Seoul, Corea del Sud. La casa in cui
vivevo con il mio coinquilino era abbastanza grande e in due ci stavamo alla
perfezione. Era accogliente e moderna, arredata con diversi stili. L’ingresso
in tipico stile orientale con lo spazio apposito per lasciare le scarpe senza
così sporcare i pavimenti. La cucina invece l’avevamo fatta in pieno stile
americano, era ampia e le pareti erano bianche ma il mobilio tendeva
all’arancione per renderla più luminosa e nel centro della stanza un mobile a
isola rendeva il tutto estremamente perfetto, ottimo per le colazioni in
compagnia degli amici che ogni tanto si fermavano a dormire da noi.
Il bagno era unico e non era molto
grande, ma per due ragazzi come noi bastava e avanzava, visto che eravamo
soliti ad essere di corsa prima di uscire e la doccia ampia era sicuramente più
adatta di una vasca da bagno. Le pareti erano opache così mentre uno si faceva
la doccia, l’altro poteva piazzarsi davanti al mobiletto a specchio sopra il
lavandino per lavarsi, pettinarsi e sì, truccarsi.
Avevamo poi un salotto dove avevamo
piazzato una TV da 40”, alcune librerie e scaffali, e infine il bellissimo e
comodissimo divano in tessuto, sul quale più di una volta mi ero addormentato
da quanto era comodo. Lo spazio però sicuramente più bello di tutta la casa era
il soppalco, dove avevamo ricreato una seconda sala che non solo ci permetteva
di fare di tanto in tanto delle feste, ma anche di giocare con la console o di
fare gruppi studio direttamente in casa, molto comodo visto che almeno qui
potevamo parlare e discutere – cosa assolutamente impossibile da fare in
bibblioteca.
Infine avevamo due camere divise,
avevamo preferito risparmiare lo spazio dal bagno e dal salotto per avere due
camere separate, così ognuno poteva avere la propria intimità, i propri partner
e soprattutto il proprio spazio. Quella di JongUp, il mio coinquilino, era
perennemente in disordine, c’erano vestiti sparsi sulla sedia e spesso anche
sul letto, libri di musica sulla scrivania e ogni tanto qualcuno ne cadeva a
terra, magari durante la notte dopo essere scivolato lentamente dalla pila che
sovrastava il mobile della sua stanza.
La mia, al contario era abbastanza
ordinata o almeno lo era per essere quella di uno studente universitario. I
libri di design e fotografia erano ordinati nella libreria appena sopra alla
scrivania, mentre i romanzi e alcuni manga erano riposti su uno scaffale a forma
di spirale che era attaccata alla parete sopra il mio letto. Sulla stessa
parete della porta c’era un armadio in cui riponevo i vestiti, ecco quello
forse non era da considerarsi propriamente ordinato, ma visto che normalmente
quando lo aprivo ero solo in stanza, potevo altamente fregarmene di sistemarlo,
l’importante era ritrovare gli indumenti nel minor tempo possibile. Proprio di
fronte all’armadio c’era la finestra che dava sul cortile interno.
Insomma vivendo in un posto simile,
non c’era davvero bisogno per me di uscire, specialmente quella sera in cui la
mia voglia non era pari a zero... era proprio sotterrata nelle profondità della
terra.
"Dai Zelo, su, ci andiamo a
divertire..."
"Ti ho detto che non ne ho
voglia!"
"Ma è da una vita che non
facciamo serata anche con Bang, sarà divertente!"
"JongUp, mi spieghi cosa non
comprendi della frase NON
NE HO VOGLIA?!
Perché non mi sembra che sia complessa da capire!"
"Nulla infatti, ma non voglio
lasciarti da solo a casa..."
In quel momento il campanello di casa
suonò e il mio coinquilino corse ad aprire, io nel frattempo ne approfittai per
scappare in camera e sbattere la porta sonoramente chiudendola poi a chiave.
Pace, buio, serenità.
Ero stanco e l'ultima cosa che volevo
era di andare a ballare, perché quel cretino del mio compagno di appartamento
non voleva capirlo?
In quel momento qualcuno bussò alla
mia porta.
"JongUp, fanculizzati, io non
esco!"
"Zelo..."
L'inconfondibile voce roca e calda
del mio migliore amico mi fece venire i brividi, mi avvicinai alla porta
lentamente e l'aprii un poco lasciando entrare così un piccolo spiraglio di
luce dal corridoio. Yongguk risultava in controluce e non riuscivo a vedere la
sua espressione sul volto, speravo solo che non se la fosse presa per le parole
di poco prima.
"Hyung, vedi di farlo ragionare
tu... continua a dire che non vuole uscire!"
Quanto odiavo sentire la voce mielosa
di JongUp che tentava di convincere Bang a farmi fare qualcosa.
Il mio migliore amico si sgranchì
leggermente le spalle poi tentò di entrare in camera mia, come sempre mi
ritrovai ad assecondarlo. La prima cosa che fece, dopo aver chiuso la porta, fu
quella di accendere la luce, io mi ritrovai a chiudere istintivamente gli occhi
e a massaggiarmi il viso infastidito da quel cambio repentino di illuminazione.
"Perché non vuoi uscire?"
Bang si era nel frattempo seduto sul
mio letto e aveva cominciato a fissarmi con i suoi occhi scuri e profondi.
"Non ne ho voglia..."
"E perché?"
"Ci deve essere per forza un
perché?!"
Avevo alzato un po' troppo la voce e
Bang non riuscì a trattenere l'espressione di stupore dal suo volto.
"C'è qualcosa che non va?"
"Niente..."
Abbassai la testa istintivamente, non
volevo rispondergli male, ma perché nessuno sembrava capire che per una volta
non avevo voglia di uscire?
Lo intravidi mentre si alzava e poi
sentii il tocco della sua mano grande e calda sulla mia testa, mi accarezzò i
capelli scompigliandoli un po'. Un tocco così dolce che faceva bene e male allo
stesso tempo. Percepii dei lievi brividi lungo tutto il mio corpo e i muscoli
si rilassarono senza che nemmeno me ne rendessi conto. La sua mano si fermò poi
sulla mia fronte e lì rimase immobile per qualche istante.
"Non sei caldo..."
"Mh...?!"
Alzai la testa di scatto e mi
ritrovai a fissare uno dei suoi soliti sorrisi ampi.
"Temevo che non stessi bene.
Zelo, facciamo così..."
"No, hyung per favore..."
"Ascoltami..."
Le sue mani si posarono sul mio viso
e i palmi premettero verso la mia bocca facendomi fare un'espressione strana.
"Accontenta me e JongUp, ci
andiamo a fare un giro, stiamo un po' a ballare e quando sei stanco o non hai
più voglia di rimanere me lo dici e ti riporto a casa."
"Hyung..."
"Allora spiegami cosa hai."
Sbuffai.
"Ho capito."
Tolsi le sue mani dal mio viso
scocciato, che rottura di palle quando faceva così… e cretino io che non sapevo
mandarlo a quel paese.
"Muoviti, esci che mi
cambio..."
Lui alzò gli occhi al cielo e senza
proferir parola se ne uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé.
Lo sentii dire qualcosa a JongUp, ma
non capii le parole, indaffarato a cercare nell'armadio qualcosa da mettere.
Alla fine optai per dei jeans neri leggermente strappati sulle ginocchia, una
T-shirt larga bianca e una collana al collo di quelle con la targhetta in stile
militare. Poi uscii dalla camera e mi diressi in bagno con gli altri che
dall'ingresso mi fissavano. Mi osservai un paio di volte allo specchio,
sembravo un cadavere da quanto ero pallido, aprii una delle ante dell'armadietto
vicino al lavandino e tirai fuori un po' di BB cream.
E' vero che siamo un popolo che ama
la pelle chiara, ma la mia era visibilmente da malaticcio. Dopo aver
distribuito bene il cosmetico su tutto il volto e anche sul collo, presi
l'eyeliner e accentuai i tratti dei miei occhi, giusto per farli risaltare un
po' di più, vista la mancanza della doppia palpebra. Infine presi un po' di gel
e mi sistemai i capelli scompigliandoli un po'. Ero pronto, mancava solo un
tocco di profumo e potevo uscire.
Quando tornai nell'altrio, gli altri
erano già pronti con i giubbotti e le scarpe, mi fissavano soddisfatti di
avermi convinto, o meglio obbligato ad
uscire. Io d'altro canto rimasi imbrociato, mi misi il giaccone sbuffando e mi
infilai gli anfibi di controvoglia.
In macchina mi sedetti - come sempre
- nel posto vicino al guidatore mentre JongUp stava dietro, mezzo sdraiato.
Appoggiai la testa al finestrino freddo guardando un punto non ben definito al
di fuori del veicolo.
"Hai intenione di rimanere
imbronciato tutta la sera?"
