- Un Vecchio
Conto da Regolare -
Vecchio
di almeno 243 anni
Autore:
LeFleurDuMal
Genere: Malinconico,
Sentimentale Romantico
Personaggi Principali:
Doko di Libra, Shion di Aries
Altri personaggi:
Shiryu che comparsa
Rating: Verde
In proposito: Doko
e Shion, un vecchio gioco.
Disclaimer: I
personaggi sono di Kurumada e miei. Ormai ho il contratto. Mi dispiace.
Cose:
Dedicata al mio Camus, che ama i protagonisti.E, del resto la caratterizzazione di Shion deve molto a lei. <3 Va alla grande con gli uke. E al Dolce Mu, che mi ha
chiesto questa fanfiction con tutto il lilla del suo cosmo e pagandomi
con dei biscotti.
Il vento batteva il pavimento di marmo con ferocia quasi crudele,
indifferente all’incontro che aveva fatto tremare Doko,
vecchio e minuto, sotto la camicia leggera.
I capelli lunghi di Shion, inguainato nella surplice di Hades, vennero
sollevati e lui incurvò le labbra in un mezzo sorriso, di
quelli strafottenti e di superiorità innegabile. Attese che
il vento si placasse, perché voleva che ogni parola
arrivasse al vecchio.
“Hai capito bene, Doko: ho giurato eterna fedeltà
ad Hades.” – mentì, ma questo era un
dettaglio, al momento – “E lui in cambio mi ha
concesso vigore e giovinezza.” Allargò le braccia,
che Doko potesse vederlo bene. “Ho tutto ciò che
potevo desiderare, i muscoli di un ragazzo di diciotto anni, la sua
forza, la sua freschezza… la sua avvenenza.”
Sogghignò, soddisfatto. E continuò. “Tu
invece sei… “ chiuse gli occhi, come ad
allontanare da sé quella parola:
“Decrepito”.
“E’ un’illusione.”
Sussurrò Doko, in risposta, sotto il largo cappello cinese
che sembrava schiacciarlo a terra “C’è
un motivo per cui ho fatto accendere i fuochi sulla torre della
meridiana. La vostra vita non durerà più a lungo
di quei fuochi”.
Shion socchiuse gli occhi rosa, con l’aria di un gatto appena
privato del gomitolo preferito. Fece alcuni passi verso la scalinata,
dandogli le spalle, ma Doko sollevò il bastione,
puntandoglielo contro.
“Fermo dove sei. Noi due abbiamo un vecchio conto da
regolare, vecchio di almeno duecentoquarantatre anni.”
Abbassò il tono di voce “Ed è il
momento di saldarlo”.
Shion si arrestò, per guardarlo da sopra la spalla.
“E’ proprio questo ciò che
desideri?”
“Senza alcun dubbio”.
Più di duecento anni prima, si sfilò la casacca
verde, buttandola nell’erba con il largo cappello cinese, e
si mise in posizione di guardia. Poi fece saettare qualche calcio, uno
dopo l’altro e atterrando basso, sulle ginocchia,
vibrò un destro ben piazzato davanti a sé. Alle
sue spalle, la cascata si infrangeva nel fiume in tutto il suo fragore.
“Ma che bravo” qualcuno lo applaudì.
Doko si girò in direzione della voce e sorrise, intrecciando
le mani dietro la nuca, tra i capelli castani, spettinati.
“Sì, miglioro a vista
d’occhio” sogghignò. Poi
invitò Shion a fronteggiarlo, con un gesto della mano. Il
ragazzo non se lo fece ripetere due volte.
Lo raggiunse con andatura morbida, elegante, fermandosi davanti a lui.
Shion era molto alto, dotato di una muscolatura potente ed elastica,
che lo rendeva flessuoso ed imponente, insieme. Guardò il
compagno dall’alto in basso, con un sorrisetto che voleva
essere sprezzante e invece lasciò trasparire tutto il suo
affetto. Doko gli sorrise di rimando: decisamente più
piccolo d’altezza e più compatto, aveva
l’agilità della tigre che il Maestro gli aveva
tatuato sulla schiena, e lo stesso brillio negli occhi grandi,
allungati.
