epilogo
Spaventato
all’idea di andare avanti,
desiderando
tornare indietro, quando
tutto
era molto più semplice per me.
Cercando
tutto ciò che ci siamo lasciati alle spalle,
come
fosse una risposta.
Una
clessidra che non possiamo riavvolgere.
Trattenendo
una vita che ho negato così a lungo.
Posso
trovare in te la mia strada?
E
dopo tutto ciò che abbiamo passato,
e
dopo tutto ciò che abbiamo lasciato in pezzi,
credo
ancora che le nostre vite stiano appena iniziando.
Perché
adesso il passato può essere superato.
E
adesso so che tu sei la ragione
per
cui credo che il meglio debba ancora iniziare.
The
best is yet to come – Red
Epilogo
"Spiegami
di nuovo come è successo".
Sebastian,
malgrado fosse imbacuccato per ripararsi dal freddo, il cui respiro
lievitava in una nuvola, si volse verso il giovane che lo
accompagnava. Doveva evidentemente avergli raccontato qualcosa di
particolarmente buffo, a giudicare da come il sorrisetto sferzante ne
faceva scintillare lo sguardo smeraldino, persino alla luce fioca dei
lampioni in strada.
L'altro
parve particolarmente risentirsi della richiesta, visto come
aggrottò
le sopracciglia (spesso più eloquenti del suo mutismo
difensivo) e
la mascella sembrò contrarsi.
Osservò
il loft illuminato dall'interno, con aria di evidente attesa.
"Ti
dispiace?”. Indicò la precipitazione di fiocchi di
neve che
stavano martoriando New York per le rigide temperature di
quell'inverno apparentemente infinito. “Forse non te ne sei
accorto, ma c'è una bufera in corso", aggiunse con
intonazione
ironica e polemica assieme.
Sebastian
si fermò con aria serafica, le braccia incrociate al petto,
con
evidente aria di sfida: non gli avrebbe concesso di entrare, fino a
quando non avrebbe adempiuto alla sua tirannica richiesta.
Hunter
sospirò con aria afflitta: lo conosceva fin troppo bene per
illudersi che si sarebbe lasciato dissuadere da qualche intento
caritatevole.
"Te
l'ho già raccontato tre volte", parve quasi supplicarlo.
Il
ghigno del proprietario del loft parve persino estendersi,
sbarrandogli l'ingresso: "Non smetterei mai di ascoltarlo".
L'amico
parve persino più stizzito, ma affondò le mani
nelle tasche della
giacca, quasi stesse cercando di ignorare il gelo e il disagio per
quella prolungata attesa. Si strinse nelle spalle, ma fu il suo turno
di sorridere con aria di sfida: "Solo perché credi che Kurt
ti
nasconda qualcosa e cerchi di svicolare su di me i tuoi problemi di
coppia".
Il
cipiglio di Sebastian non si scompose, ma gli rivolse un sorriso
persino più suadente, mentre, con flemmatica lentezza,
insinuava le
chiavi nella toppa e schiudeva l'uscio di pochissimi millimetri.
"Non
provocarmi: sai che non mi farei remore a lasciarti fuori".
Non
ci fu neppure bisogno di rispondere a quella constatazione fin troppo
realistica. Hunter fece un cenno d’assenso e
d’inequivocabile
resa, prima di sospirare e borbottare una rapida sequela di parole
che dovevano essere riassuntive del misfatto.
"Brittany,
chiavi, tombino, torcia, recupero chiavi, gatto malefico, sabbia per
gatti ed attesa”, recitò con la stessa passione
con cui avrebbe
enunciato i sintomi di un tumore in metastasi. “Contento?".
"Estasiato”,
ribatté l'altro che gli concesse un cenno con il capo,
perché si
avvicinasse. Parve tuttavia indugiare, prima di schiudere del tutto
l'uscio. Gli gettò un'occhiata sospettosa. “Per
quanto vorresti
fermarti
esattamente?".
Hunter
sollevò gli occhi al cielo: "Solo stanotte, per mia fortuna
e-".
Non
terminò la frase e le sue labbra s’incresparono di
un sorriso
piuttosto compiaciuto della propria mirabolante performance.
Nell'esatto
istante in cui aveva schiuso completamente l'uscio, un Sebastian
sorpreso aveva lasciato vagare lo sguardo sul soggiorno completamente
trasformato del proprio loft. Lo sguardo guizzò alla folla
sotto lo
striscione di congratulazioni per il conseguimento della sua laurea.
In
prima fila, con raggiante e un bicchiere di champagne tra le dita, vi
era il proprio ragazzo, ma lo sguardo guizzò da Burt Hummel,
Santana
Lopez, qualche collega della Columbia, fino a chi non si sarebbe mai
aspettato di vedere nel proprio appartamento.
"Mamma?".
La
donna gli sorrise, seguita dal padre, e gli si avvicinò per
cingerne
il collo e baciarne la guancia: "Congratulazioni tesoro,
sappiamo che hai voluto far tutto da solo e non potremmo essere
più
fieri di te”, lo lodò con un sorriso sincero.
Sebastian
stentava a ricordare l'ultima volta che l'aveva vista così
orgogliosa, persino quando la loro vita era a Parigi e il suo destino
sembrava già evidente. Ne ricambiò il bacio e si
lasciò stringere
brevemente dal padre.
“Non
lasciartelo scappare: adoro quel ragazzo", aggiunse la donna in
un sussurro più complice, alludendo a Kurt che si era
nuovamente
calato nel suo ruolo d’organizzatore. Lo osservò
stringere mani,
ringraziare ospiti e, al contempo, seguire con sguardo attento
l'operato dei camerieri che aveva ingaggiato per quella riunione
informale ma elegante.
“Per
tua informazione, ” ascoltò soltanto
distrattamente la voce di
Clarington, “era tutta una messa in scena”.
Agitò le chiavi di
casa e si allontanò per raggiungere il tavolo del buffet e
la
biondina che già stava cimentandosi nell'assaggio dei dolci.
Sebastian
lo ignorò, ma si mosse rapidamente, fino a raggiungere Kurt
che gli
rivolse un sorriso raggiante e, com’era prevedibile,
sfoggiava uno
smoking nuovo con tanto di cravatta e foulard abbinato.
"Tu",
commentò con aria accusatoria e scosse il capo, pur
osservandosi
attorno con reale curiosità, sorridendo distrattamente agli
ospiti
che sollevavano il bicchiere in sua direzione.
Non
sembrava esserci bisogno di esprimergli il proprio disappunto, o
comunque il suo ragazzo non sembrava farci particolarmente caso. Non
in quel momento. Reclinò il capo e si sollevò
sulle punte a
baciarne la guancia, gesto che gli fece ulteriormente aggrottare le
sopracciglia.
"Non
si consegue una laurea con il massimo dei voti tutti i giorni",
si strinse nelle spalle, ma nello sguardo era palese, ancora una
volta, quanto ne fosse fiero.
Fu
forse ciò a farne attenuare il cipiglio di Sebastian, ma
affondò le
mani nelle tasche: “Lo sai che odio le feste”, gli
ricordò, ma
gli concesse quel sorriso più suadente, coronato dallo
scintillio
più malizioso dello sguardo, chinandosi al suo orecchio.
“Me la
pagherai e sto già immaginando come”.
Sorrise
nell'osservare il colorito rosato che sfiorò le gote di Kurt
(in
segreto sperava che non avrebbe mai perso quella sfaccettatura di
riservatezza), ma quest'ultimo sospirò e gli
appoggiò la mano sulla
spalla.
"Ne
riparleremo, ma non con gli ospiti che vogliono
congratularsi”,
alluse alla camera da letto con un cenno del capo. “Vatti a
cambiare, ti ho lasciato uno smoking sul letto".
Ma
Sebastian indugiò di fronte a lui, cingendone il fianco con
una
certa decisione, chinandosi nuovamente verso il suo viso, sussurrando
a fior di labbra: "Vuoi venire ad aiutarmi?".
Scrutò
quegli occhi di zaffiro e si compiacque dello scintillio e
dell'aspettativa che vi lesse, ma Kurt si scostò
gentilmente, come a
volersi sottrarre dalla sua abilità nel soggiogarlo.
"Citando
qualcuno di nostra conoscenza”, si schiarì la voce
per riprendere
un po' di contegno e dondolò le spalle, malgrado si
preparasse a
ripeterne una citazione piuttosto esplicita. “E'
più gratificante
toglierli i vestiti".
Sebastian
corrugò le sopracciglia, ma gli rubò un lieve
bacio e si scansò
rapidamente, prima di raggiungere la camera da letto.
Lasciò
correre lo sguardo sulla stanza: un vago sorriso nell'occhieggiare il
letto matrimoniale al centro della stessa, la cabina armadio che
avevano installato per consentire a Kurt di collezionare tutti i suoi
outfit (compresi quelli di discutibile gusto) e quell'aroma che
sembrava aleggiare come un dolce presagio. Un misto di vaniglia e
della propria eau de toilette preferita.
Seppur
per molti versi non si sentisse cambiato, era suggestivo come anche
la semplice disposizione dei mobili (secondo il feng- qualcosa di
inutile – shui da cui Kurt era ossessionato) poteva essere
testimone di una nuova fase della sua vita.
"Come
si presume che io possa studiare, se continui a folleggiare?".
Sollevò
appena lo sguardo dal proprio manuale, abbandonando l'evidenziatore
con cui avrebbe tratteggiato le parole salienti per la comprensione
del paragrafo e per facilitare la propria memoria fotografica.
Seguì
con lo sguardo i movimenti di Kurt che, in preda al suo frenetico
borbottio (brutta abitudine quella di parlare tra sé e
sé)
continuava ad estrarre scatoloni dall'armadio, riversandone il
contenuto sul letto e prendendo nota su una delle sue infinite liste,
tratte dai block notes che erano sparsi un po' ovunque.
"Forza
di volontà”, gli rispose distrattamente,
valutando, una per una,
le palle decorative, scartandone alcune. Gli volse appena lo sguardo,
il cipiglio più polemico: “ E poi sapevi che oggi
avremmo dovuto
preparare l'albero: avresti dovuto studiare questa mattina,
così da
potermi aiutare".
Sebastian
non parve prendersela. Indugiò con lo sguardo a studiarne la
silhouette, un vago sorriso e il volto inclinato di un lato. Si
dondolò sulle gambe posteriori della sedia per guardarlo
meglio.
"Eppure
non mi sembra che ti sia dispiaciuto restare sotto le coperte fino
all'ora di pranzo”, sussurrò con intonazione
volutamente lasciva.
“Al calduccio, vicini vicini”, soggiunse senza
distogliere lo
sguardo.
"Touché",
sospirò in risposta, abbandonando per un attimo la propria
lista.
Con un vago sospiro, gli si avvicinò: "Come va?", lo cinse
da dietro, baciandone la guancia.
Sebastian
sorrise con aria soddisfatta, reclinando appena il capo per
scrutarlo, sollevando una mano ad adagiarla sulla sua nuca, come ad
incoraggiarlo a serbare a quella piacevole vicinanza.
"Mhm,
stai per propormi una pausa?", gli domandò.
"Affatto”,
rispose l'altro in tono limpido e, con disappunto del suo ragazzo, si
scostò per appoggiarsi alla scrivania e guardarlo in viso.
Sospirò.
“Non voglio finire senza di te: sarà il nostro
primo Natale”.
