Yoooooo
minna! Buon Natale, buon anno nuovo e buona
Epifania!
Lo
so, sono imperdonabile questa volta; avrete pensato
che ero morta o che avevo abbandonato, invece ero solo in ritardo per
colpa
della scuola e altro. Mi dispiace ragazzi T.T Per farmi perdonare vi
lascio
subito al capitolo immenso (46-47 pagine), solo una cosa prima: lo
dedico ad
ANDRE (andry) perché è penso quello che lo
aspettava di più e che più ho fatto
aspettare, avrebbe dovuto essere il suo regalo di compleanno ma non ce
l’ho
fatta! Scusa!
Buona
lettura!
Black
Star
Era
notte quando
aprii gli occhi.
No.
La notte era rassicurante. Di notte non avevo paura.
Di notte c’erano le stelle.
Era
nero.
Come
l’ombra. Come la morte.
Con
uno scatto mi tirai a sedere accucciata, pronta a
combattere.
Intorno
a me il nulla. Solo nero.
“Ben
svegliata!” una voce tagliente e sarcastica, ma allo
stesso tempo calda e sensuale. Una voce pericolosa.
Mi
girai di scatto e me la trovai davanti; non mi stupii
più di tanto. Avevo capito dov’ero.
“Cosa
ci faccio qui?” le chiesi diretta, mentre invano
cercavo di evocare le mie spade d’ombra.
“Non
ti va una chiacchierata? È da un po’ che non ci
sentiamo dopo tutto…” alluse mentre un lampo
d’ira le brillava negli occhi
scarlatti dalla pupilla felina.
“No
grazie, ormai mi ero abituata a quel gradevole
silenzio!” le risposi a tono, sfidandola con il suo stesso
identico ghigno.
Lei
ringhiò e i peli della coda e delle orecchie si
rizzarono.
“E
se quello che volevi era impedirmi di rimettere il
sigillo,” continuai imperterrita mentre un sorriso sadico mi
si allargava sul
volto, “Te lo puoi sognare: rimarrai sigillata fino a che non
troverò il modo
di cancellarti, di sradicarti da me e da ogni altro.
Vendicherò le vite che hai
divorato, le famiglie che hai distrutto, la felicità che hai
avvelenato!” la
accusai alzando sempre di più la voce fino a ritrovarmi ad
urlare contro di
lei, stringendo le nocche fino a farle sbiancare.
Un
attimo.
I
contorni di lei sfumarono.
Come
se fosse angosciata, ferita e persa, si portò una
mano sugli occhi.
Uno
spasmo.
“Sigillami…”
“C-cosa?”
ribattei facendo un passo indietro, diffidente
e confusa da quel momento, da quella parte di lei che non avevo mai
visto.
E
forse l’avevo solo immaginato, perché tutto era
tornato
come prima.
“Zitta!”
mi ringhiò fremente di rabbia, i capelli ramati
che sembravano animati di vita propria e le danzavano attorno; poi si
calmò e
sogghignò, avvicinandosi a me, “Dopotutto
è infantile dare la colpa ad altri
per qualcosa che non hanno fatto.”
Fu
il mio turno di perdere il controllo.
“Tu
hai fatto tutto questo, Regina!” le ringhiai contro,
ritrovandomi faccia a faccia con lei. Rosso contro blu:
l’unica vera
differenza.
“Ma
io sono te” sussurrò lei con un mezzo sorriso.
Un
bruciore intenso al cuore mi strattonò via.
Nei
miei occhi riflessa solo la luce confusa e impaurita
che c’era nei suoi.
Miel
si svegliò di
soprassalto, ansimante, e si guardò intorno alla ricerca di
sicurezze: vicino a
lei, troppo vicino, c’era Rey che dormiva crucciato e scosso
da tremiti. Aveva
gli incubi? Alla sua destra stavano accoccolate Giada e Akiko,
l’ultima
continuava a parlare nonostante dormisse, e poco più in
là, appoggiati al
tronco di un albero, riposavano Amlach e Shi, ma sospettava che sarebbe
bastato
poco più di un fruscio per farli saltare in piedi e uccidere
qualcuno. Anche
Ed, sdraiato nella sabbia, aveva i muscoli tesi, come pronto a scattare
e non
si sarebbe stupita se fosse stato sveglio, al contrario di Amane e
Yelle che
ronfavano abbracciate vicino al fuoco, mentre Tara riposava un
po’ in disparte,
ovviamente affiancata da Shoichi, che russava e sbavava allo stesso
modo di
Hiroshi, chiaramente afflitto dagli stessi problemi di insonnia degli
altri
ragazzi. Gli unici completamente svegli, a parte lei, erano i vampiri:
Osgal
teneva vivo il fuoco e chiacchierava di tanto in tanto con Eran a
bassissima
voce, Aria dipingeva tranquilla su un blocco schizzi e
Ashuros…non c’era.
Ovvio: l’unico che le serviva era l’unico che non
c’era.
“Tutto
bene Miel?” le chiese
Aria avvicinandosi a lei con fare dolce, mentre gli altri due la
guardavano in
attesa.
“Come
se non lo sapessi!”
borbottò la bionda in risposta, con un sorriso tirato.
“Ehi!”
le rispose fingendosi
offesa la vampira, ma poi ridacchiò, “Strano
però…i tuoi sogni non li
vedo…”
mormorò più a se stessa che a lei.
“Meglio,
ti risparmi un
romanzo dell’orrore!” ci scherzò
l’altra alzandosi in piedi e osservando lo
falce di luna che brillava nel cielo.
“Dov’è
Ashuros?” chiese
prima che Aria potesse risponderle.
“A
caccia.” Le rispose
scrollando le spalle, “Ma ha detto che rimaneva
vicino.” la rassicurò, mentre
la osservava stiracchiarsi e scuotere la testa per scrollarsi il sonno
di
dosso.
“Devi
andare da lui?” le
chiese leggendo nella sua mente come stesse già pianificando
di trovarlo e
rompergli le palle per essersi allontanato da solo.
La
bionda annuì.
“Sì,
lei è
sveglia…” le rispose massaggiandosi la pelle
all’altezza del
cuore. I suoi occhi rossi con quella strana espressione le apparvero di
nuovo
davanti e dovette scuotere la testa per scacciarli.
“Vengo
con te?” chiese Aria,
preoccupata, alzandosi dalla sua posizione accucciata.
“Meglio
di no…” la suggerì
imbarazzata guardando da un'altra parte.
“Non
dovresti muoverti da
sola” le ricordò Osgal con sguardo di freddo
rimprovero, ma Miel sapeva che era
preoccupata.
“È
pericoloso, soprattutto
ora che sappiamo che ci inseguono.” Aggiunse Eran a
supportarla.
Ma
Miel scosse la testa.
“Io
non sono mai sola…”
mormorò con sorriso mesto, prima di lanciarsi
nell’ombra e sparire nella notte.
Lei
ed Ashuros avrebbero
dovuto rivedere il suo concetto di vicino. Decisamente. A lei due
chilometri di
corsa nella notte, non riteneva utile sprecare potere magico per i
passaggi
nell’ombra in prossimità di una probabile
battaglia, seguendo la sua scia
sempre più debole, non sembravano una distanza breve. Stava
già meditando vari
e colorati insulti da lanciargli quando, arrampicatasi su un pino per
cercare
di trovarlo, vide la sua sagoma scura sulla banchina. Uno dei vantaggi
della
Regina, sensi perfetti anche al buio.
La
cosa che smorzò la sua
gioia fu vedere che aveva compagnia. O meglio, l’aveva avuta.
Sentì
uno strano senso di
déjà-vu quando a passi felpati lo raggiunse nella
sabbia e lui si voltò a
osservarla con gli occhi scarlatti; ma al loro primo incontro lui non
vestiva
solo dei pantaloni, non grondava acqua e, soprattutto, non aveva tra le
braccia
il cadavere di una sirena. La riconobbe come la sirena che lo aveva
abbordato
nel pomeriggio: era bella perfino da morta, anzi forse anche di
più; sembrava
perfetta ed eterea, se non per quei due piccoli fori rossi sul collo,
dello
stesso rosso che colava dai canini di lui.
Ashuros
aspettò, immobile.
Voleva vedere quale sarebbe stata la sua reazione, perché lo
sapeva che una
sirena e un cinghiale erano due cose diverse, ma quella gli aveva
scatenato la
sete. La fame. E lui non poteva permettersi di tentare di reprimerla se
intorno
a lui c’erano…amici, che avrebbe potuto uccidere
se preso dalla sete;
soprattutto quando c’era il rischio di combattere e quindi di
ferirsi. No, lui
la sua sete doveva soddisfarla. E il sangue di una creatura magica gli
donava
un potere enorme.
Miel
rimase paralizzata, poi
disse la prima cosa che le passava per la testa.
“Potresti
rivestirti? Mi
metti a disagio.”
Ashuros
spalancò gli occhi
scioccato e poi ridacchiò incredulo, prima di scuotere i
capelli e andare a
riprendere il resto dei suoi vestiti, che rinfilò alla
velocità della luce.
“Niente
urla? Rimproveri?
Insulti? Pugnali?” le chiese mentre Uard gli si appoggiava
sulla spalla e la
scrutava guardingo.
“No
grazie,” rispose lei
scuotendo la testa e sedendosi a terra, mentre cercava di non guardare
la
sirena, “Charlotte?”
“Di
guardia al campo.”
“Bene.”
“Non
ti sciocca che io abbia
appena ucciso una sirena e bevuto il suo sangue?” chiese lui
diretto sedendosi
davanti a lei.
Lei
pensò e pesò bene le
parole della sua risposta.
“Lo
fai per fame, per
necessità…” gli spiegò,
anche se non era sicurissima neanche lei di quel che
gli stava dicendo.
“È
pur sempre omicidio.”
Commentò lui freddo appoggiandosi con le mani sulla sabbia
dietro di lui e
guardando le stelle.
“È
diverso. Un omicidio è
avvicinarsi di soppiatto a un uomo, prenderlo alle spalle e tagliarli
la gola
con la lama del tuo pugnale, per poi abbandonare il
cadavere…Uno è assassinio,
uno è sopravvivenza” ribatté a bassa
voce anche lei osservando la stellata.
“Perché
sei qui?” le chiese
allora Ashuros, infastidito e a disagio dalla piega che aveva preso la
loro
discussione.
“È
sveglia, devi
sigillarla.” Gli spiegò lei, poggiando una mano
sul cuore.
“Come
l’hai percepito?”
indagò lui curioso, mentre prendeva la borsa con il
necessario per l’esorcismo.
“Mi
ha fatto una piacevole
sorpresa nei miei sogni…o nella mia testa, non lo so di
preciso.” Gli spiegò
lei sbottonando la camicia e preparandosi a stringere i denti.
Senza
nessuna piega in pochi
secondi Ashuros le applicò il sigillo sulla pelle che per
poco era rimasta
pesca e la ragazza a stento trattenne le urla.
“È
strano…” borbottò mentre
sistemava il tutto, senza guardarla.
“Cosa?”
chiese lei, mentre
si rialzavano.
“Niente.”
“Me
lo puoi dire?”
“No.”
“Per
favore.”
“No”
Rispose lui secco,
facendo saltare i nervi alla bionda che con uno scatto cercò
di prenderlo di
sorpresa e atterrarlo; peccato che quella a finire a terra alla
velocità della
luce fu lei.
“Sei
mille anni indietro,
nanetta!” la schernì lui iniziando a incamminarsi
con passo lento ma elegante
verso il campo.
Miel
sbuffò stizzita ma poi
una luce maligna si accese nei suoi occhi.
“Se
non me lo dici…dirò a
Yelle della sirena!” lo ricattò ghignando e
mettendosi in piedi vittoriosa.
Ashuros
si fermò ma non si
girò.
“Cosa
ti fa credere che mi
interessi a chi lo dici?” le chiese calmo.
Il
sorriso di Miel si
allargò.
“Il
fatto che Yelle ci ha
raccontato di una vostra discussione in mare…”
alluse con tono noncurante.
Per
un attimo si sentì solo
l’infrangersi dell’acqua salmastra contro gli
scogli.
Poi
Ashuros si materializzò
a tre centimetri dal suo volto.
“La
Regina non ha fatto
molta resistenza per essere sigillata, tutto qua.” Le
spiegò con gli occhi
ardenti, prima di allontanarsi a passo veloce.
Miel
scoppiò a ridere per la
sua reazione e gli corse dietro, nella speranza di stare al suo passo.
Eppure
nella sua testa rimbombava una sola parola, frutto di illusione, “Sigillami…”.
Ormai
era mezzogiorno e la
tensione era più che palpabile tra i ragazzi; come una
nebbia sottile e
appiccicosa si insinuava tra loro e li rendeva tesi come corde di
violino. Non
che avrebbero potuto essere biasimati, braccati ma senza sapere da chi,
ma era
una situazione alquanto pericolosa essendo questi ragazzi un gruppo di
straordinaria forza. Erano una bomba ad orologeria, in particolare le
lunatiche
ragazze.
Tic-Tac.
Avevano
adottato uno schema
difensivo per proteggersi in caso di attacco a sorpresa, anche se
sarebbe stato
difficile farsi cogliere non pronti, con le ragazze al centro e i
ragazzi
disposti intorno a loro con Rey a capo del gruppo; questa decisione
aveva
scatenato parecchi insulti delle ragazze, che si sentivano
sottovalutate, e
aveva aggiunto altra tensione a quella già esistente. Yelle e Akiko erano forse
quelle più allegre,
o almeno tentavano di sembrarlo, chiacchierando allegramente nella
speranza di
alleggerire l’atmosfera. Altre, come Miel, Osgal o Tara,
proseguivano nel più
completo silenzio, quest’ultima accarezzando continuamente il
misterioso
borsellino che aveva in vita; Gigi, Aria e Amane invece tentavano di
dar retta
alle due chiacchierone, ma spesso finivano col distrarsi e perdersi nei
propri
pensieri.
Da
una parte erano tutti
frementi dalla voglia di combattere, dall’altro si rendevano
conto di starsi
immischiando in qualcosa di davvero grosso. Eppure nessuno, neanche per
un
attimo, aveva anche solo pensato di abbandonare; anzi, forse il
pericolo
aggiungeva gusto all’avventura, alla voglia di mettersi in
gioco.
Ad
un certo punto Gigi perse
l’equilibrio e urtò Shi che le ringhiò
contro di fare attenzione, suscitando le
ire della ragazza; solo l’intervento tempestivo di Akiko e
Amlach interruppe
sul nascere la rissa che rischiava di coinvolgere tutto il gruppo. Non
avevano
tempo, dovevano arrivare in fretta dai nani.
“Di
questo passo finiremo
col massacrarci tra noi…” mormorò Miel
affiancando Rey, anche lei insofferente
per la situazione; ciò era poi aggravato dal cambiamento del
ragazzo, che le
sembrava più lontano e sfuggente che mai.
“Non
dobbiamo…Non so cosa
abbiano in mente, ma siamo sicuramente inseguiti e ben presto dovremo
combattere.” Disse sicuro guardandosi intorno come se
all’improvviso gli alti
pini si potessero trasformare in picchieri pronti a colpirli tra le
scapole.
“Non
mi piace l’idea di
essere presa alle spalle…” aggiunse Miel
guardandosi intorno, mentre gli altri
iniziavano a prestare orecchio alla conversazione.
“Non
possiamo fare altro!” ribatté
lui scuotendo la testa convinto e continuando ad avanzare.
“Potremmo
attirarli in una
trappola…voltarci e affrontarli.”
Suggerì lei sentendo l’ardore ribollirle dentro
e la tensione accumulata gorgogliare.
“Non
sappiamo neanche chi
dobbiamo combattere, Miel!” ribatté scaldandosi
anche lui e si fermò voltandosi
a fronteggiarla.
Tic-Tac.
“Io
credo che Miel abbia
ragione. Non ci conviene continuare a camminare, stancandoci e
rischiando che
ci prendano poi nel momento meno opportuno.”
Osservò Edward con calma.
“Ma
è altrettanto stupido
prepararsi a vuoto, non sapendo nemmeno se siamo davvero inseguiti.
Dopotutto
la spia non è potuta tornare a riferire il messaggio e se
l’avessero saputo ci
avrebbero attaccato mentre dormivamo.” Si intromise Amlach,
ragionando da
stratega, con Shi che annuiva al suo fianco.
Tic-Tac.
“Una
bella sgranchita non mi
dispiacerebbe…” aggiunse però Jin
stiracchiandosi con Hiroshi che annuiva
entusiasta.
“Non
stiamo giocando voi
due!” li rimproverò Asuna mettendo istintivamente
la mano alla spada.
Tic-Tac.
“Asuna
ha ragione, non
pensate solo a combattere!” aggiunse Osgal gelandoli.
