Avvertenze:
contenuti
particolarmente disturbanti, conoscete la storia di Atreo e Tieste?
Insomma, se
avete lo stomaco sensibile, forse non è il caso che leggiate.
Sottinteso
IsaxLea. Scene di effusioni.
Niente
di esplicito ma potrebbe davvero darvi fastidio una cosa del genere.
Post
KH3 perché sono ottimista.
No,
seriamente, rifletteteci bene prima di leggerla.
Specialmente
se vi piacciono molto Roxas e Xion.
Ovviamente,
mi auguro non vi piacciano in certi modi.
Everything’s
fine.
Una
tavola imbandita. Dei fiori. Piatti di
porcellana.
La vecchia casa di Isa.
Se si fosse ritrovato in una situazione del genere solo pochi giorni
fa, si
sarebbe preso a pizzicotti prima ancora di tentare di darsi una
spiegazione.
Avrebbe creduto, senza alcuna ombra di dubbio, che si sarebbe trattato
di un
sogno. Ma, per sua fortuna, è tutto vero.
Perché va tutto bene.
Erano state le prime parole che aveva detto Sora, al termine di quella
tremenda
battaglia tra luce ed oscurità, dopo aver visto sparire le
persone che dovevano
sparire, e ritornare quelle che dovevano tornare.
Isa era una di queste persone.
E Lea, per una volta, non può credere alla sua fortuna. Di
certo, gli ultimi
anni erano stati tremendi: menzogne, abbandoni, addii, tradimenti. Con
o senza
cuore, era un carico decisamente difficile da sopportare. Aver visto
Isa voltargli le
spalle, e doverlo chiamare con un
nome diverso da quello a cui era abituato, nome, peraltro, ottenuto
dopo un
vuoto battesimo presieduto dall’unico responsabile della
rovina della sua
stessa non-esistenza.
Saïx. Quanto può suonare male? Saïx
sembrava il suono di una bestia feroce. Il suono
di qualcosa di doloroso.
Il
suono di un addio.
Nulla a che vedere con quel dolcissimo ‘Isa’ che
aveva sempre cinguettato, da
giovane, per qualsiasi sua esigenza.
Se
voleva giocare, bastava dire ‘Isa’.
Se voleva piangere, basta dire ‘Isa’.
Se voleva anche solo litigare, sfogarsi, ‘Isa’ era
tutto ciò di cui aveva
bisogno.
Saïx era tutto ciò di cui sperava non dover
necessitare in quelle nuove
condizioni di atrofizzazione sentimentale.
E
quando aveva finto che fosse così, in quella
recita messa in piedi da circostanze avverse, era arrivata la sua
rovina.
Aveva
dovuto cercare palliativi, accontentarsi di
nuovi amici.
Solo,
non si stava accontentando.
Nell’innocenza di due ragazzini, due giovani anime dal cuore
troppo grande per
vederselo rubato da un momento all’altro, aveva ritrovato la
sua salvezza.
Beh,
le cose non stavano esattamente così, e non
averlo rivelato subito si è dimostrato il preludio al
capitolo finale di quella
macabra avventura, in quel gioco di ombre che era diventata la sua
quotidianità.
Ma
ora è soddisfatto. Ha combattuto. Tutto è
ritornato nell’ordine che il microcosmo di Lea aveva
stabilito.
Ha
due nuovi amici. Ha un’intera esistenza da
ricominciare.
Ha
il suo Isa.
…e
ha avuto anche lo stupore di vedersi proporre un
invito a cena da quell’Isa di cui forse ricordava troppo poco
–possibile biasimarlo,
dopo tanto tempo e frammenti di memorie andati perduti?- ma
senz’altro, mai si
sarebbe aspettato una cosa del genere da lui.
Eppure è lì, davanti a lui.
In quella cucina dove da ragazzini si riunivano per fare i compiti.
