Tutti i personaggi sono proprietà di S. Meyer.
L'ampliamento di alcuni poteri è invece frutto della mia
fantasia.
OSSIGENO
Questa mattina è stato un timido, tiepido raggio di sole
ciò che mi ha svegliata. Ha riempito di luce la mia camera,
al piano superiore della grande casa bianca. Ho passato alcuni minuti a
contemplare tutti gli oggetti che mi circondavano, ma soprattutto la
mia pelle. Era leggermente più lucida del solito, anche se
di pochissimo.
Fortuna che siamo in inverno! Maglione, guanti e sciarpa mi aiutano
molto in queste giornate quando devo andare a scuola. Nonostante per me
sia normale, i miei compagni si insospettirebbero se mi vedessero
brillare.
Beh, ma adesso è buio, finalmente. Sono stata a studiare
fisica a casa di Ester, la mia compagna di banco. Domani abbiamo un
compito in classe e visto che è l’ultimo anno del
liceo dobbiamo impegnarci a dare il massimo. Anche se in
realtà a me non serve poi molto. Ho già tutte le
conoscenze che mi servono. E seguire le lezioni è solo una
mera formalità per me, che sono conosciuta come una lontana
parente di quello che in realtà è mio padre.
Sto rientrando alla grande casa bianca dei nonni. La sera stiamo sempre
un po’ lì prima di spostarci a casa nostra,
così la mamma e il papà possono passare del tempo
con gli zii.
Il vento mi scompiglia i lunghi ricci rossicci, e mi fa chiudere per un
attimo i miei grandi occhi castani. E allo stesso tempo porta al mio
orecchio alcune note di un pianoforte. Sono ancora lontana da casa, ma
il mio orecchio riconosce subito il tocco delicato delle dita sui
tasti. È papà che suona, e sono quasi sicura che
mamma è sdraiata sul divano accanto a lui, assorta
nell’ascoltarlo. Riesco già a figurarmi la scena.
Pochi secondi ancora ed ecco arrivarmi anche la voce dolce e melodiosa
di mio padre.
Oh, mio angelo,
il tuo sguardo
bastò a cambiare i giorni miei.
Mi blocco a sentire queste parole. Sono la prima frase di una nuova
canzone italiana, ma sono perfette perché il papà
le voglia dedicare alla mamma.
Le note del pianoforte continuano a risuonare intorno a me, mentre mi
avvicino sempre di più. Ma sono assorta nei ricordi e il
mondo adesso non esiste. Rivedo la mensa della scuola, gli sguardi che
si incrociano per una frazione di secondo. Sento le sensazioni di mio
padre: curiosità per la nuova arrivata, ma anche
frustrazione. E poi. Sete. Una sete mai provata prima.
Rivedo la loro prima lezione insieme, nel laboratorio di biologia. I
pensieri di papà che vorrebbe tanto uccidere la ragazza che
gli siede accanto, e anche tutti i testimoni del fatto.
Mi riscuoto. Basta pensarci. Ho ‘rubato’ questi
ricordi a papà quando, qualche mese fa, gli chiesi di
mostrarmi come si erano conosciuti lui e la mamma. I miei poteri nel
tempo si sono rinforzati molto, e adesso invece che mostrarli, posso
prendere i ricordi altrui.
E in quell’attimo,
il tempo
scappò e di noi si è scordato ormai.
La voce di papà mi risveglia dopo la breve pausa. E subito
mi vengono in mente nuove scene della mente di mio padre. La radura nel
bosco, la sua pelle di diamante alla luce del sole, molto
più brillante della mia. E poi il loro primo bacio.
È proprio vero. In quell’attimo il tempo si
fermò completamente, non esisteva più niente e
nessuno capace di distruggere quello che era appena nato, il loro amore
infinito. E di certo il tempo ormai non è più un
loro problema. Mi sento improvvisamente invasa dalla dolcezza e
dall’amore che in quel ricordo impregnano tutto, e sorrido al
pensiero che anche io sto iniziando a provare qualcosa del genere.
Anche se ho la sensazione che la mia storia sia un po’
diversa.
Ormai sono a pochi passi da casa, e dalla grande finestra della sala
riesco a vedere l’interno. È buio, ma le candele
sono ovunque nella stanza, in ogni angolo, e creano
un’atmosfera molto romantica.
Non voglio disturbarli, ma voglio ancora sentire la voce di
papà che canta, quindi mi appoggio alla finestra, senza
farmi vedere, senza dare fastidio, ma guardo e ascolto.
Ma la vita è bella
perché è imprevedibile.
Lasciati portare lei sa.
Ecco un altro ricordo. Questo però me l’ha
regalato la mia zietta preferita. La persona più pazza e
gioiosa che io conosca. E la vedo, con lo sguardo perso nel vuoto,
osservare qualcosa che solo lei può vedere, in mezzo al loro
campo da baseball. Ed ecco l’imprevisto. Tre forestieri,
causa di molti guai, e poi la fuga, l’ansia di tutti in quei
momenti.
