio sempre crescente di non smettere, non smettere più …
Reggo ancora in mano il casco, e una parte della mia testa mi ricorda che è un ostacolo a noi. Mi chiede cosa si possa provare nel passargli una mano tra i capelli, adesso. E allora apro le dita, e lascio che cada.
Ma ho dimenticato che la neve che doveva attutire il colpo non si è accumulata in strada.
Il rumore secco e fastidioso del casco che si schianta sull’asfalto interrompe il momento. Ken si stacca da me, con un sussulto, e io mi rendo conto solo allora di aver chiuso gli occhi.
Li spalanco, stordita.
E guardo la sua espressione attonita, il rossore del suo viso, lo sguardo pieno di orrore. Mi guarda come se non credesse ai suoi occhi, e credo che le sue mani stiano tremando.
E finalmente comprendo ciò che è successo. Ichijouji Ken mi guarda con orrore perché lui mi ha baciato. Perché io l’ho baciato. Perché io avrei desiderato continuare a baciarlo.
Oddio.
Arrossisco di botto, e mi porto le mani alle labbra in un gesto istintivo. E sono ancora più sorpresa di sentirle calde –calde del suo bacio.
Prima che io possa fermarlo, Ken si abbassa a raccogliere il casco, con gesti meccanici, per poi rimettersi il suo e salire sulla moto. Il motore si accende, e io cerco invano di richiamarlo, perché la voce sembra essere sparita. Forse si è bruciata nel calore confuso di poco fa.
Prima che io stessa possa accorgermene, di lui non mi resta che una nuvola di smog.
E sono sola davanti a casa mia.
Sola, a cercare di respirare, a cercare di scacciare questa terribile sensazione di panico che mi avvolge sempre più.
Ovviamente, essendo io Inoue Miyako, fallisco in entrambe le cose.










Buon anno a tutti e buone feste passate! :) Il periodo natalizio finisce e io penso bene di pubblicare una storia natalizia in ritardo. Direi che sono appena in tempo con l'Epifania, almeno non sono del tutto sfasata --' A parte questo dettaglio che spero mi perdonerete... Bentrovati in questa brevissima long! ^^ vi annuncio subito che non supererà i 4 capitoli -il che per me è stranissimo, considerando quanto posso essere prolissa nelle long o.o diciamo che volevo provare qualcosa di nuovo, e non solo nella lunghezza. So che di solito la Friendzone si associa prettamente a Taichi e Sora, o Takeru e Hikari... Ma si sa, io sono Kenyako dipendente e non ho saputo resistere :P Sperando vivamente vi sia piaciuta, vi saluto al prossimo aggiornamento!
Padme Undomiel




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