“Osgal
non reagire così, i
ragazzi non volevano dire quello.” li difese Eran esasperato.
Tic-Tac.
“Io
appoggio l’idea di
attaccare.” Dichiarò Amane feroce, mentre Yelle e
Akiko si scambiavano occhiate
indecise.
“Sono
con te!” urlò Gigi
alzando un pugno al cielo.
“Finiremo
col ferirci
inutilmente.” Controbatté Tara pratica mentre le
punte dei capelli si
schiarivano, “Posso medicarvi io, non fare
miracoli!”
Tic-Tac.
Ognuno
iniziò a dire la sua
e litigare con chi si opponeva, in un caos di voci e opinioni che
avrebbe
assordato chiunque.
Tic-Tac.
“Voi
ragazze dovreste stare zitte
un attimo! Lasciate la decisione a noi, abbiamo più
esperienza.” la voce di
Shoichi rimbombò nelle teste delle ragazze con gelida
perfezione; tutte loro si
gelarono sul posto.
Tic-Tac.
BOOOM.
“CHE
COSA HAI DETTO?” l’urlo
collettivo fece sbiancare Shi, che decise coraggiosamente di arretrare,
e in
pochi secondi tutte le ragazze si erano unite in un unico fronte che si
opponeva ai ragazzi, chi sicuro, chi spaventato a morte, chi indeciso.
“Ho
detto che…” iniziò a
ripete Shoichi con sguardo di sfida, mentre le ragazze li guardavano
con odio
feroce.
“Basta
Shoichi.” Intervenne
Rey facendo un passo avanti, le mani alzate per placare le due fazioni,
“Calmiamoci…” propose passandosi una
mano sugli occhi, come spossato di colpo.
“Se
iniziamo a scannarci tra
noi faremo esattamente il loro gioco,” parlò poi
nuovamente guardandoli a uno a
uno con serietà e decisione, “Penso che a questo
punto l’unica cosa da fare sia
cercare il nemico e poi decidere se attaccare o meno.”
Propose cauto, in attesa
delle loro reazioni; la diplomazia era come camminare su un campo
minato, come
sul filo di una lama. Un passo falso ed eri morto, lo sapeva bene.
“Come
hai intenzione di
fare?” chiese Ashuros, finora rimasto in composto silenzio.
“Teletrasporto.”
Rispose lui
semplicemente, accennando un sorriso, ombra di quello del vecchio Rey.
“Vengo
con te.” Si intromise
allora Miel, facendo un passo avanti nell’erba e con
un’espressione che diceva
chiaramente come non accettasse rifiuti.
“Non
ti fidi?” la prese in
giro Rey scrutando attento i suoi occhi seri e la sua bocca tesa in una
linea
sottile.
“No.”
Rispose lei fredda,
suscitando occhiate di stupore dai suoi amici: quello era qualcosa che
non si
aspettavano; e in realtà nemmeno lei. Avrebbe voluto
rispondere sì o come
minimo dirlo con più dolcezza, ma sapeva che se avesse
tentennato lui non
l’avrebbe portata.
Rey
sospirò.
“Come
vuoi;” acconsentì
voltando la testa per non guardarla negli occhi, “Intanto per
favore voi
continuate ad avanzare, senza scannarvi.” Aggiunse infine con
un sorrisetto e
il gruppo si lasciò andare in un accenno di risata
liberatoria.
“Mizumi,
Lupo: per favore
pensateci voi!” chiese invece Miel con sorrisetto esasperato,
capendo che
avrebbero scatenato una rissa non appena fossero spariti, e il lupo
annuì
mentre la gattina si trasformava nella grossa tigre. A quella mossa sia
Jin che
Hiroshi e Giada sospirarono delusi: addio rissa.
Poi
senza lasciarle dire
altro, Rey la prese per una mano e la strattonò a
sé, stringendola tra le
braccia; scomparirono insieme.
Non
era passato molto tempo,
forse mezz’ora al massimo, e il gruppo stava procedendo sotto
gli occhi vigili
di Mizumi e il Lupo, in attesa fremente, quando Miel e Rey riapparvero.
La
ragazza era pallida e gli occhi subito settarono verso Tara mentre
chiamava il
suo nome, ma non lasciò il ragazzo biondo che era accasciato
su di lei con il
volto cinereo; la camicia bianca era squarciata sul petto diagonalmente
ed era
possibile scorgere un lungo taglio sanguinante, dai bordi irregolari e
purulenti, di un malsano viola. Subito Osgal, Aria e Ashuros si
tapparono il
naso con una mano e si allontanarono, lottando contro la sete bruciante
che
scatenava in loro la vista del sangue; fortunatamente si erano tutti
nutriti da
poco. Yelle, insieme a Eran e Hiroshi, per aiutarli li spinse ancora
più
lontano per poi utilizzare la tecnica delle volte precedenti e, dopo
aver fatto
sedere Ashuros, il più debole di fronte alla tentazione,
sederglisi in grembo e
iniziare a parlare di tutto e un po’ per distrarlo.
“È
stato ferito con un arma
avvelenata!” urlò Miel intanto inginocchiandosi e
appoggiando Rey per terra
sull’erba bagnata, semi incosciente mentre tutti gli si
precipitavano intorno;
con le mani coperte di sangue si aggrappò al braccio del
ragazzo non sapendo
bene cosa fare. Forse poteva… Fortunatamente Tara prese la
situazione sotto il
suo controllo e con fare deciso iniziò a estrarre varie erbe
e bende dalla
borsa, dopo essersi inginocchiata accanto a loro.
“State
lontani, lasciateci
spazio e aria!” ordinò fredda iniziando a
esaminare con rapidità la ferita,
“Jin allontana Miel; Amlach, Shi immobilizzate Rey e Ed dammi
una mano col
veleno” ordinò ancora vedendo la bionda sotto
shock. Subito tutti eseguirono:
tutti si allontanarono portando via gli animali, Jin sollevò
di peso Miel e la
mise a sedere poco lontano tra le altre ragazze che la
tranquillizzarono,
invece Amlach si mise alle spalle di Rey e gli immobilizzò
le braccia e il
torace mentre Shi gli bloccava le gambe; Ed dopo aver passato la mano
con
delicatezza sulla ferita ringhiò.
“Acido
corrosivo! Dobbiamo
fare in fretta…” spiegò prima di
chiudere gli occhi e porre le mani sulla
ferita; con lentezza iniziarono a sollevarsi nell’aria
piccole spirali di
veleno, che pian piano Edward assorbiva nel suo corpo. Tara intanto
aveva
versato alcune gocce di varie boccette su delle bende e si preparava a
medicare
la ferita.
“Ora!”
la avvisò l’assassino
togliendo le mani, lo squarcio depurato; la ragazza subito premette con
forza
le bende sulla ferita, neanche un ombra di indecisione sul suo volto.
All’istante Rey iniziò a urlare per il dolore e a
dimenarsi come posseduto, ma
i suoi amici non lo lasciarono andare e Tara continuò a
pulire la ferita.
Dieci
minuti dopo, di urla e
medicine utilizzate, Rey si accasciò a terra in un sonno
esausto; il petto
ricucito e fasciato, che si alzava con fatica per respirare. Tara
sospirò di
sollievo e iniziò a riporre tutto nella borsa, ma Shoichi le
porse un panno bagnato
e le fece cenno di riposarsi un attimo.
“Hai
fatto un ottimo
lavoro.” le disse sorridendo prima di iniziare a sistemare al
posto suo, mentre
lei si detergeva la fronte sudata per lo sforzo.
“Grazie,
ma è anche merito
di Edward. Quella ferita oltre a essere profonda, era impregnata con
troppo
veleno perché da sola potessi fare qualcosa. Invece
così non ha ferito
nessun’organo vitale.” Spiegò
imbarazzata e voltando la testa, non sentendosi a
suo agio nel venir lodata.
“Penso
che tu sia stata
comunque fantastica, infermierina!” la prese in giro il
ragazzo porgendole la
borsa per poi afferrarla per un braccio e aiutarla a mettersi in piedi.
Intanto
Ed, Shi e Amlach
avevano raggiunto Miel, che dopo esser stata rassicurata che Rey era
fuori
pericolo si era calmata e accarezzava la testa di Mizumi, ancora tigre,
che le
aveva posato in grembo.
“Cosa
è successo?” le chiese
brusco Amlach sedendosi davanti a lei con Shi, mentre Ed si appoggiava
a un
tronco a braccia incrociate.
“Siete
degli insensibili!”
borbottò Gigi abbracciando la bionda che aveva abbassato gli
occhi con le
guance rosse; Amlach la fulminò ma Akiko gli pose una mano
sul ginocchio.
“Gigi
voleva solo dire che è
un argomento delicato, Amlach.” Gli spiegò con un
sorriso dolce che fece
sbuffare il ragazzo e distogliere lo sguardo.
“Scusate,”
li interruppe
Yelle raggiungendoli, “Chiedono se possono
tornare.” Spiegò riferendosi ai
vampiri poco distanti; Tara annuì e mise tra le braccia di
Shi tutte le bende
insanguinate.
“Bruciale
e siamo a posto.”
Gli disse sedendosi con Shoichi insieme agli altri, mentre
l’elfo la fulminava
per averlo scambiato per un forno crematorio, ma in una vampata viola
le
incenerì.
“Era
ora…” esordì sollevato
Hiroshi dopo pochi secondi entrando al fianco di Aria nella radura,
seguito da
Osgal, Eran, Ashuros e Yelle; tutti i vampiri si sedettero il
più lontano
possibile dal ferito, dopo aver constatato che stava bene.
“Allora?
Abbiamo perso già
un quarto d’ora.” Richiamò tutti
all’ordine Amlach, puntando i suoi occhi
freddi su Miel, che continuò a guardare Mizumi.
“Io
e Rey ci stavamo
teletrasportando nell’area circostante per trovare gli
ipotetici inseguitori;
all’inizio siamo rimasti sugli alberi per avere una visuale
migliore, ma ad un
certo punto ci è parso di vedere qualcosa…Allora
ci siamo avvicinati di salto
in salto. È stato un attimo, ci siamo materializzati in una
radura deserta non
accorgendoci di esser finiti nel punto sospetto; ho solo fatto in tempo
a
vedere un uomo incappucciato che saltava fuori dal cespuglio armato di
spada
prima che Rey mi si parasse davanti e venisse ferito al posto mio; poi
mi ha
afferrato per il polso e ci ha teletrasportato lontani. Volevo che si
fermasse
a riposare, perché stava iniziando a perdere conoscenza, ma
lui ha continuato a
teletrasportarci finchè non siamo arrivati.”
Raccontò a bassa voce senza mai
guardarli; si sentiva in colpa per non essersi accorta
dell’imboscata, per
essersi lasciata proteggere e per aver ferito Rey.
“Sono
maghi?” chiese Ed
concentrato mentre Amane accarezzava la testa di Miel, avendo come
tutti gli
altri capito cosa passava per la testa alla biondina.
“Di
sicuro; altrimenti non
avrebbero potuto prevedere il nostro arrivo. E no,” aggiunse
stoppando sul
nascere l’ipotesi di Asuna, “Non è un
caso…”
“Dobbiamo
prepararci
allora?” chiese Gigi con sorriso di sfida scambiandosi un'occhiata di puro e
feroce divertimento con Shi.
“Con
Rey in quelle
condizioni non possiamo fare altro.” Rispose Ed per lei,
staccandosi con un
movimento fluido dall’albero.
“Non
vedo l’ora…” ringhiò
Amane alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
A
quel punto tutti
iniziarono a prepararsi; per prima cosa si spostarono in una radura
ampissima,
probabilmente era un vecchio villaggio di ninfe arboree, poi Amlach e
Ed ci
trasportarono Rey ancora incosciente e infine tutti si misero in
attesa: Amlach
lustrava la sua katana, Gigi e Akiko discutevano con Shi alcune
strategie poco
lontane, i vampiri erano immobili pronti a captare ogni segnale del
loro
arrivo, Amane e Yelle chiacchieravano tranquille con Hiroshi, tenute
d’occhio
da Ed che si rilassava poco lontano, Asuna si faceva aiutare da Jin a
ripassare
alcuni colpi e Tara controllava lo stato di Rey con accanto
un’inquieta Miel.
“Arrivano.”
Pronunciò
improvvisamente chiara Aria con lo sguardo vacuo e tutti si gelarono
all’istante, per poi alzarsi e disporsi in una specie di
linea che si
frapponeva tra il ferito e la direzione da cui stava arrivando il
nemico. Se
era possibile, avrebbero affrontato uno o due avversari a testa;
speravano
fosse solo un’avanguardia.
Le
prime a uscire dalla boscaglia furono due
ragazze dalla pelle candida e i capelli neri come il carbone, lisci e
lunghi
fino alla vita, avevano gli stessi lineamenti delicati, gli stessi
occhi rossi
e indossavano lo stesso vestito nero senza maniche lungo fino ai piedi,
l’unica
differenza l’altezza diversa; accompagnavano, quasi come
damigelle, un uomo
dagli stessi tratti ma robusto ed elegante, con un ghigno di
superiorità
stampato sul volto. Ashuros sgranò gli occhi scarlatti e
proruppe in un feroce
ringhio. Lo aveva riconosciuto, era lui…
Subito dietro di loro
arrivò ridendo un
ragazzo alto dai capelli viola scuro a spazzola e innumerevoli tatuaggi
neri su
tutte le braccia insieme a due altri ragazzi più bassi e giovani, uno biondo e uno
rosso.
Sembravano gemelli e i vestiti dai toni scuri sul verde identici lo sembravano
confermare,
mentre il luccichio complice negli occhi era già segnale che
combattessero in
coppia.
“Shoichi
sulla destra.”
Ringhiò Aria concentrata e il ragazzo, che era il
più esterno, fece appena in
tempo a voltarsi per parare un calcio dalla forza impressionante alla
faccia.
“Niente
male!” ringhiò il
grosso uomo dai muscoli scolpiti e l’armatura in cuoio che lo
aveva colpito
scattando indietro tra i suoi compagni, mentre il ragazzo assottigliava
gli
occhi: nonostante l’udito sviluppato neanche si era accorto
di lui…
“Dev’essere
la vampira che legge la mente, Deianira!” trillò
con vocetta stridula una ragazzina con un vestitino a balze nero con un
fiocco
rosa in vita, sporgendosi da dietro l’uomo che aveva colpito
Shoichi, mentre
una ragazza dai capelli rossi e il vestito celeste la raggiungeva
scrutando gli
avversari con i suoi occhi glaciali e stringendo tra le mani due lunghe
ed
eleganti alabarde.
“È
lei.” Rispose affermativa
la vampira di nome Deianira, quella più bassa inclinando
divertita la testa di
lato e osservando Aria, che le ringhiò contro.
“Allora
te ne occupi tu di
lei?” chiese un ragazzo dall’aria svogliata
entrando nella radura con passo
indolente, mentre gli occhi gialli vagavano sulla schiera nemica, le
mani nelle
tasche dei pantaloni neri a contrasto con la troppo larga camicia rossa.
“Chi
vuoi che se ne occupi
se non lei?” chiese ironico un uomo dalla pelle cioccolato
mettendosi al suo
fianco, mentre l’attenzione di tutti si catalizzava per un
attimo sui suoi arti
inferiori e sulle grossa corna che spuntavano dalla fronte da caprone.
“Seconde
me li stiamo
sopravvalutando…” mormorò invece una
donna dal corpo formoso, avvolta in una
veste smeraldo, avvicinandosi al satiro con passo felino, le labbra
pesantemente
truccate di rosso, come i suoi capelli ricci, piegate in una smorfia di
divertita superiorità.
“Saremmo
bastati noi due.”
Ringhiò un uomo dal volto sfigurato da una triplice
cicatrice e il petto nudo,
schierandosi di fronte ad Amlach che lo riconobbe come una delle sue
taglie più
difficili e che…in teoria aveva già catturato.
“Ci
si rivede bastardo!” lo
salutò infatti con un ringhio affamato.
“Quanta
arroganza, l’ultima
volta che ti ho visto se non sbaglio stavi implorando pietà
ai miei piedi.”
Rispose ghignando Amlach e sfoderando la sua katana.
“Per
essere un ragazzino
parla tanto.” Intervenne un ragazzo alto poco più
di un metro e sessanta dai
capelli candidi come la neve e accompagnato da un'enorme tigre dai
denti a
sciabola e il manto nero.
“Non
che tu sia più grande…”
gli rinfacciò infatti la tigre scrutando gli avversari con
gli occhi ambrati.
“Se
avete finito di
chiacchierare noi saremmo anche pronti a prendervi a
calci…” rise Jin
scrocchiandosi le nocche impaziente, ma evidentemente
l’afflusso non era ancora
finito.