Persino lo sguardo, in quel momento, sembrò volerlo
impietosire e
farlo sentire in colpa.
"Il
terzo vorrai dire", rispose distrattamente, suo malgrado
sorridendo per come l'altro sembrasse già in procinto di
creare una
loro nuova tradizione. Dimostrazione di quanto le festività
stessero
divenendo persino più importanti, in virtù della
loro unione.
"Come
coppia”, specificò Kurt. “Sai cosa
intendo", parve
supplicarlo.
Sebastian
allungò il braccio a sfiorarne distrattamente il ginocchio,
osservandolo di sotto in su, un nuovo sorriso a serpeggiare sulle sue
labbra: "Metterai il tuo costume da elfo?”, lo
incalzò,
lambendosi le labbra.
L'altro
sbuffò, scuotendo il capo: "L'ho gettato, due anni fa".
Il
sorriso parve persino estendersi, mentre continuava a sfiorare quella
porzione di gamba: "Potrei averlo recuperato".
Kurt
sgranò gli occhi, evidentemente sorpreso, ma, grazie al suo
spirito
da inguaribile romantico, parve trovare particolarmente eloquente
persino quella confessione, tanto da sporgersi al suo viso.
"Sei
romanticamente depravato", finse di rimproverarlo.
"Sono
unico nel mio genere", rimarcò con aria compiaciuta.
"Vorrà
dire che dovrò aiutarti per concludere prima", si
scostò a
pochi centimetri dal suo viso, per prendere un'altra sedia.
Sebastian
lo scrutò di sottecchi, un guizzo più dolce nello
sguardo, ma
commentò con l'usuale malizia: "Mhm, non riesci davvero a
starmi lontano".
Kurt
lo ignorò, prese il suo manuale e girò qualche
pagina all'indietro,
prima di illuminarsi:
"La
sentenza Marbury
contro Madison,
inizia".
Osservò
il proprio riflesso con aria soddisfatta, lisciando la cravatta,
prima di sollevare il bavero della camicia per poterla allacciare.
Fu
in quel momento che sentì la porta della camera schiudersi e
sorrise
piuttosto soddisfatto: aveva volutamente indugiato più del
dovuto,
consapevole che la mania di controllo di Kurt lo avrebbe indotto a
raggiungerlo.
"Sapevo
che non avresti resistito", commentò senza neppure voltarsi.
"Non
sembri affatto cambiato".
Sebastian
s’irrigidì istintivamente, come se fosse stato
colpito alle
spalle: un'improvvisa aritmia ne tradì la sorpresa e la
confusione,
mentre abbassava le mani dalla propria camicia.
Molto
lentamente, malgrado ne avesse riconosciuto la voce, si
voltò per
incontrarne lo sguardo, quasi avesse bisogno dell'ulteriore
sollecitazione della propria vista per dirsi che non stesse realmente
sognando.
"O
meglio”, commentò la giovane, avvicinandosi con un
sorriso
incerto. “E' bello vedere chi sei davvero, Sébastien".
"Séline”,
sussurrò senza fiato.
Indugiò
nell'osservarne l'esile figurina che, per molto tempo, aveva cercato
di isolare in un angolo della propria mente, vittima di un oblio che
sembrava tuttavia incapace di permettergli di perdonarsi. Ebbe quasi
l'impressione che la sua stessa vita, in quel momento, fosse
sdoppiata tra gli anni trascorsi a Parigi e l'arrivo a New York,
l'inizio di una nuova vita con Kurt.
La
stessa bellezza evidente, gli stessi lineamenti delicati e lo sguardo
limpido il cui giudizio era ancora capace di farlo sentire sporco.
Ma, al contempo, sembrava avere trovato una nuova serenità,
a
giudicare dal modo affettuoso con cui il suo sguardo indugiava sulla
propria figura, come se effettivamente ne avesse sentito la mancanza
e fosse felice di trovarselo di fronte.
“Cosa...
cosa ci fai qui?”, si sentì chiedere con voce che
a stento
riconobbe come la propria.
Gli
sorrise, quasi a mo' di silenziosa rassicurazione, prima di fare un
cenno del capo verso il soggiorno: "Il tuo fiancé
è un tipo
piuttosto testardo”, gli disse in tono scherzoso, prima di
farsi
nuovamente seria. Sospirò e lo osservò a lungo,
con la sua stessa
curiosità e, al contempo, il rimpianto per le circostanze
dolorose
della loro separazione.
“So
che gli hai raccontato tutto di noi e quanto tu ti sia
pentito”,
sussurrò quasi a mo' di scuse, all'idea di essergli stata
fonte di
tormento. “Ma so anche che hai iniziato una nuova vita con
successo”, continuò con un sorriso di reale
comprensione.
Sebastian
affondò le mani nelle tasche, continuando ad osservarla e
cercando
di cacciare le immagini del loro ultimo colloquio. Aggrottò
le
sopracciglia, quasi a volersi nuovamente difendere da una sua
intrusione nei propri pensieri e in quella nuova fase della propria
vita. Dopo di lei.
"E
sei venuta fin qui per dirmelo?".
Ma
la giovane lo aveva conosciuto abbastanza da non indignarsi per
quell'apparente formalità e il modo in cui sembrò
voler dissimulare
le sue emozioni. Inclinò il viso di un lato e scosse il capo.
"Sono
venuta a vedere il mio amico: il bambino che ho visto diventare un
adolescente confuso, in cerca di risposte e che io non sono stata in
grado di aiutare, né come amica, né come
fidanzata”, sussurrò e
la sua voce parve incrinarsi per la prima volta. Si scostò
una
ciocca di capelli dal viso, con un gesto nervoso, ma gli sorrise.
“Ma
sono felice di vedere un giovane uomo che ha trovato quello che
cercava e non si nasconde più da se stesso".
Quasi
a mo' di richiesta, allungò una mano in sua direzione: una
promessa
e, al contempo, una richiesta di rappacificazione.
Sebastian
rilasciò il respiro e, quasi con nuovo slancio, si mosse in
sua
direzione a stringerne la mano, quasi quel contatto riuscisse
nuovamente a stabilire quella sintonia che per tanto tempo li aveva
uniti. Quasi riuscisse, finalmente, a lasciare andare quella parte di
sé e concedersi tardivamente un perdono disperato.
"Vorrei
non averti mai fatto quello che ho fatto”,
sussurrò, guardandola
dritto negli occhi.
"Lo
so", gli sorrise dolcemente ed annuì con fermezza,
stringendone
la mano con più energia. "Ma non volevamo capire che non
potevi
esser mio", aggiunse e Sebastian annuì.
Soltanto
in quel momento, un vago sorriso ironico, realizzò quanto
lui stesso
avesse vissuto un'illusione, simile e al contempo diversa, da quella
che aveva esasperato il rapporto tra Kurt e Blaine. Un modo
spasmodico di aggrapparsi a qualcosa che si riteneva (o si era
ritenuto) reale, pur di non affrontare l'idea di un'inevitabile
solitudine.
"Vorrei
non averlo capito in quel modo”.
Séline
annuì, ma assunse la stessa espressione dispiaciuta. "E io
vorrei non aver mai pronunciato quelle parole: non mi sarei mai
perdonata se ti avessi fatto perdere l'amore della tua vita”,
commentò in tono contrito ed eloquente del proprio
pentimento e del
proprio senso di colpa.
Sebastian
aggrottò le sopracciglia e si schiarì la gola,
vagamente a disagio:
"Quanto avete parlato tu e Kurt?".
La
giovane ridacchiò: "Abbastanza da sapere che finalmente sei
felice".
Lui
annuì, ricambiandone il sorriso: "Lo sono”,
ammise, prima di
continuare a scrutarla, come a voler memorizzare quel momento, per
riuscire a dare un nuovo significato ai tormenti del suo passato.
“Perdonami", sussurrò dopo un lungo istante di
silenzio.
"L'ho
già fatto”, sussurrò e Sebastian le
credette senza esitazioni e
non per il mero bisogno di sentirsi sgravare la coscienza da quella
colpa. “Ma la cosa più importante è che
tu abbia perdonato te
stesso e che tu possa vivere la tua vita con Kurt", parve
ammonirlo dolcemente.
Il
sorriso di Sebastian parve persino estendersi e lo scintillio dello
sguardo fu più limpido che mai nell'osservarla, per la prima
volta
senza timore che ella potesse realmente comprenderne i sentimenti.
"Lo
farò".
Si
riscossero entrambi, quando la porta si schiuse e Kurt apparve sulla
soglia: guardò dall'uno all'altro con aria evidentemente
ansiosa, ma
parve rilassarsi nel notare il sorriso ironico sulle labbra di
Sebastian.
“Scusate
se vi interrompo”, sussurrò. “Ma gli
invitati stanno reclamando
il festeggiato: Séline, saremmo lieti di intrattenerti
ancora un
po'”.
“Merci”,
gli sorrise la giovane che, dopo un ultimo sguardo all'amico di
infanzia, si allontanò discretamente.
“Andiamo?”,
lo incalzò nuovamente Kurt che sembrò osservarlo
con persino più
attenzione del solito.
Sebastian
sorrise ed annuì ma, prima che potesse allontanarsi, lo
cinse da
dietro e ne baciò languidamente il collo, inspirandone il
profumo.
Indugiò vicino al suo orecchio:"Puoi ammetterlo che ti
preoccupava sapermi con la mia ex, nella nostra camera da
letto”,
sussurrò in tono provocante. “Ed io,
più sexy che mai".
"Certo
che no”, ribatté in tono indignato, suo malgrado
indugiando nella
sua morsa. Ma allo sguardo eloquente del proprio ragazzo,
sospirò e
scosse il capo. “D'accordo, devo ammettere che se fosse stata
una
racchia, allora la mia autostima sarebbe-".
Non
finì la frase perché Sebastian lo avvinse a
sé e ne rubò un altro
rapido bacio.
"Andiamo”,
ne cinse la mano con decisione e un sorriso diabolico gli
curvò le
labbra.
“Devo
criticare la festa a sorpresa che mi hai organizzato e assicurarmi
che SfinterHunter perda davvero
le sue chiavi di casa".
~
"Kurt?".
Controllò
l'orologio: il giovane stava impiegando persino più tempo
del
solito, il che poteva essere indice di un'imminente crisi di panico.
Accostò l'orecchio alla superficie dell'uscio e
batté le nocche per
attirarne l'attenzione, sorridendo vagamente divertito al sentire il
trambusto all'interno. Immaginò che, per il tremolio alle
dita o per
il suo richiamo, avesse appena rovesciato le confezioni di prodotti
per la pelle che usava quotidianamente.
“Faremo
tardi”, rincarò la dose con un vago sospiro,
lisciandosi la
camicia.
"Credo
di star per vomitare", gli giunse la sua voce sofferente ed
immaginò un colorito cinereo sul volto.
Sollevò
appena gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto e fissando
il soffitto: se era vero che stava per dare di stomaco, quello
sarebbe stato un buon esempio di infrazione del codice di assistenza
di coppia. "Se fossi stata una Kate, sarebbe stato
preoccupante", commentò in tono leggero.
"Dico
sul serio", mugugnò l'altro con voce effettivamente rauca.
"Anche
io”, rispose con un vago verso di divertimento.
“Non sono pronto
per una mini-te".
