Toby
Era tutto perfetto…
Ogni cosa era come doveva essere…
Per la prima volta in vita mia mi ero sentito a
casa…finalmente parte di una famiglia…
Già…fino al momento in cui quell’incanto si è spezzato
Tante volte, quand’ero all’orfanotrofio, mi sono chiesto cosa
dovessero provare quei bambini, che dalla finestra potevo scorgere, felici, o
almeno all’apparenza, per mano alle loro mamme, ai loro papà…
Erano sensazioni a me sconosciute, com’era sconosciuto
quell’affetto di cui tanto sentivo parlare…quell’affetto che sente una madre
per il proprio bambino, per la propria creatura…O almeno è quello che ogni
madre dovrebbe provare…già, perché a quanto mi hanno riferito la mia era
l’eccezione che conferma la regola…
Sono infatti stato abbandonato qualche ore dopo la mia
nascita, lasciato a me stesso, al mio destino…nessuno che si sia preso la briga
di accudirmi, di accertarsi che io stessi bene…
Nessuno che mai mi abbia rassicurato, protetto…protetto da
un mondo tanto duro e difficile che io ho dovuto affrontare da solo
Mi ricordo certe notti, all’orfanotrofio, in cui per me era
veramente difficile addormentarmi…Quanto avrei voluto che ci fosse qualcuno
accanto a me, qualcuno che mi stringesse, che mi facesse sentire amato…
M purtroppo quello che sentivo erano solo delle urla, a
volte dei gemiti, provenire dal piano di sopra…E io allora me ne stavo lì,
fermo immobile nel mio letto, intontito da qualche bicchiere di gin di troppo,
con la paura che l’uomo nero, o qualsiasi altro strano mostro, frutto
probabilmente della mia sciocca fantasia infantile, venisse a prendermi per
farmi del male…
“Qualcuno si ricorderà di te, vedrai!”
“Non sei solo…”
“Si, qualcuno alla fine verrà a prenderti e ti porterà via
da quest’inferno!”
E mi ripetevo queste parole, per farmi coraggio forse, o
probabilmente per darmi la forza di andare avanti…
Ma i giorni passavano, e vedevo piano piano i miei amici che
venivano adottati da qualunque coppia londinese, desiderosa di trasferire un
po’ d’amore a qualche povero orfanello in cerca di una casa…
Si, i giorni passavano e io cominciavo a diventare sempre
più grande, sempre più ansioso e certo che prima o poi, una domenica, avrei
ricevuto anch’io la tanto attesa visita…
E anche per me quella domenica arrivò…
Mi ricordo che ero così eccitato, quando mi dissero che, se
avessi fatto il bravo, presto, anzi prestissimo, qualcuno sarebbe arrivato
anche per me…
Quel qualcuno arrivò…eccome se arrivò!...ma decisamente non
era quel che mi aspettavo…
Nessuna coppia, infatti mi aspettava all’ingresso
dell’orfanotrofio…Nessuna mamma desiderosa di accudire il suo nuovo
bambino…nessun papà pronto a leggergli una favola la sera…
Ma un uomo, un uomo altezzoso, con una buffa pettinatura ed
uno strano accento…
All’inizio mi dissi che un papà era meglio di nessun papà, strano o buffo quale
fosse…Ma ben presto, mi accorsi che le intenzioni di quello strano individuo
erano ben lungi dal farmi da padre…
Mi ricordo ancora il cambiamento di tono da quando ero con
la direttrice dell’orfanotrofio a quando fummo finalmente da soli…
Non che la cosa mi stupì poi molto, ero abituato alla gente
che mi parlava e mi trattava con disprezzo, solo che all’inizio mi ferì…Mi ferì
perché mi ero illuso, illuso di poter trovare in quell’uomo quel rifugio che
tanto avevo desiderato…
Passarono i giorni, le settimane, e poi i mesi… e più
momenti passavo con lui, più rimpiangevo la vita che facevo all’orfanotrofio,
sia pur triste e grigia quale fosse…
Imparai il mestiere di aiutante barbiere, ma imparai anche
un’altra cosa…imparai davvero cosa significava la parola infelicità…
Per di più, non avevo mai conosciuto la violenza
fisica…mai…mai fino ad allora…
Mi ripetevo spesso che forse ero io a sbagliare, forse ero
io a non fare le cose come dovevano esser fatte, e che probabilmente se facevo
il bravo lui avrebbe smesso di sfogarsi su di me, avrebbe smesso di slacciarsi
la cinghia e frustarmi fino a che non imploravo il suo perdono e mi vedeva
gemere a terra dal dolore...
Ma in un attimo la mia vita cambiò…
Spesso, ancora oggi, nei momenti peggiori, mi viene da
pensare che fu proprio il Signore a mandarmi da lei, a far si che mi strappasse
dalla vita disumana che stavo vivendo…
Lei, Nellie Lovett, l’unica madre che ho mai conosciuto…
Posso dire che quello vissuto con lei è stato il periodo
probabilmente più felice della mia vita, consapevole che finalmente ero entrato
nel cuore di qualcuno, qualcuno a cui importava veramente di me!.
Sarebbe stato davvero tutto perfetto se nella nostra vita, o
meglio nella sua, non ci fosse stato Lui…
Lui che non la amava, lui che non la degnava di uno sguardo,
mentre lei pendeva letteralmente dalle sue labbra…
Mi chiedo se, io, che non ho mai conosciuto l’amore, sia
possibile che una persona fantastica come Mrs Lovett, si possa ridurre così, a
compiere le più terribili e spregevoli azioni solo per chi si ama davvero…
Dunque è questo che significa amare?
…
Probabilmente mi sbagliavo anche su di lei…Cosa contavo io
in confronto a quel barbiere che a stento le rivolgeva la parola quando lei gli
confessava i suoi sogni sul loro, sul nostro, futuro insieme..?
Niente…
A sentir lei saremmo presto stati una famiglia felice,
lontano dalla grigia e cupa Londra, lontano da tutto e da tutti, per andare a
vivere il suo sogno, il suo meraviglioso sogno…
E io per un po’ ci ho creduto, ci ho creduto perché mi
piaceva l’idea di vivere per sempre con la donna che in quei mesi mi aveva
trattato come un figlio, sgridandomi e lodandomi come qualunque mamma del mondo
fa con il suo bambino…
Ma purtroppo spesso, troppo spesso, i sogni si trasformano
in incubi…
E fu così che ho perso anche lei, lasciandomi coinvolgere in
una serie di orrori che hanno portato le mie mani innocenti a macchiarsi di
sangue…quel sangue che rimarrà indelebile sulla mia pelle, nella mia mente e
che purtroppo non andrà mai più via…
|