E’
seduto a tavola, intento a fissare la schiena di
Isa, che traffica con pentole gorgoglianti, mestoli macchiati, coltelli
e
spezie. Lo osserva, analizzandone ogni dettaglio, memorizzandolo come
solo lui
sa fare. Vorrebbe avere una macchina fotografica. Quei capelli blu, che
ricordano sete fruscianti nei letti d’oriente, sono legati in
modo da scoprire
quel collo candido, che i suoi occhi avidamente bramano, immaginando il
resto
di quella pelle, coperta non più da tetri cappotti di pelle
nera. Dei vestiti
di comune utilizzo, sobri perché Isa e la
sobrietà vanno insieme a braccetto,
questo lo ricorda. Nulla a che vedere con certi ragazzini che indossano
colori
sgargianti e kefiah dai toni improbabili, mh? Ed è
ammirevole come si impegna
su quei fornelli, quando, anche di questo ne è certo, Isa
non è mai stato un
tipo da lavoretti domestici, specialmente da cucina. Le loro merende
erano
sempre o gelati venduti da stravaganti paperi in giro per strada,
oppure degli
arrangiamenti fantasiosi ottenuti con quanto il frigo di uno dei due
aveva da
proporre. A giudicare da quel profumo dolcissimo, poi, non se la sta nemmeno cavando male.
Improvvisamente, Isa volta
il viso, forse conscio di essere osservato così
intensamente. Quando i loro
sguardi si incrociano, a Lea non viene altro da fare che arrossire,
seduto
lì, a tavola, paziente come un bimbo che aspetta il pranzo
dalla madre. Ma
nonostante l’espressione costantemente seria e dura di Isa,
sfugge ad entrambi
un sorriso.
Perché c’era anche quel piccolo particolare, tra
loro. Quella piccola tensione
a lungo dimenticata in virtù di scopi ben poco nobili, ma
tanto taciuta quanto
riconosciuta.
Ricorda solo momenti fugaci tra loro, quando erano giovani. Baci
scambiati
quasi per esperimento, rubati dietro a vicoli con l’ansia
della folla che
poteva beccarli da un momento all’altro. Carezze date per un
qualsiasi
pretesto, sempre ‘accidentalmente’. Un
po’ di polvere sulla spalla. Una macchia
accanto alle labbra. Un po’ di sapone rimasto sulla schiena.
Chissà se quella sera quel sentimento così sopito
si sarebbe risvegliato,
mostrandosi in una furiosa esplosione di dichiarazioni…e
altro.
Una
parte di lui ci spera.
L’altra nemmeno azzarda, per paura di rovinare quel momento
perfetto.
Finalmente,
dopo tante e tante riflessioni, Isa si
volta, con espressione un po’ affaticata, ma sembra piuttosto
soddisfatto del
risultato. Regge per i manici, opportunamente coperti con un panno
umido, un’enorme
pentola che orgogliosa emana il profumo del suo stesso contenuto.
Poggia a
tavola il tutto, in un silenzio innaturale, mentre Lea ruba ogni
singolo gesto,
ogni singolo momento, come se sperasse di vederli ripetuti come in
loop, giorno
dopo giorno. Come se sperasse che quella diventasse la sua nuova
quotidianità.
Isa prende un mestolo, lo immerge e ne versa il contenuto nel piatto di
Lea.
Non ha ben idea di cosa sia. Sembra un invitante tipo di carne bianca,
a
pezzetti, accompagnato da tante piccole verdure.
Lea non è esattamente un fanatico della carne. Anzi, la
detesta a dire il vero.
Ma non è il caso di sminuire il lavoro del suo
–ancora per poco, se gli dei lo
vorranno- amico, no?
Guarda
compiaciuto prima la sua porzione, poi Isa,
che ne versa un po’ anche nel suo, di piatto.
Non
si dicono niente. E Lea non inizia a mangiare.
Non ne ha troppa voglia, nemmeno se lo spiega il perché.
Sarà la sensazione di batticuore nel petto, una sensazione
che non provava dal
momento in cui lo ha riavuto di nuovo tra le sue braccia, dopo una
ricerca
estenuante.
Sarà
che quel sorrisetto di quel ragazzo bellissimo
seduto davanti a lui gli toglie il fiato, e lo fa sentire come una
ragazzina
innamorata per la prima volta.
Sarà che è sì affamato, ma di ben
altro.
