L'odore della paura: lillà, vaniglia, cardamomo e patchouli. di Valpur (/viewuser.php?uid=2169)
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28 agosto 1996, Quartier Generale
Le sedie attorno al grande tavolo ovale di metallo erano già tutte occupate.
Le due file di luci alogene sul
soffitto lanciavano una luce gelida sulle pareti innaturalmente lisce
dell’hangar; tutto in quella sala era asetticamente
grigio-azzurrino. Persino i camici candidi degli individui accomodati
sulle sedie ovoidali parevano riflettere quella tonalità
onnipresente.
Gli occhi di tutti erano rivolti
verso un’estremità del tavolo. Davanti ad un gigantesco,
buio schermo piatto un’unica sedia rivolgeva lo schienale alla
platea.
Regnava un silenzio teso: nessuno
sembrava intenzionato a parlare, ma piccoli gesti – il ritmico
dondolare di un piede, il tamburellare silenzioso sul tavolo –
tradivano il nervosismo.
Da capotavola giunse un fruscio,
seguito da un tonfo ovattato; la sedia girò lentamente facendo
perno sull’unica gamba.
Gli astanti si alzarono in piedi all’unisono, compunti.
“Buongiorno, stimati
colleghi,” disse la donna davanti allo schermo. Il gatto che
aveva in grembo miagolò una volta.
“Buongiorno, Presidente,” fu la corale risposta.
La donna sorrise appena. Si
alzò lentamente facendo sloggiare il gatto e rassettò due
ciocche in disordine; il cortissimo, severo caschetto scuro e il trucco
pesante ne accentuavano il viso pallido, lungo e ossuto. Gli occhi
erano freddi dietro gli occhiali dalla montatura di metallo.
“Prego, sedetevi.”
I tacchi alti batterono il ritmo di
ogni passo mentre marciava avanti e indietro. Il camice bianco non
riusciva a nascondere gli stivali di vernice e le gambe troppo magre.
“Sapete cos’è questo?” chiese all’improvviso, lasciando cadere sul tavolo un volume.
Una donna poco distante si sporse timidamente.
“Un libro,” azzardò stringendo gli occhi. “Mi sembra… ah, certo, Harry Potter.”
La giovane rialzò lo sguardo speranzosa, ma ciò che incontrò fu un vago cenno di diniego.
“Parzialmente corretto. Questo
è il nostro nuovo obiettivo. Abbiamo esteso il nostro dominio in
svariati fandom, eppure non sono ancora soddisfatta dei risultati
raggiunti con Harry Potter. Presto però, grazie alle mie idee e
alle nostre tecniche all’avanguardia, saremo in grado di plagiare
nuove giovani menti, pilotando a nostro piacimento trame e
personaggi.”
“Ma… signora, se mi
permette…” azzardò un ometto calvo e nervoso
dall’altro capo del tavolo, “si tratta di un fandom per
ragazzini, mancano gli impulsi ormonali adatti, gli istinti su cui fare
leva! Si tratta di…”
“Silenzio! Non dimenticate che
esistono le fangirl,” lo interruppe la donna. “Abbiamo un
potenziale esercito inconsapevole che non attende altro che il nostro
trionfo. Se avremo successo gli autori stessi si piegheranno al nostro
volere! Useremo le pruriginose fantasie di adorabili adolescenti
grafomani per minare alle fondamenta la stabilità mentale dei
personaggi e la struttura del canon… e il trionfo sarà a
portata di mano!”
Una vena le si contrasse sulla tempia
mentre stringeva convulsamente il pugno; una ragnatela di rughe le si
dipinse sulla fronte.
“Badate, non dico che sia
semplice, ma la nostra arma ha delle potenzialità
impressionanti. Il processo è già iniziato”, disse,
sfiorando con le mani la spalliera della sedia ed avvicinandosi al
grande schermo.
“Signore e signori, vi presento il progetto MS539!”
La sala trattenne il fiato per un istante.
Lo schermo divenne blu e luminoso, prima di mostrare un’immagine.
La sala di un castello.
1 settembre 1996, Hogwarts
Sala grande
“Devono darsi una mossa con lo Smistamento”, gemette Ron massaggiandosi lo stomaco. “Ho fame…”
“Ron, sei sempre il solito. Si
tratta di una cerimonia importante, non è una perdita di
tempo!” lo rimbeccò Hermione.