Feci finta di non sentire la domanda
di JongUp, ma non riuscii a non far caso al tocco di Bang sulla mia guancia,
avevo percepito le sue nocche sfiorarla appena un paio di volte, contrassi
leggermente le labbra poi chiusi gli occhi.
Quando arrivammo al locale, non feci
in tempo a scendere dalla macchina che Yongguk mi si era piazzato affianco
mettendomi un braccio intorno alle spalle e stringendomi verso il suo petto.
Poi con la mano libera cominciò a sfregarmi il pugno sulla cute, forte.
"Yah! Hyung piantala, mi
scombini i capelli!"
Cercai di spingerlo via, ma l'impresa
sembrava più difficile del previsto.
"Aish, quindi ti preoccupi solo
dei tuoi capelli?!"
Mi lasciò andare sorridendomi.
"Zelo, per favore non tenermi il
muso per tutta la serata."
Mi ritrovai a fargli una smorfia
mentre tentavo di sistemarmi i capelli.
"Mi paghi l'entrata?"
Lui alzò il sopracciglio destro e
guardo JongUp che nel frattempo stava cercando il suo documento di identità da
mostrare - di lì a poco - al buttafuori del locale.
"Se non tieni il broncio
sì."
"Affare fatto."
Fu così che dieci minuti dopo eravamo
all'interno del locale, avevamo portato le nostre giacche al guardaroba ed
eravamo andati a farci un giro, prima nella zona affianco al privé, poi eravamo
scesi nella sala house... JongUp adorava quella musica, infine ci eravamo
diretti al bar per il primo drink della serata. Dopo un paio di sorsi il mio
coinquilino era abbastanza allegro, come sempre, Bang invece cominciò ad
lasciarsi andare un po' di più quando era a metà bicchiere. Io... beh, io
l'alcool ormai lo reggevo fin troppo bene.
La musica era alta e per parlarsi
bigognava appiccicarsi l'uno all'altro, così fece JongUp quando, dopo aver
quasi finito il suo bicchiere voleva dirmi qualcosa.
"Dimmi che un pochino sei
contento... magari finisce come l'ultima volta!"
Non capii immediatamente le sue
parole, perciò mi voltai a fissarlo e lui semplicemente mi fece l'occhiolino
per poi indicare Bang con lo sguardo. Volevo ucciderlo.
Il mio migliore amico d'altro canto
mandò giù l'ultimo sorso del suo cocktail poi ci fissò entrambi senza capire.
Scosse la testa sperando che uno di noi gli spiegasse, ma io gli feci cenno con
la mano facendogli capire che non era niente di importante.
In quel momento JongUp partì in
quarta verso non si sapeva bene dove.
"Bagno?"
"No, credo abbia visto
qualcuno..."
Bang posò il suo bicchiere sul
bancone, poi si voltò e ci appoggiò sopra i gomiti, guardandosi in giro.
Iniziavo a sentire la testa pesante e
la voglia di rimanere lì diminuiva nuovamente, ma non volevo discutere con
Yongguk, quindi mi feci forza e finii il cocktail in un solo sorso. Bang si
voltò verso di me guardandomi stupito.
"Tutto a posto?"
Volevo rispondergli con un sonoro NO,
ma mi trattenni e al contrario annuii con la testa. Lui di risposta fece una
smorfia poco convinta con la bocca, poi la sua attenzione fu rapita da
qualcosa. Mi voltai e c'era JongUp che stava tornando con due ragazzi.
"BANG! ZELO! LORO SONO HIMCHAN E
DAEHYUN!"
Facemmo tutti un cenno con la testa
giusto per salutare.
"LUI INVECE E' YOUNGJAE, IL
RAGAZZO DI DAEHYUN!"
In quel momento notai il giovane
dietro al tipo di nome Daehyun e vidi che si tenevano per mano.
La serata trascorse inizialmente tranquilla,
ogni tanto perdavamo JongUp che andava a mietere vittime innocenti ovunque per
il locale e nel frattempo c'eravamo seduti al tavolo che gli amici di JongUp
avevano prenotato. Almeno una cosa buona da quella serata ne stava uscendo.
Yongguk era seduto tra me e il tizio
di nome Himchan, ma l'atteggiamento di quest'ultimo non mi piaceva molto,
sembrava provarci con il mio migliore amico anche se forse era solo una mia
impressione visto che Bang non dava cenni di essersene accorto o di esserne
infastidito.
Daehyun e Youngjae erano molto
gentili, mi avevano visto un po' strano e mi avevano chiesto se stavo bene, gli
spiegai che ero semplicemente stanco e uno di loro mi disse che mi capiva alla
perfezione.
Dopo poco andarono a ballare e io non
ce la facevo più a sopportare quel ragazzo di nome Himchan, non sapevo ancora
il perché ma già a pelle mi stava sul cazzo, poi divenne
altamente sul cazzo visto
che con le sue cazzo di mani aveva inziato a dare prima
delle pacche sulle spalle di Bang, poi si era azzardato ad abbracciarlo con la
scusa di una risata a chissà quale battuta del cavolo... insomma, mi
infastidiva che si permettesse di essere così tremendamente espansivo con
Yongguk.
Scocciato mi alzai pronto per andare
al bar, ma Bang mi prese immediatamente per un braccio, i suoi occhi erano
arrossati dall'alcool e mi fissava cercando di capire cosa stessi facendo.
"ZELO, DOVE VAI?!"
"AL BAR..."
"PERCHE'?!"
"SECONDO TE? PER BERE!"
"DAI BANG, LASCIALO ANDARE,
NONOSTANTE IL VISINO NON E' PIU' UN RAGAZZINO."
Mi voltai di scatto verso quel tizio
che iniziava veramente a farmi andare su tutte le furie, non sapevo cosa mi
trattenesse dal non saltargli addosso e riempirlo di pugni. Bang lasciò
leggermente la presa annuendo con la testa, ma appena vide il mio sguardo
omicida verso Himchan fu sul punto di alzarsi.
"VENGO CON TE."
"NOOOO... RESTA QUI."
Serrai la mascella e senza pensarci
strattonai il braccio, liberandomi così dalla presa del mio migliore amico. Lui
mi guardò disorientato.
"FAI QUEL CAZZO CHE TI PARE YONGGUK."
E dopo aver dato l'ultimo sguardo
omicida a Himchan, che nel frattempo mi guardava con un mezzo sorrisino, mi
diressi verso il bar, da solo.
Ero geloso, ma non il geloso da
innamorato, figuriamoci, io innamorato di Bang? No, eravamo migliori amici da
ormai cinque anni e dopo varie fregature prese da persone che avevo vicino, lui
era stata la mia ancora di salvezza. Era il mio migliore amico e... sì, ero
fottutamente geloso che qualcuno me lo portasse via, che lui trovasse un amico
più speciale di me. La prova che non ero innamorato di lui era che io non ero
mai stato geloso dei suoi ex partner, uomini o donne che fossero stati, eccetto
per quella ragazza che aveva tentato di allontanarmi da lui, quella proprio non
l'avevo sopportata.
Presi un altro cocktail e rimasi un
pochino lì appoggiato al bancone, l'idea di passare ancora del tempo vicino al
tavolo mi faceva venire l'orticaria, ma Bang era ancora troppo pieno di alcool
per potersi mettere a guidare e portarmi a casa.
Finito anche il secondo bicchiere mi
ridiressi verso il centro della pista, un paio di ragazzi provarono a fermarmi
per ballare, ma non ero dell'umore adatto per starci. Ritrovai Daehyun e
Youngjae che stavano ballando vicino ad uno dei cubi in legno, mentre JongUp
stava ballando con uno sconosciuto non lontano dal tavolo dove ero seduto fino
a poco prima. Inizialmente non mi resi conto di nulla, ma quando ormai ero a
pochi passi da tavolo sentii una fitta al petto, non potevo credere a quello
che stavo vedendo. Fu come fare una doccia fredda.
I miei occhi erano fissi su Bang, che
era seduto sul divano nero, e Himchan, a cavalcioni sopra di lui... si stavano
baciando. Potevo vedere le loro bocche mentre si divoravano e le loro lingue
che si rincorrevano. In quel momento sentii la mano di qualcuno sulla mia
spalla, mi voltai e JongUp era lì, accanto a me con lo sguardo sconvolto almeno
tanto quanto il mio.
Si girò verso di me e non osai
immaginare in che stato fosse la mia faccia visto che lui sgranò ancora di più
gli occhi e sussurrò il mio nome preoccupato.
Mi mancava improvvisamente l'aria,
scansai tutti e me ne uscii a grandi passi fuori dal locale. Fui subito
raggiunto da JongUp che mi seguì anche per il vicolo vicino al locale.
"Zelo..."
"Lasciami stare..."
"Mi dispiace..."
Non gli risposi nemmeno, presi una
sigaretta dalla tasca e me l'accesi. Mi appoggiai al muro con la testa rivolta
verso l'alto e gli occhi chiusi. Percepii JongUp sedersi al fianco delle mie
gambe e appoggiare la sua testa contro il mio ginocchio. Era il suo modo per
dimostrarmi che mi era vicino.