Fu
lieto che la porta gli celasse il sorriso che gli aveva increspato il
viso al pensiero di una sua miniatura, coi capelli boccolati, gli
occhioni blu e quelle sue buffe maniere più teatrali.
"Io
non esco!”, ripeté Kurt con voce incrinata, come
se stesse
realmente per mettersi a piangere, tanto da indurlo a scostarsi dalla
porta e abbassare inutilmente la maniglia, appurando che si chiuso
dentro.
"Kurt",
lo richiamò a mo' di avvertimento.
"Sarà
un disastro, già lo so!”, la
sua voce si fece
fastidiosamente stridula.
“Deluderò
tutti: Isabelle e tutto il suo staff, mio padre, Santana (e lei mi
ucciderà! Le avevo promesso abiti prémaman
ispirati a lei), Rachel,
Tiffany, forse anche Brittany perché non ho creato una
sezione per
le ballerine, e poi te!”,
terminò l'elenco con una nota persino più acuta
della voce.
Aggrottò
le sopracciglia, come se potesse vederlo, malgrado la porta a
dividerli: "E' così bello sapere di essere l'ultimo della
tua
lista, tesoro”.
"Non
posso", gemette l'altro, senza neppure ascoltarlo.
"Kurt,
apri la porta o giuro che la sfondo”.
“Ma
è di massello!”, gemette con voce persino
più indignata. Curioso
come riuscisse a concentrarsi su certi dettagli persino in un momento
di profonda crisi mistica.
“3...2...”.
Ne
sentì lo scalpiccio dei passi e la chiave girò
nella toppa e,
finalmente, schiuse l'uscio.
Nonostante
il pallore evidente, era perfettamente vestito e più
elegante che
mai, come ben si conveniva ad un'occasione così importante.
"Credevo
avessimo detto di non usare più le chiavi", gli fece
presente,
ma si affrettò a cingerlo, così da attirarlo a
sé e assicurarsi
che non si chiudesse di nuovo dentro, con quel fare da diva isterica.
"Non
mi lasci mai finire una pulizia”, fu la debole protesta, ma
parve
trovare conforto in quell'abbraccio: quasi soltanto la sua presenza
fosse in grado di calmarne l'agitazione e porre in secondo piano i
suoi dubbi e timori.
Sorrise
in risposta, l'aria maliziosa, mentre si chinava a baciarne la
guancia, per poi sussurrare all'orecchio: "Ho di meglio da fare
con te, in un bagno".
Lo
scrutò con evidente soddisfazione, prima di stringerne le
spalle,
inducendolo ad osservarlo dritto negli occhi: "E' la tua
giornata, Kurt, e non ti permetterò di rovinare tutto per le
tue
inutili paranoie", pronunciò con voce determinata,
osservandolo
attentamente.
Kurt
sbuffò, scuotendo il capo con un vago cenno, a simulare
indifferenza: "Oh, non occorre: di sicuro nessuno comprerà
nulla e andrò in bancarotta ancora prima di concludere il
primo
mese".
Sebastian
sorrise, quasi divertito da quell'atteggiamento disfattista, ma si
strinse nelle spalle: "Comprerò tutto sotto falsi pseudonimi
e
tu mi rimborserai in
natura,
se necessario", lo rassicurò, ma, a dispetto di quelle
parole,
ne carezzò la schiena, quasi a tranquillizzarlo.
L'altro
sospirò, ma scosse il capo: "Sono serio".
"Anche
io", sorrise in risposta. Ne cinse poi il viso, per osservarlo
attentamente, cercando di imprimergli i propri pensieri.
"Andrà
tutto bene: so quanto impegno ci hai messo", commentò con
voce
rassicurante che parve, finalmente, affievolirne l'agitazione.
"E
se dovesse andar male?".
“Non
sarà così”.
Ma
prima che potesse protestare, aggiunse: “Troveremo qualcosa
di
nuovo per te. Io, ad esempio, ho sempre sognato di avere un autista
personale”. Rise della pacca indignata con cui lo
colpì, ma parve
aver stuzzicato abbastanza il suo orgoglio per fargli assumere una
postura più tronfia.
"Ora
firma qui, qui e qui". Isabelle gli indicò i punti con
l'unghia
smaltata e un sorriso orgoglioso, porgendogli la penna. Aveva
l'espressione di chi era già consapevole che il giovane di
fronte a
lei fosse destinato ad un futuro brillante, almeno quanto le sue idee
innovative ed originali.
Kurt
era visibilmente emozionato: rimirò le pagine compilate
fitte fitte,
stappando la penna stilografica con la mano tremante.
"Un
attimo", lo interruppe Sebastian, seduto al suo fianco, prima
che potesse apporre una firma. Posò una mano sul fogli,
quasi a
coprirgli la visuale, suscitandogli uno sguardo spazientito.
"Hai
già mostrato il contratto al tuo tutor del tirocinio,
comprese le
clausole", gli fece presente, evidentemente in attesa febbrile
di stilare quella
firma che avrebbe cambiato la sua vita e dato realizzazione ad uno
dei suoi sogni più ambiziosi. Si volse a Isabelle con un
sorriso
accattivante. "Scusalo, deformazione quasi professionale".
"Non
è questo, idiota".
Inarcò
le sopracciglia e si volse ad osservarlo:"Allora?".
Il
sorriso divertito lasciò spazio ad uno più dolce
e si sporse al suo
volto, cingendone il volto e osservandolo dritto negli occhi. "Sono
fiero di te", sussurrò sulle sue labbra, prima di sfiorarle
con
un bacio, quasi a voler marchiare quel momento fondamentale della sua
carriera.
Isabelle
si schiarì la gola e Kurt, le guance più rosate,
firmò con un
sorriso raggiante, la mano libera intrecciata a quella di Sebastian.
"Mi
sembra che nessuno sia ancora scappato", lo canzonò,
guardandosi attorno.
Erano
circondati dal brusio animato e da una colorata folla di potenziali
clienti che stava aggirandosi nell'atelier, con una foga simile a
quella del Black
Friday.
Porse a lui e Isabelle due calici di champagne, facendo cozzare il
proprio con il loro e alludendo all'amico barista con uno scuotimento
del capo.
“Qualcuno
è in vacanza”, sottolineò in tono
sprezzante, quasi quella
qualifica lo identificasse anche fuori dal Penguin Pub.
"Lasciagli
tregua”, lo rimproverò Kurt dolcemente, per poi
sporgere il collo,
per spiare il reparto in cui si trovava. “Spero che scelga il
cappotto a doppio petto, sarebbe perfetto per lui", aggiunse in
tono trepidante.
Sebastian
gli lanciò un'occhiata di sbieco: "Lo stai davvero
guardando?".
"Deformazione
professionale", si affrettò a rispondere, guardandolo con
aria
quasi oltraggiata dal solo dubbio.
"Congratulazioni,
Kurt”, Isabelle lo abbracciò per l'ennesima volta.
“Sono sicura
che la Dream
Dress sarà
presto la boutique più famosa di New York e farò
in modo che
Vogue.Com ti dedichi sempre un servizio", aggiunse con una
strizzatina d'occhi.
Il
giovane stilista parve persino più commosso nello stringerne
le
mani: "Grazie di aver creduto in me", la congedò con un
sorriso, per poi guardarsi nuovamente attorno, probabilmente ancora
cercando di convincersi che fosse tutto reale.
Ben
lungi dallo scegliere un cappotto per sé e di essere oggetto
della
loro attenzione, Hunter Clarington osservò la biondina
avventurarsi
tra i vestiti con espressione entusiasta. “Rosa, azzurro,
giallo,
non so quale scegliere: sono tutti troppo belli. Li prendo tutti e
tre!”, sentenziò infine.
Il
ragazzo distolse lo sguardo dal maglione che stava osservando,
sorridendole: “Diventerai la sua cliente preferita”.
“Questo
piacerebbe tanto a Santana”, commentò
improvvisamente, alludendo
ad un bel vestito rosso che n’avrebbe messo in risalto la
fisicità
formosa. Fece poi una smorfia. “Certo, se non fosse così
ingrassata,
da quando lavora al suo
album”, aggiunse a bassa voce.
Hunter
inarcò le sopracciglia osservando la neosignora Evans il cui
ventre
ricurvo era sintomo di ben altro tipo di rotondità. Scosse
il capo e
si chinò verso la giovane per baciarne la tempia, come se
soltanto
in quel momento realizzasse quanto intenso fosse il sentimento che lo
legava a lei.
"Allora,
hai qualcosa da consigliarmi e che tu possa sfilarmi facilmente?",
lo incalzò Sebastian, appena ebbe finito di bere il proprio
drink,
riscuotendolo dalle sue riflessioni.
Prima
che potesse rispondere, tuttavia, sentì un tocco leggero
sulla
spalla e si volse: sgranò gli occhi alla vista del giovane e
del suo
sorriso radioso a farne scintillare gli occhi ambrati.
"Blaine!".
"Ciao
Kurt”, lo salutò con un sorriso caloroso.
“ Spero tu abbia
disegnato una collezione di papillon”, commentò in
tono scherzoso.
Sebastian
li scrutò con la coda dell'occhio, storcendo appena il naso
all'allusione: "Nei miei incubi peggiori", rispose, senza
neppure curarsi di abbassare la voce.
Blaine
sorrise quasi con aria stoica, rivolgendogli un cenno del capo:
“Sebastian”.
"E'
un piacere rivederti, Blaine", commentò Kurt con un sorriso
altrettanto sincero che sembrò ulteriormente far dardeggiare
lo
sguardo dell'altro, quasi una rassicurazione che non vi fosse alcun
rancore o biasimo in sospeso tra loro.
"Abbiamo
pensato di venire a dare un'occhiata", si schermì.
"Oh”,
l'espressione di Kurt si fece più curiosa. “Tu
e...?".
Sebastian
inarcò le sopracciglia con aria realmente sorpresa nel
riconoscere
lo spogliarellista che aveva ingaggiato tre anni prima: questo
sì
che era un colpo di scena davvero non da poco, dovette ammettere. Un
certo Kyle.... qualcosa.
Quasi
avesse percepito i loro pensieri, si era avvicinato con quel
sorrisetto cordiale, ma lo scintillio suadente negli occhi azzurri,
premunendosi di fermarsi al fianco di Blaine.
"Kurt,
ti presento Kyle", lo introdusse Blaine.
Sebastian
notò come lo spogliarellista stesse scrutando il proprio
ragazzo,
almeno con la stessa attenzione che lui aveva riservato alla Mezza
SegAnderson la prima volta che si erano incontrati. La stessa
curiosità di conoscere l'altro.
Kurt
allungò la mano con un sorriso: "E' un piacere, Kyle, grazie
di
essere venuto".
Kyle
ne ricambiò la stretta, un sorriso obliquo, ma
lasciò vagare lo
sguardo su qualche scaffale: "Belle quelle camicie",
commentò a mo' di apprezzamento.
“Ti
ringrazio”, squittì Kurt che dondolò le
spalle con un sorriso
lusingato, prima di indicare il giovane al proprio fianco.
“Questo
è Sebastian”, aggiunse senza conoscere i trascorsi
tra i due.
Sebastian
dovette riconoscere al ragazzo delle ottime doti teatrali: il suo
viso non lasciò affatto trasparire la sorpresa, ma
riuscì
perfettamente a fingere di incontrarlo per la prima volta. Gli porse
la mano che Sebastian strinse con non chalance. “Sei inglese,
vero?”, gli domandò in tono provocante.