“Sei pronto, Shion?” beffardo e adorabile in egual
misura.
Shion non fece altro che affilare lo sguardo sotto le ciglia lunghe, di
quel viso seducente e ingannevole. In combattimento, Shion era un
autentico bastardo, Doko lo sapeva e la prospettiva del gioco lo
stimolò.
Scattò in avanti.
Shion all’indietro. E ad ogni colpo dell’uno,
l’altro parava, i corpi elastici flessi nelle figure
dell’arte marziale, come in una danza.
Capitava spesso che Hakurei, che del giovane Shion era il venerato
Maestro, mandasse il ragazzo in Cina, dove un amico fidato stava
allenando un altro aspirante Cavaliere di Athena. Doko e Shion si erano
conosciuti così, ancora bambini, trovandosi con una
naturalezza e una familiarità che avrebbe loro permesso di
sopravvivere ad una sanguinosa Guerra Santa e a ben due secoli di vita.
Erano cresciuti praticamente insieme, e quando Hakurei mandava a
chimare Shion, reclmando l’allievo nel Pamir, Doko attendeva
paziente che la stagione fredda finisse e iniziasse l’estate,
con il ritorno dell’amico. A volte erano estati soleggiate, a
volte estati con la neve.
Ma era sempre estate quando tornava Shion.
Quella in particolare era stata un’estate molto lunga e piena
e sembrava ancora non voler giungere a termine. Mancava ancora qualche
anno al completamento dell’addestramento di entrambi e i due
ragazzi, poco più che bambini, crescevano in forza e potere
in quella culla verde che erano i monti Goro-Ho.
Si allenavano i muscoli delle braccia e delle gambe, nuotando nel
fiume. Si saltava e si correva nel vento. Poi ognuno si dedicava alle
proprie tecniche, diverse per l’uno e per l’altro.
Spesso Shion, elegante e bastardo – non solo in combattimento
– creava dalle proprie mani un muro di cristallo, senza
sforzo apparente, e sogghignava con superiorità e affetto
alla vista di Doko che prendeva a calci la cascata per farla andare
all’insù. Era lì che lo
guardava il giorno in cui finalmente ci riuscì e ne fu
orgoglioso. La sera si dormiva vicini, sui letti imbottiti di paglia di
riso, nella capanna, con il Mastro di Doko seduto sulla soglia, alla
luce della lampada a olio, a fumare erbe mediche nella pipa di legno.
“Ti arrendi?” domandò Shion, spingendo
lontano Doko, dopo una serie di attacchi.
Doko atterrò in piedi, silenzioso, sull’erba. Lo
guardò.
“Arrendermi io? Davanti a te?”
“Perché no?” l’altro
sbatté le palpebre e incurvò le labbra in un
sorriso bastardo. Un sorriso bastardissimo. Doko adorava i sorrisi
bastardi di Shion. Gli facevano venire voglia di scoppiare a ridere e
abbracciarlo, come quando si rotolava sull’erba se il
combattimento si trasformava in una rissa. A volte capitava.
“Perché no?” ripeté Shion,
alzando il mento, lanciandogli uno sguardo obliquo. “Faresti
un favore a te stesso, vaso ming.”
Doko cercò di guardarlo con rabbia, ma sentì il
sorriso schiudergliele senza pietà.
Quel maledetto bastardo.
“Vaso ming?” ripeté, sillabando,
fingendosi indignato.
“Vaso ming. Sei piccolo così.”
Mormorò l’altro con finta innocenza, piegandosi
per tracciare nell’aria una tacca immaginaria a mezzo metro
d’altezza dal terreno, a far vedere a Doko quanto
fosse alto, proprio come un vaso della dinastia Ming. Erano anni che lo
prendeva in giro: tre per la precisione, da quando Shion
l’aveva superato in altezza e aveva continuato a crescere
più di lui.
