Mi inginocchio di
fronte alla tomba.
Nonostante siano
passati quasi sei mesi, ogni tanto mi stranisco ancora a saperti qui.
Anzi, non esattamente qui… sì, insomma,
è più complicato di così.
L’epitaffio
porta solo il tuo nome, oltre a una piccola foto. Con Mu-Si abbiamo
immaginato che non avresti voluto lunghe frasi strappalacrime,
né niente oltre al minimo indispensabile.
Nella foto sorridi. Se
non ricordo male ti è stata scattata di sorpresa, dato che
non eri proprio una persona prodiga di facce felici. E, sempre se non
ricordo male, hai punito l’incauta papera autrice dello
scatto con la tua solita, micidiale bastonata sul cranio.
Non ho mai avuto la
possibilità di dirti che non era carino da parte tua
percuoterlo così tanto. Insomma, a furia di botte potevi
fargli venire un trauma cranico.
…
Oh beh, non hai torto.
Ma almeno io non mi concentravo su una zona tanto fragile e i calci
glieli davo dove sapevo che li avrebbe sopportati senza problemi.
Sì, so cosa
staresti per dire. E posso dire che ho tenuto fede alle tue aspettative.
Già, sei
sepolta in Cina. A Joketsuzoku. A casa.
La lapide che sto
accarezzando in questo momento è solo un pezzo di pietra, a
mio uso e consumo. A nostro uso e consumo. Se come penso stai vegliando
su di noi, sai che Ranma e gli altri sono venuti più di una
volta a renderti omaggio.
Per fortuna il nuovo
regime non ha trovato nulla da ridire quando, alla fine dei canonici
quarantanove giorni di lutto, mi sono presentata nella sala del
Consiglio con la mia tenuta bianca e ho avanzato la richiesta di
lasciarti lì. Non ero sicura che la cosa sarebbe andata a
buon fine, sebbene la rivoluzione sia riuscita a rovesciare il vecchio
governo; rimanevi sempre la traditrice numero uno e la nuova assemblea
era comunque composta da vecchie megere tue pari età. Ma
è andato tutto bene e non nego di essere uscita dal salone
sorridendo.
“Paperotto,
perché non ti fai avanti? Non vuoi salutare?” chiedo senza neanche
voltarmi. Non giunge risposta alle mie spalle, anche se so che
è qualche passo dietro di me. Siamo venuti assieme, eh.
“Che
c’è? Non mi dirai che vuoi essere maleducato per
l’ennesima volta e non rivolgerle neanche una
parola”.
“Non…
non me la sento. Scusa”.
“Come
preferisci, Mu-Si. Però guarda che la nonna se la
prenderà con te, tanto per cambiare”.
“Non
ero io quello con gli incubi che rivedeva la scena qualche giorno
fa…”.
Non è
esagerato se ora mi alzo e gli tiro un ceffone, vero?
“Devo
entrare! Bisnonna ha bisogno di me!”.
La
faccia di Kasumi mentre distoglieva lo sguardo le fecero capire
l’amara verità.
No...
no… non può… impossibile…
Riuscì
a convincerla a farle strada, ma lei per prima non voleva entrare. Era
terrorizzata all’idea di cosa poteva celarsi al di
là di quell’innocuo fusuma.
Eppure
entrò.
E
si pentì subito di averlo fatto.
Cologne
giaceva per terra, supina. Sul suo fianco sinistro una copiosa macchia
di sangue andava espandendosi lentamente.
Si
avventò su di lei come un predatore affamato potrebbe
avventarsi su del cibo.
L’unico
gesto che compì fu quello di controllare il battito cardiaco
sul polso.
Ovviamente
non lo trovò.
Alzò
la testa verso il soffitto e…
“NONNAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!”.
Successivamente
venne rimproverata da tutti gli altri, nessuno escluso, per aver messo
fuori uso i loro timpani.
Per
i quindici minuti che seguirono Shan-Pu impazzì dal dolore.
Alternò scatti isterici, soprattutto rivolti alla mobilia di
casa Tendo, a pianti dirotti che lasciarono pozze di lacrime per alcuni
giorni.
Gli
altri, recuperati man mano da Kasumi, si limitarono ad osservarla a
debita distanza. Troppo costernati per dire alcunché,
sapevano bene che qualunque parola sarebbe stata quella sbagliata.
Era
il momento dell’emotività più pura, non
delle parole.