“Ottimo
orecchio”, gli rispose distrattamente.
"E
come vi siete conosciuti?", domandò con aria sorniona, come
fosse realmente interessato, ignorando l'occhiata sospettosa di Kurt.
Blaine,
come prevedibile, tradì una lieve agitazione, ma si
limitò a
scrollare le spalle e sorridere con aria accattivante: "Oh,
è
una lunga storia"
"Sembrate
molto affiatati, tu e la Mezza SegAnderson", Sebastian si
rivolse direttamente al nuovo arrivato, incrociando le braccia al
petto e torreggiandolo con aria arrogante.
"Mezza?",
domandò Kyle con aria sorniona, sollevando le sopracciglia e
rivelando un sorriso altrettanto sicuro di sé e sfrontato.
Per nulla
intimorito da quel tentativo di metterlo in difficoltà. Al
contrario, gettò un'occhiata d’evidente
apprezzamento al proprio
ragazzo e si lambì le labbra: "Si vede che non ti conosce
quanto me",
gli disse con voce abbastanza alta perché gli altri due
potessero
udirlo.
Quest'ultimo
parve doversi sforzare di nascondere un sorriso, scuotendo appena il
capo, mentre Sebastian li guardava tra l'incredulo e lo sgomento.
“Oddio,
si è innamorato di me”,
convenne guardando dall'uno all'altro, riconoscendo nello
spogliarellista una sfacciataggine simile alla propria.
Kurt
gli lanciò un'altra occhiata incredula, ma scosse il capo e
si
rivolse nuovamente alla coppia: “Sì, sono curioso
anche io. Come
vi siete incontrati?”.
Kyle
parve doversi sforzare di rivolgere nuovamente attenzione al ragazzo
che aveva di fronte: un sorriso felino gli increspò le
labbra e
Sebastian si finse particolarmente interessato dall'aneddoto.
"Me
lo sono ritrovato in camerino, dopo un mio spettacolo”, si
schermì
con aria piuttosto compiaciuta di sé, sorridendo al ricordo.
“Come
un fan stalker”, precisò con voce più
maliziosa.
"Aspetta,
ecco dove ti
ho visto!”, parve illuminarsi Kurt, sotto lo sguardo
sconcertato
degli altri tre. “Ho subito pensato che avessi un viso
familiare".
Sebastian
lo guardò quasi con aria oltraggiata: "Sei andato in cerca
di
uno spogl-"
"Hai
lavorato con Rachel in Funny
Girl!",
lo interruppe Kurt.
Se
fosse o meno sollevato, Kyle non lo diede a vedere ma, al nome della
collega, sorrise ed annuì, passandosi una mano tra i capelli
scombinati, come se il ricordo destasse qualche tragico aneddoto di
una difficile collaborazione. "Rachel Berry, sì, chi
potrebbe
dimenticarla?”.
“Ero
andato per fare una sorpresa a Rachel”, aggiunse Blaine che
sembrò
aver recuperato colore ed uso della parola. “E mi sono
ritrovato
nel suo camerino per fargli i complimenti”.
“Lo
dice sempre come se fosse stato un errore”, lo
canzonò Kyle con
uno scintillio malizioso nello sguardo azzurro, ma prima che l'altro
potesse rispondere, Sebastian fece un cenno del capo allo
spogliarellista. (O ex spogliarellista).
“Vieni,
ti mostro qualcosa”, lo indusse a seguirlo, evidentemente
curioso
di scoprire che cosa n’era stato, dopotutto, del loro accordo.
I
due ex fidanzati li seguirono con lo sguardo: sembravano condividere
la stessa curiosità, ma Kurt si volse all'altro con un
sincero
sorriso, l'aria evidentemente soddisfatta da ciò che aveva
potuto
osservare di persona.
"Mi
sembrate molto affiatati".
Blaine
ne ricambiò il sorriso, comprendendo quanto quelle parole
celassero
un mero sollievo per il modo in cui si erano lasciati sull'altare. Un
modo di rassicurarlo che, dopotutto, era stata la cosa giusta e
ognuno aveva trovato la propria strada.
"Lo
siamo”, convenne scrutando il giovane. “Ma anche
voi e mi fa
davvero piacere”.
Il
sorriso di Kurt si spense nell'osservare i due parlottare fitto
fitto: “Blaine, non credo che dovremmo lasciarli soli troppo
a
lungo”, commentò con aria pensierosa.
“Mi
hai letto nel pensiero”, fu l'istantanea risposta, mentre si
affrettavano a raggiungerli.
~
"Perché
tutta questa fretta?”, gli chiese Kurt con aria confusa,
vedendosi
letteralmente trascinare verso la zona dedicata alla proiezione dei
film all'aperto. Anche quell'anno il suo ragazzo sembrava esser stato
particolarmente ansioso di non mancare al loro tradizionale
appuntamento a Coney Island.
“Siamo
in anticipo e non mi sembra che ti sia mancato Tom Hanks, visto come
ti sei comportato l'ultima volta", aggiunse con un vago sospiro
e l'aria fintamente corrucciata.
Il
ghigno che gli rivolse Sebastian parve eloquente di come condividesse
il medesimo ricordo:
"Devo
ammettere che hai resistito più del previsto, prima di farti
strappare i vestiti di dosso", la sua voce parve modulata sulle
note finali, mentre sospirava nel suo orecchio, facendolo irrigidire
e costringendolo ad accelerare il passo.
"Siamo
sicuri che aprano stasera?", si guardò attorno con aria
incuriosita e un po' interdetta nel notare che non vi erano altri
spettatori, a parte loro. In realtà sembrava che tutti i
turisti si
fossero allontanati furtivamente verso le attrazioni o i ristoranti.
Si
strinse nelle spalle, simulando indifferenza: "Potrei aver
prenotato l'intera platea".
"Sebastian,
non devi sprecare così il tuo denaro, lo sai", lo
ammonì
dolcemente, pur nascondendo quanto lo emozionassero certe attenzioni.
Soprattutto quando inaspettate e mai anticipate da qualche
manifestazione smielata di sentimenti.
"Fossi
in te non mi lamenterei di qualche raro gesto diversamente
romantico
da parte del
sottoscritto".
Lo
baciò sulla guancia a mo' di silenzioso ringraziamento e si
lasciò
condurre verso l'unica tovaglia disposta sul prato, sgranando gli
occhi alla vista delle candele dall'aroma di vaniglia che sembravano
voler ulteriormente definire l'atmosfera. "Ti sei davvero
superato".
"Se
adesso hai finito di pensare al meraviglioso uomo che hai scelto,
possiamo iniziare".
"Non
mi hai detto il titolo", gli fece notare Kurt con le
sopracciglia inarcate, accoccolandosi contro la sua spalla.
"Non
ce ne sarà bisogno", rispose distrattamente, un vago
sorriso,
appoggiando indolentemente il braccio contro la sua vita.
Kurt
attese, dopo avergli rifilato un'altra occhiata sospettosa, prima che
lo schermo si illuminasse: occorsero diversi istanti perché
realizzasse che non si trattava davvero della proiezione di un film,
ma di una sequenza di fotografie molto familiari. Si rivede da
bambino, da adolescente, nell'uniforme dell'Accademia che aveva
frequentato con Blaine e durante gli anni del liceo.
"Sebastian?".
Gli
fece cenno di tacere e di continuare la visione.
Alle
fotografie di Kurt, subentrarono le fotografie di Sebastian e quelle
della loro convivenza, mentre, nel sottofondo, come l'annunciatore di
un trailer, si udì schiarirsi una voce familiare.
"Non
è una storia banale, non una classica storia d'amore. In
realtà per
certi versi è la storia di due cocciuti e aggiungerei
autodistruttivi-".
"Clarigton,
non iniziare", udirono l'aspro rimprovero di Sebastian e Kurt
ridacchiò in risposta, cogliendo persino in un'iniziativa
così
romantica, il suo alone più ironico e del tutto
caratteristico,
quasi a smussare l'importanza e la solennità del momento.
Uno
schiarimento di voce e la narrazione riprese: "Come stavo
dicendo, due cocciuti nemici dell'amore”. Ancora una volta il
narratore si era fermato durante la registrazione e Kurt ne
immaginò
l'espressione perplessa nello scrutare Sebastian.
“Seriamente: eri
sbronzo, quando hai scritto questa robaccia?".
"Sta
zitto e leggi, idiota".
“Lo
farò per Kurt, sia chiaro”, si schiarì
la gola, prima di assumere
un tono più professionale. “Il primo
s’illudeva di un amore che
non era più adatto a lui, per quanto si crogiolasse di
essere un
discutibile (sto leggendo, non ho scritto io il copione, ben inteso!)
guru della moda, capace di cogliere i pregi altrui e cercare il
meglio negli altri, ma incapace di vederne in se stesso ed esserne
fiero”.
Accompagnate dalle parole di Hunter, l'ennesima carrellata di
fotografie di Kurt negli scatti più recenti: dalla Nyada e
il lavoro
in caffetteria fino all'apertura dell'atelier. Queste ultime
sembravano scatti segreti, ma intenti a coglierlo nella sua
quotidianità, persino – e lì
arrossì e diede una pacca sul
braccio del ragazzo, malgrado il sorriso sognante – quando di
spalle, con uno zoom al fondoschiena, davanti ai fornelli.
“L'altro,
era un affascinante, carismatico, aitante... aspetta, ci sono dieci
righe di elogi?!".
"Ho
dovuto trattenermi", giunse la voce di Sebastian e Kurt lo
immaginò in un'espressione compiaciuta, almeno quanto quella
che
esibiva in quel momento al suo fianco.
"Certo”,
fu l'asciutto commento di Hunter che si schiarì la gola
un'ennesima
volta.
“In
breve, concedendomi licenza poetica, un megalomane compulsivo con
tendenze alcoliste che all'amore non aveva mai creduto. Almeno fino a
quando non era arrivato a New York City e aveva adocchiato un
fondoschiena degno di nota. Aveva fatto del suo meglio (e non c'era
voluto troppo tempo a dirla tutta!)
per indurne il proprietario a diventare il suo inquilino. Sorrideva
delle sue smielate e gratuite panzane romantiche, miste ad una
cronica insicurezza, ma riuscirono, dopo diversi accorgimenti, regole
superflue e battibecchi quotidiani, a trovare un loro equilibrio.
Fino
a quando una Mezza Sega non aveva turbato la loro
quotidianità.
L'affascinante alcolista-”, si era di nuovo interrotto e si
era
sentito un fruscio di fogli. “Aspetta ma non sono neppure
citato!".
"Stai
leggendo”, ribatté Sebastian, in tono
indifferente. “E neppure
troppo bene".
"Avevo
scelta? Non mi lasci neppure terminare la mia tesi!"
"Continua!"
"L'idiota
alcolista non voleva ammettere che, nel tentativo di
mostrare
all'illuso dell'amore che stava gettandosi nell'infelicità,
si era
condannato ad una lunga e sofferta guerra interiore contro se stesso,
il suo passato e il sentimento di cui era un fiero
oppositore”,
Hunter si era interrotto un'ennesima volta, probabilmente per gettare
un'occhiata ironica all'altro.