"Non so nemmeno perché mi abbia
dato tanto fastidio."
"Beh, è normale, vista la
situazione in cui sei."
"Mh?"
"Oh, Zelo, non sono il tuo migliore amico ma sono comunque il tuo coinquilino
e dopo due anni che condividiamo la stessa casa credo di conoscerti
abbastanza."
Mi lasciai scivolare contro il muro,
sedendomi così affianco a JongUp, la cui testa ora era appoggiata alla mia
spalla.
"Gli amori non corrisposti sono
sempre i più dolorosi..."
Mi girai stupito verso di lui.
"Che cacchio ti sei messo in
testa tu?"
"Prova a negarmi che sei
innamorato di Bang e da domani non pulisco più casa."
"Ma... sei impazzito?"
"Non vuoi ammetterlo? Wow,
allora siamo ancora nella fase peggiore."
"Jongie, hai preso un grosso
abbaglio credimi... non sono innamorato di Yongguk."
"E allora come spieghi che ci
sei rimasto così male che te ne sei uscito qui al freddo a fumare? Prima avevi
una faccia talmente sconvolta che ho avuto paura che potessi commettere qualche
cagata..."
"Non so spiegartelo nemmeno
io..."
"Io speravo che finisse come la
scorsa volta..."
"Jongie..."
"Che c'è? Non dirmi che non ti è
piaciuto baciarlo! Dio eravate così belli da vedere che ho mollato il tipo che
mi stavo facendo per guardarvi!"
"Eravamo ubriachi."
"In vino veritas..."
"Stavamo solo giocando. Io e
Bang non potremmo MAI stare insieme."
"Perché no? Guarda che Daehyun e
il suo ragazzo prima di mettersi insieme erano dei grandi amici..."
"Io non vedo Bang in quel
modo..."
"In che senso?"
"Non è facile spiegarlo... E' un
bel ragazzo, quello è innegabile, e baciarlo è stato divertente, ma finisce lì.
Siamo migliori amici, non ho mai pensato a lui come a un partner... qualcuno
con cui andare a letto e... NO, NON CI VOGLIO ANDARE A LETTO!"
"Beh, forse non è un amore
fisico, ma sicuramente lo ami. Ci tieni così tanto a lui... e credimi io lo
noto. Anche tra amici ci può essere amore, infondo c'è una linea così sottile
che divide l'amicizia dall'amore. Quando una persona è importante, lo è e
basta. Che sia un amico o un amante..."
"Tu credi?"
"Zelo... perché altrimenti stai
soffrendo solo per averlo visto mentre si baciava un altro? Perché prima eri
sull'orlo di piangere?"
"Perché fa fottutamente
male."
"Cosa?"
"Il pensiero che un giorno lui
non avrà più bisogno di me, che troverà qualcuno... qualcuno..."
"Ehi..."
Fu in quel momento che JongUp mi
prese e mi abbracciò mentre io piangevo e singhiozzavo sulla sua spalla.
"Ti senti un po' meglio?"
Non sapevo esattamente quanto tempo
fosse passato, ma sfogare tutta la mia frustazione piangendo mi aveva
sicuramente aiutato, sia io che il mio coinquilino ci alzammo da terra.
"Mh... Senti Jongie..."
"Dimmi."
"Io prendo un taxi e me ne torno
a casa, non ho più voglia di rimanere."
"Vuoi che vengo con te?"
Scossi la testa.
"No, voglio rimanere un po' da
solo e poi... è meglio se rientri sennò poi Bang si insospettisce."
"Ok, come vuoi..."
Mi diede un paio di pacche sulla
spalla.
"Se hai bisogno però chiamami,
ok?"
"Tranquillo..."
Prima di andare a casa, recuperai la
giacca dal guardaroba, dopo di che diedi il bracciale a JongUp così che a fine
serata lui e Bang potessero riprendere la loro roba. Mi avviai poi sul ciglio
della strada e fermai il primo taxi argento libero che passava. Dopo aver detto
al tassista il mio indirizzo, mi stravaccai comodamente sul sedile posteriore e
riposai fino a quando non arrivai davanti casa. Tirai fuori il portafoglio
dalla tasca dei jeans e lo pagai prima di avviarmi finalmente all’interno di
quelle mura familiari, lontano da tutto il chiasso e in completa pace. L'unica
cosa che volevo era toccare il letto e dormire.
*** *** ***
***
Ero seduto ad uno dei tavolini del
Donkin’ Donuts e sorseggiavo il mio smoothie al mango mentre leggevo uno dei
miei libri di testo per l’università. Non avevo esami da preparare
nell’immediato, ma per evitare che persone sconosciute si azzardassero ad
avvicinarsi, mi ero immerso nella lettura di quel noioso volume “Sociologia
nella comunicazione”.
Dopo circa un quarto d’ora Bang mi
raggiunse, si tolse il cappotto e mi sorrise come sempre. Sembrava tutto nella
normalità.
“Scusami il ritardo, ma mia sorella
mi ha chiesto di andarla a prendere a lavoro vista la neve e non ho potuto fare
altrimenti.”
“Tranquillo, non c’è problema. Come
sta?”
“Sempre il solito, sai ora sta
insieme ad un ragazzo - un tatuatore - ed è felice, sembra essersi ripresa
bene…”
“Meno male, ultimamente mi aveva un
po’ preoccupato.”
“Mamma non è molto contenta del suo
ragazzo, ma piano piano la stiamo convincendo che sotto tutto l’inchiostro si
cela un ragazzo dolce e adatto a mia sorella.”
Ci mettemmo entrambi a ridere, la
sorella di Bang era come una sorella maggiore per me e saperla con un tizio
pieno di tatuaggi non mi sembrava così strano, visto che anche lei ne era
piena.
“Cosa hai preso?”
“Uno smoothie al mango!”
“Ti piace proprio quel coso, se lo
bevi anche in inverno!”
“Che ci posso fare? È così…”
“Sì, sì, lo so è così di mango e cremoso… io credo che andrò di una
cioccolata calda, torno subito.”
Si alzò e andò a mettersi in fila per
la prenotazione. Io mi trovai a sospirare. Durante tutta la domenica e quella
mattinata non mi ero fatto sentire e avevo pensato molto, ma non ero arrivato a
nessuna conclusione. Dovevo mantenere la maschera che mi ero costruito, fingere
che tutto andasse bene… non volevo far preoccupare Bang.
Dopo aver ordinato, il mio migliore
amico tornò al nostro tavolo con il solito pulsante che vibrava quando
l’ordinazione era pronta. Non dovette aspettare tanto e poco dopo tornò con in
mano una tazza piena di cioccolata e panna montata.
“Aaaahhhh che bella cosa! Vuoi?”
“Sei pazzo? Sai che la panna non mi
piace…”
“Per questo te l’ho chiesto!”
Si mise a ridere e mi scompigliò i
capelli facendomi poi una smorfia.
“Che stronzo…”
“Modera i termini, ragazzino!”
Gli feci la linguaccia e tornai a
sorseggiare la mia bevanda sorridendo per la piega che aveva preso il nostro
incontro, tutto sommato sembrava andare bene, mi ero preoccupato per nulla.
“Senti, Zelo…”
“Mh?!”
“Perché l’altra sera non mi hai
chiamato?”
Avevo pensato troppo presto.
“Quando?”
“Lo sai… hai preso e te ne sei andato
senza avvisarmi.”
“Beh… non eri nelle condizioni di
guidare.”
“Lo sai che mi riprendo facilmente se
c’è bisogno…”
“Non volevo disturbarti…”
Mi sentivo improvvisamente a disagio,
abbassai istintivamente lo sguardo verso il tavolo e deglutii non sapendo bene
come continuare.
“Disturbarmi? Zelo, tu non disturbi
mai!”
“Bang… stavi limonando quel tizio di
nome Himchan… non venirmi a dire palle, ti avrei
disturbato.”
“Ma tu sei più importante di lui, lo
sai…”
Male, faceva tremendamente male,
quella frase avrebbe dovuto rendermi felice e invece non lo fece, anzi peggiorò
solo il mio umore. La sua mano sfiorò la mia, ma io la retrassi senza nemmeno
pensarci e lui sembrò non gradire la cosa, mi guardò pensieroso.
“Perché fai così?”
“Non sto facendo niente…”
“Sei freddo… anche ieri, non mi hai
chiamato e non ti sei fatto sentire. Perché mi eviti?”
“Non ti evito… ero stanco e non mi
sono sentito molto bene, quindi me ne sono stato tutto il giorno a letto.”
Lui mi fissava poco convinto delle
mie parole e come poteva crederci se io per primo non riuscivo ad essere onesto
con me stesso?