Isa lo nota, e non trattiene la sua perplessità, Portando le
mani sotto al
proprio mento, con un’aria di elegante attesa.
-Non
mangi, Lea?
E’ solo grazie a quella domanda che si accorge di quanto a
lungo ormai l’abbia
fissato, e lui, con la faccia tosta che si è sempre
ritrovato, arrossisce per
la seconda volta in meno di dieci minuti.
-Non…è che…- si ritrova a balbettare,
sorridendo imbarazzato, grattandosi la
nuca. -…sai, Isa, sono rimasto sorpreso all’idea
di te che cucini. Non è…da te,
ecco tutto.
-Ho voluto fare qualcosa di diverso per un momento speciale, cosa
c’è di
sbagliato?- risponde Isa, iniziando, malgrado il suo commensale non
abbia
ancora cominciato, ad assaggiare il frutto dei suoi sforzi. E gli
sfugge un
sorrisetto immediato, quasi compiaciuto. -…e non per
vantarmi, ma è davvero
delizioso.-. Un altro boccone, ed il sorriso si allarga ancora di
più. – Credo dipenda
anche dalla qualità degli ingredienti.
-A…ah, sì?- domanda Lea, del tutto disinteressato
al discorso. Non può far
altro che rimanere rapito da quella visione. Prega, con tutto il suo
cuore –ora
può farlo- che ogni sera, al ritorno da un eventuale lavoro,
possa avere quella
scena a disposizione. Magari vivere insieme. Lui ed Isa…
Eppure il ragazzo smette di mangiare, fissandolo nuovamente, stavolta
con aria
di rimprovero.
-Lea,
guarda che mi offendo!
-S…scusa,
scusa!- esclama il ragazzo coi capelli
rossi, imbarazzato, grattandosi un po’ il viso.
Si sente decisamente molto, troppo nervoso. A breve il cuore nel petto
potrebbe
scoppiare.
Fissa la pietanza, afferrando un cucchiaio appoggiato accanto al piatto.
E…e improvvisamente, si fa largo una strana sensazione in
lui.
Che cosa c’è di sbagliato, in tutto
questo…?
Non si tratta più di farfalle nello stomaco.
C’è qualcosa che non va…
Eppure
quando solleva il viso vede Isa che ancora lo
guarda con aria indispettita, a braccia incrociate.
-Non
ti fidi così tanto della mia cucina, Lea?
-No, sono certo sia delizioso…
-Allora
non ti fidi di me.
Bastano
quelle ultime parole a spezzare l’atmosfera.
Ecco quello che non voleva che accadesse. Che Isa si senta in qualche
modo
vincolato dagli eventi del passato. Che i loro rancori degli ultimi
anni
emergano improvvisamente, distruggendo tutto quello che
c’è –e potrebbe
esserci- tra loro. E quando lo guarda, vede quell’ombra di
senso di colpa,
appannargli gli occhi. No, non vuole. Vuole che tutto sia come prima.
Vuole che
Isa si senta, nei suoi confronti, esattamente come tanti anni fa.
Di
tutta risposta a quell’ultimo commento, prende
una generosa cucchiaiata e la fa precipitare in bocca.
….e
non può crederci.
E’
delizioso.
-Isa,
non credevo potessi essere un cuoco così
bravo!
L’aria di Isa si alleggerisce a quelle parole, sospirando
quasi sollevato.
Chiudendo gli occhi, riprende un altro boccone, e quando li riapre,
riesce a
vedere Lea che ancora mangia.
La
cosa non può che fargli piacere.
Un
estremo piacere.
Il
suo piccolo, dolce…
…estremamente
semplice Lea.
La
cena finisce, e nel migliore dei modi. Risate,
tante risate, come non se ne facevano da un bel po’.
Sguardi
nostalgici che oscurano quelli di sospetto,
rancore e delusione, scambiati tra fredde mura di un universo che
sembra quasi
essere esistito nei loro sogni.
Ecco
come Lea definirebbe gli ultimi eventi: solo un
brutto sogno.
La realtà è di gran lunga più
piacevole.
Come
potrebbe non essere così? Va tutto bene!
