Salve
a tutti! ^^
Grazie
per essere passati a leggere questa storia, spero non ne rimaniate
delusi.
Siamo
Alice J Raynor e RedLolly, e abbiamo deciso qualche giorno fa di
tentare un piccolo esperimento, ovvero una collaborazione per una fan
fiction AU in cui tratteremo un argomento alquanto delicato e su cui
tutte due abbiamo fatto qualche ricerca e che in un certo senso ci
affascinano: la Caccia alle Streghe e L'inquisizione. Cercheremo di
descrivere situazioni storicamente accurate per quanto possibile,
legandole ad un anime/manga che ci piace particolarmente, ovvero FMA,
cercando di mantenere i personaggi più IC che possiamo.
Speriamo
che apprezziate, il nostro lavoro, lasciateci tante recensioni, ci
fareste felici!^^
Alice
e Lolly
PS1:
Questa long fiction tratterà di argomenti delicati tra cui la
religione. Le due autrici dichiarano di non voler in alcun modo né
offendere il credo di nessun lettore, né di offendere la religione
in generale.
PS2:
I personaggi di Fullmetal Alchemist non appartengono alle scrittrici,
ma a Hiromu Arakawa.
Verità
e Dannazione
Prologo
Appena
la notte giunse a oscurare il mondo, appena ogni soffio di luce si
perse nella grandezza del firmamento, qualcosa si mosse.
Tutta
la gente, in un unico istante, al suono della campana del coprifuoco,
era sparita nelle proprie case. Chi ce l’aveva almeno. Appena
apparve la notte nella mente delle persone iniziarono a sorgere i
dubbi e la paura. L’oscurità era il dominio del male, dell’ignoto,
di tutto ciò che era meglio seppellire. Le tenebre erano il regno
della tentazione in tutte le sue forme. Dagli angoli potevano
emergere ladri, assassini e ogni sorta di pericolo. Nella coltre
delle ombre poteva emergere una figura di pura seduzione, una sagoma
di infinita violenza, un fantasma di pura avidità. Barricandosi
nelle case, in quelle che doveva essere il caldo e sicuro focolare
domestico si pensava di poter evitare tutto. La casa rappresentava il
nucleo, il bagliore di una luce che rifulgeva nel buio. Anche se la
corruzione e l’invidia di certo non mancava, soprattutto nelle
famiglie più altolocate, si pensava che il simbolo stesso della
croce potesse prevenire qualsiasi male.
E
se il male fosse stato in questo?
E
se il male risiedesse altrove?
L’ignoranza
forgiava quelle credenze così radicate nell’uomo che sembrava
innaturale e insano il solo pensiero che tutto quello potesse essere
sbagliato.
La
vita non aveva né passato, né presente. Tutto era proiettato in un
futuro. Un avvenire di eterna dannazione o di infinita gloria.
Tutto
era scandito dal suono delle campane, le loro metalliche litanie
stabilivano il tempo e i doveri di ognuno.
Quel
potere incombeva su tutto il paese, trattenendolo nelle sue grinfie
d’acciaio, e se non aveva il rispetto di qualcuno, lo prendeva con
la violenza screditando, scomunicando e uccidendo.
Dentro
quelle silenti mura, in quella città di pietra di nome East City,
tutto era immobile, tranne qualcosa.
Figure
ammantate scivolavano veloci per le strade ormai deserte e buie.
Riuscivano ad orientarsi alla perfezione, svelti e furtive. Se
qualcuno le avesse viste le avrebbe scambiate per scure sagome del
Diavolo.
Quello
che stavano per fare era di certo un’accusa in più nei loro
confronti.
Erano
due giovani uomini, che si nascondevano nella notte, cercando di
evitare di fare il benché minimo rumore. Se qualcuno li avesse visti
sarebbe stato un problema, un problema davvero enorme per loro.
Sapevano che stavano correndo dei rischi, in gioco c’era la loro
vita, tuttavia non potevano fermarsi. La causa a cui si erano votati
era essenziale, forse più importante della loro stessa vita.