Quando
finalmente riuscì a calmarsi a sufficienza da non mordere
chi aveva l’ardire di avvicinarsi a lei…
“Shan-Pu”
mormorò Kasumi poggiandole una mano sulla spalla
“la nobile Obaba mi ha ordinato di riferirvi un
messaggio…”.
La
cinesina alzò gli occhi gonfi di pianto verso Kasumi, e la
vide tirar fuori un foglietto dalla tasca del grembiule.
“Non
l’ha scritto lei, non… non aveva abbastanza
forze…” tentennò, “ma ho
pensato di scriverlo, per riferirtelo senza dimenticare
nulla.”
Shan-Pu
prese il foglio con una mano tremante e lo aprì, rivelando
il messaggio scritto nella calligrafia minuta e ordinata di Kasumi
Tendo.
Inspirò
e cominciò a leggere:
“Shan-Pu,
se
hai ricevuto questo messaggio da qualcuno dei Tendo, significa che sono
già morta.
Non
disperarti, perché temo ci sarebbe stato ben poco da fare
per me, in ogni caso.
Ho
chiesto di riferirti queste parole perché
c’è qualcosa di importante che devi sapere:
abbiamo vinto. La rivoluzione è finita, Joketsuzoku
è finalmente libera da quelle vetuste leggi che per secoli
hanno condizionato le vite di tutti noi. Niente più
matrimoni forzati, niente più orgoglio amazzone da
preservare: finalmente ognuno potrà vivere la sua vita.
Ed
è quello che voglio tu faccia, Shan-Pu.
Avevi
già cominciato a farlo nell’ultimo anno, e ora
è il momento che tu trovi la forza di camminare dritta sulle
tue gambe. So che ne sei capace, non ne ho mai dubitato.
Mi
hai resa orgogliosa, bambina mia.”
Nessuno
osò fiatare mentre Shan-Pu piangeva silenziosamente,
stringendo al petto il foglietto quasi fosse l’ultima cosa a
tenerla legata alla bisnonna.
Solo
Mousse si decise a fare qualcosa, inginocchiandosi accanto a lei e
abbracciandola; la ragazza non lo respinse, ma si lasciò
cullare dalle braccia di lui.
Obaba
di Joketsuzoku era morta.
Prima
o poi sarebbe dovuto accadere, tutti lo sapevano, eppure quella donna
così minuta e longeva sembrava dovesse seppellirli tutti
quanti.
E
invece era morta per mano delle sue stesse compatriote.
Sistemando i fiori
sulla tomba, rinuncio all’idea di picchiare Mousse.
Non se lo merita, e
sono abbastanza sicura che anche tu non lo incolpi di nulla.
Purtroppo non
è l’unico a convivere con i sensi di
colpa… io per prima, per tanto tempo, ho continuato a
rimproverarmi di non aver fatto nulla per salvarti, che forse potevo
sfuggire a quella stupida trappola e correre da te. Ma sappiamo
entrambe che non è così, e se tu fossi qui di
sicuro mi faresti una ramanzina delle tue.
Ora va
meglio… o meglio, continuo a sentirmi un po’ in
colpa, ma non rimango più sveglia ogni notte piangendo e
disperandomi. Quando ti sogno sei sempre serena, e questo mi aiuta
molto.
Mousse
invece… fa ancora incubi tremendi. Spero che anche lui
riesca a scendere a patti con se stesso e con quanto è
successo, prima o poi. Io gli sto vicina, ma non posso fare
più di tanto.
Mi volto a guardarlo,
e noto che si è allontanato di qualche passo.
Vorrà dire
che ti racconterò qualche altra novità, visto che
il nostro volo è domani mattina e non dobbiamo correre come
l’ultima volta.
Ranma e Akane hanno
ufficialmente preso le redini del dojo Tendo.
Ranma è
davvero un ottimo insegnante, sai? È proprio bravo con i
bambini… Akane si occupa della parte burocratica e intanto
studia all’università; ha provato a convincere
Ranma a iscriversi anche lui, che una laurea è
importante… ma il testone non vuole saperne, al momento. Ma
confidiamo tutti nelle capacità
di persuasione
di Akane Tendo.
La cuoca e
l’uomomaialino vivono ufficialmente insieme: hanno ingrandito
il locale e aggiunto qualche camera al piano di sopra. Lei adesso
frequenta una scuola di cucina. Non ha abbandonato le okonomiyaki, sia
mai… ma vuole ampliare il suo menù.