“Ho capito… quando avrai voglia di
parlarne lo farai…”
Si imbronciò, appoggiando il mento al
palmo della sua mano, e si mise a guardare distante. C’era tensione nell’aria e
questa cosa non mi piaceva, odiavo quando avevamo dei battibecchi o delle
discussioni, ma come potevo spiegargli quello che pensavo? Mi avrebbe preso per
pazzo.
“Scusami… ma sono successe un po’ di
cose ultimamente e sono nervoso, non volevo essere scontroso nei tuoi
confronti, ma sono confuso e non so nemmeno io cosa mi passi per la testa.”
Lui voltò lo sguardo verso di me,
studiandomi, poi sfregò la mano sulla fronte, probabilmente stava pensando a
cosa dirmi.
“Sai che se vuoi ti ascolto… cos’è
che ti rende nervoso?”
“È tornato a farsi sentire…”
“Di nuovo lui?!”
Feci un paio di cenni di assenso con
la testa.
“Perché non me ne hai parlato
prima?!”
“Bang, mi sembra di romperti ogni
volta, quando ne parliamo…”
“Lo sai che non è così… ma perché non
lo blocchi una volta per tutte?”
“Non è facile… più che altro gradirei
che dopo tutti questi anni lui la piantasse da solo.”
“Che ti ha detto?”
“Niente… mi ha fatto gli auguri per
il mio compleanno, tutto qui.”
“Mh…”
“Sai Bang, vorrei davvero che
arrivasse una persona che me lo facesse dimenticare del tutto.”
“Arriverà… purtroppo non può essere
una cosa tanto veloce.”
“Mh…”
Mi scompigliai i capelli sempre più
nervoso, avevo fatto trenta, dovevo fare trentuno.
“Che intenzioni hai con Himchan?”
Lui mi fissò stupito e spaesato allo
stesso tempo, probabilmente non si era aspettato quella domanda e stava
cercando di capire come rispondere.
“Proverò a sentirlo, non è male
infondo…”
“Mh… davvero?”
“Noto un leggero astio nella tua
voce, Zelo. Geloso?”
Quell’ultima parola mi colpì peggio
di uno schiaffo, il mio migliore amico me l’aveva detto scherzando, ma perché
io mi ritrovavo a prenderla così seriamente? Che cavolo mi stava succedendo?
“No… ti pare?”
Lui si mise a ridere e mi scompiglio
i capelli.
“Oh beh, io ero geloso di JongUp,
quindi ogni tanto mi viene il dubbio che tu possa diventare geloso per niente…”
“Quando Jongie mi ha raccontato che
gli avevi detto di essere geloso… credo sia stato uno dei momenti più
divertenti della mia vita.”
“Beh, almeno quella volta ti ho
strappato un sorriso.”
Sospirai, sapevo a cosa si riferiva.
“Zelo, te lo chiedo ancora, cosa è
cambiato? Perché ti comporti così?”
“Non lo so…”
“Beh il fatto che tu non neghi che ci
sia stato un cambiamento è già qualcosa…”
Lo guardai in tralice, mi venne
voglia di tirargli uno scappellotto.
“È tutto così strano…”
“In che senso?”
“Himchan non è il tuo tipo…”
La conversazione cadde nel silenzio
più totale.
*** *** ***
***
Quando arrivai a casa JongUp era
seduto sul divano del salotto e stava guardando la TV. Il lieve tepore
dell’appartamento mi fece rabbrividire di piacere, finalmente un po’ di caldo.
Appena mi vide si alzò sorridente e
mi venne in contro.
“Ti stavo aspettando, ho prenotato
del ramen dal nostro amico giapponese, la consegna dovrebbe essere a momenti.”
Il mio coinquilino aveva una vera e
propria passione per il Giappone, non si fermava solo alla cucina, che adorava
alla follia, ma aveva anche dei suppelleti, un servizio da tè, dei poster di
manga e infine mi aveva anche convinto a comprare un kotatsu. Di sicuro
quest’ultima era stata la miglior compera di sempre, specialmente ora che era
inverno.
“Hai fatto bene, ho bisogno di
qualcosa di caldo e nutriente!”
“Eh eh… lo immaginavo, tu che odi il
freddo, poi…”
“Già!”
Finii di togliermi la sciarpa e il
cappellino di lana, che appesi sopra al cappoto che poco prima mi ero sfilato.,
dopo di che mi diressi in camera mia per sistemare un paio di cose.
“Sei proprio un pantofolaio!”
Jongie ancora si stupiva della
velocità con cui rientravo e mi mettevo immediatamente in pigiama per stare
comodo.
“Beh, tanto al tizio della consegna
apri tu, quindi non ho bisogno di avere addosso qualcosa di elegante.”
“Lo sapevo… vado io ma paghi tu!”
“Ehi… qui sei tu lo hyung, quindi
paghi tu, mica io!”
“Allora facciamo a metà!”
Scoppiammo entrambi a ridere, ma
fummo interrotti dal campanello che suonò. Finalmente avrei mangiato.
Cenammo tranquillamente sul kotatsu
guardando un varietà in TV, una volta finito buttai via i cartoni del cibo d’asporto
e tolsi sia le bacchette che i bicchieri per portarli in cucina. Quando
rientrai in sala JongUp si era bellamente sdraiato sotto il tavolo riscaldato e
stava facendo zapping.
Mi sdraiai vicino a lui e il tepore
del kotatsu mi fece rilassare nuovamente, quel pomeriggio era stato un po’
infernale e il “sentirmi
a casa” mi stava
facendo sciogliere i nervi. Dovevo sistemare la questione con Bang, ma quale
questione esattamente?
Jongie smise di cambiare canale
quando sullo schermo apparve improvvisamente un primo piano di uno dei suoi
attori preferiti Kim Woobin.
“Mamma mia, cosa sarei disposto a
fare per avere un ragazzo come lui…”
“Diventare donna?”
“No, più che donna dovrei essere Lee
Jongsuk…”
“Beh, niente male…”
“Vero?! Ah, a proposito, come è
andata oggi? Non te l’ho ancora chiesto.”
“Posso passare la domanda?”
“No.”
Sospirai e sentii quasi subito la
mano di Jongie che mi accarezzava i capelli scompigliandoli leggermente, era un
altro dei suoi modi per farmi capire che mi era vicino emotivamente.
“Ho fatto una cavolata... come al
solito.”
“Che hai combinato?”
“Mi sono lasciato scappare una frase
che non avrei dovuto dire.”
Gli riepilogai velocemente tutta la
conversazione che avevo avuto con Yongguk e anche le sue reazioni, ma
soprattutto il silenzio tombale quando avevo fatto il commento sul fatto ce
Himchan non fosse il tipo di ragazzo che piaceva solitamente al mio migliore
amico.
“Ho fatto una cagata, vero?”
“Nah, neanche tanto… infondo è vero
quello che dici, a Bang di solito piacciono ragazzi di tutt’altro genere e
credo che anche lui lo sappia. Il punto però è un altro. Perché ti dà tanto
fastidio che abbia scelto una persona così diversa dai suoi standard? Sai, per
quello che ho visto io, questa è la prima volta che sei geloso di qualcuno che
sta con Yongguk, non è che per caso è perché gli altri erano tutti troppo
diversi da te e quindi inconsciamente non ti eri mai dato troppe chance di
piacergli, ma ora che è entrato in gioco Himchan, ti senti diciamo… tradito, perché vuol dire che infondo potevi
avere anche tu una chance ma non te la sei mai data?”
Mi ritrovai a sgranare gli occhi,
possibile che fosse così?
“Io avevo pensato a un’altra
conclusione…”
“Quale?”
“Temo che la verità sia che in realtà
io sono stanco di sentirmi solo, Jongie.”
“Solo?”
“Sì, dai sono tre anni e mezzo che
non ho una relazione seria e sono stanco di questa cosa… credo che la realtà
sia questa, che sento il bisogno di essere amato e di poter amare qualcuno.”
“Fa strano sentirti dire questo,
quando sei tu il primo che non permette a nessuno di avvicinarsi troppo a te.”
“Mh?”
“È da quando ti conosco, Zelo, che ti
ho visto sempre divertirti con i ragazzi, ma non hai mai permesso a nessuno di
rimanerti accanto. Quando vedevi che per l’altro la situazione iniziava a farsi
seria, lo allontanavi.”
*** *** ***
***
Continuavo a rigirare tra le manila
busta della lettera mentre sospiravo pesantemente. Ormai era quasi una mezzora
che me ne stavo sdraiato sul letto e fissavo il logo della New York University.
Chi se l'aspettava più l'arrivo di quella lettera? Avevo fatto la proposta di
borsa di studio senza troppe aspettative, ma ora che mi ritrovavo con la busta
in mano, ero in ansia di sapere se l'avessero accettata o meno. Il pensiero di
poter realizzare quel piccolo obiettivo era davvero elettrizzante! Certo mi
sarei dovuto trasferire dall'altra parte del mondo, ma era una di quelle
opportunità che capitano una volta nella vita!