Edward
Elric, il maggiore dei due fratelli, ne era fermamente convinto. La
scienza non poteva essere fermata.
I
due continuarono silenziosi per i vicoli meno in vista della città,
camminando in punta di piedi. Il posto in cui dovevano recarsi non
era molto lontano da dove si trovavano in quel momento, e se i loro
calcoli non erano errati ciò che cercavano doveva essere ancora lì.
Durante
la giornata, spesso dovevano interrompere il loro spinoso lavoro per
recarsi a stupidi eventi in città, avvenimenti a cui né Edward, né
suo fratello Alphonse, né la loro preziosa amica Winry Rockbell
avevano voglia di partecipare. La società, tuttavia, imponeva
l’adesione a messe, processioni e condanne a morte, che in quel
periodo oscuro, straziato dal morbo della peste, si susseguivano
senza sosta anche più volte al giorno. Non potevano permettersi di
ignorare questo genere di celebrazioni, dato che la loro posizione
era già piuttosto delicata. Se al contrario del resto dei cittadini,
non si fossero fatti vedere in quei momenti, la gente avrebbe avuto
un buon pretesto per denunciarli alle autorità come eretici, e ciò
significava solo una cosa: tortura e morte.
Fu
così che proprio quel pomeriggio, videro qualcosa di interessante,
mentre si incamminavano dietro ad una processione di flagellanti,
fingendo di pregare ferventemente per la fine della pestilenza che
stava affliggendo East City, quando ormai tutte le loro speranze di
mettere fine a quella scia di morte risiedesse nella scienza e non
nella fede.
Avevano
studiato assieme il percorso durante la cena, per arrivare senza
farsi vedere alle due nuove fosse comuni che erano state appena
scavate vicino al consueto cimitero.
La
peste non stava nemmeno accennando a mietere meno vittime nonostante
le continue preghiere collettive, anzi, ogni giorno che passava
sembrava che morissero sempre più persone. Il flagello di quel paese
non si arrendeva, non impallidiva davanti a quelle morti. Continuava
a mietere e mietere, senza alcun ritegno per l’età o il sesso.
Tutti erano uguali davanti a quella furia funerea, tutti venivano
sfigurati e uccisi senza che niente cambiasse da individuo a
individuo. Colpiva uomini e donne, credenti ed eretici, ricchi e
poveri… La punizione divina colpiva indistintamente, facendo
fuoriuscire dalle menti deboli di ogni individuo la parte peggiore e
animalesca del suo essere. Per quanto i superstiti mostrassero il
loro volto in piena luce, con punizioni e flagelli di ogni sorta,
nelle tenebre rubavano le proprietà altrui, temevano gli altri e
uccidevano senza sosta i propri nemici. La situazione era nel più
completo Caos, nel disordine più accecante. Sembrava non esserci più
nessuna uscita da quella bolgia di sofferenza e gli uomini invece di
aiutarsi a vicenda, non facevano altro che distruggersi
indirettamente tra di loro. L’egoismo regnava nei cuori colmi di
paura.
L’unica
soluzione risiedeva nella scienza e nella ricerca, che veniva
ostacolata da tutti e condannata.
Con
grandissima perizia, i due fratelli iniziarono a scavare, provocando
soltanto un sussurro nella notte. Edward si impegnava con più
solerzia, deciso a portare presto a termine il suo lavoro, pronto a
mettere fine presto a quel tormento; suo fratello agiva con più
solennità. Mentre compieva quel gesto meditava sulla morte di quelle
povere persone, si scusava del disturbo che avrebbe provocato al loro
riposo. Tuttavia era determinato nel suo lavoro perché era sicuro di
aiutare migliaia di persone in quel modo. Se avessero trovato una
cura, il merito non sarebbe andato soltanto a loro ma anche a quelle
povere persone che si sarebbero sacrificate per quell’ideale.