“Sapeva
che il suo rimpianto più grande sarebbe stato non essersi
concesso
l'occasione di tentare di avvincerlo a sé, cieco del fatto
che il di
lui affetto... ti credi Dante
Alighieri
o Yoda?".
"Mi
stai seriamente seccando, Clarington!”, fu l'ennesimo aspro
commento che strappò a Kurt una risatina. “Se non
vuoi che vada
dalla tua donna a dirle che-".
"Dicevo,
era cieco del fatto che il di lui affetto era altrettanto palese al
mondo esterno. Fino al matrimonio mai consacrato con un rivale, che
al vero amore condusse entrambi, ma ben lungi dal lieto fine
scontato...".
La
voce di Hunter sfumò e Kurt, ancora confuso ma con gli occhi
lucidi,
si voltò: le labbra schiuse in un sorriso emozionato e
divertito, si
volse a Sebastian che si era levato in piedi.
Per
la prima volta quest'ultimo sembrò aver abbandonato
quell'espressione più ironica e sicura di sé:
malgrado dalla
concentrazione si potesse dedurre che quel momento fosse
particolarmente vissuto, incontrò il suo sguardo e parve
ritrovare
risoluzione.
"Non
ho mai creduto nel destino già scritto”, alluse
con un cenno del
capo allo stesso proiettore che aveva loro concesso una discussione
analoga, dopo la visione di un film. “Sono fuggito da chi
volevano
che io fossi e volevo fuggire dalla possibilità che tu mi
costringessi di nuovo a ricominciare da capo”.
Inclinò
il viso di un lato, guardandolo quasi corrucciato: “Avrei
voluto
odiarti per quello che mi avevi fatto. Ma ho odiato soprattutto me
stesso, per non essere stato disposto a chiederti di essere mio,
anche di fronte alla possibilità di un rifiuto”.
Mentre
Kurt tratteneva il fiato, gli occhi lucidi e il cuore in gola,
Sebastian tastò nella tasca interna della giacca che
indossava.
“Per
qualche strano motivo non mi sono già stancato di te e ogni
giorno è
la conferma che se il destino davvero esiste, allora il mio
sarà con
te”.
Soltanto
allora estrasse un cofanetto che dischiuse per lasciargli osservare
il minuscolo oggetto che avrebbe dovuto simboleggiare la promessa
più
importante di tutte.
“Kurt,
vuoi-”.
"Sì,
sì, sì!”, squittì Kurt che
si rimise in piedi, avvicinandosi e
rimirando l'oggetto. Ne studiò la fattura che
sembrò essere
l'ulteriore prova che l'uomo che aveva di fronte fosse l'unico che
avrebbe mai potuto avere al proprio fianco.
Indubbiamente
lo splendore dell'anello era nella sua semplicità: una
singola banda
in oro bianco e con una pietra di zaffiro al centro, simbolo della
purezza e della fedeltà. Simile a quello che era appartenuto
alla
madre e che il giovane aveva sempre amato.
Gli
rivolse uno sguardo luminoso: “Mettimelo, ti prego, non
voglio
aspettare!”, lo implorò.
Sebastian,
che aveva inarcato il sopracciglio perché neppure in grado
di
pronunciare adeguatamente la domanda di rito, scosse il capo, ma ne
sollevò la mano.
"Che
foga", lo canzonò, malgrado lo sguardo di smeraldo tradisse
un'analoga emozione. Un lieve tremore lo sorprese, dandogli qualche
piccola difficoltà nell'insinuare l'anello al dito del
fidanzato.
"Lo
sapevo che me lo avresti chiesto prima o poi", sussurrò Kurt
e,
nonostante dovesse suonare ironico, non vi era altro che devozione
nel suo sguardo.
Sebastian
affondò le mani nelle tasche: "Sono quasi tentato di
ritrattare".
Kurt
rise, ma ne cinse il collo, inducendolo a chinarsi al suo volto:
“Sta
zitto e baciami”, sussurrò ad imitarne il tono
burbero.
~
Entrò
nel pub con il consueto incedere quasi trascinato, sospirando e
gettando appena un'occhiata in direzione del palco e degli avventori
sulla pista da ballo. Rilasciò un sospiro pesante,
puntò verso il
bancone e si lasciò cadere sullo sgabello, sollevando lo
sguardo al
barista. Quest'ultimo gli concesse appena un cenno del capo,
guardandolo di sfuggita, il cipiglio corrugato, mentre tornava a
leggere dei fogli stampati dal computer, apportando qualche modifica
a penna. Chissà se una volta discussa la sua tesi e iniziato
il
lavoro su campo, si sarebbe tolto quell'aria da topo di biblioteca ad
un passo dal suicidio.
Si
sporse a prendere una bottiglia di birra che stappò e si
portò alle
labbra per berne un sorso. Se le pulì con il dorso della
mano,
scuotendo il capo.
"Kurt
mi sta facendo impazzire", lo informò.
Hunter
neppure sollevò lo sguardo dal plico di fogli, annuendo con
un
distratto: "Mhm, mhm".
"Sapevo
di aver chiesto la mano ad uno schizzato perfezionista con manie
assurde per il design, irrealizzabili standard romantici e isteria
gratuita”, scosse il capo e si corrucciò.
“Ma quando è troppo,
è troppo”.
"Mhm,
mhm”.
Sebastian
lo fissò quasi risentito, allungando pericolosamente la
bottiglia
verso i fogli che Hunter si affrettò ad allontanare, prima
che li
potesse bagnare. "Mi stai ascoltando?", gli chiese in tono
indignato.
Il
barista neppure parve preoccuparsi di fingere il contrario. Scosse il
capo e scrollò le spalle: "Fingo educatamente", lo
informò
con un sorriso ironico che fece persino più incupire
Sebastian.
Da
un certo periodo a quella parte era diventato persino più
inutile
del solito. Se c'era qualcosa di più fastidioso del vederlo
patteggiare con Kurt pur di fargli dispetto, il fatto che non
prendesse posizione era un mero insulto. Sembrava persino
infastidito, ma aveva appurato (dai suoi sguardi beoti verso il
palco) che stranamente non aveva ancora compromesso la sua storia con
Tontittany. Quindi non aveva alcun motivo legittimo per risentirsi
del proprio fidanzamento. A parte la sua omosessualità
repressa,
ovviamente.
"Si
può sapere, a proposito, perché cazzo
non sei venuto alla prova di
oggi?”,
gli domandò in tono accusatorio. “Anzi, chiama
Kurt e spiegaglielo
tu direttamente: non dormirò sul divano perché tu
sei un coglione e
ti dimentichi di fare il tuo dovere”, aggiunse in tono
evidentemente infastidito dalla sua totale mancanza di
partecipazione. Sembrava che si stesse persino divertendo a sabotarlo
e creare ulteriori tensioni, laddove ce n'erano a sufficienza.
"E
perché diavolo avrei dovuto esserci?”, gli rispose
l'altro a tono,
le braccia incrociate al petto e fissandolo dall'alto al basso.
“Non
mi risulta che ci si possa presentare sbronzi all'altare”,
sottolineò con forte vena ironica.
Sebastian
scrollò il capo, fissandolo come se stesse dubitando della
sua
sanità mentale: "Forse perché sei il mio
testimone, razza
d’imbecille", gli fece presente in tono seccato.
Avrebbe
giurato che quella sarebbe stata la volta buona in cui la mascella
del giovane si sarebbe slogata, ma repentino fu il modo in cui i suoi
lineamenti sembrarono ammorbidirsi e l'espressione incredula prese il
posto di quella risentita. “Io? Dici sul serio?”,
lo chiese come
se stentasse a crederci. “Io sarò il
tuo-”.
"Il
testimone, sì”, lo rimproverò ancora
aspramente. “Che cazzo ti
è preso, si può sapere?”, lo
indicò con la bottiglia di birra,
quasi stesse soppesando se scagliargliela contro. E poi decidere di
optare per qualcun altro.
La
lusinga dovette cedere presto il posto ad un'espressione indignata ed
offesa: "Tu non me lo hai mai chiesto!", gli rispose
piccato.
Sebastian
sorrise con aria ironica, realizzando finalmente perché
fosse
apparso così scontroso e poco partecipe di quel momento,
malgrado
avesse rischiato la sua sanità mentale perché si
confessasse a
Kurt. Scrollò le spalle, tuttavia, simulando indifferenza:
"Avrei
dovuto?".
Ma
Hunter non lo stava più ascoltando, osservò la
ballerina che, alla
fine del suo numero, si era affrettata ad avvicinarsi al bancone per
sedersi sullo stesso.
"Hai
sentito, Britt?”, le si rivolse in tono entusiasta.
“Sarò il suo
testimone!".
La
biondina gli sorrise, punzecchiandogli la guancia come se si fosse
trovata davanti ad un bambino particolarmente entusiasta, dopo
un'impresa di particolare concentrazione.
"Ma
certo, amore”, lo vezzeggiò, baciandone quella
porzione di pelle,
per poi sorridere con aria d'ovvietà. “Chi altro
credi che
sopporterebbe Ciuffo Disney Brontolone?".
"Ehi!",
borbottò Sebastian quasi risentito.
"Aspetta”,
il barista parve nuovamente perso nei propri pensieri e schiuse le
labbra, un'espressione improvvisamente sconvolta. “Ti sposi
tra
due giorni e si aspettano che io pronunci un discorso per il
brindisi!", parlò letteralmente tra sé.
"Kurt
ci terrebbe particolarmente”, lo informò Sebastian
con voce
dolciastra. “Un promesso brillante chirurgo:
chissà quanti
paroloni difficili”.
"Oddio,
non sono bravo coi discorsi e non ho neppure tempo”,
balbettò,
affrettandosi a recuperare una penna e qualche foglio bianco,
fissandolo con aria terrorizzata.
Un
sorriso perfido increspò le labbra di Sebastian che
sollevò la
bottiglia di birra, quasi a dedicargli un brindisi. "Dilungati
quanto vuoi sui miei pregi, Kurt non si stancherebbe mai di
ascoltarli. Auguri!",
“Buon
lavoro”, gli sorrise la biondina che ne baciò la
guancia. “Sono
sicura che scriverai qualcosa di bellissimo”, lo
vezzeggiò, prima
di tornare sul palco al richiamo dei colleghi.
Sollevò
lo sguardo sullo sposo e parve folgorato dalla realizzazione.
"Brutto
bastardo”, borbottò perché la sua
ragazza non lo sentisse usare
un linguaggio volgare. “L'hai fatto di proposito!".
Il
sorriso di Sebastian fu una risposta sufficiente.
"Ci
vediamo, Clarington e vestiti decentemente”. Si rimise in
piedi e
si allontanò rapidamente, prima che si ricordasse di
chiedergli
(inutilmente) di pagare la sua consumazione.
"Credevo
che ti fossi già vendicato!", gli urlò dietro.
"Ora
siamo pari!”, lo informò, sollevando il braccio in
segno di
saluto, senza neppure voltarsi.
"Sono
tornato!", si annunciò, non appena valicò la
soglia
dell'uscio.
Si
diresse a grandi passi verso la cucina, laddove proveniva un
piacevole profumo che gli lasciò facilmente intuire che Kurt
stesse
già pensando alla cena.
Dopo
aver controllato la cottura nel forno, quest'ultimo si volse in sua
direzione: le braccia incrociate al petto e l'espressione stizzita
che lasciò intuire a Sebastian che qualcosa lo aveva
indispettito.