Esattamente
al centro si
posizionarono un'alta figura incappucciata con due grosse falci appese
alla
schiena e al suo fianco una donna dalla pelle ambrata vestita con
larghi
pantaloni rossi che si stringevano alle caviglie e un top dello stesso
colore
tagliato sopra la pancia, con gli occhi lasciati scoperti dal velo
nero, come i
suoi capelli legati in una grossa treccia lunga fino al bacino, che
portava
attaccato da orecchio a orecchio che scrutavano gli avversari famelici;
davanti
a loro una grossa guardia imperiale, un ragazzo dall’aria
compita con gli
occhiali e sempre con la divisa delle guardie imperiali e una figura
incappucciata di nero, che assomigliava così a Miel, che
intanto si era
accucciata dietro i suoi amici davanti a Rey.
Edward
aveva quasi delle
difficoltà a respirare tanto era scosso da tremiti per la
bramosia di
massacrarli: tutti, tutti loro…avevano tatuata una stella
nera.
“Ora
possiamo incominciare.”
Sorrise il vampiro prendendo la parola ed entrambe gli schieramenti
scattarono;
ognuno aveva già individuato il suo obiettivo, senza neanche
accordarsi.
Ovviamente
l’Assassino
scattò per primo contro il ragazzo dai capelli viola che
aveva davanti, la
stella nera sulla fronte l’unica cosa che vedeva.
Il
suo pugno coperto di
veleno viola lo colpì con forza contro lo zigomo ma quello
non si spostò di un
solo centimetro e con un sorriso famelico gli afferrò il
polso per poi tirarlo verso
di sé e colpirlo in pancia, facendogli tossire del sangue.
“Tutto
qui? Contro uno con
il dono della rigenerazione cosa puoi fare?” gli
sibilò in un orecchio, mentre
la guancia avvelenata e purulenta cominciava a rimarginarsi.
“Dov’è
lei?” fu l’unica cosa
che rispose Ed prima di colpirlo con una ginocchiata al basso ventre,
per poi
balzare indietro e caricarlo nuovamente con le mani coperte di un
liquido
verdastro.
“Chi?”
gli chiese
l’avversario, “Dovresti interessarti a me,
Assassino, non alla tua sorellina;
sono Scorpio.” si presentò beffardo parando la
sequenza di calci e pugni di
Edward a una velocità impressionante, mentre la pelle si
liquefaceva per poi
risanarsi subito dopo. Ma a Edward non interessava: sapeva di sua
sorella.
Avrebbe provato a cavargli fuori ciò che sapeva con la forza
e se non avesse
ottenuto niente lo avrebbe fatto a pezzi.
Poco
più lontano da loro Shi
sfidava con i colpi della sua katana di fuoco il ragazzo dagli occhi
gialli,
che aveva estratto impassabile e svogliato due grosse fruste appese
sulla
schiena che faceva schioccare intorno a sé; eppure
l’elfo invece di trovarsi in
difficoltà, scivolava rapido tra i colpi e si avvicinava
sempre di più, il
ghigno che si allargava. Fu quando riuscì a ferirlo a una
guancia, che il
ragazzo dagli occhi gialli finalmente depose la maschera e un grosso
sorriso
gli illuminò il volto.
“Finalmente
qualcuno con cui
fare sul serio!” gioì con gli occhi accesi da una
luce folle prima di
incrociare le fruste e farle schioccare a terra mentre lungo tutto il
cuoio
spuntavano grossi spuntoni e uncini dall’aspetto letale.
“Vieni
pure!” lo invitò
mentre la svogliatezza cedeva alla follia e intorno a lui sembrava
sprigionarsi
un aura più intensa. Shi assottigliò gli occhi
nel vedere i movimenti
dell’avversario diventare sempre più veloci e i
colpi sempre più forti e precisi,
mentre gli uncini cominciavano a straziargli le carni.
Con
un salto di lato evitò un
sferzata mentre con una lancia di fuoco rallentava l’altra,
per poi tentare di
sfondare le sue difese e colpirlo con la sua alabarda, ma quello la
dirottò
avvolgendola fra le fruste. Allora Shi la dissolse di colpo e in
quell’attimo
in cui le fruste si afflosciavano un poco ne approfittò per
creare un coltello
di fiamme e lanciarlo con precisione letale nella spalla
dell’avversario, che
però non emise un solo gemito, ma scoppiò a
ridere.
“Niente
male…” ghignò allora
Shi nell’osservarlo e l’altro inclinò la
testa, mentre iniziavano a girare in
tondo studiandosi a vicenda.
“Sono
Double, sarà un
piacere ammazzarti.” si presentò prima di far
scattare nuovamente le fruste.
Intanto
si svolgeva una delle
più incredibile battaglie che si fossero mai combattute: una
battaglia mentale.
Ad Aria erano bastati due tentativi d’affondo per capire il
potere della sua
avversaria, Deianira, e si era subito resa conto di come fosse
l’unica con
qualche speranza di batterla: lei prevedeva il futuro. E ciò
comprendeva le
mosse dell’avversario; quindi non appena lei pensava di fare
una mossa Deianira
la prevedeva e pensava a contrattacco, ma allora Aria gliela leggeva
nella
mente e cambiava mossa…andavano avanti così di
dieci minuti, mentre l’unica
cosa che facevano al di fuori delle loro teste era girarsi intorno.
Osgal aveva
intuito subito cosa stesse accadendo e subito si era scagliata contro
l’altra
vampira, Daiana, per impedirle di attaccare Aria alle spalle e nella
speranza
di eliminarla al più presto per darle una mano; volteggiava
in una danza
selvaggia a katana sguainata con l’altra vampira, armata di
fioretto, menava
abilmente fendenti ai punti vitali come la testa e il cuore, ma quella
si
difendeva con un sorrisino sul viso e cercava di contrattaccare.
Ashuros
era stranamente
grato che le sue compagne stessero tenendo occupate le vampire,
così che lui
potesse dedicarsi completamente al bastardo che aveva davanti: Conte
Sangnoir,
uno dei vampiri nobili traditori. Uno degli assassini di sua madre.
Avrebbe
riconosciuto quel volto ovunque.
Con
uno scatto di lato cercò di staccare di netto un braccio al
suo avversario col pugnale, ma quello lo dirottò con il
bastone da passeggio,
che doveva esser stato opportunatamente modificato per resistere a una
pressione simile.
“Sei
cresciuto Ashuros!” lo
sbeffeggiò quello evitando nuovamente i suoi attacchi con
eleganza, “Ma non sei
ancora all’altezza…dopotutto sei solo un
impuro.” Aggiunse acido sogghignando,
parole a cui Ashuros socchiuse gli occhi con un ringhio feroce e
aumentò la
velocità dei suoi attacchi. Si sarebbe vendicato.
Charlotte
avrebbe voluto
aiutarlo, ma non appena si era lanciata all’attacco dal
terreno era spuntato un
ghoul, un demone in putrefazione affamato di carne umana, agli ordine
del Conte
che la teneva interamente occupata; nonostante sembrasse cadere a pezzi
era
dotato di capacità sovraumane e non risentiva degli effetti
paralizzanti della
sua spada, ma Charlotte non si scomponeva e cercava di fermarlo,
evitando al
contempo i denti e gli artigli della creatura.
Eran
aveva intanto ingaggiato un devastante corpo a corpo con
il satiro, che lo bersagliava di pugni e calci senza tregua con
velocità
animale; se non fosse stato per il suo organismo differente, dopo i
primi colpi
sarebbe caduto a terra con la metà delle ossa rotte e anche
così doveva stare
attento a evitare le corna e gli zoccoli, che avrebbero potuto
tranquillamente
frantumargli il corpo. Avrebbe voluto usare l’arco per
difendersi, ma il nemico
non gli lasciava il tempo di allontanarsi, incalzandolo fin da quando
si era
presentato come Kaleen, senza sosta.
A
qualche metro Tara se la vedeva con quella che non aveva
problemi a definire una psicotica dai facili costumi in verde; non
capiva se le
dava più fastidio il suo atteggiamento da gran donna, il suo
sorriso sicuro e
strafottente o i suoi commenti bastardi su di lei. Non aveva fatto
altro che
farle notare quanto quel vestito fosse fuori moda, il suo corpo scialbo
e la
sua evidente mancanza di sensualità e
femminilità; non che gliene fregasse
qualcosa ma la stava davvero innervosendo, tanto da aver problemi a
rimanere in
forma umana. Si era però accorta subito di come non le
convenisse combattere in
forma di lupo quando la donna con un gesto elegante della mano aveva
evocato
un'onda di rovi da scagliarle contro. Fortunatamente il sangue
licantropo non
era la sua unica risorsa.
Con
rapidità fulminea estrasse dal misterioso sacchetto in tela
che si portava sempre dietro una pietra rossa scintillante, come un
rubino e la
sfregò una volta puntandola verso la nemica: da essa si
irradiò una spirale di
fuoco che bruciò all'istante i rovi della nemica, che
però la guardò con
supponenza giocherellando con i boccolosi capelli bordeaux.
"Tutto
qui?" le chiese con un sorrisetto prima di
allargare le braccia, mentre nuovi rovi si innalzavano dal terreno.
Gigi
avrebbe volentieri sbraitato a Tara di smetterla di dar
fuoco a quei poveri rovi innocenti, ma venne fermata da un profondo
senso di
lealtà per l'amica e di comprensione per la situazione in
cui erano...o forse
solo dalle due grosse alabarde elettrificate dell'avversaria dai
capelli rossi
che la incalzavano senza sosta. Quella ragazza dagli occhi di ghiaccio
sembrava
inarrestabile e impassabile: Gigi l'aveva colpita con rovi, sferzata
d'acqua e
aveva persino lanciatole contro dei macigni, ma quella subiva senza
retrocedere
o sbattere ciglio e Gigi doveva proteggersi innalzando muri di roccia o
cercando
di sviare i colpi con frustate d'aria. Non una parole che usciva dalla
sua
bocca, non un’emozione che passava sul suo viso. Doveva
pensare a una strategia
oppure tentare un attacco di pura forza bruta...e sapeva benissimo
quale
opzione scegliere, pensò mentre un sorrisetto le increspava
le labbra feline.
"Waaaaa!
Lilith si sta proprio scatenando!" rise la
bambina nel suo vestitino a balze saltellando sull'erba e osservando i
combattimenti
che scoppiavano intorno a lei, poi si voltò ad osservare
Akiko che la guardava
indecisa: non poteva attaccare una bambina...
"Pensi
che non sappia difendermi?" le chiese
zuccherina inclinando la testa di lato, mentre i capelli rosa raccolti
nei due
codini ondeggiavano allegri.
Akiko
la guardò presa alla sprovvista e annuì,
accennando
perfino un sorriso.
"Che
ragazza buffa!" rise allora la bambina con un
sorriso gioioso e dolce, gonfiando le guance rosee, "Quasi mi dispiace
doverti uccidere." concluse sgranando gli occhi rosa, che si
illuminarono
di follia.
Akiko
si irrigidì e si mise in posizione di difesa, percependo
all’improvviso
un’intensa aura omicida provenire dalla bambina
che...iniziò a mutare. Gli
occhi rosa diventarono rossi e si allargarono con le pupille che si
restringevano, mentre tutto il corpo veniva scosso da tremiti e le ossa
sembravano
premere per uscire contro la pelle improvvisamente flaccida e piena di
rigonfiamenti; si contorse e deformò in maniera macabra
sotto gli occhi
dell'avversaria fino a diventare un'enorme creatura dal pelo folto e
rossastro,
un incrocio tra un essere umano gigantesco e una bestia simile a una
volpe, con
gli occhi rossi famelici e delle enormi fauci con denti affilati e
aguzzi come
pugnali, le braccia grandi come la stessa Akiko con artigli che
sembravano
scimitarre.
Akiko
sgranò gli occhi e all’istante compì la
semi metamorfosi in gatta mannara: la
battaglia sarebbe stata più dura del previsto.
Amlach
imprecò a mezza voce nel vedere la terrificante
mutazione della bambina: e pensare che si era sentito sollevato vedendo
chi
sarebbe stata l’avversaria di Akiko! Di male in peggio,
quella gatta stordita
si sarebbe sicuramente ferita, inciampando ovunque, o
peggio…doveva finire in
fretta. Si scambiò ancora qualche colpo con suo avversario
assetato di
vendetta, katana contro artigli, e poi decise di fare sul serio.
Con
un colpo deciso dalla sua katana si staccò
un’affilata
falce d’ombra diretta contro il muso ghignante del licantropo
e già si
preparava a scagliarne un’altra, freddo e sicuro di una
vittoria facile, quando
l’avversario sogghignò e incrociò le
braccia davanti al corpo: le mani già
sformate in zampe mutarono ancora e gli artigli si allungarono
bestialmente
fino a essere delle corte spade o dei lunghi pugnali; la lama
d’ombra si
scontrò contro di essi e si dissolse senza intaccarli.
“Cosa
c’è bastardo?” gli chiese latrando e
muovendo gli artigli
alla luce del sole, mentre Amlach socchiudeva gli occhi azzurro
ghiaccio con un
ringhio, “Non avrai pensato che fossi arrivato impreparato
anche questa volta,
vero?” gli chiese mostrando i canini.
“Non
ti sopravvalutare troppo e fammi vedere cosa sai fare.”
Rispose Amlach secco puntandogli contro la lama e scattando. Doveva
finire in
fretta.
Lo
stesso obiettivo si era prefissa Amane, che insieme a Yelle
fronteggiava i gemelli; fin da subito i due ragazzi, sogghignanti e
perfettamente sincronizzati in ogni movimento, si erano dimostrati
avversari
capaci: uno col potere delle illusioni e l’altro della
mutazione, tenevano
testa rispettivamente all’elfa e alla maga della creazione.
Yelle
infatti volteggiava nell’aria sopra di lei spazzando via
con delle folate di vento i cloni o i mostri che improvvisamente le
attaccavano, cercando al contempo di ferire i due ragazzi che non
rimanevano
fermi neanche un secondo, scattando a zig zag per confonderle, mentre
Amane,
arpa alla mano, solidificava scudi per contrastare le spade create dai
rami dal
suo avversario, lance per colpire i sassi che avevano preso la sua
forma,
macigni con cui tentare di spiaccicarli…eppure non
riuscivano a danneggiarli
più di troppo, si muovevano troppo rapidi e tra tutte quelle
copie, animate e
non, non sapevano chi colpire e dovevano scagliare attacchi ad ampio
raggio ma
più deboli.
“Siete
già stanche?” chiesero ad un certo punto
fermandosi e
guardandole ansimare divertiti, “Noi abbiamo appena
iniziato.” Risero sadici,
prima che dal terreno spuntassero numerose altre copie armate.
Shoichi
era stato poche volte così entusiasta di un nemico:
quell’uomo, Greff, era un avversario straordinario. Aveva la
forza naturale di
un rinoceronte e le tecniche di combattimento corpo a corpo al livello
di un
generale, ma era il suo dono che rendeva la lotta indimenticabile:
praticava
una magia per cui la sua pelle diveniva coriacea e praticamente
indistruttibile, nemmeno la sua spada in scaglie di drago era riuscita
a
scalfirla!
“Non
sei male giovanotto!” rise l’omone bloccando un
altro
potentissimo colpo del ragazzo con il palmo, ammirandolo e
sentendo la brama
di sangue bollirgli nelle vene: quello non era un ragazzo normale,
nessuno
avrebbe potuto colpirlo a mani nude e sorridere infiammato, stava solo
aspettando che si scatenasse.
“Non
sto neanche facendo sul serio…” si
vantò Shoichi,
bersagliandolo di pugni e calci in rapida sequenza.
“Allora
è il caso che tu lo faccia!” lo invitò
l’avversario
prima di mutare la pelle del suo intero corpo.
“Come
preferisci!” rispose il biondo saltando
all’indietro e
pestando un piede contro il terreno, che all’istante si
crepò lasciando
fuoriuscire un getto di magma.
Jin
si divertiva ugualmente, nonostante all’inizio avesse
pensato che il ragazzino albino non sarebbe stato granché
come avversario; si
era ricreduto non appena quello lo aveva colpito alla
velocità della luce con
un calcio in faccia, facendolo arretrare di parecchi metri.
“Niente
male.” Si complimentò Jin, capendo che con lui
sarebbe
stato inutile l’uso della spada e iniziando ad accumulare
elettricità.
“Son
Fey e il mio potere è la velocità, giusto per
informarti.
Odio essere sottovalutato.” Gli fece sapere mettendo le mani
in tasca e
sorridendo orgoglioso.
“Jin,
dragon slayer.” Si presentò il moro sorridendo
anch’esso,
“Vediamo se sei veloce come il fulmine.” Lo
sfidò poi prima di scattare contro
di lui, mentre poco distante Hiroshi sfidava la tigre dai denti a
sciabola in
un duello mortale.