Edward
con il suo modo di fare impetuoso cercò di non commuoversi davanti
al corpo senza vita che era pronto a infilare in un sacco, senza
nemmeno soffermarsi a studiare il volto, Alphonse, al contrario,
prese tra le sue braccia il corpo piccolo e prematuro di una giovane
bambina. Guardò il suo volto cereo, l’espressione felice mentre il
viso era deturpato e consumato dalla malattia, sporco di terra. La
tenne un lungo istante tra le sue braccia, inerte, fissando con
straziante dolore e infinita sofferenza quel corpo piccolo e gracile,
schiacciato dalla bruttezza di quell’epidemia.
Era
completamente immerso in quel dolore, e per un attimo pensò di non
poter far niente, credette di essere completamente inutile per quella
causa. E proprio per quello avrebbe dovuto impegnarsi di più in quel
momento. Ogni volta che vedeva un corpo, siglava questa promessa, ma
mai fu come quel giorno, mai fu così forte. Forse perché il corpo
apparteneva a una bambina, forse perché mai si era accorto realmente
dello scempio che lo circondava.
Edward
cercava di non guardare, cercava di non vedere quella sofferenza. Si
era fin troppo impressa nella sua mente e avrebbe voluto evitare di
mostrare i suoi sentimentalismi. Lui sapeva di dover andare avanti,
sapeva che con la sua impulsività ed energia avrebbe dovuto
trascinare anche il fratello.
«Dai,
Al…» sussurrò con la voce più bassa possibile cercando di
spronarlo «Facciamo in fretta, non abbiamo molto tempo.»
«Sì,
scusami.»
Per
Edward, Alphonse era un libro aperto, ormai lo conosceva, sapeva che
era dotato di una grande sensibilità e si emozionava facilmente,
arrivando a diventare addirittura maldestro in certe situazioni.
Questa volta però non potevano permettersi nemmeno un errore e il
fratello era evidentemente molto teso. Ne avevano viste a decine di
condanne a morte, molte persone sfortunate erano state torturate e
uccise nei modi più crudeli, bruciate vive o annegate, con accuse di
eresia o stregoneria. Trafugare dei cadaveri faceva parte delle cose
che la Chiesa considerava dei sacrilegi punibili con la morte, dato
che i corpi dei defunti erano sacri e inviolabili. Se li avessero
scoperti li avrebbero costretti a fare delle confessioni assurde, le
stesse che avevano sentito pronunciare prima dell’esecuzioni delle
pene capitali. Edward non credeva mai ad una parola quando sentiva i
condannati chiedere perdono al Signore per azioni che era impossibile
compiere. C’era gente che aveva ammesso di aver sparso la peste
grazie a delle sostanze fornite da Satana in persona, chi aveva
ucciso dei neonati per creare un veleno da mettere nelle ostie
consacrate, chi aveva reso sterili animali e giovani donne, chi
volava sulle scope per raggiungere i Sabba per poi fornicare con i
demoni… Assurdità senza nessun senso. Alphonse quand’era più
giovane sembrava avere avuto qualche dubbio, e spesso aveva chiesto
al fratello rassicurazioni sul fatto che nessuno avrebbe potuto
rubargli l’anima facendolo riflettere in uno specchio maledetto,
oppure renderlo sterile con un incantesimo. L’altro gli aveva
sempre risposto ridendo che erano sciocchezze, e che sotto tortura si
potevano confessare le cose più terribili senza in realtà averle
mai commesse. Per fortuna si era poi pian piano convinto anche lui e
seguiva ciecamente Edward nel compiere le sue ricerche da molti anni,
mentre per la Chiesa aveva sviluppato un timore viscerale.
«Andiamo,
dobbiamo essere a casa prima i galli inizino a cantare.»