Feci ricadere le braccia lungo il mio
corpo e sospirai per l'ennesima volta, non avevo il coraggio di aprire quella
dannata lettera.
"La pianti di sbuffare?!"
Aprii gli occhi di scatto e mi voltai
verso il punto da cui proveniva la voce di JongUp.
Era diventato viola. I suoi capelli
erano viola!
"I tuoi ca... capelli!"
"Sì, sì... sono belli vero? Ma
tu che cavolo hai? Sembri un trano da quanto sbuffi!"
Mi si avvicinò e io instintivamente
tentai di nascondere la lettera, mai mossa fu più azzardata. Infatti Jongie
sorrise immediatamente, vedendo la mia reazione, e mi strappò la lettera di
mano.
"Oh... vediamo un po' cosa
abbiamo qui..."
La fissò dapprima sbalordito poi mi
guardò con un misto di sconvolgimento e divertimento nei suoi occhi.
"ODDIO, Zelo, ma questa è la
scuola a cui avevi chiesto di iscriverti!!!"
"Già..."
"E...?"
"Non ho il coraggio di
aprirla..."
"COSA?! Ma sei pazzo? Quando
l'hai ricevuta?"
"Prima, mentre tu eri in bagno -
ora so a far cosa."
Lui iniziò a fremere impaziente e
sapevo già che mi avrebbe fatto la richiesta di aprirla lui per me, quindi
ancora prima che potesse pronunciar parola gli annuii con la testa e lui si
mise frenetico ad aprirla.
Estrasse lentamente i fogli contenuti
nella busta e mi ghignò, sapendo che quell'attesa era tremendamente fastidiosa.
"Se devi leggerla per primo,
vedi di farlo in fretta... l'ansia non aiuta!"
Lui aprì i fogli e si mise a leggere
la prima pagina.
"Gentile signor Choi,
Siamo lieti di annunciarLe che la New
York University ha accettato la sua richiesta per la borsa di studio presso il
nostro istituto per il corso di Master in Interior Design.
Il corso accademico comincerà nella
prima settimana di Settembre. L'ammissione alla nostra scuola ha un alto
livello di competizione, specialmente per le persone che, come Lei, ci chiedono
l'aiuto finanziario. Per questo le ricordo che per otterene il finanziamento da
parte del nostro istituto, dovrà mantenere una media di voti di 29/30.
In allegato troverà i moduli da
compilare sia per ottenere l'effettivo finanziamento, quello di iscrizione
all'istituto e - nel caso ne voglia usufruire - di prenotazione per un posto
nel dormitorio del campus. Tutto questo materiale dovrà inviarcelo compilato e
firmato entro e non oltre il 5 maggio del corrente anno.
Le ricordiamo inoltre, che se lo
desidera, può partecipare al corso intensivo di inglese che partirà ad aprile e
al quale potrà tranquillamente iscriversi inviandoci una mail..."
Mentre JongUp continuava a leggere io
mi ero seduto sul letto e lo fissavo incredulo.
Mi avevano preso!
Iniziai a ridere istericamente,
incredulo per quella situazione quasi irreale.
"Cazzo Zelo, ce l'hai
fatta!!"
"Ce... ce l'ho fatta!"
Jongie mi saltò letteralmente al
collo abbracciandomi forte e ripetendomi quanto fosse fiero e felice per me. Io
ancora non ci credevo.
"Dobbiamo avvisare i tuoi e
anche Bang!"
Si era staccato dall'abbraccio e si
era precipitato verso la porta della mia stanza in cerca del telefono.
"No..."
"Cosa?"
"Per ora non voglio dirlo a
nessuno..."
"COSA?!"
"Jongie, è vero sono stato
preso, ma per ora voglio che rimanga tra noi. Bang non deve saperlo."
"Stai scherzanso?!"
Negai con la testa. Dovevo pensare
prima di dare la notizia e per come era la situazione in quel momento preferivo
non dire nulla al mio migliore amico. In quelle due settimane passate dalla
nostra ultima chiacchierata, ci eravamo trovati in una situazione strana, ogni
volta che eravamo insieme l'aria sembrava pesante o meglio tesa. Non c'era un
motivo preciso... o meglio, sì che c'era, ma era semplicemente imbarazzo misto
a quella sensazione di incapacità di smorzare la tensione.
Dirgli in quel momento una notizia
bomba come quella, non avrebbe di certo migliorato la cosa. In più quella sera
dovevo proprio uscire con lui, suo fratello gemello e sua sorella maggiore.
L'ultima cosa che potevo dire in una serata simile era quella della mia
possibilità di partire.
*** *** ***
***
Eravamo di ritorno dalla serata
passata in un locale tutti insieme, Natasha, la sorella maggiore di Yongguk,
stava guidando lungo le strade ormai vuote, al suo fianco Yongnam, il gemello
di Yongguk, teneva la testa appoggiata al finestrino, al mio fianco il mio
migliore amico si esa accasciato su Himchan che era seduto alla sua sinistra.
Io stavo lì che di tanto in tanto li fissavo in silenzio. Dormivano beatamente
tenendosi per mano. Quando rialzai lo guardo notai che Natasha mi stava
scrutando dallo specchietto retrovisore, giusto qualche istante, poi tornò a
fissare la strada davanti a sé.
Se solo quella sera non mi fossi messo
le circle lens a quell'ora potevo essere anche io nel mondo dei sogni e
risparmiarmi quella visione.
Che quei due ormai si frequentassero
non era più un mistero per nessuno, ma avrei preferito che non lo mostrassero
così tranquillamente, non davanti a me almeno.
In particolare non sopportavo i modi
di fare di Himchan, quello stronzo... se solo ripensavo a poche ore prima
quando mi si era avvicinato con la scusa di ballare insieme finché Bang era in
bagno e mi aveva detto chiaramente che nonostante lui si fosse accorto dei miei
sentimenti, non si sarebbe tirato indietro. Mi aveva fatto anche un sorrisino
dopo avermi detto quelle poche parole e vedendo arrivare Yongguk si era poi
dimostrato come al solito. Non riuscivo proprio a sopportarlo, non potevo farci
niente.
Eppure sembravo essere l'unico ad
accorgersi del suo lato demoniaco, visto
che agli altri piaceva e anzi più di una volta mi ero sentito dire da amici e
conoscenti che dovevo essere meno scorbutico nei suoi confronti.
La facevano facile loro.
Quando finalmente giungemmo a
destinazione io aprii la portiera e dopo esser sceso, la chiusi violentemente.
Yongguk e Himchan sobbalzarono entrambi a causa di quella botta e anche Natasha
e Yongnam non rimasero indifferenti al mio atteggiamento.
Salimmo in casa e tutto quello che
volevo era coricarmi. Avevamo pronto il divano letto nella sala dove in teoria
avremmo dovuto dormire solo io e Himchan, ma Yongguk aveva optato per domire
con noi, visto che era abbastanza palese che tra noi non scorresse buon sangue.
Mi sdraiai per primo, silenzioso,
presi il cellulare e controllai se avevo ricevuto messaggi nel frattempo e una
notifica di Kakao Talk attirò la mia attenzione. Era JongUp.
Aprii l'applicazione e mi ritrovai un
suo messaggio.
Jongie~: ehi, come va?
Cliccai sullo schermo per poter
iniziare il messaggio di conversazione.
Tu: Passo volentieri la domanda...
Ci aggiunsi uno degli stickers
dell'applicazione, quello dell'omino con la faccia a pesca (o culo - come
dicevo io) che era accovacciato a terra, le braccio intorno alle gambe e la
faccia scura di chi è incazzato.
Non ci volle molto prima che lui mi
rispondesse.
Jongie~: che è successo?
Tu: Te lo spiego domani...
Lui mi rispose con uno sticker che
mostrava la mascotte di Kakao, un omino giallo, con un costume da coniglio, che
abbracciava un mini coccodrillo. Come per consolarlo.
Sbuffai, voltandomi di lato, ancora
solo su quel materasso troppo grande per una persona sola.
Poco dopo arrivò Bang che nel
frattempo si era messo in pigiama. Si sdraiò al mio fianco abbracciandomi da
dietro, il mio cuore sussurrò per qualche istante.
"Tutto a posto?"
Gli risposi con un semplice verso di
assenso, non sapendo che altro fare.
"Bang?"
La voce di Natasha ci fece sobbalzare
leggermente, o meglio, io sobbalzai, Yongguk si girò semplicemente.
"Che c'è?"
"Niente... Buona notte, vedete
di riposare."
Ci aveva dato uno strano sguardo e la
cosa mi aveva fatto pensare per qualche istante, ma poi il sonno mi colse,
ormai non potevo più sfuggirgli, così le mie palpebre si chiusero e mi ritrovai
a sbiascicare un buonanotte
a Bang, che mi
rispose con un sussurro.