“Sarà…
però potrebbero anche sbrigarsi,” aggiunse in un
brontolio, guardando la fila ancora consistente di ragazzini del primo
anno in attesa di essere assegnati alla propria Casa. “Senza
contare che sentire “Grifondoro!” o
“Corvonero!” strillato a intervalli irregolari mi sta
facendo venire mal di testa!”
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Santo cielo Ron! Non hai fatto
che lamentarti da quando ti sei seduto… sei quasi peggio di
Harry l’anno scorso.”
“Eh?” disse l’interpellato, raddrizzandosi gli occhiali sul naso.
Hermione divenne molto rossa; Ron fece cadere rumorosamente la forchetta e sparì sotto il tavolo.
“Io… oh, Harry, mi
spiace, sono stata orribile! Non… non volevo dire che sei stato
insopportabile, lagnoso, pesante e irascibile per tutto il quinto anno.
Certo, non facevi che urlarci dietro, ma ti capisco, ne avevi tutte le
ragioni e… ma mi stai ascoltando?” scattò,
cambiando repentinamente tono.
Harry non rispose. Aveva lo sguardo
fisso verso l’altro lato della Sala, su un Serpeverde a caso, col
viso aguzzo e i capelli molto biondi e molti lisci.
Ron riemerse da sotto il tavolo e picchiò la testa contro lo spigolo.
“Merda!” grugnì, massaggiandosi la parte lesa.
“Ron! Controllati!” sibilò Hermione.
“Malfoy non mi convince,”
borbottò Harry massaggiandosi la cicatrice. “E’
sfuggente…”
“Più del solito?” chiese Ron.
“… secondo me trama qualcosa…”
“Cosa che ha fatto per cinque anni,” proseguì l’amico, bevendo un sorso di succo di zucca.
“E poi continuo a sognarlo.”
Ron sputò il succo di zucca prendendo in piena faccia Seamus.
“C-cosa?”
“Lo sogno,” continuò Harry. “Ma sono sogni strani, sembra che non mi appartengano…”
“Sei ancora provato dallo
scontro di due mesi fa”, intervenne con molto buon senso
Hermione. “Certe esperienze lasciano il segno; inoltre se
continui ad arrovellarti su Malfoy è ovvio che te lo sogni anche
di notte.”
Harry la guardò distogliendo a fatica lo sguardo da Malfoy.
“Dici? Bho, forse hai ragione… però lo terrò d’occhio, non si sa mai che…”
“Ehi, hanno finito finalmente!” gioì Ron tendendo il collo oltre le spalle di Calì Patil.
Harry e Hermione si girarono verso il
Cappello Parlante; la fila di nanerottoli del primo anno si era in
effetti esaurita. La professoressa McGranitt tese la mano per riporlo
al suo posto.
Ron si leccò i baffi e si stese il tovagliolo sulle ginocchia.
Silente si alzò in piedi e sorrise alla sala.
“Bene! Ci sarà un tempo per i discorsi e le raccomandazioni, ma non è questo! Ora…”
Slam.
La porta si spalancò con gran clamore. Circa un migliaio di teste si voltarono verso la fonte del suono, ammutolendo.
Se qualcuno avesse continuato a
guardare verso il tavolo degli insegnanti avrebbe notato il sorriso di
Silente smorzarsi lentamente; Piton sgranò gli occhi e
impallidì un po’di più e la McGranitt, ancora col
Cappello in mano, scosse la testa mentre le braccia le si afflosciavano
lungo i fianchi.
Ma ovviamente nessuno ci badò,
perché ciò che videro in fondo alla sala fu sufficiente a
catalizzare tutta l’attenzione.
Una ragazza varcò la soglia, marciando solennemente lungo il corridoio tra i tavoli.
“E quella chi è?”
chiese Ginny vagamente schifata. Harry scosse la testa: un brivido gli
fece tremare le membra.
“Mentecatta,” ringhiò Hermione squadrandola da capo a piedi.