Doko, che era vero che non era tanto alto per essere un guerriero, ma
non era nemmeno un vaso ming, incassò e guardò
l’amico dritto negli occhi, fingendosi mortalmente offeso.
“Quando la finirai?”
“Dai, non prendertela…”
l’altro strascicò la voce.
“Laverai con il sangue quest’onta,
Shion!” si mise in guardia.
“…anche così piccolo sei
carino”. Ghignò. “Un piccolo vaso
ming”.
Così dicendo, Shion si gettò dietro la spalla i
capelli lunghi e setosi, si girò e si allontanò
con lentezza, perché Doko lo trattenesse.
Faceva parte del gioco.
“Fermo dove sei. Noi due abbiamo un vecchio conto da
regolare, vecchio di almeno tre anni.” Abbassò il
tono di voce “Ed è il momento di
saldarlo”.
Shion si arrestò, per guardarlo da sopra la spalla.
“E’ proprio questo ciò che
desideri?”
“Senza alcun dubbio”.
“Le tue parole sono sagge. Così come lo sono le
parole degli anziani”. Shion sogghignò –
bastardo – e disse anziano così come avrebbe detto
vaso ming. “Ma non ho nessuna intenzione di
ascoltarle”.
Preparò il suo colpo, diretto contro Doko, vecchio e
fragile, alto davvero come un vaso di ceramica.
Aveva subito e contrastato lo Shoryu Ha, e adesso si raddrizzava
elegantemente, il cuore che batteva implacabile sotto la surplice.
Levati dalle scatole, Shiryu, pensò, quando
l’allievo di Doko affiancò il Maestro.
Invece disse: “Il tuo Cosmo avverte il peso degli anni ben
più del tuo indomito spirito, amico di un tempo”.
Shion si guardò distrattamente la mano, bianca, forte e
giovane, con cui aveva appena contrastato il colpo di Doko,
“Due secoli fa mi avresti sopraffatto ad occhi
chiusi” alzò lo sguardo per spiare la reazione del
vecchio e fece un altro bastardissimo sogghignetto. “Ma
ora…?”
Beh… fu allora che Doko espanse il Cosmo in quella maniera
strana. Che mutò forma sotto i suoi occhi nella luce di
Athena e tornò giovane quanto Shion, quanto lo erano
entrambi davanti ad una cascata in Cina e al suo fragore.
Shion spalancò gli occhi per la sorpresa,
nell’ammirare la Tigre che ricordava. C’erano state
tante cose, in mezzo: una Guerra Santa, ancor prima di quella, che
aveva visto sopravvivere solo loro due; un pontificato al Grande
Tempio; il ritorno di Doko in Cina, da solo.
La sua morte, di Shion, per mano di Saga. Eppure, non aveva dimenticato
Doko la Tigre.
Il suo sorriso si allargò.
“Misopethamenos”.
“Sì, miglioro a vista
d’occhio” sogghignò Doko. Poi
invitò Shion a fronteggiarlo, con un gesto della mano. Il
ragazzo non se lo fece ripetere due volte.
“Allora ti conviene scappare, Shion!” Doko si
preparò allo scatto, pronto ad aggredirlo.
“Non ho paura, Doko!”
“Dovresti”.
Shion rise, gli occhi brillanti per il divertimento, e si
preparò all’impatto, vendendo la Tigre balzare su
di lui.
Un attimo dopo rotolavano insieme nell’erba alta, bagnata
dagli spruzzi della cascata.
Uno scatto di reni e Shion fece finire Doko sotto di sé,
accomodandosi saldo sopra di lui. Lo guardò sornione come
una volpe, incrociando le braccia, soddisfatto.
“Cosa credi di avere fatto, mh?”
“Ti ho atterrato”.