Edward
si incamminò tenendo la parte anteriore del sacco pieno e pesante,
mentre Alphonse teneva la parte posteriore. Ora si muovevano molto
più lentamente di prima, erano impacciati, ed era più facile fare
rumore. Se il sacco fosse caduto avrebbero rischiato di svegliare
qualcuno o di attirare qualche malintenzionato, ladro o assassino che
fosse. Di tanto in tanto si dovevano appoggiare ai muri dei vicoli
puzzolenti che stavano percorrendo e trattenere il fiato con il cuore
in gola. Più volte sentirono passi e schiamazzi, ad un certo punto
anche il grido di una ragazza spaventata dietro un angolo. Edward
dovette trattenere se stesso e il fratello per non correre in
soccorso di quella sfortunata sconosciuta di cui non avrebbero mai
conosciuto la sorte. Dovettero continuare a con il cuore spezzato
deviando il percorso in uno stretto vicolo che puzzava
spaventosamente di latrina.
Proseguirono
ancora, la strada sembrava non finire mai. La loro casa non si
trovava in città, ma in un posto più periferico, vicino al bosco,
in modo da non venire disturbati, lontano da sguardi indiscreti e
soprattutto dalle chiese e dai tribunali. Era vero che il fatto di
vivere una vita ritirata non avrebbe giocato a loro favore se
avessero dovuto essere accusati di qualcosa, eppure avevano deciso di
correre comunque il rischio.
Quando
distinsero a fatica nel buio la loro agognata dimora, entrambi
tirarono un sospiro di sollievo. Ce l’avevano quasi fatta, mancava
solo un piccolo sforzo…
Giunto
a destinazione, Edward aprì la porta di legno lentamente per non
farla scricchiolare, e poi si infilò all’interno delle mura
domestiche, tirandosi dietro il fardello che avevano depredato.
Alphonse respirava affannosamente per lo sforzo, ma ormai non c’era
più bisogno di fare silenzio. Winry era sveglia, non dormiva mai
quando loro andavano via di notte.
Anche
la presenza della ragazza poteva essere pericolosa. Loro cercavano di
proteggerla come meglio potevano, ma la sua bellezza, il suo
isolamento e il fatto che vivesse con loro era spesso interpretato
male dalla società, che voleva le donne in età da marito fidanzate,
o già sposate e votate a diventare angeli del focolare, mentre lei
condivideva la casa con due giovani uomini che non erano nemmeno suoi
parenti.
Winry
Rockbell era parte della famiglia per gli Elric. Era ormai quasi una
donna, i capelli biondi e il volto sarebbero stati lodati dai poeti
per la raffinatezza dei tratti, quasi angelici. Non Edward. Quando
sentiva affermazioni del genere lui spesso sbuffava, scocciato di
questi elogi. La ragazza mostrava spesso un carattere energico, che
non si faceva problemi a mettere in riga i due fratelli con i modi
più rudi. Era il suo comportamento abituale per dimostrare il suo
affetto. Loro erano una famiglia. Lei assumeva atteggiamenti e modi
di fare che mai si sarebbero sognati in un'altra casa. Mostrava
quell’atteggiamento perché sapeva di non essere pregiudicata da
loro, sapeva di poter essere se stessa senza che l’additassero come
meretrice, o la considerassero inferiore.
Per
quanto fosse ormai notte inoltrata, lei era lì, ad attenderli. I
capelli sciolti, disordinati, il viso stravolto e assonnato, ma i
suoi occhi erano ardenti e ansiosi. Lei aveva paura per loro, si
preoccupava troppo.
Li
accolse come suo solito, parlando in modo altero ma non abbastanza
forte per farsi sentire all’esterno, anche se era evidentemente
minacciosa.
«Dove
siete stati? Volete farmi preoccupare?»
E
a entrambi diede il suo benvenuto, lanciando a entrambi i primi
oggetti che le capitarono sotto tiro, un mestolo e una tabacchiera
vuota, che finirono rovinosamente contro la parete. Quella volta la
sua preoccupazione aveva vinto la ragione. Aveva bisogno di sfogarsi.
