Non avevo
mai pensato ad una vita diversa da quella che avevo vissuto fino ai
miei preziosi vent'anni. Da sempre coltivavo un'esistenza che definirei
tranquilla, caratterizzata da libri, tè e sana musica. Una
vita un po'...monotona, forse; ma una vita che tutto sommato mi
bastava.
Ovviamente mi
è sempre capitato prima di addormentarmi di immaginare che
mi accadessero cose particolari, emozionanti, impreviste...un po' come
a Bridget Jones. Penso capiti un po' a tutti, suvvia; a meno che tu non
sia una fortunatissima persona che ha praticamente avuto tutto dalla
vita e che quindi non ha assolutamente bisogno di sognare. In quel caso
potrei anche pensare di non biasimarti per aver perso la
facoltà di sognare; o ancora, a meno che tu non sia tanto
superficiale o tanto sicuro di te da ritenere che sogno ed
immaginazione siano qualità superflue per la tua persona.
Ma, come diceva il buon vecchio Einstein: "L'immaginazione è
più importante della conoscenza. La conoscenza è
limitata, l'immaginazione abbraccia il mondo".
Vi
racconterò una storia; una storia che non avrei mai
immaginato potesse avere come protagonista Katie Carter.
Sì, Katie
Carter sono io.
Frequentavo
l'università, secondo anno. Avevo appena vent'anni ed ero
tanto determinata a laurearmi e a costruirmi una carriera. Non avevo
ancora in mente un piano preciso al riguardo, ma sapevo che comunque,
una volta terminati gli studi, avrei fatto di tutto pur di rendere
fruttuosa la mia laurea. Lo dovevo ai miei e lo dovevo a me stessa e ai
miei sforzi.
Ciò che
adoravo dell'università era lo studio della letteratura
d'ogni genere: da Wilde alla Austen, dalle Brontë a Poe. Mi
affascinavano quei racconti d'altri tempi, le loro visioni del mondo,
la loro vita totalmente incentrata su emozioni, sentimenti,
suscettibilità, riflessione.
< Che stai
leggendo? > mi chiese Hope mentre, sedute nel giardino del
college, facevamo una lieve pausa dalle lezioni.
< Frankenstein,
tu? >
< Patterson!
>
Il bello dell'avere
un'amica e compagna di stanza come Hope stava nella
possibilità di aver incontrato una persona simile a me sotto
un sacco di punti di vista. Partendo dal presupposto che entrambe
adoravamo la lettura, avevamo anche un modo di pensare singolare che
spesso non rifletteva le idee del mondo esterno. Se le ragazze della
nostra età ritenevano fosse bello riempire la propria vita
con un ragazzo anche al costo di accontentarsi del corteggiamento del
primo che capitava, io e Hope da sempre pensavamo fosse lecito
rifiutare anche 100 ragazzi se si sentiva di rischiare solo di
accontentarsi di questi ultimi. In realtà, tutto stava
nell'essere capaci di stare bene anche soli e di essere soprattutto
felici della propria saggezza al riguardo. Senza rendercene conto,
siamo circondati da gente che non riesce a stare sola...cosa
relativamete grave, se pensiamo che possiamo essere certi di poterci
fidare di un solo tipo di persona nel corso dei propri vissuti: se
stessi.
Ci raggiunsero Monique
e Paige, anche loro studentesse al college.
C'erano tanti studenti
nel cortile quel giorno. Chi chiacchierava, chi leggeva, chi studiava,
chi mangiava, chi ascoltava la musica...c'era tanto da osservare
insomma. In particolar modo, c'era un punto del giardino che attirava
sempre l'attenzione di tutti. Parlo di un punto in cui si riunivano
sempre i più popolari del college, un gruppo definito i "The
wolves". Era gente che ritenevo poco interessante, gente che seppur
universitaria, risultava poco riflessiva e sempre dedita ad argomenti
superflui. Quel giorno notai particolamente la loro presenza.
Mentre leggevo il mio
libro, piombò su di esso una pallina di carta. La presi tra
le mani e la esaminai attentamente, per poi aprirla. Notai con piacere
che non ci fosse scritto nulla, ma quando sollevai il capo notai anche
i visi divertiti dei The wolves mentre mi osservavano con il
loro regalino tra le mani. Inarcai le sopracciglia e ricambiai i loro
sguardi con aria di sufficienza.
< Ma quanto
sono idioti? Mi sembra incredibile che stiano studiando per la laurea
> affermò la rossa Paige.
In compagnia del mio
fidato libro, mi diressi verso il cestino dei rifiuti in loro
prossimità e gettai il foglio di carta che mi avevano
lanciato, facendo ben notare quanto il loro comportament infantile mi
fosse del tutto indifferente. Nel contempo, il mio sguardo cadde su
James.
James faceva parte dei
The wolves, ma se ne stava sempre per i fatti suoi, contemplando
l'I-phone. Ciò che faceva era ridere delle stupidaggini dei
suoi amici e lanciare qualche battutina di disprezzo qua e
là quando era visibilmente in vena di fare lo stronzo. Ma, a
dirla tutta, c'era qualcosa di diverso in quel ragazzo. All'epoca non
sapevo identificare tale diversità con connotazione negativa
o positiva, ma sicuramente...diversa.
Notai che, mentre mi
accingevo a gettare la carta, mi guardava le mani e inclinava la testa
come per ispezionare qualcosa. Poi rammentai di avere tra le mani il
libro e affermai con tono sarcastico < E' Frankenstein, se ti
interessa. >
I suoi occhi azzurri
mi guardarono con espressione di chi è colto alla
sprovvista.
Salve
a tutti :) è da una vita che non scrivo e credo di avere un
milione di storie da dover aggiornare. Il problema principale lo creava
quel vecchio catorcio che avevo ancora il coraggio di definire
computer! Forse adesso, con un computer nuovo di zecca,
riuscirò a coltivare la passione per la scrittura, seppur
debba migliorare molti aspetti di essa.
In
ogni caso io mi chiamo Vanessa, ho vent'anni e studio
psicologia all'università. Il protagonista maschile di
questa storia (che credo abbiate sicuramente individuato) è
ispirato ad un ragazzo incontrato un giorno durante un viaggio. Spero
che questa sottospecie di primo capitolo vi abbia colpito in qualche
modo :) cercherò di plasmare la figura di Katie in modo tale
che in un modo o nell'altro possa rappresntare ognuno di noi,
è più o meno questo il mio intento...detto
questo, mi piacerebbe leggere vostri commenti o anche critiche al
riguardo :) ne farei tesoro in egual misura.
Un
bacione e al prossimo capitolo :*
|