“Ah, davvero?” Doko sorrise caldo, tanto da essere
rassicurante. Solo, mentre lo diceva, girava il corpo di lato, sul
fianco.
“Doko…”
Lento, ma inesorabile.
Shion cercò di tenerlo giù, le spalle
nell’erba. Doko sorrise. Sorrise. Sorrise.
E lo sbilanciò di sotto.
“DOKO!” si aggrappò con le unghie alle
sue spalle, ma ormai era troppo tardi. Era stato sopraffatto ad occhi
chiusi.
“Ma guarda chi abbiamo catturato”.
“Mh...!” Shion si dimenò un
po’, ma nemmeno tanto. La verità era che stava
bene lì. “Lasciami!”, aggiunse, comunque.
Al contrario, Doko lo premette meglio sul prato, divertito, i fili
d’erba alta che accarezzavano il volto di entrambi. Lo
guardò e trattenne a stento una risata. Anche quello era un
gioco vecchio.
Era da un po’ di tempo, a dire il vero, che si lanciavano
sguardi facilmente traducibili, che correvano carezze più o
meno casuali. Così Shion rimase lì, sicuro, a
fargli sentire il proprio corpo premuto sotto il suo e girò
il viso di lato, mentre Doko gli sfiorava il collo e la mascella,
leggero come l’erba.
Shion tornò a guardarlo in viso, riappropriandosi di
quell’inequivocabile aria sorniona.
Gli fece scorrere un dito sul nasino all’insù e,
di punto in bianco, lo baciò.
Lo baciò.
In quel gioco familiare, quella era una svolta decisamente nuova.
Doko non se l’aspettava, spalancò gli occhi
nell’espressione sconvolta che avrebbe avuto due secoli dopo,
quando gli specter sarebbero evasi dal sigillo di Athena e lui avrebbe
rivisto davanti a sé l’amico di un tempo vestito
di una surplice scura.
Shion ridacchiò, approfittandosene per scappargli da sotto,
rialzandosi con qualche pacchettina alla tunica. Lo guardò
dall’alto, Doko che era arrossito con il respiro trattenuto
– così rosso da contrastare con il verde dei suoi
abiti.
Shion assunse un’aria saccentella.
“Beh, ti muovi? Dobbiamo allenarci, te lo sei
dimenticato?”
Doko allontanò Shiryu con un gesto e un’occhiata.
Avrebbe voluto che rimanesse in Cina, al sicuro – allievo
amato come un figlio – almeno per quella battaglia che
riguardava lui, Doko di Libra, che aveva visto spezzarsi un sigillo
nascosto in una cascata. Poiché il destino aveva voluto
diversamente, però, lo spinse con il suo Cosmo verso le
stanze di Athena. Che andasse a proteggerla in prima persona e lo
lasciasse lì, a fronteggiare il passato che era tornato, con
le sue ombre e i suoi sorrisi.
Shion attese, poi assunse un’aria saccentella:
“Amico di un tempo, siamo qui per combattere. Te lo sei
dimenticato?”
Rivolsero i loro colpi l’uno contro l’altro, le
stelle di Shion e i draghi di Doko inondarono il cielo di Atene con uno
splendore crudele.
Doko scattò in avanti, avvicinandosi alla
velocità della luce. Per la prima volta dopo secoli, furono
così vicini… Shion tornò a guardarlo
in viso, riappropriandosi di quell’inequivocabile aria
sorniona, appena sfumata in una nostalgia gelida.
Nonostante l’odio che nutriva per Hades, il dio a cui stava
giocando un gran brutto tiro, si ritrovò a ringraziarlo
sommessamente. Si maledì, quando se ne rese conto. Ma quando
aveva visto Doko così vecchio, poco prima, gli si era
stretto il cuore. Mai avrebbe voluto farsi vedere da Libra fragile e
secco com’era diventato negli anni, quando l’uno
era seduto su una cascata a Goro Ho e l’altro su un trono
alla Tredicesima Casa. Mai.