Asuna
intanto sospirava di sollievo per la fortuna ricevuta: il
suo avversario sarebbe stata la guardia. Non che fosse felice di
combattere con
una di loro, ma almeno non era dotata di poteri magici o altre cose
strane…se
fosse stato uno degli altri sarebbe durata meno di tre minuti, mentre
ora aveva
ingaggiato una lotta alla pari con quel ragazzo, che possedeva una
tecnica
eccezionale.
“Non
dovresti indossare la divisa delle guardie se poi sei una
fuorilegge.” Le fece notare tentando un affondo allo stomaco
che lei deviò con
la punta della lama per poi tentare di colpirlo al gomito.
“E
tu non dovresti portare la divisa delle guardie se poi ti
allei con una Gilda Oscura.” Gli rispose lei a tono,
schiavando un suo
fendente, mentre lui stringeva le labbra inviperito.
“Silenzio!”
le intimò infatti prima di incalzarla, togliendole
il fiato per rispondere.
Miel
odiava la matematica. Dal profondo. Perché a causa sua ora
Miel si trovava di fronte a quattro avversari, con un ferito da
difendere e la
consapevolezza che fosse una missione quasi impossibile anche per lei.
Certo
c’erano gli animali e poteva evocare aiuti dalle ombre, ma se
qualcuno degli
altri non correva ad aiutarla era messa male...solo che anche loro
sembravano
presi da combattimenti difficili! Cosa poteva fare?!
Stava
giusto pensando a cosa potesse inventarsi quando la
figura con il mantello nero scattò verso di lei, da sola.
Miel sorrise:
evidentemente erano troppo orgogliosi per attaccarla in gruppo e questa
sarebbe
stata la sua, unica, carta vincente. Doveva finirla in maniera pulita e
rapida,
non si allenava nelle tecniche di assassinio per nulla.
Anche
lei scattò con un movimento fluente ed evocò
all’istante
le due daghe ricurve d’ombra, pronta a incrociarle sulla gola
del nemico,
l’altra figura incrociò le braccia davanti al viso
coi polsi rivolti
all’esterno e dalle maniche spuntarono due lunghe e sottile
lame argentate che
si scontrarono con le sue daghe. Lame celate!
Le
due rimasero per un attimo a fare forza l’una contro
l’altra, a contatto, mentre un campanello rimbombava nelle
loro teste, poi la
nemica la spinse all’indietro mentre le lame
d’ombra esplodevano in polvere nera.
Miel d’istinto si abbassò per evitare di essere
pugnalata alla gola e con un
tentacolo d’ombra la trascinò a terra, ma quella
lo fece esplodere e balzò in
piedi con una capriola all’indietro.
Rimasero
a guardarsi immobile, il fiato accelerato.
“Miel?!”
“Shorai?!”
esplosero in contemporanea prima di, a dispetto
della situazione, iniziare a ridere a crepapelle.
“Ma
che diavolo ci fai qua?!” le chiese Miel abbassandosi il
cappuccio e sciogliendo i capelli biondi, una mano sul fianco e
un’espressione
a metà tra il perplesso e il divertito.
“Questa
è la mia domanda!” rispose l’altra
figura con voce
femminile e musicale, scostandosi il cappuccio e il mantello e
permettendo di
fare vedere le sue sembianze: una ragazzina dal fisico sinuoso, avvolto
in una
camicia da donna bianca troppo grande e dei pantaloni in pelle neri,
come i
guanti senza dita e gli stivali alti, con una borsa a tracolla; il viso
aveva
tratti dolci e infantili, con una spruzzatina di lentiggini sul naso,
mentre
gli occhi erano grandi e rosa intenso, a contrasto con i lunghi e mossi
capelli
verde acqua.
“Sono
in viaggio con questo gruppo di scalmanati!” le
spiegò
abbracciandola con affetto mentre quella rispondeva un po’
più rigida, per poi
staccarsi e guardarla in attesa di una risposta.
“Io
sono qua per lavoro: devo uccidervi tutti, tranne il biondo
dietro di te, per ricevere una delle paghe più succulente
della mia vita.”
rispose l’altra pratica con gli occhi che le scintillavano
alla parola “paga”.
Miel
si irrigidì all’istante e si allontanò
di qualche passo.
Lei e Shorai, un’assassina professionista, erano ottime
amiche da anni, avevano
persino viaggiato qualche mese insieme ma…Shorai aveva
bisogno dei soldi per
una questione di famiglia e per i soldi avrebbe fatto di tutto. Di tutto.
“Significa
che mi ucciderai? Per soldi?” le chiese osservando
attentamente ogni suo singolo movimento, in attesa, ma la ragazza,
dall’aspetto
così innocente e allo stesso tempo così letale,
inclinò la testa di lato.
“Se
non vi uccido non avrò i soldi.” Le fece notare,
mentre i
suoi occhi iniziavano a tradire un’ombra di
indecisione…un conto era uccidere
sconosciuti, un conto Miel…Però magari poteva
solo inscenare la sua morte e
farla scappare, far fuori tutti gli altri, prendere la ricompensa e
sparire.
“Propongo
il piano di Oklas…” le disse con un sorrisetto,
riferendosi ad un’avventura passata dove avevano recitato una
cosa simile, ma
Miel sbuffò.
“Non
posso.” Rispose evocando le daghe d’ombra,
“Sono miei
amici, ho dei debiti da pagare e devo recuperare il mio medaglione che
ha
nascosto il biondo dietro di me; li proteggerò.”
Le disse prendendo un grosso
respiro. Cosa diceva sempre il suo maestro? Ah
già…soffocare, doveva soffocare
ogni sentimento ed emozione. Nel suo lavoro non c’erano
spazio per sentimentalismi.
O uccidi o sei ucciso.
“Ho
bisogno di soldi. Per lui.” Replicò Shorai
altrettanto
fredda, ingoiando il dispiacere e l’affetto per Miel,
“Niente di personale.”
“È
lavoro.” Concluse Miel mettendosi in guardia.
“Ferme!”
la voce roca di Rey le interruppe appena prima che
scattassero.
“Rey!”
lo chiamò Miel voltandosi stupita e sospirando di sollievo
nel vederlo seduto e cosciente. Molto cosciente a giudicare dal
luccichio degli
occhi.
“È
per soldi?” chiese il ragazzo direttamente a Shorai, facendo
cenno a Miel di star tranquilla.
“Certo,”
rispose lei abbassando temporaneamente le armi e
osservando il bersaglio speciale della sua missione; se lo aspettava
diverso…
“Te
ne offro il doppio.” Propose Rey con un sorriso
carismatico, “A patto che viaggi con il nostro gruppo e
mantieni a tutti,
compresi i miei compagni, il silenzio su di me.” Concluse poi
osservandola
attento. Miel assottigliò gli occhi all’ultima
parte dell’accordo.
La
ragazza sgranò gli occhi e poi lo guardò
diffidente.
“Il
doppio di 50.000 Bahal?” gli chiese scettica inarcando un
sopracciglio. Se stava scherzando…
“Si.”
Rispose lui serio, “Stiamo andando a prendere la Fairy
Heredity, uno dei più grandi tesori in assoluto; se anche
non dovesse bastare
quello che c’è, ti darò la mia parte. O
troverò un modo per trovarli…” concluse
con un silenzio denso di sottintesi che solo la ragazza
sembrò cogliere e che sorrise
in estasi.
“Direi
che abbiamo un…” iniziò a dire Shorai
convinta ma una
voce rozza la interruppe.
“Cosa
stai facendo assassina da quattro soldi! Sei in missione
per il re non provare neanche a prendere iniziativa!”
sbraitava la grossa
guardia imperiale avanzando verso di lei.
Accadde
in meno di una frazione di secondo.
Con
un balzo felino la ragazza si voltò, si slanciò
verso la
guardia e gli conficcò la lama celata dritta in fronte,
abbattendola a terra e
schiacciandole il torace con il ginocchio.
“Non
osare interrompermi mentre tratto e non rivolgerti mai a
me con quel tono, bastardo.” Gli ringhiò estraendo
lentamente la lama dal cadavere
e rialzandosi, irata.
“Abbiamo
un accordo.” Riprese guardando da sopra la spalla Rey
e poi sorrise a Miel, “Ti muovi o li devo far fuori io quei
due?” le chiese
indicando con un cenno della testa gli ultimi nemici ancora fermi.
Miel
sogghignò mentre accanto a lei sorgeva Talita.
“Cambi
spesso idea…”
“Sono
fatta così!” rispose l’altra
affiancandola con un
sorrisetto.
“Immagino
di non poterci fare nulla.” commentò Miel
scuotendo
la testa e poi, ad uno sguardo d’intesa, scattarono.
Il
combattimento di Scorpio ed Edward si protraeva ormai da
mezz’ora in un corpo a corpo devastante e violento, ma,
mentre Scorpio aveva il
corpo sudato ma illeso, Edward mostrava sempre più lividi,
tagli e persino
qualche osso rotto; eppure non si fermava. Non si era mai fermato e
trovava
anche il fiato per fargli continue domande sulla sorella.
Scorpio
era esaltato, in preda della ferocia di quel
combattimento incredibile e assetato del sangue di
quell’avversario così
temibile.
“Sei
ancora in piedi?” gli chiese ansimante colpendolo con
forza in pancia e facendolo cadere in ginocchio, per poi colpirlo in
faccia con
un altro pugno, il sangue che gli schizzava dalle labbra.
“D-dov’è?”
rispose solo e a fatica Ed, alzando lo sguardo e
trafiggendolo: nei suoi occhi non c’era paura, solo odio e
fermezza; ma Scorpio
rise, pensando che fosse solo una maschera o un principio di
rassegnazione o,
ancora, stupidità; pensando a come presto lo avrebbe
spezzato e avrebbe visto
quegli occhi riempirsi di terrore.
Lo
colpì di nuovo con un calcio, questa volta al braccio,
spezzandolo definitivamente.
“Ancora
con quella ragazzina? Dovresti preoccuparti per te
stesso, Assassino!” gli urlò guardandolo alzarsi a
fatica e sferrargli un pugno
al volto con la mano sana liquefacendolo tanto che per un attimo
brillò al sole
la mascella bianca, ma la pelle crebbe nuovamente sana e lucente.
“Non
sai niente?” chiese ancora Ed saltando all’indietro
per
evitare un calcio laterale e scagliandogli due lame di veleno dalle
braccia
contro, invano.
“Nessuno
sa cos’abbia fatto Azazel di lei, fosse anche la sua
sgualdrina personale! Arrenditi! Implora pietà!”
urlò facendolo piegare in due
con un calcio in pancia per poi colpirlo a pugni uniti sulla nuca
stramazzandolo a terra.
Edward
sputò sangue e ghignò.
Aveva
scoperto quel che poteva scoprire, ora poteva ucciderlo.
Scorpio
lo guardò perplesso, troppo divertito per dargli subito
il colpo finale, mentre quello si rialzava in piedi instabile e si
spolverava i
pantaloni con tranquillità.
“Non
mi sei più utile. Stai per morire.” gli disse
improvvisamente freddo l’Assassino, senza nessuna espressione
sul viso.
“Ma
sentilo! Stai a malapena in piedi, io sono in perfetta forma
e il tuo potere non mi nuoce…e vorresti
uccidermi?!” lo schernì indicando il
suo corpo illeso e guardandolo con disprezzo.
Edward
sorrise. Sadico.
“Vediamo
se la tua guarigione è più veloce del mio
veleno…”
Rispose solamente; poi puntò la mano a pugno contro di lui
e, prima che Scorpio
potesse fare alcunché, da tutte le chiazze e gli schizzi di
sangue vomitati o
colati dalle ferite di Edward sul terreno tutt’intorno a lui
si alzarono volute
di liquido violaceo, ingrossandosi e chiudendolo in una gabbia.
“Che
cosa…?” iniziò a chiedere quello mentre
si vedeva venir
circondato da quelle spire malsane, incredulo e confuso per quello che
stava
accadendo: era chiuso dentro e non aveva vie di fuga, se fosse passato
lo
avrebbero corroso interamente e… poi guardò
Edward negli occhi e sentì il cuore
gelarsi per il terrore. Aveva sbagliato. Completamente sbagliato.
L’unica cosa
che c’era negli occhi di quel ragazzo era la Morte.
La
sua morte.
Edward
aprì la mano di scatto.
Tutte
le spire di veleno si lanciarono su Scorpio avvolgendolo,
divorandolo e fagocitandolo, finché sazie non ricaddero a
terra in innocuo sangue.
Al
centro della pozza scarlatta ossa bianche e lucide.
Edward
sorrise stanco e cadde all’indietro sul terreno, una
mano a proteggersi dal sole.
Se
voleva trovare Amamya, doveva trovare Azazel.
Shi
evitò l’ennesima sferzata saltando
all’indietro, il viso
segnato da un profondo graffio, come il resto del corpo. Di quel passo
Tara
avrebbe dovuto fare gli straordinari…
“Già
stanco?” chiese Double, ridendo folle mentre fischiare
l’aria, anche lui era ferito e pieno di ustioni ma non
sembrava risentirne; anzi,
più lo colpiva, più sembrava preso da una foga
animale.
“Volevo
chiedertelo io!” gli urlò ghignando Shi prima di
evocare la sua fidata katana di fuoco e socchiudere gli occhi
analizzando
l’avversario. Che strategia poteva utilizzare? Quelle
maledette fruste gli
impedivano di colpirlo in maniera letale: o lo respingevano o lo
dirottavano o
ancora peggio lo ferivano in modo da impossibilitargli
l’attacco. Non si era
mai sentito così acceso da un combattimento prima
d’ora, ma se continuava così
si sarebbe ferito e basta…
Il
ragazzo tentò di nuovo di staccargli la testa con un colpo
di frusta, ma Shi si abbassò in tempo per poi tentare un
affondo allo stomaco
ma quello utilizzò l’altra frusta per
scaraventarlo a lato, ferendogli il
fianco.
Shi
rotolò per alcuni metri nella polvere e poi si rimise in
piedi all’istante, senza tenersi nemmeno il fianco con la
mano e mutando la
katana in un’alabarda, per ripartire all’attacco.
“Questo
combattimento mi sta risvegliando!” rise il ragazzo al
cielo prima di incrociare le fruste e fermare l’avanzata di
Shi disegnandogli
una grossa X scarlatta sul petto; l’elfo tossi del sangue e
indietreggiò prima
di essere colpito di nuovo, la sua mente che ragionava veloce, cercando
di quietare
per qualche istante la frenesia del combattimento che lo offuscava.
Quelle
fruste lo stavano danneggiando troppo, non poteva permettersi di subire
danni
troppo gravi, soprattutto in vista di quel viaggio incerto.
Il
problema principale era che le fruste erano due, uncinate e
si muovevano ad alta velocità: se ne evitava illeso una,
l’altra era pronta a
sferzarlo o agganciarlo con gli uncini e scaraventarlo via; se riusciva
a
evitarle entrambe, si trovava in una posizione che non gli permetteva
di attaccare.
Poteva essere un folle, ma quel ragazzo sapeva come tenerlo lontano e
come
manipolarlo.
“Stai
cercando un buco nella mia difesa?” gli chiese Double
inclinando la testa di lato e scrutandolo con vivo interesse,
“Non perdere
tempo e combatti! Non ce ne sono!” gli urlò
riiniziando a far schioccare le
fruste e trascinando nuovamente Shi nella loro danza mortale. Non aveva
punti
deboli? Impossibile! Per quanto le fruste consentissero un sistema di
difesa e
attacco eccezionale, solo il fatto di essere manovrate da un uomo le
rendeva
imperfette…
“Non
sei un po’ troppo sicuro di te?” gli chiese urlando
l’elfo
mentre con un salto laterale evitava l’ennesimo colpo,
cercando di prendere
tempo.
“Sono
realista!” gli rise in faccia l’altro,
approfittando di
un secondo di troppo di immobilità di Shi per allargare le
braccia e poi
scagliare le fruste contro di lui, colpendolo ai fianchi e ai gomiti da
entrambe i lati, chiudendolo nella loro morsa.
Paradossalmente
fu in quel momento di estremo dolore che Shi
intuì la strategia vincente e il suo ghignò si
ampliò soddisfatto.
“Non
rimanerci troppo male, quando ti avrò
ucciso…” gli disse
allora riiniziando ad assecondare i movimenti delle fruste, schivandoli
e
fingendo degli attacchi per non insospettirlo. Doveva solo aspettare il
momento
adatto…
Schivò
con un salto la frusta che mirava alle ginocchia e si
accorse di trovarsi a pochi metri esattamente di fronte al ragazzo; Shi
assottigliò gli occhi e finse di riprendere fiato stremato.