Lo scrutò, l'espressione severa che non si sciolse neppure
di fronte
al suo sorriso più affascinante (ed era tutto un dire).
"Non
vedo la spesa".
Gli
sorrise con aria sferzante, circumnavigando il piano di lavoro per
avvicinarsi e chinarsi al suo orecchio: "Anche io sono contento
di rivederti, tesoro",
sottolineò con voce ironica. Non era un caso che usasse
quell'appellativo quando doveva chiedergli qualcosa o sapeva di
averne suscitato il disappunto.
Kurt
sollevò gli occhi al cielo: “Non chiamarmi-".
"Salve
a tutti!", furono interrotti dall'arrivo del giovane che aveva
approfittato dell'uscio lasciato mezzo schiuso.
Hunter
Clarington rivolse ad entrambi un sorriso e Sebastian si costrinse a
scostarsi da Kurt, l'espressione risentita nello scrutarlo: "Ancora
qui?".
Il
fatto che non si scompose era evidente sintomo di quanto lo
conoscesse e non si aspettasse nulla di più. Gli rivolse
persino un
mezzo sorriso, mentre si toglieva la giacca: “Tranquillo, me
ne
andrò domattina... presto, molto presto”, aggiunse
a mo' di
rassicurazione.
"Ciao
Hunter", gli sorrise in compenso, Kurt, prima di rivolgersi
nuovamente al proprio ragazzo, recuperando la sua espressione
più
severa. "Il fatto è che comincio davvero ad essere stanco-".
Si
interruppe, quando Hunter si mosse verso il frigorifero e Sebastian
gli lanciò un'occhiata al vetriolo.
Il
barista sollevò le mani con un sorriso di scuse. "Vi lascio
subito soli: giusto il tempo di sistemare la spesa. Ho pensato di
fare un passo al supermercato, visto che il frigorifero è quasi
vuoto”, fece notare con quello che
sembrava un tono
casuale ma che, Sebastian lo sapeva bene!, era un modo di metterlo
nei guai e screditarlo di fronte al proprio ragazzo. Quasi fosse il
padrone di casa, cominciò a disporre i prodotti nei ripiani
con
ordine quasi chirurgico. “Tu prendi il latte di soia, vero,
Kurt?
Un'ottima scelta".
Quest'ultimo
lo guardò con gli occhi sgranati, ma lo sguardo ne
tradì la
sorpresa e una nota di evidente compiacimento:"L'hai preso per
me?".
Hunter
si strinse nelle spalle, come a sminuire il gesto: "Era il
minimo che potessi fare, vista la gentilissima
ospitalità”, chiuse il frigorifero ed estrasse un
flacone azzurro
dall'altro sacchetto. “Ti consiglio di provare questo
ammorbidente:
è l'ideale per i delicati", glielo porse e Kurt lo prese
come
se si fosse trattato di un oggetto di intenso valore, neppure
curandosi di nascondere quanto fosse deliziato della cortesia.
"Gay,
gay, gay, gay", commentò Sebastian che parve volerlo
trafiggere
con una pugnalata al cuore ad ogni ripetizione.
"Visto?”,
lo incalzò Kurt quasi spalmandogli in faccia l'etichetta del
flacone. “Perché non puoi cercare di
somigliargli?".
La
situazione sarebbe già stata abbastanza irritante, senza che
il suo
occhio fin troppo allenato non avesse scorto il ghignetto malefico
che Hunter Clarington riuscì a celare troppo tardi, fingendo
di
tossicchiare e distogliendo discretamente lo sguardo.
"Perché
ho una dignità!", sbottò in risposta.
"Chiedo
scusa”, si intromise ancora l'ospite, allontanandosi.
“Ho un
appuntamento con Brittany e non vorrei ritardare".
Evidentemente
incapace di resistere, Kurt lasciò tra le mani di Sebastian
l'ammorbidente e si rivolse ad Hunter, sporgendosi dal tavolo per
osservarlo: "Hai intenzione di indossare quello smoking blu che
ho visto involontariamente tra i tuoi effetti personali?”.
Con
teatrale lentezza, Hunter si volse, non nascondendo una certa
soddisfazione: "Vuoi dire quello coi risvolti azzurri?".
Kurt
annuì con enfasi e il suo sorriso si estese: "Dovresti
abbinarci una giacca a doppio petto, con le tue spalle larghe e-".
"Quando
hai detto esattamente che te ne vai?", ripeté Sebastian in
tono
sprezzante.
"Sebastian!",
lo rimproverò Kurt con voce stridula.
Hunter
sospirò con aria melodrammatica: “Non crucciarti,
Kurt, ci sono
più che abituato, ma grazie infinite dei brillanti consigli
che
seguirò pedissequamente”,
lo rassicurò.
"Aspetta”,
lo incalzò Kurt, che parve totalmente dimentico del proprio
ragazzo,
scrutandolo con aria quasi preoccupata. “Le hai comprato i
fiori,
vero?".
"Certo",
ribatté Hunter fin troppo rapidamente.
Sebastian
lo conosceva ormai troppo bene per non accorgersi del lieve spasmo
all'altezza della mascella. “Che no”,
completò per lui con
espressione compiaciuta.
Evidentemente
cogliendo la sfida implicita, Hunter si volse direttamente a Kurt:
“In realtà pensavo di acquistarli, prima di
andarla a prendere,
così che siano appena colti”.
Doveva
aver passato l'esame, visto come Kurt applaudì ed
annuì con enfasi:
“Eccellente: non ti trattengo, un cavaliere deve sempre
concedere
discretamente cinque minuti alla sua dama, non di
più”.
Stava
ancora sorridendo, quando si voltò di nuovo e non parve
accorgersi
di come il proprio ragazzo lo stesse guardando evidentemente
risentito. "E' davvero un gran bravo ragazzo", pronunciò
come una vecchia comare che stesse elogiando il figlio dei vicini.
Sebastian
sollevò gli occhi al cielo: "Ricordarmi perché
sta da noi".
"Perché
ti sei gentilmente offerto di dargli asilo, mentre gli ristrutturano
casa”, rispose Kurt. Aggiunse poi in tono ironico:
“Ma soltanto
dopo
che lui ti ha dimostrato che davvero
non poteva farsi ospitare da Brittany. Una sfortuna che il padre di
lei lo detesti (e non c'era bisogno che tu lo aiutassi in questo). E dopo
che tu stesso non gli hai trovato un'altra sistemazione alternativa
con i pochi soldi rimasti e-".
"Giacca
a doppio petto?", lo interruppe Sebastian.
Kurt
si strinse nelle spalle, ma non fu abile a nascondergli un sorrisetto
civettuolo: era certo che quei complimenti fossero anche un modo per
infastidirlo. "Non è un mistero che abbia le spalle
più larghe
delle tue, mi
sembra",
commentò in tono distratto.
"E
le palle più flosce", soggiunse con evidente sarcasmo che
stonava con il sorriso affabile.
"Siamo
forse gelosi?", lo incalzò Kurt che, per una volta, non
parve
volerlo sgridare per la volgarità appena pronunciata.
"Credo
che tu debba pagare per tutte le stupidaggini che hai appena detto",
commentò Sebastian, ma abbandonò l'espressione
truce per
avvicinarsi, fino a inchiodarlo contro il lavello.
"E
tu per non aver fatto la spesa... di nuovo", fu la pronta
replica di Kurt che stava evidentemente cercando di aggrapparsi al
motivo della sua stizza iniziale e non cedere di fronte alla sua
seduzione. “Ci sposiamo tra tre settimane, le cose dovranno
cambiare e-”.
Si
sporse al suo viso, nello stesso istante in cui sentirono i passi del
terzo incomodo.
"Io
vado”, annunciò Hunter e Sebastian
sollevò gli occhi al cielo,
desiderando lanciargli un coltello tra le scapole, per essere certo
che finalmente si togliesse dai piedi.
"Salutami
Brittany!", gli sorrise Kurt, agitando la mano.
"Senz'altro”,
ne ricambiò il gesto, prima di giungere all'uscio.
“Sebastian",
gli rivolse un cenno del mento.
"Clarington".
"Penso
che andrò a rilassarmi con un bagno, mentre le lasagne
cuociono",
gli fece presente Kurt che, approfittando della sua distrazione, si
era già allontanato.
"Ti
raggiungo subito", gli disse con voce flautata.
L'altro
si volse sulla soglia del bagno, guardandolo con aria ancora
stizzita: "Non ti ho invitato".
"Lo
so", rispose con un sorriso suadente.
Attese
che l'uscio del bagno fosse chiuso alle sue spalle, ed entrò
rapidamente nella ex camera di Kurt in cui Clarington aveva sistemato
provvisoriamente il suo giaciglio. Prese tutti i suoi bagagli il
più
silenziosamente possibile e li lasciò cadere sul
pianerottolo
davanti alla porta.
Con
un po' di fortuna qualche barbone avrebbe depredato il tutto, prima
che l'imbecille tornasse dal suo appuntamento.
Sorrise
con aria soddisfatta, conficcando le mani nelle tasche.
"Tesoro, sto arrivando!", si annunciò nuovamente
con un
ghigno.
~
Una
lieve gomitata, ben assestata, lo fece sussultare e lo
riportò al
presente: fu così che Sebastian finalmente si concesse di
lasciare
andare i ricordi degli ultimi quattro anni.
Reclinò
il capo per osservare Kurt che lo stava scrutando con disappunto ed
incredula indignazione
Parlando
quasi senza muovere le labbra (sia mai che il fotografo immortalasse
proprio quel
frangente e fosse costretto in futuro a serbare quel ricordo), lo
rimproverò: "Non riesco a credere che tu stia pensando ad
altro, mentre ci stiamo sposando".
Sebastian
non si scompose e neppure cercò di celare il sorrisetto
sferzante e
divertito: si strinse nelle spalle. Non era certo una propria colpa
se il celebrante non aveva particolari doti oratorie.
"Giusto
in tempo per la parte più interessante", rispose con un
guizzo
malizioso nello sguardo, prima che l'officiante gli rivolgesse la
domanda ufficiale.
Percepì
la pressione degli sguardi dei presenti, in primis il modo in cui le
iridi azzurre di Kurt stessero indugiando su di lui e sembrasse in
procinto di andare in iperventilazione. Ignorò volutamente
la
gomitata di Clarington alle sue spalle, dicendosi che si sarebbe
premunito di vendicarsi a suo tempo.
Sorrise,
stringendo la mano del fidanzato, uno scintillio malizioso nello
sguardo smeraldino.
"Lo
voglio", pronunciò con voce sicura di sé.
Lo
scintillio parve persino più sfolgorante, quando fu Kurt a
pronunciare la propria volontà con voce più
tremula a tradirne una
reale commozione, lasciando che gli apponesse la fede al dito.
Senza
attendere l'autorizzazione del celebrante, si chinò al suo
volto,
cingendone strettamente la vita e chinandosi a soffiare
maliziosamente sulle sue labbra: "Avevi paura che non
rispondessi?", lo canzonò, osservandone lo sguardo ancora
lucido.
Gli
rivolse quel sorriso più ironico, quello che adottava sempre
per
reagire alle sue provocazioni e simulò una perfetta
compostezza:
"No, considerando che sei stato tu a chiedermi di sposarti".
Sebastian
sorrise maggiormente, le sopracciglia inarcate con aria vagamente
sorpresa: "Ti ho reso un po' troppo sicuro di te, Hummel".