Si sono lasciati portare da ciò che solo la zia vedeva e che
cambiava spesso quando anche il segugio cambiava la propria idea.
Anche mamma sta ricordando queste immagini perché alla
debole luce delle candele la vedo trasalire per un attimo, ma poi
tornare a concentrarsi sulla figura di papà seduto davanti
al pianoforte nero, che continua a cantare.
Prendere la vita
com’è, com’è difficile.
C’è
una sola certezza in me.
Certo, per loro è stato difficile all’inizio. La
mamma era così fragile. Una calamita per i guai e le
sfortune di ogni genere. Ma da quando si erano conosciuti
papà è sempre stato al suo fianco, pronto a
sorreggerla quando cadeva e a ridarle il sorriso quando era triste.
Come la cera che sostiene lo stoppino della candela, impedendogli di
piegarsi in modo da continuare a bruciare e a fare luce.
Chiudo gli occhi. L’immagine del salone con le candele e il
pianoforte è ancora più che nitida nella mia
mente ma adesso voglio solo concentrarmi sui ricordi dei miei genitori.
Amo rivederli nei loro primi periodi, quando il sentimento che li univa
così fortemente era anche motivo di paura per il
papà che temeva da un momento all’altro di cedere
ai propri istinti e uccidere la donna che amava e ancora ama
più di se stesso. E nonostante fosse più che mai
certo di quello che il suo cuore ha sempre detto, la paura ci ha messo
molto tempo a sparire.
È per te, per te
perdutamente,
che farei
dell’impossibile e dei sogni la realtà.
Riapro gli occhi, e vedo entrambi i miei genitori sorridersi. E nella
mia mente si fa strada una nuova immagine di loro due, alcuni anni
prima, in piedi sulla cima di un albero, che contemplavano la bellezza
del paesaggio che li circondava. Non so cosa provava la mamma di
preciso, non riesce a ricordare chiaramente le sensazioni di quel
periodo. Ma a giudicare da quello che ho saputo da papà era
incredula, stupefatta ed infinitamente euforica.
Ma il ricordo cambia. Rivedo scene di ansia a e angoscia, nuovamente,
ma questa volta dettate da una differente ragione. Papà
stava per fare qualcosa di proibito, mostrarsi al mondo per
ciò che realmente era. Temeva di aver perso per sempre la
mamma e aveva deciso che ormai per lui non valeva più la
pena vivere. Solo per lei stava rischiando tutto, stava facendo tutto
ciò che era in suo potere per andare incontro ad una morte
difficile da trovare.
Ma fortunatamente la mamma e la zia erano riuscite a impedirglielo.
E dei miei pensieri sei tu il
punto fermo,
sei nel cuore oppio,
fuoco e ossigeno!
La luce tremolante delle candele e la figura nera del pianoforte sono
gli elementi che predominano la scena in questo momento.
Anche nei ricordi.
E lo vedo, il mio papà, davanti al piano. Da solo nella casa
silenziosa, immaginare la fragilità di mamma,
così insicura in tutto, così impacciata e
sbadata, pronta a spegnersi come la fiammella di una candela.
Sento i suoi pensieri di quel giorno, di quell’attimo in cui
stava suonando la canzone preferita della nonna e subito dopo iniziava
a comporne una nuova, ispirata dai pensieri sempre fissi e fermi sul
volto di mia madre, allora ancora capace di arrossire per tutto.
E poi ecco i ricordi della mamma affacciarsi. Qualcosa che era riuscita
a mantenere vivo dentro di lei. La sensazione di pace e
tranquillità che quella ninna nanna che aveva ispirato le
provocava ogni volta che la sentiva. Un sentimento che la pervade
ancora adesso, e forse per questo ancora riesce a ricordarlo.
È sempre stata come una droga calmante per lei, come lei era
droga per papà.
E adesso cosa succede? Mi sento bruciare dentro, come se il mio stesso
sangue fosse fuoco liquido. Cerco di concentrare la mia attenzione su
una delle candele della sala, per ignorare il dolore. E allora capisco.
È il fuoco che sentiva la mamma quando è stata
trasformata da papà. Era il suo ricordo del dolore e del
bruciore a farmi sentire le stesse cose.
E subito ecco di nuovo la pace, e la serenità non appena
mamma, aperti gli occhi ormai rossi, aveva incrociato lo sguardo di
papà, la sua aria, il suo ossigeno.
Questo amore piegò
odio ed invidia
perché
è inviolabile.
Ah, che bello il loro legame. Li osservo. Adesso mamma si è
alzata dal divano e si muove lenta ed eterea tra le decine di
fiammelle, andando ad appoggiarsi al piano, poco distante da
papà. Quanto sono belli. E poi le parole. Ancora una volta
sono perfette per loro. Sono andati contro ogni legge fisica e umana
pur di portare avanti il loro amore. Ma niente e nessuno è
riuscito a fermarli. Sempre avanti, sempre insieme, mai, o quasi mai
divisi.
