taglia/modifica
Per le strade
di Brooklyn camminava un tipo mezzo italiano e mezzo scemo. Il suo
nome era Mike Shimdt, o qualcosa di simile, dal momento che nemmeno
lui era mai riuscito a pronunciare il proprio cognome.
In realtà non
era mezzo scemo, si poteva affermare fosse un ingenuo sfigato. Sapeva
il fatto suo, a dirla tutta, solo che non aveva avuto fortuna nella
vita e si era ritrovato a fare il barbone. Sarebbe stato uno scemo
qualche giorno più tardi, ad accettare un contratto indemoniato, ma
per il momento rimaneva il solito Mike dal cognome impronunciabile.
Per le strade
di Brooklyn camminava Mike, stringendosi nel giaccone strappato e più
volte rattoppato, battendo i denti per la gelida brezza invernale.
Viaggiava sul lato della strada, e le macchine sfrecciavano di fianco
a lui con tanta velocità che se per qualche motivo il povero
malcapitato fosse scivolato in una pozzanghera lasciata dalla pioggia
(o peggio, su una cacca di cane), cadendo rovinosamente di lato,
sarebbe stato trucidato in meno di dieci... no, che dico, cinque
secondi. Ma se così fosse accaduto... che gusto ci sarebbe stato in
questa fiction?
Quindi il
nostro eroe continuò a percorrere la sua strada alla ricerca per un
buon posto dove dormire (era quasi il tramonto), e, già che c'era,
lo faceva lanciando occhiate fugaci dall'altro lato della strada
cercando un buon posto dove si sarebbe potuto appostare il giorno
seguente per chiedere l'elemosina. Mentre si attorcigliava a mo' di
serpente stritolatore quel fazzoletto puzzolente che aveva per
sciarpa, una Ferrari nuova di zecca gli saettò accanto facendogli
volare via il cappello fatto con un giornalaccio trovato nel bidone
della spazzatura. Il tizio in macchina, vestito di tutto punto,
seduto sui sedili posteriori in mezzo a due belle e formose ragazze,
fece cenno al guidatore di accostare in un'ala della strada che
diventava sterrata. Mike corse incontro al cappello di giornale che
era caduto ai piedi del veicolo fiammante, ma il tipo, scendendo, si
guardò bene dal non sbagliare mira e schiacciò con forza il povero
pezzo di carta. Mike si pietrificò a mezz'aria, poi si ricordò di
non saper volare e cadde di muso.
«Ciao cugino»
Salutò
sprezzante il riccone.
«Ti ricordi di
me, Jeremy Fitzgerald, cugino?»
Mike grugnì
qualcosa che poteva essere “che bello rivederti” come “non sei
ancora morto?”. Jeremy mostrò un ghigno demoniaco, si aggiustò
gli occhiali da sole appoggiati sul naso solo per figura dal momento
che erano tre giorni che le nuvole non si spostavano dallo schermo
superiore e non sembravano intenzionate a farlo, e si passò una mano
tra i capelli rossi da poco unti di gel brillantinoso. Mike, in
risposta, arricciò il naso mostrando una smorfia che doveva sembrare
minacciosa quanto quella di un cardellino e rimase in silenzio.
Jeremy e Mike si erano conosciuti, all'età rispettiva di due anni e
cinque mesi, e in quell'occasione Jeremy aveva tirato il naso al
cugino e Mike in risposta gli aveva infilato un dito in un occhio.
Amore a prima vista, insomma. All'epoca Mike era ricco e Jeremy era
povero. In realtà Mike non sapeva che farsene di tutta quella
ricchezza, non l'aveva mica chiesta lui. Semplicemente i suoi erano
ricchi, e quindi di conseguenza anche lui lo era. La sorella di sua
madre, però, non era altrettanto fortunata, e quindi anche Jeremy
non lo era. Logico no? E le due sorelle si erano allontanate da
talmente tanto tempo che la ricca non prestava niente alla povera, e
la povera non chiedeva niente all'altra. Non che si odiassero, solo
che abitavano parecchio lontane e questo aveva allontanato anche i
loro contatti. Mike e Jeremy invece si odiavano parecchio. Le
famiglie non si erano incontrate spesso, ma quando l'avevano fatto
erano sempre state botte e cazzotti tra i due ragazzi. Una volta il
figlio ricco aveva fatto rotolare Jeremy sopra una porzione del tetto
da camera sua, e il rosso era caduto sul ramo di un pino a gambe
divaricate. Quindi nulla di grave, alla fine. Ah, e poi il ramo si
era inclinato, lui era scivolato e si era rotto il braccio destro.
Fra l'altro. Per vendicarsi, la volta seguente Jeremia Fritzequalcosa
aveva rovesciato una busta intera di lassativo nella Coca di Mike, ad
una festa. Quest'ultimo aveva passato tre giorni consecutivi al
gabinetto.