Un secondo dopo,
con luce folle negli occhi il ragazzo allargò di nuovo le
braccia e c fece
scattare di nuovo contemporaneamente entrambe le fruste contro i
fianchu di
Shi.
Gli
uncini gli straziarono la carne delle braccia e dovette
usare tutte il sangue freddo che possedeva per mettere in atto la sua
strategia: con un ghigno di scatto si attorcigliò le fruste
intorno agli
avambracci e le afferrò con le mani nonostante il dolore
lancinante.
Double
perse il suo sorriso folle, confuso dalla mossa
inaspettata, ma non fece in tempo pensare o dire nulla che Shi, con uno
strattone che fece affondare gli uncini ancora più a fondo,
lo tirò a sé.
“Ti
avevo detto di non rimanerci male…” gli
sibilò mentre lo
infilzava dritto allo stomaco con la sua katana di fuoco; Double
sputò sangue
sulla sua spalla, prima che la luce nei suoi occhi, ancora sgranati, si
spegnesse e Shi si togliesse la sua carcassa di dosso per sedersi a
terra
stremato.
“Speriamo
Tara finisca in fretta…questi uncini fanno un male
cane!” si lamentò con uno sbuffo osservando le
fruste del nemico attorcigliate
alle sue braccia. Non era certo così masochista da provare a
togliersele da
solo.
Aria
iniziava a temere che quel combattimento si sarebbe
protratto all’infinito, come poteva fare a vincere contro
un’avversaria che
leggeva il futuro? Aveva anche provato ad attaccarla con la falce e con
la sua
amata balestra, ma quella si era ovviamente limitata a evitare i colpi
con
precisione e velocità calcolate, quindi erano tornate a una
battaglia mentale.
Come se stessero giocando a scacchi senza mai muovere un pezzo. La
domanda vera
era se una delle due sarebbe mai riuscita a dare lo scacco
all’altra.
Esattamente
negli stessi istanti Osgal incalzava la sua
avversaria con la katana, in una sequenza di colpi neanche visibile ad
occhio
umano. Doveva ammetterlo: quella vampira era una degna avversaria, se
non fosse
stata parte del rifiuto della società…allearsi
con una Gilda Oscura per poter
fare ciò che più le pareva. Non c’era
neanche bisogno di chiederle se era lei
una di quelle che stava inseguendo. Mossa furba assicurarsi la
protezione de
re, peccato per lei che Osgal si fosse alleata con un branco di
scalmanati
fuorilegge e non gliene fregasse di meno in quel momento di scatenare
le ire
del re.
“Non
perderti via!” le ringhiò Daiana ferendola ad una
guancia,
ma Osgal non mostrò nessuna espressione e
continuò a combattere, mettendo a
segno sempre più colpi. Certo era brava, ma non era brava
quanto lei che si
allenava da centinai d’anni.
Aria
intanto immaginò di scattare in avanti, fare un finta verso
sinistra e invece giungerle alle spalle da destra per poi tagliarle la
testa
con la falce. Deianira sorrise e progettò di andare incontro
alla finta e
colpirla in pancia di taglio prima che le arrivasse alle spalle, per
poi
approfittare del dolore momentaneo per piantarle i canini in gola e
decapitarla. Aria lo lesse e si preparò ad estrarre la
balestra per scagliare
una serie di colpi in sequenza per prenderla al cuore, ma Deianira
penso come
contromossa ad una corsa tra gli alberi per disorientarla ed evitare i
colpi
fino a giungerle alle spalle e pugnalarla.
Così
non andava. Aria aveva bisogno di un vantaggio, anche un
minuscolo aiuto…
Fu
in quel momento che nella mente di Deianira si intromise
prepotente un’altra visione futura: Osgal che disarmava la
sorella Daiana e la
tranciava a metà di netto.
Fu
questione di pochi secondi: Aria lesse la visione e vide
Deianira immaginare di urlarle di stare attenta, ma subito previde
Osgal
tranciarla mentre la sorella si girava per guardarla; pensò
allora di andarla
aiutare, e Aria pensò quindi di approfittare del momento per
colpirla alle
spalle. L’avversaria cercò di cambiare tattica e
progettò di saltare addosso ad
Aria frontalmente per poi correre ad aiutare la sorella dopo averla
uccisa, ma
Aria le mostrò l’immagine di lei che la squartava
con la falce. Deianira pensò
di prendere la sorella e scappare, ma vide Osgal e Aria che le
raggiungevano e
le incalzavano di nuovo a combattere…e tutto sarebbe tornato
al punto di prima.
Pensò di nuovo, con dolore immane, di abbandonare la sorella
e scappare, ma
vide Aria e Osgal unire le forze per ucciderla.
Dolore.
Sconfitta. Morte.
Qualunque
strada provasse ad immaginare, il futuro che le
attendeva mostrava solo questo.
“Scacco
Matto.” Pronunciò Aria estraendo la balestra e
puntandola dritta al suo cuore.
Deianira
non fece, né disse nulla e allargò le braccia con
un
sorriso di sfida.
Un
dardo le trapassò il cuore.
Osgal
tranciò Daiana.
Le
due sorelle caddero a terra senza vita.
Aria
corse ad abbracciare Osgal e insieme diedero fuoco ai due
corpi.
“Se
non fosse stato per te non avrei mai
vinto…Grazie.” le
mormorò Aria con un sospiro stanco, la testa che le doleva.
“Non
so a cosa tu ti riferisca, ma non c’è di
che.” Le rispose
perplessa Osgal riponendo la katana, mentre l’amica scoppiava
a ridere
liberando la tensione accumulata.
Ashuros
di solito non si faceva prendere dalla rabbia. In
combattimento lui diventava freddo, efficiente…ma in quel
momento gli sembrava
di vedere il mondo tinto di rosso sangue. Quel bastardo…quel
bastardo non
faceva altro che insultare lui, sua madre e il suo padre adottivo
Orligan…richiamava
il momento in cui l’avevano uccisa…ricordava i
dettagli e lui sentiva il sangue
ribollirgli nelle vene. Voleva ucciderlo, più di qualsiasi
altra cosa. Voleva
vedere il terrore nei suoi occhi mentre la vita lo lasciava, mentre
comprendeva
che ora le porte dell’immortalità si erano chiuse
per lui…Voleva anche solo
chiudergli quella maledetta bocca.
“Cosa
c’è ragazzino? Inizi a spazientirti?”
gli chiese ridendo
il conte schivando l’ennesimo affondo del ragazzo e parando
col bastone il
calcio laterale che aveva cercato di infliggergli ruotando su se
stesso; l’uomo
fece pressione con l’asta per spingerlo
all’indietro e cercò di trafiggerlo con
la lama che spuntava dalla punta del bastone e che aveva rivelato dopo
pochi
attimi di combattimento.
Il
ragazzo lo ignorò con un ringhio e tentò di nuovo
di
colpirlo al collo, ma quello lo dirottò e lo ferì
alla guancia pallida; si
scambiavano colpi su colpo in una danza mortale a velocità
folle, la situazione
che non variava né a vantaggio dell’uno
né a vantaggio dell’altro.
“Quello
sguardo d’odio…era lo stesso di tuo padre quando
vide
il cadavere di Luinisia, quella sporca vampira impura che era tua
madre…ma devo
ammettere che non aveva un cattivo sapore.”
Commentò con sprezzo sputando per
terra e Ashuros sentì la sua sentì il suo furore
esplodere e con uno slanciò
cercò di trapassargli il cuore con il pugnale.
L’errore di un attimo e si accorse
di essere caduto nella trappola del vampiro: lo vide appena scostarsi
di lato
prima che la lama calasse e gli tranciasse il braccio destro
all’altezza del
gomito, prima di approfittare del suo sconvolgimento per sorpassarlo e
fare la
stessa cosa con l’altro braccio senza che potesse
difendersi...
Un
dolore assassino lo scosse fin dentro all’anima e dovette
digrignare i denti per non dargli la soddisfazione di sentirlo urlare,
senza
neanche badare ai suoi arti che cadevano per terra; solo grazie al mero
istinto
animale si abbassò e scattò portandosi a distanza
di sicurezza prima che lo
decapitasse. Concentrandosi cercò di rallentare il cuore fin
quasi a fermarlo
così da evitare ingenti perdite di sangue, ma non del tutto.
Ne aveva bisogno.
“Vediamo
se sei più veloce tu a rigenerarti o io a
ucciderti…”
gli propose il conte con un sorrisetto di sfida leccando il sangue di
Ashuros
sulla lama e poi sputandolo a terra disgustato per rimarcare come gli
fosse
inferiore, poi gli scattò incontro bramoso della sua morte.
Il
ragazzo fece una smorfia, trovandosi in difficoltà
nell’attuare
il suo piano di riserva con entrambe le braccia mozzate, e premette il
più
possibile le braccia contro il petto lasciando colare il sangue sui
vestiti.
Certo si stavano a già rigenerando, ma di quel passo sarebbe
stato ucciso prima
di risentirsi le mani.
Con
un balzo all’indietro evitò un colpo al cuore e
abbassandosi di lato evitò l’ennesimo tentativo di
decapitazione.
“Quanto
ci metteva?!” Pensò guardando con irritazione il
sangue
che colava troppo lentamente verso la tasca dei pantaloni in cui si
intravedevano
tre piccoli bozzi.
“Sarebbe
più dignitoso arrendersi mezzosangue…”
infierì ancora
Sangnoir mentre approfittando dell’attimo di distrazione per
tracciare una
lunga striscia bordeaux scuro sulla sua camicia. Ashuros
ringhiò aumentando il
ritmo con cui schivava i fendenti: più ferite doveva
rimarginare, più tempo ci
metteva.
Poi
finalmente sentì un improvviso freddo glaciale spandersi
dalla sua tasca destra e un ghigno gli si dipinse sul viso.
Aspettò che il
conte tentasse un altro affondo, ma invece che evitarlo
saltò in aria
all’indietro e mentre era capovolto dalla sua tasca caddero
tre piccole uova in
pietra, una delle quali baluginava di nero. Esattamente nel momento in
cui i
suoi piedi toccarono terra, il piccolo uovo iniziò a
ingrandirsi a dismisura e
una volta raggiunte le dimensioni di Ashuros si riempì di
crepe; con uno sono
schioccò l’uovo si fratturò fino a
divenire un grosso gargoyle di pietra,
simile a un toro di circa otto metri, armato con una grossa ascia a manico lungo.
Il
conte digrignò i denti e si mise in guardia, mentre Ashuros
mormorava alcune parole al suo guerriero. Poi la creatura
scattò contro di lui
e cercò di decapitarlo con un solo fendente; Sangnoir si protesse con il bastone, ma quello si
incrinò
non reggendo l’urto.
Ashuros
ghignò approfittando dell’occasione per riprendere
fiato e concentrarsi sulla rigenerazione, ovviamente non avrebbe
lasciato il
piacere di squartarlo al gargoyle ma gli avrebbe fatto prendere tempo.
Il
conte intanto cercava di fermare l’inarrestabile avanzata
della bestia in pietra, ma era costretto a retrocedere di colpo in
colpo, su di
lui la lama non aveva effetto. Stava giusto cercando di trovare una
strategia
per abbatterlo prima che fosse troppo tardi, quando con la coda
dell’occhio
vide la coda della bestia giungergli incontro e si protesse
con il
bastone, che andò in frantumi; all’istante, invece
di colpirlo il gargoyle si
spostò di lato e il pugno di Ashuros, perfettamente
risanato, lo colpì dritto
in faccia cogliendolo di sorpresa e scagliandolo contro un albero
Non
fece in tempo a tentare di rialzarsi che già
l’ombra del
suo avversario incombeva su di lui.
“Niente
male moccioso…” commentò sputando a
terra mentre il
ghigno assetato di vendetta di Ashuros si allargava, prima che gli
piantasse il
pugnale nella spalla ancorandolo all’albero per impedirgli di
scappare.
“È
arrivata la tua ora, bastardo.” Si limitò a
ringhiare lui
prima di afferrargli un braccio e piantargli il piede sulla spalla, per
poi
strapparglielo via con un orrendo stridore mentre le urla del conte si
alzavano
nel cielo.
“Uccidimi!”
gli ordinò furioso, ma Ashuros impassabile gli
strappò anche l’altro braccio; poi fu il turno
delle gambe, una alla volta.
Infine
lo addentò alla gola e lo decapitò.
Diede
fuoco ai resti e pulendosi la bocca sputò a terra, un
senso di soddisfazione che gli gorgogliava in petto, mista al disprezzo.
“Non
sei mai stato degno neanche di strisciare ai loro i
piedi…” mormorò disgustato pensando
alla madre e al padre. Voltandosi osservò
con un mezzo sorriso Charlotte che implacabile faceva in minuscoli
pezzi il
ghoul e gli dava fuoco, e poi si sedette a terra a guardare il cielo
per
riprendere fiato…per fortuna aveva bevuto il sangue di
quella sirena o non
avrebbe mai avuto abbastanza energia per affrontare quel combattimento.
Eran
cominciava a sentire la stanchezza e guardando
quell’enorme livido purulento a zoccolo sul petto, che si
intravedeva dalla
camicia strappata, dedusse di dover avere come minimo due costole rotte
che gli
rendevano difficile respirare, nonostante la rigenerazione
più veloce. Aveva
decisamente sottovalutato il suo avversario: non aveva armi o poteri,
ma la sua
forza bestiale uniti agli arti e alle corna caprine riuscivano a
metterlo in
difficoltà senza problemi.
“Non
distrarti!” gli disse quasi con un belato prima di
colpirlo al fianco con un poderoso calcio che lo schiantò
contro un masso; non
fece in tempo a rialzarsi che il satiro gli fu sopra e lo
colpì con entrambe le
mani allo stomaco.
La
forza dell’impatto gli fece vomitare un fiotto di sangue,
mentre la vista per un attimo sembro oscurarsi; non doveva cedere, se
cadeva
nell’incoscienza era finito.
Sfruttando
la scarica di adrenalina che il pensiero di morire
gli aveva scatenato e il suo istinto animale di sopravvivenza, si
trasformò nel
grosso lupo grigio. In quella forma il dolore era più forte,
ma lo erano anche
tutti gli altri sensi e percezioni.
“Il
tuo odore mi sembrava strano…” commentò
l’avversario
cercando di colpirlo con lo zoccolo al muso, ma Eran scartò
di lato. Non amava
bere il sangue, ma a quel pungo era una questione di sopravvivenza: se
fosse
riuscito a morderlo e berne la ferita si sarebbe come minimo
anestetizzata…
doveva lasciarsi dominare dalla sua parte animale se voleva vincere.
Con un
ululato caricò il suo avversario che tentò di
fermare l’avvento del lupo
afferrandogli le zampe e, cadendo all’indietro per
l’urto, piantargli un
zoccolo nella pancia e lanciarlo via. Il lupo guaì con il
sangue che iniziava a
colare e digrignando i denti cominciò a girare intorno al
satiro, che lo
guardava sprezzante.
“Lupi…”
mormorò disgustato prima di lanciarsi nuovamente contro
di lui ma il lupo lo evitò all’ultimo e
aspettò che lo superasse ci slancio per
azzannargli il polpaccio caprino. Il sangue caldo gli fluì
in gola dolce e
invitante, mentre il suo istinto animale ululava di gioia per il sapore
tipico
della capra.
Quasi
preso da una fame insaziabile divelse con ferocia un
brandello di carne e lo ingoiò con gusto, mentre il dolore
pian piano si
leniva.
“Bestia!”
urlò Kaleen con gli occhi iniettati di sangue per il
dolore, ma voltandosi si rese conto di quanto le sue parole fossero
vere e in
un attimo il lupo fu sopra di lui.
Dopo
circa dieci minuti di urla raccapriccianti, Eran tornò in
un forma umana e guardò triste lo scempio compiuto: non
appena il dolore alle
costole risanate era sparito, era riuscito a ritrovare il controllo e a
ritrasformarsi…ma del satiro rimaneva una carcassa. Era
stato troppo lento.
“A
una capra non conviene scontrarsi con un lupo…”
mormorò al
cadavere dagli occhi vitrei prima di allontanarsi pulendosi la bocca
dal
sangue, che lo imbrattava macabramente da capo a piedi.
Avrebbe
ucciso quella donna. L’avrebbe fatta a pezzi.
L’avrebbe
squartata. Si sarebbe cibata delle sue carni.
“E
immagino che squallida come sei tu non abbia neanche mai
avuto un vero uomo al tuo fianco…non che mi
stupisca!” continuò il discorso con
cui stava mettendo a dura prova la pazienza di Tara, le cui punte di
capelli
erano sempre più chiare.