E con occhi chiusi siamo in volo
senza più ferirsi.
Non scendiamo se non
vuoi.
Rimango con gli occhi fissi sulla scena che ho davanti. Ormai sono
entrambi invulnerabili, bellissimi. Nessuno potrà
più dividerli se non saranno loro a volerlo.
E sorrido tra me perché so con certezza che non si
divideranno mai.
E se sto sognando vi prego non
svegliatemi.
Questa è la
mia vita e voglio dirti che:
è per te, per
te perdutamente,
e perduto follemente,
il mio mondo
è per te.
Papà fissa negli occhi la mamma senza guardare
più gli 88 tasti neri e bianchi che continuano a scorrere e
abbassarsi sotto le sue dita.
Quante volte ho visto lei, nei ricordi, essere convinta di star
sognando! Non poteva credere che un ragazzo tanto perfetto si potesse
interessare a lei, così insignificante. Una creatura
così potente, forte e fiera come un leone, innamorato si un
piccolo, indifeso e impacciato agnellino.
Quella scena, tanto intima e dolce che papà mi aveva voluto
mostrare. Loro due soli, nella radura.
“Così il leone di innamorò
dell’agnello…” mormorò
papà.
La mamma guardò altrove, nascondendogli gli occhi,
elettrizzata da quelle parole.
“Che agnello stupido…”
sospirò.
“Che leone pazzo e masochista!” le rispose
papà.
E ora li vedo ancora innamorati, come quel giorno, illuminati
tenuamente, e avvolti dal suono dolce del pianoforte.
Quante follie avevano commesso entrambi per stare insieme! Li vedevo, e
li vedo ancora, cercare ogni singola scappatoia per non dividersi,
anche solo per pochi minuti. Non riescono proprio ad immaginare la
propria vita, il proprio mondo senza la presenza dell’altro.
Sei nei miei pensieri, e nei
desideri
come nel DNA.
Quando tu non ci sei
sei nell'aria che
respiro,
sei nel cuore oro, luce
e ossigeno.
Si appartengono. Lo so, lo sento, lo vedo. Sono
quell’ossigeno che nessuno dei due ha bisogno di respirare ma
senza il quale non potrebbero vivere.
Le note del pianoforte si spengono lentamente, dolci. E allora entro,
ormai non disturbo più la loro canzone.
“Piccola.”
“Eccomi papà! Ciao mamma!”
Li abbraccio forte e mi lascio coccolare da loro per qualche secondo.
Poi sento la voce di papà rivolgersi a me.
“Ti sbagli piccola. Certo la mamma è la cosa
più preziosa per me e io lo sono per lei. Ma
l’oro, la luce e l’ossigeno nei nostri cuori sei
tu.”
Mi guarda con i suoi occhi d’oro pieni di affetto, e io resto
sbalordita. Mi volto verso mia madre e la vedo annuire a conferma delle
parole di papà.
Ma poi una domanda mi sorge spontanea, e non so neanche io da dove mi
è venuta.
“Mamma, papà. Perché avete riempito la
stanza di candele? La luce c’è, e comunque voi
vedete lo stesso bene al buio.”
Li vidi sorridere poi la mamma mi rispose.
“Perché quando ancora ero un’umana io
ero molto fragile e tuo padre pensava a me come a una fiammella di una
candela. E temeva che al minimo alito di vento mi sarei spenta. Era
molto protettivo nei miei confronti. A volte accendiamo le candele e
ricordiamo quel periodo felice, ma anche pericoloso e caduco. Sono un
simbolo importante per noi.”
“Come lo è il pianoforte.” Aggiunse
papà. “Suonavo spesso per la mamma quando tu non
eri ancora nata, e ancora prima quando era umana. Suonavo e cantavo per
lei. Sono simboli importanti della nostra storia.”
“Ho capito! Beh, vado a salutare la zia Alice e poi vado alla
riserva stasera.”
Papà mi fissa con occhi un po’ contrariati. Lui
non è mai andato troppo d’accordo con il mio
ragazzo, ma cosa posso farci. È normale che i padri siano
gelosi delle figlie no?
Ah, dimenticavo, non mi sono ancora presentata. Io ho 6 anni, ma il mio
organismo ne dimostra già 18. E il mio nome è
Renesmee Cullen, ma potete tranquillamente chiamarmi Nessie, come fa il
mio amato Jacob.
Saku's Space.
Eccomi qui. Come promesso ho cercato di pubblicare prima possibile
questa storia a cui stavo già pensando da qualche giorno. E
oggi l'ho finalmente messa nero su bianco!
Attendo impaziente vostri commenti e impressioni!!!
A presto.
La vostra Saku!
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