Lupus in fabula

di HIVanVodCaminiti
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Norwood Street, Boston.
21 Febbraio 2011
H 04.30 Oggetto: Viaggio in auto

È ancora notte. Una Opel nera sfreccia null’asfalto gelido di una strada deserta. Boston, nottetempo, è una belva dormiente. Il detective Taylor comanda svogliatamente la vettura esercitando una leggera pressione con le mani sul volante dell’utilitaria, gettando ogni tanto un’occhiata all’uomo seduto al suo fianco. L’investigatore Jean Garou, consulente del ventiduesimo distretto, osserva insistentemente le facciate dei condomini che sfrecciano ai lati della vettura.
Gli occhi del detective inseguono i movimenti del collaboratore, tentando di intuirne i pensieri.
-Sto contando le finestre chiuse dalle imposte- dice all’improvviso Jean con quel suo americano ammorbidito dall’accento francese.
Taylor lo guarda stranito.
-Sono certo che prima o poi mi avresti chiesto cosa stessi facendo. Ho voluto risparmiarti la fatica di pormi la domanda- si giustifica l’investigatore, senza distogliere l’attenzione dal finestrino.
L’agente Taylor apre la bocca per dire qualcosa, ma il collaboratore stronca ogni possibile commento con un cenno noncurante della mano. -Non ringraziarmi. Altrimenti tanto vale che ti abbia fatto risparmiare la voce prima-
L’ispettore si gratta la testa, sempre più interdetto. Vorrebbe rispondere, ma non trova argomentazioni valide.
Si morde il labbro sulla sinistra e stringe a intervalli regolari il volante.
Fa sempre così quando è nervoso, non serve essere un investigatore a capirlo.
Forse è per sopperire alla tensione che Taylor prende l’autoradio e chiede nuovamente le coordinate della destinazione.
-Third Avnue, la strada di fronte al parco. Davanti al condominio St. Farrow- ripete una voce metallica dalla gabbietta del microfono.
-Ho contato le finestre chiuse da imposte per tre isolati, ho passato la terza cifra da un pezzo ormai. Sono tutti a casa, barricati dentro.-
La voce improvvisa di Garou fa sobbalzare l’agente Taylor. Irritato, il poliziotto si sfrega l’occhio sinistro, arrossato per la mancanza di sonno.
-Perché sono le quattro e mezza del mattino, Jean. La gente normale a quest’ora dorme- sospira il detective.
Garou distoglie finalmente l'attenzione dal vetro dell'auto e prende a giocherellare con la cintura di sicurezza, simile a un bambino spensierato.
-Credo che non ci saranno testimoni dell’omicidio- commenta rilassato come al solito.
-Non sappiamo ancora se si tratta di un omicidio- ammonisce severo Taylor.
La stanchezza, il nervosismo e la morbosa voglia di una sigaretta l’avevano reso irrequieto. Non fumava da tre giorni e non dormiva da due, come testimoniavano le sue dita tremanti e le livide occhiaie. Continuava a rimandare, non dormiva la notte, ma il tempo trascorreva inesorabilmente e avrebbe dovuto decidere al più presto. Ripetendosi di poter fare la scelta giusta, rifletteva notte e giorno senza tregua.
La fortunata penuria di casi su cui indagare era un toccasana per il detective, che poteva così dedicarsi alla ricerca di una soluzione per i suoi problemi.
-Omicidio!- Jean Garou scandisce a voce esageratamente alta la parola all’orecchio del poliziotto, risvegliandolo bruscamente dal torpore dei suoi pensieri. -E anche bello complicato se hanno scomodato me e te. Dal canto tuo, quand’è stata l’ultima volta che Vitalij Taylor, il più brillante detective della Omicidi è stato chiamato alle quattro di notte per lo scippo di una borsetta?-
Il detective non può che rinunciare a replicare. “Colpa del maledetto orario” si dice nel vano tentativo di ingannare se stesso.
Nonostante sappia di avere poche speranze in merito, spera con tutto se stesso di non trovare alcun cadavere al St. Farrow di Third Avenue. Se non altro, per mitigare l’ego smisurato del collaboratore.
Speranzoso, Taylor preme ulteriormente l’acceleratore dell’auto.




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