E va bene, passino i capelli biondi
come il grano, mossi e lucenti come onde di seta; passino anche gli
occhi bicolori –uno verde giada, l’altro color dello
zaffiro- (“Ma secondo te è una malattia?” si
sentì bisbigliare.); passino le labbra rosse come ciliegie
(“Il rossetto era vietato a scuola, o sbaglio?” chiese
Lavanda a Calì.) e lo splendore perlaceo dei denti candidi. Ma a
tutto c’è un limite.
“Per la barba di
Merlino… che due… che… wow! Che gran paio
di… di…” balbettò Ron diventando di una
sfumatura di viola estremamente trendy.
Il suo balbettio non fu
incomprensibile agli altri ragazzi della sala, che al pari del giovane
Weasley avevano lo sguardo imbambolato sulle forme prorompenti della
fanciulla (che, nonostante la quinta di reggiseno, riusciva ancora a
sembrare agile e snella come una silfide).
Persino l’altero principe verde
argento, il ragazzino precedentemente noto come Draco Malfoy, faticava
a trattenere lo stupore.
“Che vacca!” scatto Hermione. “La divisa è d’obbligo!”
“Ehm… lei… ecco, tecnicamente credo che sia in divisa…” rispose Harry con voce atona.
Non aveva tutti i torti. Se la divisa
di Hogwarts consiste in gonna a pieghe grigia, camicia bianca, maglione
grigio con sui bordi i colori della Casa… ecco, la nuova giunta
aveva tutto questo.
Con qualche modifica, d’accordo, ma non è che si può essere così fiscali!
Sotto gli sguardi perplessi dei giovani maschi in tempesta ormonale la giovane proseguì la sua sfilata.
“Cinque Galeoni che prima di
domani ha la colite”, sibilò maligna Calì a Lavanda
accennando col capo alla spropositata area di pelle che la
“divisa” modificata lasciava scoperta. Non erano infatti
solo le gambe ad essere rivelate da una gonna così minuscola da
rientrare più agiatamente nella categoria “cinture”:
la camicia era sbottonata fino a livelli facilmente intuibili, con
conseguente fuoriuscita di materiale tondeggiante e ballonzolante. I
castigati gambaletti neri erano stati sostituiti da un paio di vistose
autoreggenti, e al posto delle comode scarpe d’ordinanza facevano
bella mostra di sé due tacchi assassini –misteriosamente
immuni alle fessure tra le pietre del pavimento; stampigliato sul lato
della scarpa campeggiava un nome, un marchio che a nessuno dei presenti
disse alcunché.
“Ma che… bleah!”
si lasciò sfuggire Harry quando la nuova arrivata gli
passò davanti. Si coprì il naso con le mani e
guardò i due amici. “L’ho sentito solo io?”
Ron aveva seppellito il viso nel tovagliolo, ma fece distintamente segno di no col capo.
“Lillà, vaniglia,
cardamomo e patchouli,” elencò Hermione senza scomporsi
più di tanto. Aveva gli occhi ridotti a fessure, ma non sembrava
infastidita dal profumo dolciastro che ora permeava l’aria.
LAasconosciuta percorse l’intera Sala Grande. Giunse infine davanti a Silente e, con un sorriso, parlò.
“Buongiorno signor Preside, sono Harmonya Lucrezia Christancia da Montefeltro. Sono…”
“… la nuova studentessa
trasferita da una scuola straniera ed ammessa direttamente al quinto
anno”, gemette Silente. Alle sue spalle, Piton si era preso la
testa tra le mani (a qualche studente particolarmente vicino al tavolo
dei professori sembrò di vederlo tremare) e la McGranitt
stritolava con gesti furenti il Cappello Parlante (“Piano,
vecchia strega, fai piano, mi gualcisci tutto!”).
Harry guardò il vecchio mago. Era pallido e gli tremavano i baffi. Sembrava sconvolto.
Per la prima volta da quando era ad
Hogwarts sotto l’ala protettrice di Silente, Harry Potter non si
sentì al sicuro.
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Primo
capitolo di una breve storia-intermezzo, qualcosa con cui voglio
semplicemente divertirmi. Mi cimento per la prima volta in una storia
comica (o quantomeno non tragica e densa di meditazioni sofferenti), ma
sapete che amo le sfide!^^
Perché una Mary Sue è per sempre, e non si può non volerle almeno un po’di bene.
Non è nulla di profondo, ma voglio solo strapparvi un sorriso!
Bri
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