True Love doesn't end

di ErinJS
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True love doesn't end

 

 

Camminare, spostarsi da un luogo ad un altro a piedi. Una delle cose più difficili da imparare quando si è piccoli e  indifesi. Allo stesso tempo, però, una delle cose più naturali e involontarie quando si cresce. Da lì si parte con la corsa, l’arrampicata, la danza e le mille altre attività che l’essere umano è in grado di svolgere con il proprio corpo.

Ma ora, in quella strada fredda e buia, camminare era una delle cose più difficili in assoluto.

La ferita alla gamba aveva lasciato un profondo squarcio sui pantaloni scuri e, imperterrita, continuava a sanguinare in maniera copiosa lanciando al  cervello una serie di scosse cariche di dolore. Più il tempo scorreva e più l’arto diveniva rigido e dolorante, rendendo una sofferenza anche il solo pensare di muoverlo. A rendere il tutto ancora più insopportabile vi erano i piedi, scalzi e ricoperti di tagli e schegge.

Senza controllo le lacrime salate rigavano il viso sporco di terra e sangue della giovane ragazza dai capelli scuri. In quel momento appariva quasi impossibile identificare il colore di quella capigliatura un tempo vaporosa e sana; il sangue, in parte secco e in parte ancora fresco, aveva reso le ciocche un groviglio di nodi, impiastricciati e appiccicati al volto straziato dal dolore.

Dolore. Lacrime. Sangue.

Camminare.

La pesantezza di quelle parole continuava a martellarle nella testa. Ma lei doveva camminare; non poteva aver sacrificato tutto per arrendersi proprio ora. Non sarebbe stata quella ferita alla gamba o il dolore ai piedi a fermarla. No, avrebbe camminato fino all’ultimo respiro. Avrebbe fatto ciò che le era stato chiesto, anche a costo di fare cose orribili e indegne.  Sarebbe arrivata alla fine di quella interminabile strada, da sola. L'unica cosa importante era non rimanere fermi a pensare, perchè se avesse osato farlo, anche solo per un secondo, quella voce nella testa avrebbe ricominciato a farle la stessa domanda: aveva davvero senso tutto questo?

In lontananza, a pochi metri di distanza, il lieve bagliore di alcuni lampioni bloccarono il respiro della giovane che, con un amaro scatto, si bloccò sul posto.

Storybrooke. Ce l’aveva fatta, nonostante le poche probabilità di riuscita, nonostante la paura, alla fine era tornata in quella cittadina piena di ricordi. Un piccolo cenno di sorriso si accese sulle labbra rosee; un cenno che ben presto venne smorzato dal ricordo di quanto era appena accaduto.

La corsa verso il portale, lui davanti a lei con la spada sguainata e pronta a trafiggere chiunque si fosse intromesso tra loro. Il sangue.

“Avevi promesso…”

Quella voce un tempo cristallina e sicura di sé, ora appariva roca e simile al sibilo del vento. Non poteva ricordare, non doveva. Se avesse ricordato non sarebbe più andata avanti, non avrebbe più svolto il suo compito e il sacrificio di chi tanto aveva amato sarebbe stato inutile.

“Non ti lascerò mai..”

Vigliacco e silenzioso, il dolore divenne sempre più pesante e soffocante, rendendo impossibile anche lo zoppicare che fino a quel momento l’aveva fatta andare avanti.

La ginocchia si piegarono in maniera del tutto involontaria e, con violenza, i gomiti sbatteronosull’asfalto. Senza più alcun controllo, la ragazza si lascò andare al pianto.

Il tempo sembrò quasi fermarsi; dopotutto, com’era possibile che il mondo andasse avanti se lui era morto?! Non poteva, non doveva. Tutto doveva fermarsi; la luce doveva smetterla di brillare, il sole doveva rimandare l’alba e quella stupida luna doveva smetterla di illuminare con tanta insistenza tutto ciò che le stava attorno. Il mondo doveva morire. Quell’insopportabile dolore doveva andarsene, almeno per un momento, soltanto per un piccolo istante.

E se si fosse fermata? Se avesse provato a ricordare solo per un attimo ciò che aveva lasciato?

“NOOOOOO!” piegandosi su se stessa, la ragazza urlò con tutto il fiato che le era rimasto in gola, provocandosi un dolore lancinante alle corde vocali.

Il grido sembrò quasi squarciare la notte, rimbombando lungo la strada costeggiata da automobili, parcheggiate davanti a case e negozi. La voce piena di disperazione rimbombò tra le mura degli edifici, apparendo quasi disumana.

Forse fu questo ad attirare quelle voci; o forse aveva perso troppo sangue ed ora erano cominciate le allucinazioni.

“Ehi…”

La voce di un uomo si fece avanti, una bella voce; una voce così calda da riuscire ad entrare dritta dritta nel cuore, come se quella fosse l’unica strada che avrebbe potuto percorrere.

“Ehi…ti senti bene?!”

Chi le stava davanti aveva quasi paura di sfiorarla. Era ridotta tanto male?

Forse sì.

La ragazza dagli occhi verdi alzò leggermente lo sguardo sul volto di chi era giunto in suo aiuto, e in quel momento tutto divenne improvvisamente buio.

 

 

Ciao, mi chiamo Erin e…che dire….ho provato ad imbarcarmi in questa avventura: scrivere una fan fiction. L’idea mi gironzolava in testa già da un po’ e visto che amo scrivere, ma non mi sono mai cimentata nella stesura di un romanzo, ho pensato di cominciare da qui :) .

Bè…spero di leggere al più presto le vostre recensioni, ma soprattutto, spero che questo incipit vi abbia incuriosito un pò.

Ringrazio chiunque abbia speso un po’ del suo tempo per leggere l’inizio di questo “esperimento” :)

Un abbraccio….al prossimo capitolo.

Erin

Ah…ovviamente questi personaggi non mi appartengono, ma fanno parte della Serie TV “Once Upon a Time” e sono proprietà degli autori Edward Kitsis e Adam Horowitz; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'. 





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