Mi avvicinai alla finestra scorrevole
della cucina, l’aprii leggermente così che poi avrei potuto fumare
tranquillamente. Nel frattempo il caffè si era scaldato e mi riempii la tazza,
quella con disegnato Tigro che normalmente usava Bang, ma che diventava mia
ogni volta che mi fermavo da lui a dormire. Socchiusi la porta che dava sul
corridoio e dopo essermi accovacciato affianco alla finestra appoggiai la tazza
a terra per accendermi la sigaretta.
Fuori c’era una splendida giornata di
sole e nonostante la leggera brezza, si stava davvero bene. Tenevo le gambe
piegate vicino al petto mentre guardavo un punto non preciso fuori dalla
portafinestra. Non mi accorsi nemmeno che Natasha fosse entrata in cucina -
versandosi anche lei del caffè – fino a quando non si sedette al mio fianco
appoggiando la testa alla mia spalla.
Sussultai appena e con la coda
dell’occhio la vidi sorridere per la mia reazione. Nonostante le apparenze,
sapeva essere una ragazza molto dolce e per me era come una sorella maggiore
acquisita. I suoi capelli biondi un po’ scompigliati, il viso struccato, la
canotta bianca e gli shorts neri che le avevano fatto da pigiama la rendevano
in qualche modo diversa dal solito, ma risultava comunque fantastica.
Guardava la tazza che teneva in mano,
mentre ci giocherellava con le dita e muoveva il piercing che aveva appena
sotto il labbro, era un vizio che non era mai riuscita a smettere di fare. Più
di una volta mi era venuta la voglia di farmi un piercing, dopo che avevo visto
il suo, anche se il mio desiderio era di farlo alla lingua.
Dopo qualche istante, alzò il viso e
si voltò verso di me con un’espressione indecifrabile. Sembrava studiarmi e
allo stesso tempo impegnata a pensare cosa dire. Feci l’ennesimo tiro dalla mia
sigaretta ormai quasi terminata, aspettando che lei proferisse parola.
“Zelo… so che non sono affari miei,
ma visto che siamo soli e le orecchie indiscrete dormono pesantemente, vorrei
aprofittarne…”
Agrottai le sopracciglia confuso. Non
sapevo proprio di cosa volesse parlarmi specialmente dopo una premessa così
seria.
“Dimmi tutto, noona.”
“Sono preoccupata per te.”
Aveva stirato leggermente le labbra e
abbassato la sgurardo, chiaro segno che ancora una volta stava ponderando bene
le parole da usare.
“Per me?”
Ero sinceramente curioso di quello
che le passava per la testa e mi ritrovai a inclinare la testa per poter
tornare nel suo compo visivo. Ma fui distratto quando il calore della sigaretta
terminata mi scottò leggermente le dita e mi ritrovai così a farla cadere a
terra appena fuori sul balcone.
“Aish!”
“Ti sei fatto male?”
“Nulla di che, ma devo pulire…”
Stavo per alzarmi quando Natasha mi
bloccò il braccio in cui tenevo la tazza di caffè, obbligandomi a sedere di
nuovo al suo fianco.
“Pulisco io dopo, non preoccuparti.
Ora devo dirti delle cose.”
Non protestai e tornai a dare tutta
la mia attenzione alla sorella di Bang che sospirò profondamente prima di
riprendere il suo discorso.
“Sai, mio fratello, parlo di Yongguk,
non è molto sveglio.”
Vedendo che io stavo per scoppiare a
ridere mi fulminò con lo sguardo, chiaro segno che non voleva essere interrotta.
Cercai quindi di ricompormi e sorseggiai il caffè ormai tiepido.
“Quindi probabilmente, anzi…
sicuramente non ha ancora capito i tuoi sentimenti per lui. Ma, Zelo, a me non
è sfuggito nulla e…”
“Ti stai…”
“Non interrompermi!”
La sua voce si era alzata un po’
troppo e per qualche istante ci zittimmo entrambi visto che dalla sala - dove
Yongguk e Himchan dormivano - arrivarono dei rumori. Natasha si alzò e si
diresse in corridoio a controllare e dopo aver appurato che nessuno si fosse
svegliato o alzato, chiuse la porta della cucina e si appoggiò leggermente al
piano cottura.
“Zelo, non negare e lasciami finire,
chiaro?”
Aveva diminuito chiaramente il tono
di voce, ma era riuscita comunque a trasmettere la fermezza della sua frase,
quindi mi ritrovai ad annuire e a sottostare alla sua richiesta.
“Ti stavo dicendo, io mi sono accorta
del cambiamento che c’è stato tra voi, nel vostro rapporto. A te piace Yongguk
e in questo non ci sarebbe davvero nulla di male se… se mio fratello fosse come
te.”
Ancora una volta mi ritrovai confuso
dalle sue parole, in che senso Yongguk non era uguale a me? Ovviamente,
Natasha, vedendo la mia espressione si decise a spiegarsi meglio.
“Yongguk non è come te, Zelo, o come
il tuo coinquilino ehm… JongUp. Se sto dicendo questo sappi che è solo per
proteggerti, perché ti conosco da così tanto che per me sei come un terzo
fratello minore e credimi, l’ultima cosa che voglio è che tu rimanga scottato
da Yongguk. So cosa hai passato con Seunghyun e non voglio che tu stia ancora
così male per colpa di mio fratello. Credimi lo conosco bene e per quanto lui
possa essere attratto dai ragazzi, alla fine la persona con cui si metterà, con
cui passerà il resto della sua vita sarà una donna. Lo sai anche tu, no? Lui
vuole una famiglia, vuole un futuro in cui avrà dei bambini e… perdonami il
poco tatto, ma né tu, né nessun ragazzo potrà mai dargli quel futuro. Non in
questa società e probabilmente nemmeno in questo secolo.”
Aveva distolto lo sguardo e si era
avvicinata una mano al naso, si mise a guardare il soffito e allora capii che
stava cercando di non piangere. Mi alzai lentamente e mi diressi verso di lei
per abbracciarla.
“Oh, Zelo… scu-scusami…”
Il suo volto si era nascosto sul mio
petto e le sue mani si erano avvinghiate intorno al mio busto. Appoggiai la
tazza, ormai fredda, sul piano cucina e con la mano ora libera iniziai ad
accarezzarle i capelli. Si era preoccupata tanto per me e io sapevo che infondo
aveva ragione. Le probabilità che Bang alla fine avrebbe fatto una scelta come
quella che lei aveva dipinto nel suo discorso, erano molto alte… troppo.
“Noona, puoi stare tranquilla perché
non credo che avrò mai il coraggio di spiegare a Yongguk quello che provo. Non
sono nemmeno sicuro di essere innamorato di lui, perché sai… probabilmente la
mia è solo solitudine, vorrei semplicemente che qualcuno mi amasse.”
Lei singhiozzò stringendo ancora di
più la presa quando sentì le mie parole.
“Io… io vorrei davvero che… che tra
te e Yongguk andasse tutto bene. Credo che voi siate anime gemelle.”
“Anime gemelle?”
In quel momento mi tornò in mente un
discorso che avevo fatto anni prima con mia madre, ero solo un bambino,
probabilmente di cinque o sei anni e in classe avevamo letto un libro in cui si
parlava di anime gemelle e una volta tornato a casa ne parlai con lei.
“Cos’è l’anima gemella?”
Lei era rimasta abbastanza stupita
dalla mia domanda, ma dopo averci pensato per qualche istante, mi rispose con
delle parole così belle che mi rimasero impresse.
“L’anima gemella è come un migliore
amico, ma è qualcosa di più. È l’unica persona al mondo che ti conosce meglio
di chiunque altro. È qualcuno che ti rende una persona migliore, anzi… non ti
rende una persona migliore, lo fai tu stesso perché l’altro ti ispira. L’anima
gemella è qualcuno che porterai con te per sempre. È l’unica persona che ti
conosce, ti accetta e crede in te prima che qualsiasi altra persona lo faccia o
quando nessun altro lo farebbe. E non importa cosa possa accadere… le anime
gemelle si ameranno sempre. Nulla potrà cambiare questo.”
Solo più tardi scoprii che era in
realtà una citazione che aveva sentito, ma erano parole talmente belle che
decisi di tenerle con me a prescindere da chi provenissero. Continuai a
crederci e continuavo a farlo anche in quel momento.
*** *** ***
***
Mi rigiravo lentamente nel letto, da
un lato sentii il calore di un corpo caldo accanto al mio, ma quando mi voltai
verso il punto dove dovevi esserci tu, il materasso era vuoto e freddo. Aprii
gli occhi, lo sguardo inizialmente appannato dal sonno, ma poi tutto iniziò a
diventare più nitido, la sala era ancora nella penombra. Mi alzai a sedere
guardandomi intorno, TU non eri dove dovevi essere, nel letto, da un bel pezzo
da quanto si erano raffreddate le lenzuola. Mi voltai dalla parte opposta e
Himchan dormiva ancora beatamente come un bambino, i capelli biondi gli
ricascavano sul viso e mentre fissavo le sue labbra appena dischiuse, l’ombra
di mia sorella attirò la mia attenzione. Mi girai quindi a guardarla e il suo
sguardo furente mi fece venire i brividi.
