Meridio

di Wendigo
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Quando Alan scrutò l'orizzonte assieme a sua sorella, per poco non svenne.
Il sole, che aveva tanto desiderato di vedere quel giorno, era stato invece occultato da una creatura che, fino ad allora, aveva popolato soltanto i suoi peggiori incubi.

Al contrario, Arya era rimasta pietrificata sul posto, in preda ad una forte crisi di pianto. 
"Come darle torto?", pensò Alan.
Il Gigante di Pietra era arrivato alla fine, e, come se già non bastasse, era diretto proprio verso di loro, le sue "vittime secolari".
Quasi quasi Alan riuscì a notare un ghigno sul volto del Gigante, benché questo, avendo oscurato il sole alle sue spalle con la sua enorme mole, lasciava trasparire unicamente gli occhi, due semplici punti luminosi immersi nell'ombra.
"Arya", cominciò a dire Alan, anche se si accorse presto di aver emesso poco più di un bisbiglio. Cercò allora di recuperare parte di quel sangue freddo che lo aveva sempre distinto dagli altri ragazzi del suo villaggio, per poi tentare nuovamente a chiamare sua sorella.
"Arya", disse, questa volta con il giusto tono, "Dobbiamo andare adesso".
Tuttavia lei non si mosse di un millimetro.
"Perché...", domandò, singhiozzando e voltandosi in direzione del fratello, "Perché ogni volta che osserviamo l'orizzonte lui si intromette, Alan!?".
Alan si avvicinò alla sorella e la abbracciò, cercando di trasmettere quanta più serenità gli fosse rimasta in corpo. Infine la allontanò da lui quanto bastava per osservarla dritta nei suoi occhi color nocciola, gli occhi di loro madre.
"Sai già il perché, Arya: il Gigante ci sta chiamando, e noi dobbiamo rispondere alla sua chiamata".




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