“Stai
zitta!” le ringhiò contro sfregando ancora la
pietra
rossa mentre altre spire di fiamme avvolgevano i rovi di lei, che
sogghignando
ne evocava sempre di più. Vediamo come se la cavava contro
la sua stessa
arma…Tara estrasse un’altra pietra, verde, e
iniziò a sfregare più volte,
evitando gli attacchi della donna che la scrutava sicura ma indagatrice.
Non
appena le sue dite sfiorarono per la nona volta la pietra,
quella mandò dei bagliori verdastri prima di lasciar
scaturire un cono di rovi
contro la donna che assottigliò gli occhi e, con un
movimento della mano, evocò
un muro di edera a proteggerla.
“Tutto
qui?” le chiese mentre la sua edera strangolava i rovi
di Tara e si arrampicava verso la ragazza, che interruppe
l’evocazione,
“Patetica.”
“Lo
avevo capito dal primo sguardo che non saresti stata alla
mia altezza…” mormorò guardandosi le
unghie rosse con indifferenza, le punte
dei capelli della mannara sempre più chiare.
“Mi
sono stufata di sprecare il mio tempo per una come te.”
Aggiunse poi guardandola negli occhi con un sorriso di
superiorità prima di
puntare la mano verso Tara e aprire di scatto il palmo.
Non
fece in tempo a spostarsi che la terra sotto di lei si
crepò con degli schiocchi assordanti e un gigantesco fiore
dai petali viola
emerse come a fauci spalancate e la imprigionò al suo
interno.
“Death’s
Flower’s Prison!” mormorò soddisfatta
chiudendo la
mano a pugno e preparandosi a gustare le urla di dolore della sua
avversaria.
Sarebbe rimasta fino alla fine a guardare.
Tara
lanciò un urlo nel sentire le spine che ricoprivano
l’interno dei petali graffiarle e perforarle la pelle mentre
il fiore iniziava
a stritolarla. Era in una pianta carnivora. Una maledetta pianta
carnivora che
la stava cercando di digerire.
Un
liquido vischioso iniziò a scorrere lungo i petali mentre
l’aria iniziava a mancare. Se nono usciva in fretta sarebbe
diventata un
mucchietto di ossa lucide e la cosa non le garbava. Doveva ancora farla
pagare
a quella donna…
A
spasmi raggiunse con la mano il sacchettino in cuoio e
iniziò
a rovistare tra le pietre: usando quella pietra per liberarsi avrebbe
consumato
quasi tutta la sua energia magica e le sarebbe rimasta una sola
speranza di
batterla, l’effetto sorpresa.
Finalmente
le sue mani si strinsero attorno alla pietra che
cercava, piccola e liscia, nera come la notte e cominciò a
sfregare.
Uno.
Il
liquido cominciò a ricoprirla dalla testa.
Tre.
Gli
aculei cominciarono ad affondare più in
profondità nella
carne.
Sei.
La
sua bocca non trovò più aria e dovette trattenere
il fiato.
Nove.
Le
pareti ormai l’avevano schiacciata ed era ricoperta di
liquido.
Dieci.
Sotto
gli occhi increduli della maga di Black Star il fiore
esplose trafitto da centinaia di lame d’ombra nera schizzando
ogni cosa di
liquido appiccicoso nel raggio di trenta metri.
“Che
cosa?!” sbraitò la donna cercando di intravedere
la sua
avversaria ed evocando dei rovi per proteggersi, ma troppo tardi si
accorse del
grosso lupo bianco sporco di sangue rosso, con tra le zanne un oggetto
scintillante indefinito, che saettava fulmineo tra i rovi.
Tentò di fermarlo
con una sferzata di rovi ma il lupo scivolò sotto di essi
sfregiandosi la schiena
e poi balzò verso di lei con un salto disumano.
A
mezz’aria il lupo si trasformò in una Tara livida
di rabbia e
dolore che rapida si tolse dalle labbra un elegante falcetto dorato,
prima di
precipitare sopra la sua avversaria. Solo un gridolino si
udì nell’aria e un
tonfo macabro accompagnarono il cadere della testa dai capelli rossi
nel
terreno polveroso, la bocca rossa ancora piegata ina smorfia di orrore
e gli
occhi vitrei. Poi anche il corpo si accasciò accanto a lei
mentre Tara cadeva
in ginocchio.
Il
respiro era affannato ma la ragazza cercava strenuamente di
snebbiare la mente. Attorno
a lei
sentiva ancora i rumori dei combattimenti dei suoi compagni ma alzando
la testa
vide alcuni di loro, come Edward o Shi, accasciati sul terreno vivi a
stento.
Non aveva il tempo di riposare. Arrancando si trascinò nuda
fino ai resti del
fiore, dove ritrovò abiti e borsa. A occhio aveva numerosi
graffi, un principio
di infezione e quattro o cinque ferite profonde, più
un’emorragia interna allo
stomaco: doveva medicarsi nel miglior modo possibile nel minor tempo
possibile
e andare ad aiutare gli altri.
Con
le lacrime agli occhi iniziò a passare le bende col
disinfettante sulle ferite.
Doveva
sbrigarsi.
Gigi
doveva ammettere che, per quanto l’avesse divertita
l’idea
di un attacco di forza bruta, non stava ottenendo i risultati sperati.
La
ragazza era ancora in piedi, nonostante numerose escoriazioni e lividi,
e non
cedeva di un passo.
“Puoi
arrenderti se vuoi.” Le disse Gigi con un ghigno mentre
recuperava fiato, ma Lilith non rispose gelandola con lo sguardo, per
poi
riiniziare a far roteare le alabarde elettrificate.
“Come
vuoi.” Continuò allora la dragon slayer irritata
prima
incrociare le braccia al cuore mentre dei piccoli vortici
d’acqua le
vorticavano intorno. “Water Dragon’s
Blade!” pronunciò mentre l’avversaria
scattava e aprendo di scatto le braccia le corse incontro, mentre dalle
dita si
allungavano lunghi artigli di acqua tagliente.
Purtroppo
si rese contro troppo tardi di aver scelto l’elemento
peggiore per uno scontro corpo a corpo; non appena i suo artigli
bloccarono le
alabarde una scarica di elettricità pura le corse nel corpo
facendola urlare.
Fino ad allora era riuscita a farsi solo sfiorare o proteggersi con la
terra,
ma il contatto diretto era…doloroso. Enormemente doloroso.
Con
gemito le ginocchia le cedettero e Lilith le piantò
l’asta
di un alabarda in pancia, scaraventandola via. Gigi rotolò
per alcuni metri con
il sangue che le gocciolava dalle labbra e Lilith la incalzò
senza pietà
cercando di darle il colpo di grazia. Solo all’ultimo la
bionda ebbe la
prontezza di battere a terra il pugno mormorando “Earth
Dragon’s Shield” e un
muro di roccia si alzò dal terreno davanti a lei
proteggendola dall’attacco
finale. Ovviamente Lilith lo distrusse in un colpo, ma così
Gigi ebbe il tempo
di rimettersi in piedi e riprendere fiato.
“Sei
più dura di quanto mi immaginassi.” La
fronteggiò
pulendosi con la mano piena di ustioni le labbra insanguinate. Doveva
andarci
pesante.
“E
tu non sei all’altezza.” Parlò per la
prima volta la ragazza
piantando feroce la punta dell’arma nel terreno. Ora,
c’erano due possibili
modi di interpretare la frase, il primo come “Non sei forte
quanto me e non
puoi battermi” e il secondo, dato il fisico slanciato e
tonico della ragazza,
come “Non sei alta quanto me”. Gigi
percepì più il secondo che il primo,
sfortunatamente per Lilith.
Una
forte pressione iniziò a crescere attorno a lei, tanto che
Lilith indietreggiò mettendosi in posizione di difesa, e una
luce dorata la
circondò mentre i tatuaggi sulla schiena si illuminavano: di
colpo le due
grandi ali bianche si spalancarono e Gigi si sollevò di
qualche centimetro da
terra. Poteva essere un angelo ed averne l’aspetto, ma lo
sguardo era quello di
un demone.
“Infelice
scelta di parole...” commentò tagliente mentre il
vento si alzava e la terra tremava; poi con un colpo d’ali si
lanciò contro la
ragazza a fauci spalancate.
“Air
Dragon’s Roar!” un cono di vento tagliente si
abbatté
sulla rossa scaraventandola all’indietro di alcuni metri;
provò piantare le
alabarde nel terreno per non retrocedere ma non fece in tempo a
rimettere a
fuoco il mondo intorno a se che si trovò davanti Gigi che la
colpì in pieno
volto con un pugno ricoperto di roccia.
“Earth
Dragon’s Fist” Urlò mentre la osservava
andare a
schiantarsi contro un albero, distruggendolo. Più tardi
l’avrebbe sistemato,
vantaggi dell’essere la figlia del Drago della Natura. Stava
per caricare
nuovamente quando udì un forte boato e venne investita da
fiotti di liquido
appiccicoso; dopo essersi guardata intorno confusa e nel tentativo di
levarselo
dal volto, scorse finalmente Tara, poco lontano dai resti di un fiore
gigante,
tornare in forma umana dopo aver ucciso il nemico: era gravemente
ferita eppure
cercava di tornare indietro, conoscendola per andare a prendere il
necessario
per medicare lei e gli altri. Doveva correre ad aiutarla.
Concentrata
tornò a guardare dove poco prima c’era la sua
avversaria, ma quella era sparita e, prima che potesse fare
alcunché, una lama
elettrificata la trafisse. L’urlo di dolore della ragazza
sembrò scuotere la
natura, tanto che Lilith fu allontanata da varie raffiche di vento.
Tenendosi
la spalla sanguinante Givi guardò la sua malconcia
avversaria: una persona normale non si sarebbe ripresa così
velocemente. Doveva
pensare velocemente a come metterla fuori gioco.
Un
ghigno si dipinse sulle labbra feline della ragazza: era
folle, ma era sicuramente il metodo più veloce. O almeno lo
sperava.
Intorno
a lei cominciarono nuovamente ad innalzarsi vortici
d’acqua, ma molto più numerosi e la ragazza
aprì le braccia alzando il volto al
cielo a fauci spalancate.
“WATER
DRAGON’S WRATH!” Uno tsunami in miniatura si
abbatté su
Lilith che tentò di difendersi con le alabarde, ma
dall’interno dell’ondata
emerse Gigi, completamente ricoperta di terra bagnata, che digrignando
i denti
le afferrò con le mani le aste dirottandole
nell’acqua attorno a Lilith e che
le scrociava addosso, bagnandola interamente. In un lampo
d’orrore Lilith capì
il piano della ragazza: avrebbe fulminato entrambe nella speranza di
abbattere
lei, nella speranza che la terra seppur bagnata la risparmiasse un
minimo. Era
folle. Sarebbero morte entrambe.
L’elettricità
si espanse in ogni molecola d’acqua e la voce di
Lilith distorta in maniera disumana per il dolore si unì a
quella di Gigi
innalzandosi al cielo prima che il corpo della rossa cadesse a terra
carbonizzato.
L’armatura
di terra cadde, la pelle di Gigi fumava e le ali
erano scomparse, ma riuscì a rimanere in piedi con un debole
sorriso. Poi
zoppicando e barcollando cercò di raggiungere Tara, ma a
metà strada cadde a
terra stremata.
Akiko
balzò elegante evitando l’ennesima zampata della
mostruosa creatura che poco prima era una bambina dagli occhioni
innocenti.
“Vieni
qui gattino!” proruppe la bestia con tono rauco cercando
afferrarla con i giganteschi artigli, “Giochiamo insieme!
La
ragazza continuò a danzare agile intorno a quella,
infierendole profondi graffi dove riusciva ad avvicinarsi, ma per
quanto sangue
le imbrattasse il pelo la creatura non smetteva di darle la caccia.
“Lasciati
assaggiare!” ringhiò cercando di afferrarla con le
zanne affilate, ma Akiko agile le saltò sul muso
graffiandole tra gli occhi.
Purtroppo non fu abbastanza veloce da saltare lontano che la bestia
riuscì ad
afferrarle la coda e scagliarla a terra di schiena con un forza tale
che le
fece sputare sangue.
Rotolò
di lato prima che le zampe posteriori la schiacciassero
a terra.
“Divertente!”
latrò seguendola con gli occhi scarlatti, “Voglio
vedere più sangue! Più sangue!”
ripeteva cercando di afferrarla, sempre più
rapida.
La
gatta mannara cominciava a stancarsi, quella bestia era
maledettamente resistente…e la voce, quello che le
diceva…le dava i brividi.
Cosa avevano fatto a quella bambina?
Con
un miagolio dolorante non riuscì a schivare e dovette
proteggersi dagli artigli con le braccia, che graffiate perdevano
parecchio
sangue.
Non
poteva andare avanti così.
Da
un cinturino legato alla coscia estrasse una frusta nera con
una luna d’argento che pendeva dal manico e la fece
schioccare a terra.
“Basta!”
tentò di comunicare con la bambina che doveva essere
dentro la bestia, che sperava si facesse intimidire dalla frusta come
un cane.
Le
sue speranze vennero infrante quando tentò nuovamente di
afferrarla e solo un rapido balzo all’indietro la
salvò dall’essere trafitta,
mentre con la frusta le sferzava il palmo zampa.
“Gattino
cattivo! Cattivo!” iniziò a uggiolare la bestia
mentre
gli occhi si riempivano di odio feroce. Lato positivo: aveva trovato un
punto
debole. Lato negativo: ora era arrabbiata.
“I
gatti cattivi vanno puniti!” ringhiò estirpando un
albero
dalle radici e scagliandoglielo contro, con tanta forze che Akiko
riuscì a
balzare di lato solo all’ultimo prima che il tronco
esplodesse in mille schegge
contro il terreno.
“Cattivo!”
ringhiò saltandole addosso, mentre lei riprendeva la
sua agile danza di graffi, schivate e frustate, nella speranza di
abbatterla.
Il manto scarlatto, i colpi sempre più forti ma imprecisi,
la mente annebbiata
dal dolore…
“Basta,
basta! Mi fai male!” piagnucolò la creatura
accucciandosi su se stessa e nella mente di Akiko per un attimo si
frappose
l’immagine di una bambina insanguinata che piangeva. Un
attimo di distrazione
fatale in cui la creatura ringhiando riuscì finalmente ad
afferrarla
graffiandola con gli artigli.
La
creatura ridacchiò mentre Akiko cercava di liberarsi
dimenandosi e respirare diventava sempre più difficile.
“Ho
preso il gattino cattivo! Ho preso il gattino cattivo!”
iniziò a ridere macabra la bestia, scuotendo Akiko di qua e
di là, come una
bambola di pezza.
“Cosa
facciamo ora? Potremmo staccargli la testa! Oppure
provare a vedere com’ è dentro!”
proponeva mentre la ragazza cercava invano di
liberarsi.
“Oppure
potremmo mangiarla!” ringhiò infine seria
osservandola
diaboliao e Akiko, in preda alla disperazione azzannò la
zampa della creatura
dove poco prima l’aveva frustata. Con un ululato di dolore la
bestia la lasciò
cadere e Akiko ansimò nel sentire di nuovo l’aria
nei polmoni.
Doveva
fermarla. Doveva salvare quel che era rimasto della
bambina in quel mostro.
Akiko
iniziò a far schioccare la frusta sempre più
velocemente
e quella cominciò ad allungarsi sempre di più;
poi la fece scattare e
l’attorcigliò intorno alla zampa della bestia
dolorante. Rapida inizio a
saltarle intorno, sotto le gambe, tra le braccia mentre quella
impazzita
cercava di colpirla alla cieca.
Solo
quando fu troppo tardi si accorse di essere finita in
trappola e completamente legata cadde a terra con un tonfo; neanche
allora
smise di dimenarsi furente. Akiko inerpicandosi sul grande corpo della
bestia le
salì sopra fino a trovarsi davanti al suo muso deforme.
“Ritrasformati,
calmati” le disse tentando di sorridere, “Se lo
farai non sarò costretta a farti del male. Sei solo una
bambina, non devi
combattere per forza.” Le sussurrò cercando di
scorgere di nuovo in lei la
bambina che aveva incontrato, ma i suoi occhi riuscivano solo a vedere
le fauci
coperte di bava, la lingua rossa a penzoloni e gli occhi dilatati e
rossi di
sangue.
“Lasciati
assaggiare gattino cattivo! Lasciati assaggiare!
Voglio vedere il tuo sangue! Il tuo sangue!” latrava
guardandola bramosa, gli
occhi folli e persi.
Una
sola lacrima cadde lungo la guancia di Akiko, mentre si
rendeva conto che non c’era più niente della
bambina nella bestia. Qualsiasi
cosa le avessero fatto, la bambina era stata divorata da tempo e quello
che lei
aveva visto erano i rimasugli della pazzia a cui era stata
probabilmente
portata. Forse era un esperimento o una mutazione, l’unica
cosa certa era che
non c’era più nulla da salvare. Rimaneva un solo
modo per liberarla.