“Sorellona…”
Lei non mi degnò nemmeno di una
parola, si diresse verso il bagno sbattendo poi la porta violentemente. Era
incazzata nera e questo significava una sola cosa, guai in vista.
A causa del colpo, mio fratello si
era svegliato ed era venuto in sala a chiedermi che diavolo fosse successo,
ovviamente gli risposi dicendogli che non ne sapevo nulla.
A quel punto anche Himchan si svegliò
e ci guardò confuso.
“Che è successo?”
Non facemmo in tempo a proferir
parola che mia sorella uscì dal bagno, accese la luce della stanza e si mise a
fissarci malissimo.
“Succede che tu ora ti alzi e te ne
vai.”
Io e mio fratello la fissammo
stupiti. Era la prima volta che si comportava così.
“Cosa… ma Natasha… che cavolo ti
prende?!”
Mio fratello aveva sicuramente più
iniziativa e coraggio di me ad affrontarla.
“Nulla, ma voglio che lui prenda e se
ne vada, ORA!”
“Lui è mio amico e da qui non se ne
va!”
“Yongnam… chi paga l’affitto di
questa casa? Le bollette? IO! Quindi questa è prima di tutto casa mia e se dico
che una persona se ne deve andare, può essere anche il padre eterno, ma se ne
va! E non voglio obiezioni!”
Himchan si portò una mano nei capelli
e lentamente si alzò in piedi dirigendosi prima al suo zaino per prendersi il
cambio di abiti, poi in bagno e quando passò affianco a mia sorella lo vidi
lanciarle uno sguardo strano, come se sapesse cosa spingesse mia sorella a
comportarsi così.
“Ora vuoi gentilmente spiegarci che
ti prende? E in tutto questo… dov’è Zelo?”
“Oh, te ne sei accorto solo ora che
manca?”
La voce di mia sorella si era fatta
ancora più acida e dopo aver fissato intensamente mio fratello si voltò verso
di me, per un attimo ebbi il timore che volesse uccidermi.
“Se ne è andato… una mezz’ora fa.”
“Perché non mi avete svegliato?”
Era la seconda volta che prendevi e
te ne andavi senza dirmi niente, la cosa iniziava a infastidirmi.
“Il signorino allora non ha perso il
dono della parola…”
Il suo tono di voce era chiaramente
canzonatorio e ciò mi irritò particolarmente.
“Piantala di essere così acida! Si
può sapere perché sei così incazzata? Che ti ho fatto?”
Lei in risposta fece prima un
qualcosa di simile ad uno sbuffo che sfociò poi in una sorta di sospiro
sarcastico, mentre squoteva la testa e alzava gli occhi al cielo, come se fosse
esasperata.
“Proprio a me doveva capitare un
fratello così idiota?”
“Non ti pare di esagerare un po’
ora…”
La voce di Himchan arrivò da poco
dietro di mia sorella che sobbalzò leggermente.
“Himchan…”
“Il tuo amichetto non fa molto per
sistemare la situazione… quindi non dare la colpa a tuo fratello.”
Mia sorella lo guardò in tralice e
lui di tutta risposta la sorpassò senza degnarla di altra attenzione,
chinandosi poi a sistemare le sue cose nello zaino.
“Tu vedi di rimanerne fuori...”
La voce di Natasha era quasi un
sibilo.
“Perché dovrei? Mi sto frequentando
con uno dei tuoi fratelli e sono amico dell’altro, mi sembra di essere più che
coinvolto, non credi?”
Per la prima volta mia sorella rimase
senza parole e dal suo volto si poteva notare il disappunto per quello che
aveva detto Himchan. Possibile che il problema fosse il fatto che io mi
frequentassi con lui? Ma che centrava quello con te? Eppure effettivamente
anche la volta precedente, quando se te eri andato senza dirmi nulla c’era
Himchan con me…
Nel frattempo mia sorella aveva preso
il cappotto dall’appendi abiti, le sigarette dal mobiletto in anticamera e si
era diretta a grandi passi verso l’ingresso, dove indossò un paio di scarpe da
ginnastica.
“Non ho più voglia di discutere con
gente che non capisce nulla… e per quello che riguarda te, Yongguk, fatti
quattro domande!”
Dopo quello prese e uscì. Himchan
fece lo stesso poco dopo, io e Yongnam ci scusammo più volte con lui prima che
se ne andasse.
Stavo ancora cercando di assimilare
quello che Bang mi aveva appena raccontato.
Natasha si era lasciata trasportare
troppo e la conseguenza era che ora forse qualche dubbio si fosse instaurato
nella testa di Yongguk. Se mi avesse fatto qualche domanda, come avrei potuto
evitare di rispondergli?
Iniziai, come mio solito, a sfregare
la mano appena sotto il collo, tra le clavicole, come mi capitava ogni volta
che ero particolarmente nervoso. In più evitai di proposito di guardare
Yongguk, uno scontro diretto con il suo sguardo mi avrebbe fatto crollare in mille
pezzi.
Ad un tratto però lo sentii sospirai
e cascai completamente nella sua trappola, i miei occhi e i suoi si incrociaro
e io fui sull’orlo di scoppiare.
“Zelo, sai… io ci ho pensato,
seriamente, ho cercato di capire di pormi delle domande come mi ha chiesto mia
sorella e sono arrivato ad una conclusione.”
Mi fissava, non era arrabbiato,
sembrava più preoccupato e quasi indeciso sul da farsi. Io d’altro canto non
avevo la bencheminima idea di cosa o come rispondergli, quindi rimasi in
silenzio, aspettando che lui mi parlasse nuovamente.
Si sfegò la fronte un paio di volte e
diede anche un paio di colpi di tosse per schiarirsi la gola.
“Ho bisogno di sapere se ciò che
penso è esatto, quindi ti prego… amico mio devi dirmi la verità, chiaro?”
Ecco, me lo sentivo, era arrivato il
momento del giudizio. Qualsiasi cosa avrei detto sarebbe stata sbagliata,
tremendamente sbagliata, lo sapevo. Bang non avrebbe capito, sicuramente ci
sarebbe rimasto male e… si sarebbe allontanato, via da me.
Solo. Sarei stato nuovamente solo.
Quel pensiero terribile mi fece
tremare e abbassai lo sguardo cercando di trattenere le lacrime.
Se solo mi fossi controllato di più…
se solo non mi fossi lasciato trasportare da quello che mai era esistito e mai
sarebbe potuto esistere. Se solo…
Ero così immerso nei miei pensieri
che non mi ero nemmeno reso conto di essere scoppiato a piangere.
Improvvisamente non ero più in quella cucina, non ero più nemmeno lì con Bang,
ero in un posto buio, un posto che per quasi sei anni avevo scordato.
Fu solo quando sentii le mani di
Yongguk stringermi forte e la sua voce sussurrarmi all’orecchio un ehi, va tutto bene che tornai con la mente lucida.
“No…”
Non riuscii a pronunciare altro e a
quel punto il mio migliore amico lasciò leggermente la presa dell’abbraccio, la
sua fronte si appoggiò alla mia, mentre il suo sguardo penetrava nel mio,
lasciandomi completamente vuoto e scoperto.
“Zelo… da quando?”
“Non lo so…”
“Impossibile…”
“Sì che lo è! Non so nemmeno che cosa
sia.”
Lo spinsi leggermente indietro
cercando di asciugarmi le lacrime che continuavano a solcare il mio viso
imperterrite.
“Tutti credete di sapere cosa provo,
ma cazzo, non è così! Vuoi sapere se sono innamorato di te, Yongguk? Beh, mi
spiace, ma non lo so. Ti voglio sicuramente bene, tengo a te più che a me
stesso e questa mia confusione fa fottutamente male, ok?”
Lui sembrava stesse per dirmi
qualcosa, ma poi probabilmente ci ripensò e finì per mordersi semplicemente il
labbro inferiore.
“Probabilmente mi sento semplicemente
solo e sono stanco… STANCO di essere solo, di non avere nessuno che mi fa
battere il cuore all’impazzata, stanco di una botta e via con qualche
sconosciuto… stanco di… di non riuscire a voltare pagina completamente.”
“Vuoi dire che pensi che questi tuoi
improvvisi sentimenti per me siano dovuti solo al fatto che ti senti solo?
Davvero credi in una stronzata simile Zelo?”