Lui continua a
perdersi anche girando su se stesso, ed è bello che certe
cose non cambino mai.
Lei continua ad
ascoltare orribile musica enka e questo vorremmo che cambiasse, ma non
vuole saperne.
Oh, Kasumi Tendo e il
dottor Tofu si sono finalmente sposati! Non so come lui abbia superato
i suoi attacchi di panico in presenza di Kasumi, ma ce
l’hanno fatta, e ora il signor Tendo piange di gioia in
attesa del primo nipotino.
In quanto a
noi…
Beh, ti
entusiasmerà sapere che la nostra coabitazione va a gonfie
vele. Anche se siamo solo in due riusciamo a gestire il ristorante
senza particolari problemi, a parte le bollette. Non vuoi sapere quanto
le tasse giapponesi sono schizzate in alto in questi ultimi tempi. Per
fortuna i nostri camerieri e cuochi sono bravi, efficienti e
soprattutto percepiscono il minimo sindacale senza battere ciglio. Se
poi in futuro le cose si dovessero mettere per il meglio sono la prima
a volerli ricompensare come meritano.
Come? Volevi sapere in
merito a questioni più… personali? Non ti facevo
così curiosa. E va bene, va bene.
Che dire. Stiamo bene
assieme, io e lui. Ricordo che, in quei turbolenti giorni, gli ho detto
che ero davvero fortunata ad averlo tutto per me. Come facilmente
prevedibile quella frase ha assunto sempre più
verità col passare del tempo. Non ho mai avuto motivo di
dubitare, essere arrabbiata oltre una fisiologica soglia di scherzo,
pensare male. Si è sempre comportato come il miglior
cavalier servente che una dama possa mai desiderare: colmo di
attenzioni, galante, comprensivo, attento. Off, se parto con la lista
della spesa non finisco più.
E anche dal versante
più strettamente… carnale, l’intesa
è sempre delle migliori. Lo sapevi, vero? Sì,
sono sicura che ne fossi al corrente. E anzi, se per qualche motivo
avevi delle obiezioni sul nostro essere intimi sotto le coperte, ti
ringrazio per non averlo mai portato a galla. Lo trovo un gesto molto
rispettoso da parte tua.
C’è
una cosa che a te posso dire e a lui no, non ancora almeno: sono in
ritardo. Potrebbe essere dovuto al carico di stress
dell’ultimo periodo, col Nekohanten sempre pieno. O forse no.
Devo riuscire a trovare il modo di dribbarlo e andare a comprare un
test, giusto per essere sicuri.
Se l’esito
sarà positivo… eh. Ho idea che Mu-Si salterebbe
di gioia come un pazzo alla prospettiva di diventare padre, ma io non
ho la certezza che lo seguirei nei festeggiamenti. Credo che siamo
ancora un po’ troppo giovani per prenderci la
responsabilità di un figlio.
Alt alt, so cosa stai
per dire e voglio rassicurarti: nessun bisturi mi toccherà
mai. Nel caso farò mio lo spirito più vero delle
amazzoni e affronterò il problema con coraggio e
determinazione. Non intendo disconoscere o, peggio, liberarmi del
sangue del mio sangue. Non con il tuo esempio a farmi da monito e a
ricordarmi cosa significa prendersi cura di un discendente.
Diciamo solo che spero
di poter avere ancora un po’ di tempo prima della lieta
novella. Vorrei potermi sentire davvero pronta, e che soprattutto sia
una scelta ponderata e non il frutto di un buco nel preservativo.
Altro da
dirti… no, direi di no. Le cose più importanti le
ho elencate, il resto sono dettagli privi di importanza e ti annoierei.
Mi alzo.
“Possiamo
andare, Shan-Pu?”.
“Che
cos’hai oggi, Mu-Si? Ti vedo meditabondo e stranamente
inquieto”.
“Non
so, forse mi sono solo svegliato male. O non dormo
abbastanza”.
“Ma
se non ti si schioda dal letto manco con le cannonate senza le tue
dieci ore di sonno consecutive”.
Continuando a
battibeccare come due scolaretti ci avviamo verso l’uscita,
ridendo.
Darei un rene per
averti qui con noi, nonna. Ma mi saprò accontentare del
buono che la vita mi sta generosamente regalando. |