Quello era il suo modo per dimostrare il suo affetto, per non
piangere, per non essere debole. Era perfettamente al corrente di ciò
che poteva accadere e temeva per la sua famiglia.
Edward
scrollò le spalle, cacciando in quel modo le domande insistenti
della ragazza. Era il suo modo di fare, il suo modo per non cedere
alle emozioni. Non era il tipo.
Alphonse
cercò di essere più gentile, come spesso gli capitava.
«Winry,
non ti devi preoccupare. Riusciremo a cavarcela, piuttosto tu, sei
sicura di voler continuare a vivere con noi?»
Quelle
proposte erano una routine, una cerimonia. Persino Edward rimaneva in
silenzio appena veniva posta quella domanda. Al diavolo la scienza,
al diavolo loro, ma non lei. Lei era più importante di qualsiasi
cosa e il solo pensiero che potesse star male… Che gli potesse
essere riservato uno di quei trattamenti che aveva visto troppo
spesso nelle pubbliche piazze… Non voleva nemmeno pensarci!
Winry
ribatteva, con
forza.
«Al,
perché mi fai questa domanda ogni volta? Per me siete l’unica cosa
che conta e vi seguirò ovunque! Zitti, questo è il mio modo di
aiutarvi!»
E
a questo punto Edward interrompeva «Non abbiamo mai chiesto il tuo
aiut-»
La
donna per non urlare, sussurrò con tutta la minacciosità che poteva
avere, con un espressione che esprimeva tutta la sua decisione
«Secondo te ho bisogno del tuo consenso per decidere di aiutarvi?»
La
discussione sarebbe stata lunga, sicuramente. Ne discutevano molto
ogni volta.
«Ne
parleremo dopo, abbiamo un lavoro da fare.»
Quella
frase decretava che per un momento Winry avrebbe dovuto aspettare. Il
suo volto rimase fisso per qualche secondo, per poi incupirsi. Annuì
piano, poi si avvicinò ai fratelli per aiutarli a portare dentro il
sacco. Sapeva già cosa contenevano, l’odore putrido che il loro
prezioso tesoro emanava era inconfondibile. Le prime volte le era
venuta voglia di vomitare tanto le saliva la nausea, eppure pian
piano si era abituata, per non mostrarsi debole e aiutarli al meglio.
La
loro casa, non era fortunatamente troppo piccola, aveva ben tre
stanze, cosa che rispetto ai normali bugigattoli in cui le persone di
rango sociale non troppo elevato si ammassavano. Una volta era
appartenuta a Pinako Rockbell, la nonna di Winry, una vecchia signora
eccentrica, che aveva cresciuto la nipote dopo che i suoi genitori
erano mancati durante i primi casi di peste. Era una donna testarda e
autonoma, che non si era mai fatta mettere i piedi in testa dalla
Chiesa, si rifiutava di andare alle messe, non si confessava mai, ma
era generosa e amava aiutare le persone in difficoltà. Non esitava a
regalare agli indigenti quel poco che riusciva a tenere da parte del
raccolto del suo piccolo orto, conosceva molti rimedi a base di erbe
che produceva personalmente… Arrivò quindi a dividere la casa con
Trisha Elric, la madre dei due fratelli, nel momento in una fredda
notte d’autunno quest’ultima aveva bussato piangendo alla sua
porta, cacciata e denigrata da tutti poiché senza marito e con due
bambini piccoli da accudire.
Quando
erano morte, prima Trisha, a causa della peste e poi nonna Pinako,
finita nelle mani dell’Inquisizione per essere poi condannata a
compiere un pellegrinaggio da cui non fece mai ritorno, una ferita
nei cuori dei tre giovani aveva iniziato a sanguinare. Per questo
erano così determinati. Già da ragazzini avevano visto in faccia
che cos’erano la morte, la Chiesa, la malattia. Almeno quest’ultima
poteva essere sconfitta, Edward ne era più che sicuro, doveva solo
trovare il modo, lo doveva a sua madre…
«Winry,
hai lasciato accese troppe candele, potrebbero vedere che siamo
svegli.»