“Credo
che sia Hummel Smythe, adesso”, soffiò in risposta
in tono
impudico.
Resistette
alla tentazione di ironizzare sulla dubbia virilità della
risposta e
ne baciò le labbra, trattenendolo contro di sé un
lungo istante.
Quello necessario ad imprimere una propria impronta nel suo sorriso
più sognante.
"Un
matrimonio perfetto”, commentò Kurt che
studiò il padiglione
sotto cui erano disposti i tavoli degli invitati al banchetto. Si
volse al marito con un sorrisetto supponente:
“Così impari a
dubitare delle mie doti organizzative".
Sebastian
si strinse nelle spalle, prima che lo sguardo si posasse sul giovane
che si era appena alzato con il suo calice in mano. Lo
indicò con un
cenno del mento: “Aspetta a confermarlo,
tesoro: lui
è sempre capace di
rovinare tutto”.
Kurt
non sembrava dello stesso avviso, a giudicare dal cenno distratto con
cui lo invitò a tacere:
“Mi
commuoverò, ne sono certo. Spero di commuovermi", aggiunse
tra
sé e sé e Sebastian sollevò gli occhi
al cielo, osservando il
barista con le braccia incrociate al petto e l'aria serafica.
Quest'ultimo
si schiarì la gola per attirare l'attenzione generale:
"Spero
che scuserete la mia scarsa abilità oratoria, sono sempre
stato un
tipo più manuale".
Aveva
appena terminato la prima frase che risuonarono diversi versi
strozzati di puro divertimento e Sebastian gettò un'occhiata
all'ispanica: "Lopez, vorresti averlo tu l'onore?".
"Sebastian!",
lo richiamò aspramente Kurt che fece un cenno di scuse al
testimone,
pregandolo con lo sguardo di continuare.
Quest'ultimo
scosse il capo in direzione dell'amico, l'espressione di stoica
sopportazione (malgrado il lieve colorito rosato sulle guance e
probabilmente una buona dose di imprecazioni interiori, per essersi
scavato la fossa da solo) e riprese. “Purtroppo lo sposo ha
ben
pensato di informarmi tardivamente di avermi scelto".
"Non
lo avevi avvisato?", sentì la voce indignata del marito, ma
gli
rivolse un sorriso beffardo in risposta.
"Di
certo non dimenticherò il disgraziato giorno in cui quel
ragazzo",
sollevò il bicchiere
nell'atto di indicarlo, "è entrato al Penguin Pub per la
prima
volta".
"Penguin
Pub".
Sebastian
Smythe aveva scrutato l'insegna con aria indolente, portandosi la
sigaretta alle labbra per inalare un'ultima volta. La spense con aria
distratta contro la parete, lasciò cadere la cicca a terra e
si
strinse nelle spalle.
Deve
essere un locale gay, sentenziò
tra
sé e sé, prima di farvi ingresso. Un locale
valeva l'altro per una
sbornia di benvenuto.
"Se
avessi potuto sapere ciò che ne sarebbe derivato,
sicuramente mi
sarei licenziato, prima che potesse avvicinarsi al bancone”,
continuò Hunter, suscitando qualche risata tra gli astanti.
Parve
tornare serio nello scrutarlo con il viso inclinato di un lato. Tutto
sommato, nonostante la sua professione futura lo avrebbe
rilegato in una sala operatoria, non sembrava troppo intimidito dallo
stare sotto i riflettori in quel momento.
“Ma
ciò che ancora mi sorprende è l'evoluzione di
Sebastian: da uomo
narcisista, insopportabile, egocentrico, egoista e
manipolatore”,
elencò senza battere ciglio, prima di prendersi un'enfatica
pausa e
corrugare le sopracciglia. “In realtà non sei
affatto cambiato",
aggiunse per il puro gusto di suscitare altre risate divertite,
compresa quella di Kurt.
Sebastian
si limitò ad affondare maggiormente nella sedia, le braccia
incrociate al petto e le sopracciglia corrugate, domandandosi dove
sarebbe andato a parare. E già escogitando molteplici
vendette.
"Ma
è innegabile che il suo approccio all'amore non sia
più lo stesso",
commentò Hunter dopo che l'ilarità ebbe lasciato
spazio all'attesa
e lasciò che quelle parole gravitassero nel silenzio dei
suoi
attenti spettatori.
Non
aveva una vocazione da barista, sicuramente, ma con l'allenamento
poteva quasi dirsi capace di riuscire a riconoscere la clientela che
si avvicinava al suo bancone. Scrutò il nuovo arrivato con
le
sopracciglia inarcate:
"Hai
l'aria di uno che ha bisogno di un bel drink per rifarsi una vita".
Un
sorriso sghembo increspò le labbra del ragazzo che si
sedette, le
sopracciglia inarcate nello scrutarlo con la medesima attenzione,
prima di far cenno alla bottiglia di tequila che stava ripulendo.
"Versa
e sta zitto”, gli intimò in tono arrogante, l'aria
di chi era più
che avvezzo a impartire ordini e aveva la presunzione di ottenere
sempre ciò che lo aggradava. “Ti sembro uno di
quegli sfigati che
ha bisogno di una spalla gay su cui piangere?", lo incalzò,
dopo aver tracannato il drink.
"Io
non sono-".
"Fammene
un altro", lo interruppe, totalmente disinteressato alla sua
replica.
“Come
vuoi”, rispose in tono conciliante.
Niente
di meglio di un cliente poco eloquente, per poter trascorrere
rapidamente quelle ore e sperare di sopravvivere ad un altro turno.
Se
ne pentì, diverse ore dopo, quando il giovane
affondò il capo
contro il bancone. Non sembrava essersi accorto del fatto che fosse
l'unico ancora presente e che lui stesse affrettandosi a riordinare
la propria postazione, per poter tornare a casa. Stava blaterando
qualcosa di incomprensibile sulla sua famiglia, la Francia e il
coming out.
“Davvero
commovente”, si sforzò di celare la propria
ironia, per poi
pungolarlo alla spalla, attendendo che sollevasse il volto. Non aveva
una bella cera, e lo sguardo era decisamente vacuo. Sperò
che non
svenisse, prima di raggiungere l'uscita.
“Noi
dovremmo chiudere”.
Era
piuttosto resistente, dovette riconoscerglielo: lo vide rimettersi in
piedi quasi senza problemi, seppur dovette litigare diverse volte coi
bottoni, prima che il soprabito fosse allacciato.
Il
barista sospirò, consapevole di non poterlo lasciare andare
senza
essersi assicurato che non si sarebbe ammazzato: "Non sei venuto
in auto, vero?".
La
domanda parve divertirlo, gli scoccò un'occhiata maliziosa:
"Vuoi
frugarmi nelle tasche?”, gli chiese beffardo. Fu lieto del
fatto
che non attendesse una sua risposta e lo guardò scuotere il
capo.
“Vado a piedi: è stato beeeeello”, gli
fece presente e allungò
una banconota, ma quando non riuscì a capire quale fosse la
mano
tesa in sua direzione, la lasciò cadere sul bancone.
“Tieni pure
il resto”.
Sgranò
gli occhi nel fare un rapido calcolo:“Quindici dollari di
mancia?!”, gli chiese in tono incredulo, fissando la
banconota, in
preda ad un evidente battaglia interiore.
“Ci
vediaaaaamo”, lo salutò l'altro con un cenno del
braccio e, pur
camminando con incedere goffo, raggiunse presto l'uscita.
Hunter
sorrise tra sé e sé, stiracchiando la banconota:
“Speriamo che
torni”.
"L'ho
guardato struggersi per più di un anno in attesa di un
matrimonio
che non avrebbe mai dovuto vedere la luce. L'ho supplicato, spronato,
gli ho urlato contro di rivelare i suoi sentimenti, ovviamente senza
alcun effetto se non ritardare i miei esami, stressarmi e farmi
diventare quasi whisky-dipendente".
Il
viso di Hunter si era incupito al ricordo, evidentemente l'esperienza
lo aveva segnato, seppur indirettamente.
"L'hai
detto tu: fai schifo", gli ricordò Sebastian, ma il barista
lo
ignorò e riprese il suo discorso.
"E
malgrado fosse tanto preso dal suo disastro sentimentale, non mancava
mai di sabotare la mia vita privata, con la stessa premura di sempre
e le alleanze storiche”, fece cenno all'ispanica che rivolse
agli
altri invitati il suo sorriso più impertinente, sollevando
la mano
ad imitare il regale saluto di una regina.
“Per
quanto io abbia spesso dubitato della mia
salute mentale nel considerarlo ancora un amico, almeno quanto della
resistenza del suo fegato alle sbronze settimanali, di una cosa era
certo e questo, a dire il vero, ha reso tutto persino più
frustrante, ma incredibilmente Sebastian”.
Per
la prima volta distolse lo sguardo dall'amico per volgerlo al giovane
il cui sguardo azzurro si era già fatto lucido nei passaggi
più
intensi di quel discorso.
“Il
suo amore per Kurt, l'unico essere umano per la cui felicità
sarebbe
stato disposto a convivere una vita intera coi suoi rimpianti, un
orgoglio scalfito e la consapevolezza di non essere abbastanza in
qualcosa”.
E
fu con voce più vellutata, a voler dare maggiore enfasi al
tutto
(probabilmente anche per il puro gusto di metterlo a disagio), che
aggiunse: “A dispetto di se stesso, Sebastian Smythe ha
dovuto
ammettere di saper amare e più di quanto molti dei qui
presenti
potrebbero anche solo immaginare".
"Hai
finito, Clarington?", berciò Sebastian, evidentemente giunto
al
culmine della propria sopportazione.
"In
realtà ci sarebbe anche l'aneddoto sull'acquisto dell'anello
di
fidanzamento".
"Ok,
hai finito".
“Allora,
entriamo e facciamolo”, commentò Sebastian tra
sé e sé,
guardando la gioielleria con la stessa espressione corrucciata con
cui avrebbe guardato un patibolo.
“Non
stai per sottoporti ad una colonscopia”, commentò
l'altro con un
sorrisetto sferzante, ma il non ottenere una replica tempestiva era
evidente segno di una reale agitazione.
Si
rivolse alla titolare del negozio con la stessa flemma con cui
avrebbe ordinato dei salumi, infastidito non poco da come la donna
sembrò letteralmente illuminarsi.
“Perché
non comincia parlandomi di come vi siete conosciuti?”.
"Non
perdiamo tempo”, fu la replica di Sebastian. “Non
sono un tipo
qualunque, quindi prenda appunti: so esattamente come sarà
l'anello".
E
procedette ad una descrizione precisa ed accurata, con tanto di
schizzo che lui stesso aveva elaborato, spiegando esattamente la
fattura e specificando la scelta della pietra. La donna non
mancò di
annotare ogni cosa e, con suo grande fastidio, sembrava persino in
procinto di commuoversi. Soltanto alla fine della sua descrizione,
parve rivolgere loro uno sguardo perplesso.
"Zaffiro?
Ma ne è sicuro?”, gli domandò per poi
sporgersi maggiormente in
loro direzione. “Eppure avete entrambi gli occhi verdi".
Hunter
Clarington si affrettò a scostarsi, una smorfia sul volto:
"Non
sono io!", commentò in tono incredulo, ignorando l'occhiata
ironica di Sebastian che sembrava tanto un “te l'avevo
detto”. Ma
quando si rivolse alla donna, il sorriso era scomparso: "Segua
esattamente queste istruzioni".