Con
un colpo di artigli squarciò la gola morbida della bestia
che spruzzò fiotti di sangue imbrattandola da capo a piedi
mentre gli ultimi
folli latrati le si spegnevano in gola e il corpo si ritrasformava in
quello
della bambina. Solo gli occhi spenti nel suo viso angelico rimasero
quelli
deformi della bestia, lì a fissare la sua avversaria con la
stessa follia che
brillava in lei mentre era viva.
Akiko
indietreggiò addolorata, ritrasse la frusta e si
allontanò il più possibile da
quell’orrore.
Quel
mondo era corrotto.
Amlach
proruppe in un ringhio basso e roco mentre gli artigli
dell’avversario affondavano con piacere nella sua carne.
Quanto aveva atteso
quel momento di dolce vendetta.
“Ti
stai rammollendo…” lo schernì evitando
la katana nera di
Amlach con un balzo all’indietro, leccando il sangue dalle
mani con un brivido
di piacere.
No,
non si stava rammollendo. Si stava innervosendo. Quel
maledetto scarto di prigione si era sottoposto a chissà
quali incanti ed
esperimenti per potenziarsi e ora riusciva a vanificare gli effetti
delle sue
ombre con i lunghi artigli; questo stava trascinando il combattimento
in una
sorta di situazione di stallo e lui doveva affrettarsi, o la gatta
avrebbe
fatto una pessima fine.
Socchiudendo
gli occhi concentrato ordinò all’ombra di
strisciare e avvilupparsi intorno alle gambe del nemico, per poi farlo
cadere
con uno strattone mentre lui gli si lanciava sopra pronto a
trafiggerlo; quello
però blocco la lama tra gli artigli e ululò nel
dirottarla. Amlach ebbe appena
il tempo di evocare degli spuntoni dalle ombre per trafiggergli le
gambe prima
di saltare via per evitare un calcio al ventre.
Senza
fermarsi tentò un altro affondo allo stomaco ma ancora
una volta la lama venne deviata e per poco anche l’occhio
sano di Amlach non fu
accecato; spostando il peso sulla gamba destra e voltandosi di profilo
afferrò
il polso dell’uomo e lo scaraventò in avanti
colpendolo con una ginocchiata al
mento, ma l’avversario sputando sangue gli
conficcò gli artigli nella gamba. La
katana gli tremò nella mano per il dolore ma
cercò comunque di colpirlo alla
schiena sfruttando la posizione piegate dell’altro, il quale
però diede uno
strattone e liberò gli artigli provocandogli otto lunghi
tagli e un dolore tale
che non ebbe la forza di far penetrare a fondo la lama nella schiena.
“Bastardo!”
ruggì allontanandolo con un calcio della gamba
sana; l’altra era ridotta in maniera pietosa: otto squarci
che perdevano sangue
copioso. Doveva muoversi e fermare le emorragie.
I
due si guardarono in cagnesco per alcuni attimi, riprendendo
fiato e cercando di snebbiare la mente dal dolore. Poi Amlach
gettò la katana a
terra e lo guardò con un ghignò derisorio.
“Ora
basta giocare cucciolo.” Pronunciò prima di
acquattarsi e
prorompere in un lungo ululato. Il corpo iniziò a mutare e
il pelo a crescere
fino che al posto di Amlach non ci fu un gigantesco lupo bipede dal
lungo e
folto pelo nero, gli artigli e le zanne affilate come sciabole. E gli
occhi,
gli occhi azzurri come il ghiaccio, freddi come la morte e sena alcuna
pietà.
L’altro
eseguì la trasformazione all’istante, divenendo un
grande lupo bipede grigio…ma non era alla sua altezza.
Neanche fisicamente.
Amlach
si slanciò contro l’avversario come un lampo,
tentacoli
di oscurità che dardeggiavano intorno a lui, e finirono
zampa contro zampa nel
cercare di sovrastare l’avversario; con un ululato si
avventò sul suo collo e
gli affondò le zanne nella carne dura ma ricca di sangue,
che caldo sgorgò
copioso. Il lupo grigio proruppe in un lamento straziante e
colpì con gli
artigli Amlach alla mascella, per poi scagliarlo via, ma lui si
portò via un
brandello abbondante di carne che ingurgitò famelico.
Ringhiando
e sanguinando si girarono attorno e scattarono di
nuovo l’uno contro l’altro; questa volta il nemico
attaccò la zampa posteriore
già martoriata e la morse con foga. Uggiolando Amlach lo
scalciò via colpendolo
al muso e poi lo sovrastò strappandogli a morsi
un’orecchia. I due lupi si
trovarono a rotolare avvinghiati nel sangue e nella polvere fino a che
Amlach
non riuscì a inchiodarlo a terra di peso.
Un
solo vittorioso ululato.
I
suoi artigli si piantarono nel cuore del lupo grigio e le sue
fauci squarciarono la sua gola.
Quando
si rialzò, di nuovo umano, era una maschera di sangue;
con gli occhi cercò Akiko ed ebbe un tremito di terrore nel
veder la bestia
gigantesca cadere a terra alzando un nugolo di polvere e al pensiero di
lei
schiacciata, ma poi la vide emergere viva e vittoriosa.
“Sarà
meglio pulirmi un attimo…” mormorò
dolorante scorgendo il
suo riflesso in una pozza di sangue.
Oh
quanto odiava quei due! Amane avrebbe preso le loro due
testoline identiche e le avrebbe schiantate tra loro! Una, due, tre
volte!
Finché non avesse visto il sangue colare dalle loro stupide
fronti.
“Non
ti muovere mi raccomando, rischi di farti male!”
ghignò il
gemello rosso guardandola sornione.
Ovviamente
la colpa di quella situazione era sua, ma questa
consapevolezza la faceva solo imbestialire di più. Quante
volte glielo aveva
detto Yelle di non combattere come un animale?! Tante. Quante volte
l’aveva
ascoltata? Poche.
Per
questo fantastico motivo ora lei si ritrovava appesa per un
piede a testa in giù da un gigantesco albero sconosciuto,
completamente
disarmata, inerme e tenuta d’occhio dal gemello col potere
delle illusioni che
tranquillo mangiava una mela seduto a terra, schernendola di tanto in
tanto.
Lui lo avrebbe massacrato per primo.
La
verità era che, circa venti minuti prima, quando si era
lanciata in un attacco a testa bassa dopo esser stata provocata, non si
era
accorta di dirigersi in una trappola: non appena era arrivata a sei
metri da
loro, dai sassi, che i due avevano sapientemente disposto sul terreno
senza farsi
notare, erano spuntati dei maledetti alberi che l’avevano
afferrata e
trascinata a tre metri da terra, dove il gemello biondo
l’aveva disarmata e
lasciata appesa, per poi darsi all’inseguimento di Yelle con
la sua spada.
Yelle, che era sicura che se l’avesse salvata
l’avrebbe poi uccisa per esser
stata così stupida.
“Non
mi uccidi?” chiese al ragazzo mentre gli andava il sangue
alla testa; l’interessato si limitò a colpirla in
fronte con il torsolo della
mela.
“Quando
Eon avrà preso anche l’altra.” Aggiunse
dopo un po’
sogghignando e guardando il cielo.
Nell’aria
fredda volteggiavano Yelle, ferita e sanguinante, e
Eon sul dorso di una grossa aquila, prima umile tronco, con la spada di
Amane
insanguinata.
“Arrenditi
elfo! La tua amica è già sotto la custodia di
Noe,
non hai speranze!” gli intimò ridendo prima di
spronare l’aquila e scagliarsi
ancora contro di lei, che scaricò due poderose folate di
vento e salì ancora
più in alto.
Quel
tizio non voleva arrendersi…se almeno fosse riuscita a
liberare Amane! Ma ogni volta che aveva distrutto l’albero
nella speranza che
riuscisse a mettere k.o. l’altro gemello, era pur sempre
maestra del combattimento
corpo a corpo, Noe la stordiva con un’illusione momentanea ma
potente e Eon
ricreava l’albero. Al sesto tentativo fallito aveva deciso di
provare a
concentrarsi solo sul suo avversario, ma non stava ottenendo grandi
risultati.
“Wind
Scar!” urlò nuovamente scagliando il suo attacco,
ma
l’aquila tagliò l’aria di lato
evitandole e fu costretta a spingersi in alto
per non finire tagliata a metà dalla spada.
“Dragon’s
wind!” ritentò col fiato pesante mentre il vortice
a
forma di drago cercava invano di chiudersi intorno
all’aquila. Era stanca.
Amane
guardò impotente la sua amica che senza accorgersene
perdeva quota dopo ogni attacco, per poi risalire di qualche metro
nell’evitare
le picchiate della bestia. Non potevano farcela così, ma non
potevano neanche
arrendersi. Doveva esserci qualcosa…qualunque cosa.
Lo
sguardo le cadde sul bracciale con la rosa nera.
Un
modo c’era. Pericoloso, ma c’era.
“Yelle
trattenne a stento un grido mentre il becco dell’aquila
le sfregiava il braccio e la allontano con un vortice dritto sul muso,
evitando
la spada che mirava alla gola.
“YELLE!”
l’urlo di Amane la raggiunse feroce e subito si
voltò
verso di lei, ancora appesa, “PIANO BLACK ROSE!”
continuò con un ghigno.
Yelle
scoppiò ridere mentre un’ondata di speranza la
investiva.
Ovviamente c’era la possibilità che per lei
finisse comunque male ma…meglio che
uccisa da quei due bastardi.
I
due gemelli si lanciarono uno sguardo confuso, ma non ebbero
tempo di far nulla che le due agirono.
Amane
improvvisamente chiuse gli occhi e si lasciò pendere
dalla corda senza divincolarsi.
Yelle
si lasciò cadere nel vuoto.
Eon
si lanciò al suo inseguimento mentre Neo balzava in piedi e
osservava la prigioniera guardingo.
Yelle
all’altezza di Amane cambiò improvvisamente
direzione,
riprendendo a volare, e si diresse verso di lei, ignorando il suo
inseguitore
sempre più vicino.
“Dancing
on the deserted land, echoing in the silent sky…”
iniziò a mormorare Amane a bassa voce, come una cantilena e
tese il braccio con
il braccialetto all’esterno.
Yelle
richiamò le ultime energie e si spinse avanti, non poteva
farsi prendere adesso. Le sue dita strinsero il bracciale con la rosa
nera e
sotto lo sguardo sorpreso degli altri due, strappandolo
sorpassò Amane
continuando a sfrecciare verso i boschi.
L’aquila
le afferrò col becco la caviglia.
Yelle
urlò precipitando a terra.
Amane
aprì gli occhi di colpo. Occhi neri. Completamente neri.
“…
CRY YOUR WRATH, LULLABY OF CHAOS!” urlò guardando
nel vuoto.
Per
un attimo il tempo si fermò.
Solo
silenzio.
Poi
dal corpo della ragazza eruppe un ondata nera che spazzò
via ogni cosa.
Ogni
albero si sgretolò all’istante, ogni fiore
marcì, ogni
sasso diventò polvere nell’arco di quindici metri.
Ogni
creatura vivente divenne cenere.
Amane
cadde a terra esausta mentre gli occhi le tornavano del
solito incantevole acquamarina.
“Yelle…Yelle…”
iniziò a mormorare mentre si alzava da terra
barcollante, guardando la desolazione intorno a sé. Terra
bruciata. Nera. Era
riuscita a contenersi un minimo e a ridurre il raggio di azione
ma…se lei non si
fosse allontanata abbastanza…
Cercando
di mantenersi calma per evitare di perdere il
controllo corse nella direzione in cui l’aveva vista volare.
“Yelle!
Yelle!” iniziò a chiamare inoltrandosi nel bosco
ancora
vivo e rigoglioso. Doveva essere lì.
Silenzio.
“YELLE!”
urlò ancora disperata, mentre il panico cominciava a
crescere e gli occhi a tornare neri. L’aveva uccisa.
L’aveva
disintegrata.
“Abbassa
la voce Amane, mi gira tutto!” la trillante e scocciata
voce di Yelle la salvò dall’oscurità e
veloce corse verso un cespuglio di more.
La trovò tra i rovi, la caviglia martoriata in maniera
raccapricciante, il
corpo pieno di tagli, le mani che stringevano il bracciale e la spada e
un
sorriso sul volto.
“È
andata bene direi!” proruppe trattenendo le lacrime per il
dolore, mentre Amane, ridendo la tirava fuori da lì e
l’adagiava nell’erba.
“Definisci
bene, per favore!” la rimbrottò amara guardando le
ferite dell’amica che le riallacciava il bracciale al polso.
“Non
sono morta.” Rispose lei alzando le spalle, “E tu
devi
soltanto ricreare l’arpa, dato che sono talmente brava da
aver strappato
all’idiota la spada prima che lo disintegrassi. Ammetto
però, mi sono salvata
per un pelo, lui è diventato cenere in un attimo sotto i
miei occhi.”
“Sei
pazza! Ma non sai che sollievo vederti viva e
chiacchierona come sempre.” le mormorò
abbracciandola, “E ora aspetta qui, vada
a cercare Tara!” le disse allacciando la spada alla schiena e
alzandosi.
“E
se sta ancora combattendo?” le chiese Yelle ficcandosi una
mora in bocca come consolazione.
“La
libererò dal problema!” ghignò Amane
prima di scattare via.
“È
la vecchiaia a rallentarti?” Sho schernì Greff
colpendolo
con un pugno coperto di magma e gli occhi fiammeggianti,
l’umo arretrò di
qualche passo ma resistette e dopo averlo afferrato per il polso lo
scaraventò
lontano con un calcio al ventre.
“I
mocciosi senza esperienza non dovrebbero parlare.”
Ghignò
mettendosi di nuovo in posizione di attacco, prima di caricare il
ragazzo che
atterrava in piedi e faceva esplodere intorno a sè altri due
sprazzi di lava.
Ormai
tutto il terreno intorno a loro era ridotto a un mare di
lava in cui galleggiavano zolle di terra e spuntoni di roccia; da
quando
Shoichi aveva deciso di scatenarsi si erano susseguiti eruzioni e
terremoti uno
dopo l’altro, ma l’avversario incredibilmente
resisteva. Era molto più agile di
ciò che si era aspettato e anche la sua lava sembrava non
disturbarlo troppo.
“Magma
Dragon Fist!” urlò il ragazzo caricando un altro
pugno
ricoperto di lava che si scontrò con quello di Greff; Sho
vide la mano
dell’avversario ustionarsi nonostante la protezione coriacea,
vide le vene del
braccio gonfiarsi per lo sforzo, ma non un gemito uscì dalle
sue labbra, non un
lampo di paura o dolore nei suoi occhi.
“Magma
Dragon Claws!” senza perdere tempo gli sferrò un
calcio
al viso, ma ancora l’uomo si protesse e ghignò.
“Tutto
qua?” gli chiese prima di tirargli una testata tanto
forte da fargli perdere per alcuni secondi la percezione della
realtà; subito
continuò a infierire con un pugno alle costole e un calcio
al fianco, finché Sho
non chiuse di scatto una mano e dal terreno sotto Greff
spuntò un gigantesco
spuntone di roccia; per evitarlo l’uomo fu costretto a
mollare il ragazzo e a
fare un salto all’indietro.
Shoichi
si pulì il sangue che gli colava dal naso e si
tastò le
costole: come minimo gliele aveva incrinate, niente male; gli scocciava
che ora
era costretto a finire in fretta il combattimento per farsi medicare,
si era
appena ripreso da ferite gravi, Ka-chan e Tara lo avrebbero ammazzato
se avesse
continuato a giocare mettendo a repentaglio la sua salute.
“È
stato divertente combattere con te vecchio, ma mi sembra
l’ora di farla finita.” Gli disse arrogante
stiracchiandosi e l’uomo scoppiò a
ridere.
“Fammi
vedere moccioso!” lo invitò prima di scagliarsi
contro
di lui e tentare di colpirlo con un pugno al viso, ma Shoichi, invece
di
difendersi e contrattaccare, lo evitò con un salto
all’indietro e si distanziò
da lui.
“Rock
Dragon Wings!” pronunciò aprendo le braccia e due
gigantesche pareti di pietra si innalzarono ai fianchi di Greff; poi
chiuse le
braccia con un movimento secco davanti a sé e le due pareti
si schiantarono
l’una contro l’altra.
Per
alcuni attimi ci fu un silenzio interrotto solo dal bollire
del magma, poi le due pareti iniziarono a creparsi e sgretolarsi.