Poi, d'un
tratto, raggiunta la maggiore età, Jeremy si era rimboccato le
maniche ed era sparito per qualche mese a lavorare in un posto
lugubre e inquietante conosciuto come “Scuola”, come insegnante
di sostegno, ma poi avevano scoperto che non aveva frequentato che la
terza elementare e l'avevano buttato fuori a calci nel dididetro.
Dopo questa esperienza, si era ritrovato a lavorare in una pizzeria
dalla brutta reputazione, ma ne era comunque uscito vivo dopo sei
mesi di lavoro. Non sapendo chi intervistare, una troupe televisiva
l'aveva bloccato mentre usciva dal posto il suo ultimo giorno di
lavoro e aveva chiesto a Jeremy cosa si provava a lavorare in un
posto “infestato”, o come così si diceva. Lui aveva risposto
semplicemente “la pizza italiana è più buona” e da quel giorno
era diventato famoso, era stato chiamato per vari film e aveva
guadagnato milioni. E la pizzeria era chiusa (per poi riaprire due
settimane dopo con completo rinnovo del personale, tutto italiano,
cosa che la portò a richiudere dopo un mese. Alla fine si misero
d'accordo che la cosa migliore era avere solo il pizzaiolo italiano).
Quindi alla fine la pizzeria odiava Jeremy e lui era diventato
famosissimo, amato da ragazze a ragazzi... mentre a Mike era successa
la cosa inversa.
Abituato a
vivere nel lusso, alla parola “devi trovarti un lavoro” dei suoi
genitori, lui si era messo a ridere di gusto scolandosi un'altra
Pepsi (aveva chiuso con le Coche) con i piedi appoggiati al tavolino
e il culo affondato ben bene nel divano morbido del villone in cui
viveva. Cinque minuti dopo si era ritrovato in mutande fuori di casa,
al freddo e al gelo. E da quel momento era iniziata la sua carriera
da barbone. Vederlo in mutande aveva suscitato la compassione dei
primi passanti, che gli avevano donato non soldi ma maglie vecchie e
puzzolenti che a loro non stavano più (avevano scambiato Mike per un
bidone dove gettare la roba da riciclare), e da quell'esperienza Mike
aveva sicuramente appreso che se gli fossero serviti nuovi vestiti
avrebbe potuto limitarsi a girare in mutande per le strade, pregando
di non essere acchiappato dalla polizia e passare per maniaco. Per il
cibo... la cosa era più difficile. Aveva provato a morsicare il
maglione più vecchio, ma era gommoso e sapeva di muffa, e dato che
fino a poco prima era vissuto di succosi polli, grasse lepri, gustosa
cacciagione, pregiati pesci e via dicendo, il suo palato fino decise
che le maglie non erano commestibili (cosa effettivamente vera).
Quindi aveva iniziato a gironzolare per i ristoranti cercando un
lavoro o aspettando gli avanzi dati ai cani, ma ogni volta che veniva
assunto, per qualche strana ragione veniva subito gettato fuori (come
quella volta che dette fuoco alla lavastoviglie), e i cani erano
sempre avidissimi con i loro bocconi, quindi Mike aveva iniziato
velocemente a patire la fame. Non aveva intenzione di tornare a casa
a chiedere scusa, sarebbe morto pur di non farlo, ma anche morire non
era un'idea allettante.
E dopo tutto
questo discorso torniamo a Mike e al cugino diventato ricco per il
duro lavoro.
«Come te la
passi, cugino?»
«Andrebbe
meglio se mi togliessi la scarpa dalla faccia, grazie»
Jeremy tolse lo
scarpone che aveva appoggiato
sulla guancia del parente e fece dietrofront, risalendo svelto in
macchina.
«Trovati un
lavoro, viziato figlio di papà!»
E indicò
all'autista di ripartire alla massima velocità.
Mike si alzò
dall'asfalto freddo, scosse via la polvere dal giaccone e riprese a
camminare, senza mutare espressione, anche se in cuor suo si sentiva
un verme.
“Devo
trovarmi un lavoro... ma dove?”
Commento
Salve
a tutti! Immagino non abbiate mai sentito parlare di me... sono
un'aliena sbarcata dal fandom di Super Mario. Ebbenesì, mi unisco a
voi postando una stupidissima fiction basata su fanf (anche se per il
momento di fnaf ha davvero poco) sperando che prima o poi questa
serie ottenga una vera e propria “sezione” nella voce
“Videogiochi”. Che dire? No, non fatevi idee brutte di me,
solitamente non scrivo così male, o così stupidamente, o così
volgarmente. Mi è solo venuta l'idea di pubblicare una parodia
assurda e ho fatto il mio meglio per renderla tale. Perdonate i
possibili errori ortografici, e spero di avervi strappato un sorriso.
E soprattutto spero che mi seguiate nei prossimi capitoli! A presto!
Debby_Gatta_The_Best
|