“Sei ancora alto come un vaso ming”, lo prese in
giro scacciando il pensiero, giovane e bellissimo davanti a lui.
Con il coraggio e la paura dei guerrieri che sanno che non
resterà loro più tempo di quanto dureranno i
fuochi su una meridiana, spensero i loro Cosmi in un combattimento che
si trasformava in una rissa. A volte capitava.
Doko lo afferrò, per regolare un conto antico sui vasi, e lo
baciò, con ferocia.
Shion si aggrappò alle sue spalle e lo attirò
contro di sé.
Conti
da regolare per “Tu quale stella hai scelto?”
Shinji:
éOè
Sono così contenta che ti sia piaciuta!
éOè Struggiti! Struggiti! *coccola tutto* . Aldy
è puccissimo, io lo adoro. Del resto, come si fa a non voler
bene ad Aldy?
Io sono del parere
che in Saint Seiya tutti i personaggi possano piacerti o non piacerti,
a parte due, che se non li ami per forza, a Dogma, vuol dire che hai un
cuore di pietra in un caso o che di Saint Seiya hai capito poco
nell’altro: un caso e Aldy, l’altro è
Ikki.
Ci sono serie teorie
su entrambi *mente* ma si possono approfondire in altre sedi.
*C* Grazie per i complimenti. No, non grazie a me. Grazie a te.
<3
Pucchyko_Girl:
Tesoro
é__è Se nessuno pensa a quel figo che
è Aldy ci dovremo pur pensare noi o no? Anche secondo me
Aldy è di una dolcezza e una purezza immensa e Rasgado
è un personaggio di una bellezza che rende merito al suo
successore.
Sono felicissima che
ti sia piaciuta, proprio a te che – da quanto mi è
stato detto, di Aldy sei un’estimatrice ^_- Grazie
per le tue parole dolcissime ;O; *raccoglie pezzettini di cuore* non
volevo farti del male ;O; *mente, l’ha
fatto apposta* La fioraia è uno
splendore. Io li shippo un sacco. Il candomblè e la santeria
mi hanno affascinata da sempre e per Aldebaran e i suoi colpi segreti,
sempre così snobbati, mi sembravano perfetti.
>o< Tu che ne pensi?
Sei stata in Brasile
çOç Che meraviglia! Ti costringerò a
raccontarmi tutto!
Saorilavigne: oh, amore ._. Tu mi fai
arrossire ad ogni complimento. ._. Non conta dirtelo. Maledetta
aulicità <3 Grazie >***<
Ren_chan:
*si
emoziona* Tu lo sai bene quanto valgano le tue letture e i tuoi
commenti *piwa* e questo mi ha sciolto mortalmente. Grazie per la
pazienza e il tuo accogliere tutto, dai pinguini alle bamboline woodoo.
..attento ai pinguini, tomoyo. Attento. MUHAUHAUAHAHUHAU!
…ehm.
No, grazie.
Davvero. Aldebaran è una stella bellissima,
comunque.
NinfaDellaTerra: Grazie! ;O; che parole
carine hai avuto. Sono felice se l’atmosfera ti è
piaciuta: se somiglia ad una favola ancora di più che si
ricolleghi al fiabesco crudele dell’infanzia che ho
immaginato per Aldebaran. E’ uno dei Gold Saint
più snobbati e mi dispiace, perché è
un personaggio di uno splendore unico. Spero di avergli reso giustizia.
Grazie. Un bacio, Ninfa.
Stateira: HAH! Non mentire! Si vede
che sei solo invidiosa della mia Mary Sue! Mamaloa è la Mary
Sue più MariaSusanna che sia mai stata partorita in questo
fandom e negli altri, quindi vade retro! *C* E’ MIA!
MUAHUAHUAHuAHUAHUAH! *C* …magari, se vuoi, te la
presterò. Ogni tanto. Per adesso ti stringo forte. <3
Grazie. <3 Ti bacio! >O< <3
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