«Adesso
ne spengo qualcuna… Tanto penso che andrò a dormire, se come al
solito il mio aiuto non vi serve.»
«Vai,
tranquilla… Qui ci pensiamo noi.»
I
tre posarono il sacco su un tavolo di legno che si trovava nella
piccola stanza che faceva loro da laboratorio. Li aspettava un lungo
lavoro che sarebbe durato fino al mattino, quando poi avrebbero
dovuto disfarsi dei corpi nella foresta non troppo lontano.
Nonostante l’apparenza, quell’operazione era più sicura rispetto
al recupero, poiché tutti avevano paura di andare nei boschi. Si
raccontavano un sacco di leggende su lupi mannari, orchi e altre
creature malvagie che uccidevano chi vi si addentrava, e questo
timore della popolazione giocava tutto a favore dei fratelli Elric.
Oltretutto le tombe che scavavano erano sicuramente più dignitose
per i defunti rispetto alle fosse comuni della città.
Appena
le luci si attenuarono, appena i passi di Winry si bloccarono, sicuri
che fosse andata ormai a dormire, i fratelli iniziarono il loro
lavoro. Nella semioscurità della stanza, circondati dall’odore dei
corpi morti i fratelli iniziarono il loro lavoro. Sulle pareti del
laboratorio, anche se oscurate dalle tenebre, si potevano scorgere
dei lembi di carta. Avevano tracciato con la precisione di un
astronomo, la mappa sui corpi. Avevano studiato a lungo l’anatomia
umana ed erano giunti a conoscere ciò che la Chiesa si rifiutava di
accettare e di credere. Quella prova per loro era stata quella
definitiva, quella che li aveva fatti smuovere dal dubbio e fatti
cadere nel baratro della consapevolezza.
Ormai
conoscevano a memoria i dedali del corpo dell'uomo e proprio per
questo avrebbero dovuto comprendere la natura del male che sterminava
le persone. Esaminavano gli effetti, cercavano una soluzione.
Sperimentavano e ricercavano, senza alcuna sosta. Avevano deciso
ormai di dedicare tutta la loro vita in quella lotta. Erano sicuri di
poter elaborare una cura e una soluzione a quelle morti.
A
loro non interessava se le persone li guardavano con sospetto e
cautela, loro facevano il necessario per non essere condannati e per
quanto comprendessero l’ignoranza della gente prima o poi, con la
loro cura, erano sicuro di riuscire ad aprirgli gli occhi, e con la
cura avrebbero scacciato quella diffidenza.
Le
tenebre gli impedivano di vedere ancora il volto di quelle persone,
li aiutava a estraniarsi dai sentimenti e l’etica comune che
avrebbero ripugnato uno studio del genere.
Ma
non si sarebbero fermati.
Studiavano
ancora per vedere il sorriso della gente.
Studiavano
per rendere l’indipendenza e la conoscenza alle persone.
Studiavano
per ostacolare quel regno opprimente e tirannico.
Avrebbero
assicurato a Winry la pace. Avevano sempre impedito che li aiutasse,
non volevano farla soffrire. Aveva già fatto molti sacrifici per
loro e per un lavoro del genere ci voleva una determinazione ferrea.
I
fratelli avrebbero continuato in quell’intento. Anche se Alphonse
spesso si tormentava, anche se Edward spesso si irritava per
nascondere i suoi sentimenti, avrebbero continuato.
Lavorarono
sino al mattino, ininterrottamente. Da quando ormai portavano avanti
quel progetto dormivano sempre più raramente e male. Erano inseguiti
dai fantasmi della coscienza e dal terrore di essere scoperti.
Edward spesso
scacciava tutti quei pensieri, asserendo che fosse solamente
soggezione. Lui non credeva nei fantasmi come non credeva nella
Chiesa.
Tutto
quello per lui erano scuse per non procedere con il suo lavoro.
E
questo non poteva permetterselo.
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