“Ripeto:
tutto qui?” chiese tossendo Greff emergendo dai
residui di roccia, il corpo graffiato e sanguinante, ma lo sguardo
fiero.
Shoichi
fece un fischio di ammirazione e incrociò le braccia.
“Sei
niente male, vecchio. Se non fosse che vuoi farmi fuori,
non ti ucciderei.” Gli disse con un ghigno alzando le spalle,
prima di
inginocchiarsi e premere le mani a terra.
“Lo
prendo come un complimenti…Oni-Oji.” Lo
ringraziò l’altro
con un sorriso, spolverandosi le braccia.
Shoichi
lo guardò sorpreso, mentre la terra intorno a lui si
crepava.
“Sai
chi sono?” chiese divertito, ma anche preoccupato che lo
avesse riconosciuto.
“Sono
un veterano…ho visto tante cose, compreso il tuo potere.
E non riesco a capire cosa tu ci faccia qui.” Gli fece
presente mentre si
metteva in posizione di difesa.
“Per
soldi e…beh, ho fatto una promessa e ora devo difendere
una persona.” Rispose il biondo prima il terreno sotto di lui
si spaccasse e
erompesse un cono di lava impressionante.
Dal
cono, a velocità incredibile, scattò Shoichi: le
vene del
corpo rilucevano rosse come se loro stesse di magma, la pelle sembrava
a
scaglie rosse e tutti i suoi arti erano ricoperti di magma.
“Half
Magma Dragon Transformation!” urlò investendo
Greff con
una forza bestiale, “Secret Art of the Magma King
Dragon!” senza fermarsi iniziò
a bersagliarlo di una scarica di calci, pugni, ginocchiate e testate;
infine
gonfiò le guance e lo investi con un cono di magma, un
ruggito che rimbombò nel
cielo.
Shoichi
guardò l’uomo cadere a terra e cercò di
rallentare il
respiro; era sempre una tecnica faticosa. Ma se vinceva nel valeva la
pena.
Stava
già per andarsene, quando udì dei colpi di tosse.
Voltandosi
si ritrovò faccia a faccia con Greff e scioccato si
preparò a infierire, quando l’umo alzò
una mano in segno di resa.
“So
riconoscere una battaglia che non posso vincere…ti chiedo
solo di darmi una morte degna di onore. Sono stato un generale, mi sono
unito
alla gilda oscura solo per volere del re…voglio morire come
un soldato, con la
spada nel cuore, guardando il mio avversario negli occhi e sapendo che
ho perso
perché lui era più abile.” Gli chiese
drizzando la schiena e portandosi una
mano al cuore. Un uomo fiero, un generale vero, senza paura della morte.
Shoichi
sorrise e annuì, estraendo la sua spada in scaglie di
drago.
“Hai
la mia stima generale.” Rispose mentre l’uomo
annullava la
magia e la sua pelle tornava rosa e morbida.
Con
un solo, veloce ed indolore colpo lo trafisse al cuore.
L’uomo
cadde sereno in ginocchio e poi sulla terra.
Shoichi
gli chiuse gli occhi e si allontanò in silenzio.
Jin
e Fey erano ormai lontani dalla radura, presi in una loro
personale gara di velocità altamente distruttiva. Era
impossibile non capire
dov’erano passati: alberi fulminati e distrutti, il terreno
fumante solcato da
strisce nerastre…ma di certo la questione non li preoccupava.
Dovevano
stabilire chi era il più veloce, una questione
d’orgoglio per cui si scambiavano colpi su colpi. Nessuno
voleva cedere.
Jin
saltò un tronco e ruggì un cono di fulmini contro
l’avversario alla sua destra, che lo evitò
scivolando dietro un masso e
riprendendo a correre. Non avevano un obiettivo o una metà,
semplicemente
abbattere o superare l’altro, ma erano sempre pari. Avevano
tentato di
combattere ma Fey si limitava a schivare alla velocità della
luce e tentare di
colpirlo di tanto in tanto, tra l’annoiato e il superiore,
per cui Jin aveva
proposto la gara, lasciando Hiroshi al suo combattimento a mani nude
con la
tigre.
Fey
zigzagava tra gli alberi tenendo d’occhio Jin e al momento
propizio tentò di colpirlo con un calcio laterale al
ginocchio, ma il ragazzo
saltò in aria evitando il colpo e continuò a
sfrecciare ridotto a un fulmine
egli stesso.
“Cominci
ad avere il fiatone?” gli urlò il ragazzo ridendo
e
continuando a spingersi in avanti.
“Sogna
pure!” gli rispose Jin con mentre il cielo rombava,
“Che
ne dici se la finiamo? Voglio dimostrarti chi è il
più veloce!” aggiunse poi
attirando la sua attenzione e tentando un altro ruggito del drago del
fulmine.
“E
come vorresti fare?” chiese il ragazzo sarcastico evitandolo
per un pelo con uno scatto.
“A
quella parete rocciosa là in fondo, parte la vera gara:
vince chi torna prima alla radura!” spiegò Jin
concentrandosi; si era divertito
abbastanza, ora doveva tornare indietro a vedere come se la cavavano
gli altri,
in particolare Asuna, l’unica senza magia.
“Preparati
a mangiare la mia polvere!” accettò Fey con gli
occhi che scintillavano.
In
contemporanea raggiunsero la parete.
Per
non perdere tempo e velocità, la usarono per acquistare
maggiore slancio saltandoci incontro e ripartendo nella direzione
opposta.
Jin
evocò una pioggia di fulmini sul terreno circostante, ma
Fey riuscì a evitarli tutti rimediando solo qualche
bruciatura.
L’albino
approfittò di un ammasso roccioso per prendere la
rincorsa e superare con un salto Jin dall’alto.
Il
dragone ruggì e Fey fu costretto a deviare per non finire
carbonizzato, perdendo il vantaggio.
Due
chilometri.
Uno
fianco all’altro si precipitarono in una galleria
attraverso una caverna e continuarono a correre nel buio pece
illuminato a
intermittenza dalle scariche elettriche emesse da Jin.
Un
chilometro.
Gomito
e gomito sfiorarono la superfice argentata di un
laghetto e risalirono una cascata come se stessero correndo su una
collina.
Cinquecento
metri.
“Mi
spiace Fey.” Mormorò Jin e il ragazzo si
voltò a guardarlo
preso alla sprovvista e pronto ad un attacco, ma rimase a bocca aperta
nell’osservare gli occhi d’oro puro
dell’avversario.
“Thunder Dragon
Slayer Secret Art: Lightening ‘Fly!” L’intero
corpo di Jin venne avvolto da
fulmini dorati e per un attimo a Fey sembrò di veder
spuntare dalla sua schiena
due grosse ali da drago. Poi sparì.
Fey
continuò a correre e in meno di trenta secondi fu alla
radura.
Jin
era già lì, i vestiti carbonizzati, salvi solo i
pantaloni
interi fino al ginocchio e la maglia in mithril.
Fey
lo guardò stupefatto col fiatone e Jin gli puntò
la spada
contro.
“Ho
vinto.” Asserì con un sorriso vittorioso e per
alcuni
attimi i due si scrutarono.
“Hai
vinto.” Annuì alla fine ridendo guardandosi
intorno e,
sotto lo sguardo scioccato di Jin, iniziò a sfregarsi la
mano con la stella
nera, “Se non ti dispiace, invece che ingaggiare una lotta
all’ultimo sangue
con te, me ne andrei pacificamente. Se mi batti in velocità,
non ho molte
speranze in combattimento e sono piuttosto stanco…vi abbiamo
dato la caccia per
giorni. Inoltre gli altri stanno perdendo e questa non è la
mia guerra.” Gli
disse tranquillo per poi mostrargli il dorso della mano: la stella
sparita e
ora scintillava un lupo grigio stilizzato.
“La
Gilda Mercenaria Fenrir...” mormorò Jin abbassando
la spada.
“Non
mi pagano abbastanza per morire per questi
invasati…”
commentò l’albino alzando le spalle e scuotendo la
testa. Jin avrebbe aggiunto
qualcosa, se dal cielo non fosse caduta tra lui e il ragazzo la
gigantesca
tigre dai denti a sciabola con un tonfo assordante.
“Fey…”
ruggì dolorosamente quella barcollando nel tentativo di
alzarsi, il manto carbonizzato i più punti, mentre Hiroshi
raggiungeva Jin
cercando di capire cosa stesse succedendo. Aveva scagliato via il suo
nemico e
voleva finirlo, ma perché Jin se ne stava lì
pacifico a parlare?!
“Basta
Adras. Abbiamo perso, non vale la pena morire qui e abbiamo
già incassato i soldi per il lavoro. Se tutti sono come
loro, di certo non
rimarrà nessuno vivo per inseguirci.” Gli disse
dandogli qualche pacca sul
dorso e la tigre emise un basso brontolio, scocciato ma
d’assenso, alzandosi e
voltandosi.
“Ma
cosa…?” balbettò Hiroshi cecando di
seguirli, ma Jin lo
fermò mettendogli una mano sulla spalla.
“Alla
prossima Jin!” lo salutò con un gesto della mano
prima di
voltarsi e sparire nella vegetazione con Adras, lasciando Jin e Hiroshi
a
guardarsi perplessi e divertiti.
Asuna
aveva ormai raggiunto il limite della pazienza
consentitale.
Con
una parata laterale protesse il fianco e cercò di sfondare
la guardia avversaria.
Quello
stupido ragazzo non aveva fatto altro che ricordarle i
doveri di una guardia, di osservare quanto fosse patetica e soprattutto
dirle
come una donna non avesse possibilità come guardia,
criticando le sue capacità.
Lei non aveva risposto concentrata sul combattimento, ma non
significava che
non sentiva…
“Da
secoli inoltre le donne sono relegate ai lavori domestici
per ovvi motivi che…” continuò a
cianciare quello deviando la punta della lama
alla destra e balzando all’indietro.
“Basta!”
esplose Asuna con gli occhi che ardevano spostando il
peso sul piede sinistro e tentando un affondo laterale, ma il ragazzo
parò e
contrattaccò fulmineo squarciandole la divisa sul fianco.
Asuna
strinse i denti e colpì con forza la sua lama creandogli
un’apertura e ferendolo in profondità alla spalla.
Con quella ferita avrebbe
dovuto come minimo rallentarlo…
Il
ragazzo sogghignò e sistemò gli occhiali balzano
all’indietro; poi spostò la spada nella mano
sinistra.
“Ambidestro.”
Pronunciò con arroganza prima di lanciarsi di
nuovo all’attacco e incalzando la ragazza che rispondeva
colpo su colpo.
Tentò
nuovamente una stoccata ma il ragazzo si difese e
rimasero alcuni istanti a fare forza lama contro lama, incenerendo
l’avversario
con lo sguardo uno a pochi centimetri con l’altro.
Poi
ad Asuna balenò davanti il viso sorridente di Jin: “In uno scontro all’ultimo
sangue non puoi
combattere pulita come se fossi in un’accademia, il tuo
obiettivò è sopravvivere”
Senza
esitazione Asuna colpì allo stomaco il ragazzo con un
pugno deciso e poi alle tempie con l’elsa della spada; lo
stava disarmando
quando il ragazzo la fece cadere a terra con una spazzata improvvisa e
le puntò
rapido la lama alla gola.
“Se
giochi sporco, aspettati che il tuo avversario faccia lo
stesso…” le disse massaggiandosi la pancia
dolorante e tossendo qualche goccia
di sangue.
Asuna
si limitò a guardarlo con odio. Era in trappola.
“Ora…a
te la scelta” le propose sogghignando, “Puoi
arrenderti,
farti ammanettare e venire con me alla capitale per essere processata
per
esserti finta una guardia e alleata con dei malviventi. Oppure puoi
morire qui
come una cagna.” Le disse tracciandole un sottile taglio
sulla gola.
La
ragazza sorrise amara: era proprio un idiota se pensava che
i suoi compagni l’avrebbero lasciata viva fino al processo;
tanto valeva morire
con onore.
“Piuttosto
la morte.” Rispose con disprezzo sputando.
“Come
vuoi…” rispose con evidente gusto
l’altro alzando la
spada, pronto ad abbassarla e trafiggerla.
E
nel momento in cui la lama scintillava sopra di lei Asuna,
sentì un moto di adrenalina, di paura.
Non
voleva morire.
Non
ora.
Non
aveva concluso niente, non aveva mantenuto la sua promessa
e non aveva neanche ringraziato Jin per il suo aiuto con la spada. Che
cosa
stupida da pensare in quell’istante...ma le rodeva di non
avergli dimostrato di
esser migliorata.
Voleva
continuare quel viaggio.
Il
ragazzo abbassò la lama con ferocia e Asuna agì
d’istinto.
Le
sue mani si strinsero intorno al freddo acciaio e riuscirono
a fermare la punta a un centimetro dalla sua gola candida; il filo le
tagliava
le mani in profondità ma lei neanche se ne accorgeva,
concentrata su una sola
cosa: vivere.
Prima
che lui potesse reagire chiuse le gambe e lo colpì con
entrambi i piedi sull’elsa facendogli perdere la presa; di
ritorno lo colpì col
tacco sul cavallo dei pantaloni, facendolo piegare dal dolore
allucinante, e
sfruttando lo slancio si mise in ginocchio.
Lanciò
la spada che aveva tentato di trafiggerla e la riafferrò
per l’elsa; senza neanche pensarci lo infilzò
dritto nello stomaco.
Vide
i suoi occhi dilatarsi e il sangue colarle sulle mani.
Caldo e viscido.
Poi
tossendole sul viso altro sangue, si spense.
Il
peso del corpo del ragazzo che si accasciava su di lei fu
troppo e cadde a terra con il cadavere addosso, mentre la
consapevolezza di
averlo ucciso iniziava a farsi strada in lei. Aveva ucciso un ragazzo.
Con le
sue mani.
“Jin…”
iniziò a singhiozzare spaventata mentre lacrime cristalline
le scendevano lungo le guance e le mani le dolevano terribilmente,
senza forza
per muoversi.
Miel
estrasse affaticata la sua daga d’ombra dal bestione che
giaceva a terra.
“Dannazione
se erano forti…” mormorò barcollante e
cercando di
stimare l’entità dei danni: un lungo taglio sulla
gamba dov’era affondata una
delle falci prima che potesse spezzarle il manico, uno sullo stomaco,
una o più
costole incrinata dovute a dei maledetti calci che l’avevano
presa alla
sprovvista e la spalla sinistra slogata e che lei stessa aveva
sacrificato pur
di prenderlo di sorpresa e conficcargli la daga nel cuore.
“Era
il capo della spedizione, in teoria…”
Commentò Shorai
estraendo la lama celata dalla fronte della donna araba, “In
realtà era questa
cagna a comandare; lei era quella furba e manipolatrice, lui quello
stupido ma
violento.” Le spiegò tenendosi il braccio destro,
massacrato da numerose
escoriazioni dovute alle catene con cui aveva combattuto la donna in
rosso.
“Un
duo temibile eh?” sogghignò Miel chiedendosi come
facesse
l’amica a stare in piedi con una caviglia ridotta in
poltiglia per un tentativo
di difesa andato male.
“Puoi
dirlo forte! E spero non mi rimanga la cicatrice!” si
lamentò passandosi le dita guantata su un profondo sfregio
sulla fronte e che
continuava sulla testa.
“Non
se ti lasci curare da Tara…”la
rassicurò la bionda mentre
osservava Shorai che iniziava a frugare negli abiti dei cadaveri e li
spogliava
di qualsiasi oggetto di valore. Ecco come stava in piedi: il richiamo
dell’oro!
“Non
ti spiace se…?” le chiese fermandosi dalla sua
attività,
ma Miel scosse la testa, ben sapendo che era solo cortesia in nome
della loro
amicizia: non avrebbe permesso a nessuno di prendere questi piccoli
tesori e
probabilmente ora avrebbe fatto il giro anche di tutti gli altri
cadaveri.
“A
proposito” continuò l’assassina,
“Sono contenta di essermi
unita a voi, la mia fazione faceva schifo.”
Commentò pratica mentre Miel si
guardava intorno: tutti i suoi compagni erano massacrati, feriti,
grondanti di
sangue, loro e avversario, e molti non stavano neanche in piedi; Tara,
nonostante ferita, correva ovunque cercando di portare aiuto e aveva
organizzato un piccolo campo medico vicino a Rey, che
l’aiutava cercando ci
rimediare per esser stato inutile nel combattimento o curando ferite
lievi o
trascinando chi come Gigi o Yelle, non aveva le forze di stare in
piedi; in un
angolo Asuna era in piena crisi isterica tra le braccia di Jin, che
tentava di
consolarla e fasciarle le mani.
In
poche parole erano ridotti a degli stracci e sarebbero stati
k.o. per un bel po’ ma…erano vivi.
Avevano
vinto.
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