“Beh, meglio pensarla così, che
convincermi di essere innamorato del mio migliore amico che però non mi
ricambierà mai, no? Yongguk, vuoi la verità? Bene, allora devi ascoltarmi
dall’inizio alla fine senza fiatare. Forse tu non te lo ricordi, eri talmente
ubriaco quella sera, al party per il compleanno di JKS ci siamo baciati. È
stato un bacio si può dire innocente, almeno all’inizio, ma poi è diventato
stranamente passionale e non me lo aspettavo proprio. Era stato tutto così
strano e coinvolgente, eppure all’inizio non ci avevo dato molto peso perché
eravamo entrambi ubriachi e beh... eravamo migliori amici quindi pensai che non
fosse poi una cosa così assurda. Questo finché… finché Himchan non è arrivato.
Inizialmente pensavo di essere geloso di lui perché… non lo so nemmeno io, ma
mi infastidiva il modo in cui ti stava appiccicato e in cui mi guardava, sempre
con quella faccia da prendere a schiaffi solo per provocarmi! Non lo
sopportavo, specialmente perché mi ricordava Taeyeon, la tua ex, quella che
tentava in ogni modo di allontanarci. Poi JongUp mi ha fatto notare che forse
non era una questione solo di amicizia e lo stesso vale per tua sorella… ho
iniziato a farmi domande a cercare di capire. Mi rendevo conto di comportarmi
in maniera strana, di evitarti perché ogni volta faceva male sapere che c’era
qualcuno di più importante di me quando per me… nessuno… nessuno è stato più
importante di te.”
Presi un paio di respiri, sentivo la
tensione accumulata che piano piano si stava sciogliendo e se non fossi stato
già seduto sulla sedia, probabilmente sarei crollato a terra da quanto le forze
mi avevano abbandonato.
Alla fine mi azzardai ad alzare lo
sguardo e tutto quello che vidi fu una lacrima che scendeva lungo una delle
guance di Yongguk. Rimasi completamente spiazzato e mi ritrovai di nuovo ad
abbassare lo sguardo, incapace di sostenere quella visione.
“IO… io mi farò passare questa…
chiamiamola cotta? Che ho per te, però mi devi dare tempo, non mi devi istigare
o punzecchiare, perché potrei solo starci male. Sai… la mia paura più grande
ora è che dopo averti detto tutto questo tu mi chieda di andarmene di starti
lontano… quindi per favore, dimmi qualcosa. Fammi sapere di che morte morire.”
Lo sentii tirare su con il naso,
segno che stava continuando a piangere, e con la coda dell’occhio lo vidi
portarsi le mani in viso, probabilmente per calmarsi.
“Ti sei tenuto 'sto malloppo dentro
per tutto questo tempo? Perché non me ne hai parlato prima? Ti ho ispirato così
poca fiducia?”
“Non si tratta di non avere fiducia,
Bang… Vorrei vedere te al mio posto.”
“Non deve essere stato facile…”
“Per niente.”
“Scusami.”
Lì per lì ebbi un mezzo infarto, non
sapendo a cosa si riferisse con quello scusami.
“Io ti vedo come un amico, un
fratello… come una persona indispensabile per la mia vita, ma…”
“Lo so Bang.”
“Però, anche se non posso ricambiare
i tuoi sentimenti, non voglio perderti…”
“Non lo farai, non mi perderai! Però
ho bisogno di tempo…”
“Non c’è problema e… smetterò di
uscire con Himchan se questo può farti sentire meglio!”
“No… non devi farlo. A te lui piace e
tu piaci a lui, sarebbe egoistico da parte mia chiederti una cosa simile.”
“Però…”
Presi il suo volto tra le mie mani
obbligandolo a guardarmi attentamente.
“Ho già la soluzione, non sarà facile
ma per ora è l’unica cosa che posso fare.”
Lui mi guardò sbalordito e incredulo,
non comprendendo forse le mie parole.
“Settimana scorsa mi è
arrivata la lettera dal College di Staten Island… mi hanno ammesso al corso di
Design di Interni con borsa di studio. Parto ad aprile.”
“No!”
“Bang, sì.”
“Ma… per quanto?”
“Se tutto va bene? I due
anni di master. Altrimenti meno. I corsi ufficiali partono a settembre, ma ho
bisogno di fare un corso intensivo di inglese per poter seguire le lezioni come
si deve. Era l’occasione che volevo ed è arrivata al momento giusto.”
“Quindi scappi?”
Ci rimasi male per
quella sua domanda non propriamente domanda.
“No… mi prendo tempo e
distanza, quella giusta che mi serve per far scemare questi sentimenti. Bang,
credimi, è meglio così. Se stessi qui e continuassi a vederti per me
diventerebbe solo più difficile, e anche per te sarebbe lo stesso. E comunque
non sparisco, abbiamo Skype e Kakao, rimarremo comunque in contatto. Vedrò
anche di tornare per le festività, quindi non è che vado in guerra con il
rischio di non tornare.”
Annuì leggermente con la
testa. Probabilmente non era ancora completamente convinto, ma almeno sembrava
stesse pensando seriamente che quella potesse essere la scelta migliore.
“E comunque mi aspettavo
un po’ più di entusiasmo… visto il mio traguardo raggiunto!”
Tentai di fare un tono
scherzoso, giusto per smorzare un po’ la tensione e sembrai esserci riuscito,
visto che Bang accennò un lieve sorriso. la tensione
e sembrai esserci riuscito, visto che Bang accennò un lieve sorriso.sando
seriamente che quella potesse essere la
*** *** ***
***
Dopo aver fatto il check-in tornai
dai miei, la partenza si avvicinava e il fatto che Bang non fosse ancora
arrivato mi metteva ansia.
Possibile che non verrai?
Era arrivato il momento di andare,
avrei dovuto oltrepassare la porta che mi avrebbe portato verso i gate di
imbarco, ma prima dovevo passare tutti i controlli dei documenti.
“Tesoro, non puoi più aspettare… lo
sai.”
“Hmm…”
“Non capisco… Pensavo che il tuo
amico Bang arrivasse prima addirittura di noi.”
“Probabilmente aveva altro da fare,
comunque, voi è meglio che andiate o farete tardi a lavoro! Vi scrivo appena
faccio scalo a Londra, promesso!”
Abbracciai forte mia madre che in
quel momento scoppiò a piangere.
“Mi mancherai!”
“Anche tu, mamma…”
Quando riuscii a liberarmi dal suo
abbraccio mio padre mi diede un paio di pacche sulle spalle, prima di
avvolgermi tra le sue braccia, poi prese mia madre e si diressero verso
l’uscita dell’aeroporto.
Ero rimasto solo con JongUp, il quale
mi diede un paio di pacche sulla spalla.
"Vedrai che tra poco arriva..."
Mi girai verso di lui scoppiandogli a
ridere in faccia.
"No, mi aveva detto che non
sarebbe venuto. Non se la sentiva."
Il mio ormai ex coinquilino mi guardò
sbalordito da quella notizia.
"Come può non venire?! Ora lo
prendo a parole!"
Prese il cellulare pronto a chiamare
Bang e non tentai nemmeno di fermarlo, forse perché infondo speravo che lui
venisse a salutarmi.
"Pronto... Bang? Si può sapere
dove cazzo sei? A casa?! Zelo sta per partire! Quindi muoviti, alza il culo e
vieni qui!"
"Jongie... lascia stare, ormai
devo superare i controlli, anche se prendesse il primo treno non riuscirebbe ad
arrivare qui in tempo..."
Lui mi guardò triste, ma io tentai di
sorridergli per tranquillizzarlo. Nel frattempo dall'altra parte del telefono
Bang disse qualcosa, che io non capii ma che fece fare una smorfia a JongUp.
"Te ne pentirai e ti starà su
bene!"
Poi agganciò la chiamata.
"Sei crudele con lui..."
"Se lo merita."
"Jongie..."
"Ma Zelo, cazzo è il tuo
migliore amico... dovrebbe esserci lui qui al mio posto!"
"Al momento preferisco avere te,
il che dovrebbe renderti felice."
Lui fece un'espressione esasperata
alzando gli occhi al cielo, io ne approfittai per abbracciarlo forte. Avevo
condiviso con lui l'appartamento per due anni e il pensiero che ora invece ci saremmo
visti solo tramite uno schermo mi fece un po' rattristare. Sentii le sue
braccia avvinghiarmi forte.
"Mi mancherai un sacco..."
"Anche tu Jongie."
"Mi raccomando..."
"Ti prego non fare come mia
ma-"
Mi tirò un coppino.
"EHI!"
"Te lo sei meritato! E ora
muoviti ad andare... prima che mi metta a frignare come un deficiente."
Ci sorridemmo a vicenda, era arrivato
davvero il momento di andare. Lo salutai di nuovo, poi presi la maniglia del
mio trolley e mi misi le cuffie nelle orecchie.
Con la musica che mi sosteneva, mi
diressi verso quella porta oltrepassata la quale non ci sarebbe stato ritorno.
Era arrivato il momento di voltare pagina. Di rimettere insieme i pezzi del mio
cuore e ricostruire quell'amicizia che non volevo perdere.
Perché non volevo mollare, non
stavolta... ma ci sarebbe voluto tempo.