E stanno ancora ridendo al ricordo di loro due, da giovani, che
cercavano di boicottare
la recita di Natale, insoddisfatti del ruolo ridicolo di renne che era
stato
loro affibbiato.
Di tante altre marachelle, fatte sempre con la dispettosa innocenza di
due
bambini che, nonostante i caratteri completamente diversi, si son
ritrovati fin
troppo bene insieme.
Così
tanto da resistere anche ad una lunga, oscura
separazione.
E
ritrovarsi di nuovo lì, a tavola, a consumare un
pasto insieme.
-Oh,
Isa, è così bello stare qui…
Forse
con nota un po’ troppo sentimentale, ma a Lea
sfugge esattamente cosa sta pensando in quel momento, ubriaco di
sentimenti
positivi e della presenza di quel ragazzo che non pensava gli mancasse
così
tanto nell’anima.
Isa, coprendosi ancora la bocca, composto anche nell’euforia,
cerca di
riprendersi.
Lea non può fare a meno che guardarlo negli occhi,
adorabilmente attratto da
quel blu profondo che per tanto tempo era stato brutalmente sostituito
da un’aureola
dorata, e che non aveva niente a che vedere con gli angeli.
La
cicatrice al centro della fronte c’era ancora,
quella X che in qualche modo lo marchiava a vita, ma nulla che la
luminosità di
quel sorriso mancato per troppo tempo non possa coprire.
Lea ne è innamorato pazzo, e anche Isa deve essersene
accorto, dal modo in cui
ricambia il suo sguardo.
-Mi
trovo bene anche io, Lea. Dovremmo farlo più
spesso.
-Oserei
dire sempre!
-Perché
no?-
Lea
non capisce quell’ultima domanda, tantomeno
capisce il motivo per cui Isa si sta alzando dal suo posto, e con
un’espressione
che lui oserebbe definire tremendamente
eccitante si avvicina a lui, con un sorrisetto che non lascia
presagire
sante intenzioni. Isa si piega verso di lui, senza togliergli gli occhi
di dosso,
deliziandosi di quell’espressione adorabilmente sorpresa,
compiacendosi di
quanto potere abbia su di lui. E anche Lea non gli è
indifferente. Lo si
capisce mentre gli prende il viso con una mano, dal mento,
sollevandoglielo,
accarezzandogli il labbro col pollice, come se volesse tastarne la
morbidezza.
-…da
quanto non ci baciamo, Lea?
-Non…non
ricordo, Isa…
Lea si congratula con sé stesso, mentre trattiene il
respiro. Potrebbe
esplodere, dare fuoco all’intera casa, e sbattere
violentemente Isa sul tavolo
per festeggiare quell’inaspettato cambio di atmosfera. Sente
il fuoco nell’aria.
E lui di fuoco se ne intende.
Isa
riprende a parlare, mentre malignamente si
avvicina a quella figura appena più piccola di lui,
slanciata e passionale.
Come una lingua di fuoco, per l’appunto.
-Oserei
dire da quando numero Tredici e Quattordici
si sono intromessi nella nostra vita.
L’espressione
di Lea cambia improvvisamente,
contrariato dal sentir parlare Isa in quel modo. Eccolo. Sembra essere
tornato
quell’odioso bastardo che era quando ancora facevano parte
dell’Organizzazione.
Ma non vuole rovinare tutto, a quanto pare è Isa che si
è arrogato il diritto
di distruggere l’atmosfera. Quindi non dice niente. Ma lo
guarda con un broncio
quasi infantile. Isa ride a quell’espressione, e senza troppi
complimenti, si
siede su Lea, continuando a guardarlo con quell’aria
così seducente,
contemplando quell’espressione adorabilmente contrariata.
-Non
fare quel faccino da chioccia che ha perso i
pulcini.
-Sono
miei amici, Isa. E si chiamano Roxas e Xion.
-Lo
so…’amici’…- sussurra il
ragazzo coi capelli
blu, iniziando a far azzardare le proprie mani forti su quel corpo
esile. Può
sentire Lea irrigidirsi mentre sfiora quei punti che ricorda essere
estremamente delicati. Dietro alle orecchie. Alla base del collo. Lea
freme, ed
è evidente, anche se cerca stoicamente di mantenere
quell’espressione offesa.