"D'accordo,
Signor Smythe”, lo rassicurò la donna, seppur poco
soddisfatta
dalla sua totale mancanza di coinvolgimento emotivo. Poco ci
mancò
che la poveretta svenisse alla richiesta dell'incisione sul lato
interno della banda in oro bianco: Bootylicious.
Si
affrettò, tuttavia, a prendere nota e informarlo sui tempi
necessari
alla creazione.
"Che
stai guardando?".
La
voce di Sebastian parve colpire Hunter come un pugnale tra le
scapole, ma si affrettò a raddrizzarsi e si strinse nelle
spalle. "Niente”, si affrettò a rispondere.
“Fatto tutto?”.
Sebastian
inarcò le sopracciglia: "Non starai davvero pensando a...?".
"Andiamo
via", si affrettò a replicare l'altro.
La
commessa scosse il capo tra sé e sé: raramente il
suo giudizio era
errato. E decisamente qualcuno avrebbe dovuto ammettere di essere
daltonico. E magari un po' pervertito.
"A
Kurt”. Sollevò il calice in sua direzione.
“Perché sappia
sopportarti giorno dopo giorno, dopo giorno, dopo giorno... e amarti
come meriti", aggiunse in tono più accorato.
Kurt
sorrise, stringendone la mano e asciugandosi per l'ennesima volta gli
occhi umidi.
"E
a me?", lo incalzò Sebastian, quando ebbero tutti bevuto in
onore del marito.
Si
strinse nelle spalle, prima di sollevare nuovamente il calice: "Che
tu diventi sempre meno simile a te stesso”, fu l'augurio
scherzoso.
“A
Kurt e Sebastian!".
~
Dopo
la frenesia di quella lunga giornata, c'era qualcosa di distensivo e
rilassante nell'osservare lo skylight di New York che si rifletteva
nelle acque e i fuochi d'artificio che sembravano suggellare la loro
unione. Sebastian sospirò contro i capelli di Kurt,
trattenendolo
contro il proprio petto.
Quest'ultimo
reclinò il collo per osservarlo: “Non ci posso
credere che siamo
arrivati fin qui”, gli fece presente. La voce flebile, eppure
Sebastian riuscì ad intuire l'intensità di quelle
parole e la
meraviglia stessa di cui erano intrise.
Rafforzò
la pressione intorno ai suoi fianchi: “Ed è solo
l'inizio: non hai
idea di tutto quello che ti aspetta, Hummel”.
“E'
anche il tuo cognome adesso, non dirlo con quel tono
superiore”, lo
canzonò con un sorrisetto, per poi osservarlo con un
sospiro. “Sei
molto più romantico di quanto tu voglia ammettere,
nonostante
tutto”.
Ne
mordicchiò il collo, quasi a mo' di minaccia:
“Sbrigati con quel
bouquet, voglio partire”.
Kurt
annuì e si scostò dolcemente per rivolgersi agli
invitati: “Allora,
signorine? Siete pronte al lancio?”, si guardò
attorno con aria
spaesata, cercando un volto in particolare.
“Bigné
alla fragola!”, gioì Brittany che evidentemente,
malgrado il lungo
buffet, aveva ancora nel suo stomaco un posto speciale riservato ai
dolci.
Santana
Lopez, dopo aver incrociato per sua somma sfortuna lo sguardo di
Sebastian, sollevò gli occhi al cielo, prese la biondina per
il
braccio e la trascinò verso la calca di giovani ragazze. Si
fece
strada tra loro, senza particolari cerimonie o risparmiare spintoni,
collocando la biondina in prima fila e gettando occhiate minacciose
tutto attorno.
Brittany
la guardò confusa, mentre si allontanava:
“Perché mi hai
trascinata?”, chiese nello stesso istante in cui, dopo un
finto
countdown, Kurt lanciò il bouquet in sua direzione.
La
ballerina sgranò gli occhi nel prenderlo per puro istinto:
“Ho
vinto!”, dichiarò in tono genuinamente
soddisfatto, prima di
sgranare gli occhi azzurri alla vista del cofanetto incastonato tra i
nontiscordardimé.
“Un
piccolo scrigno del tesoro?”, commentò tra
sé e sé, schiudendolo
e boccheggiando alla vista dell'anello. Non si era accorta di come
Hunter Clarington avesse seguito l'intera scena con lo sguardo e le
si fosse avvicinato.
“E'
così rosa!”, commentò la giovane
rimirando il piccolo tesoro in
quarzo rosa. Incrociò lo sguardo del giovane e soltanto in
quel
momento parve realizzarne il significato. Il viso assunse una
sfumatura più colorata e sembrò incapace di
proferire parola.
Hunter
annuì, come se la sua osservazione fosse stata basilare:
“Una
farfalla: leggera, spensierata, aggraziata come sei tu, quando sei
sulla pista da ballo”, precisò con voce modulata,
ignorando gli
sguardi incuriositi degli astanti, come se nessun altro fosse
presente a quell'istante.
“So
che ci conosciamo da poco, ma so anche di non aver mai provato
qualcosa di simile finora. E se sei tu la più spontanea tra
noi,
cercherò di assorbire un po' di te e farti sentire una
principessa,
ogni singolo giorno. Vuoi sposarmi?”.
La
giovane sbatté le palpebre a più riprese,
boccheggiando e
portandosi una mano alle labbra: “Credo di star per
piangere”,
pigolò con voce strozzata.
“Spero
sia un sì”, sorrise il ragazzo con aria vagamente
impacciata, il
viso inclinato di un lato e le sopracciglia inarcate con aria
divertita.
“Sì,
sì, sì,sì, certo che
sì!”, rispose con impeto, gettandogli le
braccia al collo, spalmandogli per errore il bouquet in faccia, prima
di poterlo baciare.
Sebastian
sollevò gli occhi al cielo e porse a Kurt il fazzoletto che
estrasse
dal taschino (sperò che non se ne accorgesse prima che
arrivassero
in albergo) e fissò la coppietta con le sopracciglia
inarcate, prima
di stringersi nelle spalle.
"Non
vedo il senso di commuoversi”, sottolineò con aria
fintamente
stizzita, celando il sorriso nell'osservare il barista nell'atto di
insinuare l'anello al dito della biondina. “Ci hanno appena
rubato
la scena”.
"Adorabili”,
pigolò Kurt, asciugandosi le lacrime. Inquietante come il
viso
sembrò subito dopo sfolgorare di nuovo entusiasmo.
“Non vedo l'ora
di organizzare il loro
matrimonio!”.
Sebastian
sorrise, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni, e si
chinò
al suo orecchio: "Forse questa
volta
non mi intrometterò",
sussurrò in tono sardonico.
Quelle
parole parvero far breccia nella mente di Kurt che si volse ad
osservarlo con gli occhi sgranati: "Cosa?".
"Andiamo,
marito", lo canzonò, ma ne strinse la mano, conducendolo
verso
il traghetto.
L'altro
non parve particolarmente incline a desistere, a giudicare da come
aggrottò le sopracciglia: "Devi spiegarmi che cosa intendevi
dire con quella
frase!", lo rimproverò.
Sebastian
sorrise persino più suadente, salendo sulla barca loro
riservata,
aiutandolo a fare altrettanto. Abbracciò con lo sguardo la
spiaggia
di Coney Island per un'ultima volta, certo che avrebbe fissato quei
ricordi senza difficoltà.
"E
farti chiedere il divorzio, prima di aver consumato
la nostra unione?", gli chiese in tono beffardo.
"Sebastian,
voglio sapere-”.
Ne
cinse la vita e lo attirò a sé, incurante del suo
sguardo
corrucciato, indugiando a lungo nel suo sguardo di zaffiro, cogliendo
il modo in cui la luna stava facendo scintillare la pietra
all'anello.
"Zitto
e baciamani", sussurrò sulle sue labbra.
Si
beò, ancora una volta, di come sembrasse dimenticare ogni
motivo di
stizza e di rimprovero e di come si cinse al suo collo.
"Sempre",
sussurrò come se la fosse soltanto la prima di molte altre
volte.
The
End
E'
sempre un dolce dolore siglare la fine di un progetto, soprattutto
quando gli si è dedicato del tempo tra la stesura dei
capitoli, la
loro revisione, le modifiche alla trama e la pubblicazione. Non
è la
prima volta che mi costringo a lasciarli andare, ma non credo che ci
si possa abituare a quella sensazione di vuoto che scaturisce
nell'istante successivo.
In
fondo una fanfiction è anche uno scorcio della vita
parallela di chi
la scrive, giorno dopo giorno, e in quest'ultimo anno non sono
mancati momenti difficili, ma la scrittura è sempre stata un
balsamo
lenitivo e un modo di evadere dalla realtà esterna.
E'
difficile separarsene ma, al contempo, so che non avrei davvero
potuto aggiungere altro (anzi, ehm, spero che la lettura non vi sia
sembrata eccessivamente lunga!) nella speranza di aver soddisfatto
tutti i possibili dubbi o curiosità sul destino dei
personaggi che
ci hanno accompagnato in questi mesi.
Mi
permetto, pur a torto, di far mie le parole di Dickens, all'indomani
della fine della sua stesura di David Copperfield (ovviamente non sto
paragonando la mia fanfiction ad uno dei miei romanzi preferiti. Ma
quando l'ho letta, mi sono sentita davvero emozionata e mi ero
ripromessa di condividerla con voi, perché ho saggiato
emozioni
simili) e vi prego di supportare con pazienza l'ultimissima citazione
:)
(Londra, Ottobre, 1850).
« Non
mi riesce facile nelle prime sensazioni che provo avendo terminato
questo libro, di staccarmene quanto basta per parlarne (…)
Il mio
interesse per esso è tanto forte e recente, e il mio animo
è
talmente divido tra la soddisfazione e il rammarico –
soddisfazione
per il compimento di un antico disegno, rammarico nel separarmi da
tanti compagni – che corro il rischio di infastidire i
lettori, cui
voglio bene, con personali confidenze e private commozioni.
Oltre
al fatto che tutto ciò che potevo dire di questa Storia, a
qualunque
fine, mi sono ingegnato di dirlo raccontandola
»
Credetemi,
è una casualità che io abbia deciso di
posticipare l'aggiornamento
al Venerdì successivo alle feste e che questo coincida con
la messa
in onda dell'ultima stagione di Glee.
Come
ben sa chi mi conosce o ha compreso chi mi ha letta, non
vedrò
realizzate le mie coppie ideali e, seppur abbia espresso più
volte
critiche alla sceneggiatura, non potrò che sentire un vuoto
alla
fine di questa grande avventura. Ma almeno avrò la
consolazione di
aver pitturato un mio piccolo grande mondo ideale :)
Grazie
a tutti voi che mi avete fatto compagnia in questi ultimi mesi: la
vostra lettura silenziosa, l’incoraggiamento, la richiesta di
delucidazioni, le accurate osservazioni sullo stile, le speranze nel
proseguo della narrazione, l'emozione e persino la rabbia, hanno reso
questa idea una meravigliosa realtà che non posso che
guardare con
orgoglio e soddisfazione.
Un
forte abbraccio e l'augurio di un meraviglioso 2015 a tutti voi,
Kiki87
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