Verso la Torre

di onmelancholyhill
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Questo particoare missing moment della saga della Torre è privo di spoiler perché privo di riferimenti alla trama.
Si colloca temporalmente poco prima dell’inizio de “L’ultimo cavaliere”, quando Roland è sulle tracce dell’ancora lontano uomo in nero.

 


E sentì che doveva pisciare, quindi cercò un bagno. Non ce n’era davvero bisogno perché la città era deserta e non c’era nessuno che se la sarebbe presa se avesse pisciato in mezzo alla strada. Ma era ancora uno schiavo delle apparenze, quindi entrò in un polveroso ristorante. Il suono della porta che sbattè dietro di lui echeggiò per le strade. Dopo una prima occhiata, rinunciò a cercare qualcosa di commestibile in cucina, era sicuro che non avrebbe trovato niente. Andò direttamente verso i bagni.
    Il puzzo che regnava in quella stanza si fece strada nelle sue narici e lo riempì di immenso disgusto. I suoi occhi cominciarono a lacrimare e riusciva a respirare a malapena. Aprì la porta del cubicolo che aveva di fronte e guardò il gabinetto arrugginito che stava diventando verde. Era ricolmo di un liquido giallo e scuro, l’apoteosi del puzzo che aveva sentito entrando nella stanza. “Ho pisciato in posti peggiori,” pensò.    
    
Si ricordò di quella volta in cui fu forzato a pisciare in un WC che non era un WC, ma un teschio umano. L’aveva fatto per provare la sua lealtà ad una creatura che si proclamava re di qualche sputo di terra che il pistolero aveva attraversato. Roland non si fece molti problemi a provare la propria lealtà mentre era sotto il tiro dei vecchi -ma perfettamente funzionanti, pensò- fucili dei servi di quella creatora.Quell’uomo se n’era andato da tempo, e non provò alcun dispiacere per avergli pisciato in bocca. Neanche un po’.
    
Finché non gli dissero che l’uomo aveva cominciato quel raccapricciante lavoro vivo. Beveva quando il re doveva pisciare. Rischiava sempre di morire soffocato per colpa delle diverse direzioni del piscio della creatura e del proprio vomito. Nelle pausa tra una minzione e l’altra, piangeva e chiedeva pietà e vomitava. Lo nutrivano, gli dissero con un malvagio sorriso, con miele, così che sarebbe stato sempre affamato e non sarebbe morto d’inedia e avrebbe sempre avvertito il contrasto tra il dolce nettare e il succo ripugnante.
Poi morì, il re gli disse, e il posto è libero e tu potresti essere il prossimo.

Quella creatura e i suoi servi erano andati da molto tempo quando il pistolero si lanciò fuori dal ristorante, risucchiando aria fresca piegato sulle ginocchia. Non voleva più spendere la notte in città. Anzi, voleva mettere più strada possibile tra sé e lei entro il tramonto. Così si rimise in marcia, scrollandosi dai tacchi la polvere di quel posto.

 




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