Non fa che aumentare il divertimento di Isa, che riprende a parlare,
tra quelle
carezze tentatrici.
-…e
in quanto amici, non devi preoccuparti. Non ho
più una cattiva opinione di loro. Le considero
persone…molto buone.
Lea
sorride un po’ più sereno, ed un po’
più
eccitato, mentre Isa con un’intraprendenza assurda gli sfiora
appena le labbra
con le proprie, assaporando un sospiro del ragazzo, mentre le proprie
mani
scendono sul suo petto, sbottonandogli la camicia, e passando
insistentemente i
palmi sulla pelle nuda. Lea freme ancora. Non può credere
alla sua fortuna,
proprio no. Non soltanto ha ritrovato il suo migliore
amico…ma ora quell’amico
sta per diventare qualcosa di più…qualcosa
come…
-…o
almeno, io li ho trovati buoni.
…come?
Isa
ride, divertito alla strana espressione confusa
di Lea. Non realizza il suo piccolo, proprio no.
-Insomma…-
continua, ridendo. Ridendo troppo. Un po’
troppo. Quasi convulsamente. Non è da Isa ridere
così. Con quel fare quasi…maniacale.
Quello non è un sorriso, è un
ghigno. Un ghigno fin troppo compiaciuto.
Il cuore di Lea, che prima batteva per l’eccitazione, ora si
colma di ansia e
confusione.
E
Isa riprende a parlare.
-…mi
sembra che anche tu li abbia graditi, Lea.
-Di
cosa stai…?
Isa
lo interrompe, chiudendogli le labbra con un
dito, con uno ‘shhh’
quasi
affettuoso.
Ma
la parola ‘affettuoso’ non si addice a quel suo
sguardo.
Lea sta tremando.
Isa
parla ancora.
-…ed
in quanto tuoi amici, non devi preoccuparti…-
sussurra Isa, mentre fa scivolare il dito dalle sue labbra, al suo
collo…-…loro
saranno sempre…- …e scivola, fino al
petto…-…qui….-
…e
potrebbe sembrare una cosa estremamente dolce,
estremamente romantica.
Se
non fosse per il fatto che il dito non si
ferma all’altezza del cuore.
All’altezza
dello stomaco.
Gli
occhi di Lea si spalancano. Le orecchie non
riescono nemmeno ad ascoltare la risata perversa di Isa, che rimbomba
per la
cucina, per quanto il sangue gli è salito al cervello, per
quanto la paura ed
il panico si impossessino di lui.
E no, non crede di aver capito bene.
Ma
una cosa la nota, lì, freddo come un cadavere.
La mano di Isa risale al suo petto, aperta come se fosse artigliata.
Ed
i suoi occhi sono dorati.
Vuole
reagire.
Apre
la bocca per urlare.
Ma delle parole, intossicanti come veleno puro, gli bloccano ogni facoltà di
intendere e volere.
Un
pensiero ricorrente gli bombarda la mente, in un
disperato tentativo di rassicurarlo.
Di risvegliarlo da quell’incubo.
Perché deve essere un incubo.
Va
tutto bene.
Va
tutto bene.
Vatuttobenevatuttobenevatuttobene.
Non
può essere. Non è vero.
Loro
avevano vinto, no?
Dov’è
Roxas? E Xion?
Saïx…?
Sente una voce sussurrare, ed una mano premere contro al suo petto.
Come
se volesse trapassarlo.
Un
dolore acuto gli perfora ogni cellula del suo
corpo, ma ancora non urla.
Invocherebbe
disperato l’aiuto dei suoi amici.
Urlerebbe il nome di Roxas e Xion.
Ma una parte di lui sa che non è più possibile.
Non
lo sarà mai più.
E quel dolore diventa più lancinante.
E
cosa dice quella voce…?
-
Bentornato, Axel.-
Note:
Dovevate
aspettarvelo. Isa non cucina.
Però
non è stato così cattivo, insomma.
Lo
ha detto che erano ingredienti di qualità.
|