Il lungo ritorno

di Dian87
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Aprii gli occhi dopo non seppi mai quanto tempo. Sentivo un dolore che dalla mano si prolungava in tutto il corpo e stringeva con un cerchio il capo.

«Cullen?» mormorai, portando la mano alla testa.

Spostai il capo, cercando di vedere qualcosa attorno a me. Era una stanza di legno con un cassettone dello stesso materiale che sembrava aver visto tempi migliori ed una finestra molto in alto che era piccolissima. Qualcosa di freddo mi abbracciava la caviglia...

Mi misi seduta e mi guardai meglio in giro. Ero distesa su un pagliericcio con una vecchia coperta rosa dalle tarme addosso, qualsiasi vestito avessi avuto addosso prima, ora era stato sostituito da un sacco di juta con i buchi per la testa e le braccia, mentre una catena circondava la caviglia lasciandomi solo poco spazio per muovermi. Portai lo sguardo sulla mano del marchio e notai una fasciatura che cercava di coprirla interamente.

«Altus, si è svegliata.» la voce era quella di una donna.

«Bene.» quell'unica parola apparteneva ad un uomo.

Continuai l'analisi della stanza e notai come al posto della porta vi era una grata e non vi era alcuna traccia dei miei abiti. Sentii dei passi e mi alzai in piedi, portando la mano fasciata dietro a me.

Rimasi in silenzio, richiamando attorno alla mano destra la magia del ghiaccio, e la prima cosa che vidi fu una donna con un abito povero e le orecchie allungate. Non mi azzardai a dire una parola, dato che poco dopo vidi un altro uomo attraverso la grata e focalizzai la mia attenzione su di lui. Dopo mesi ad avere a che fare con gli orlesiani non potei non notare la ricca stoffa e gli anelli che non ornavano solo ogni dito della mano, ma anche il lobo dell'orecchio. Indossava anche una collana d'oro così pesante che faceva sembrare quella di Varric un filo di rame. In lui vedevo le mollezze degli agi, nelle guance cadenti e nel naso a grugno di maiale, sopra il quale sbucavano due arcigni occhi scuri.

«E' sveglia.» la voce dell'uomo era profondo. «A quale tenuta sei scappata?»

Tenuta? Scappata?

«Il tuo magister ha investito molto in te... mi chiedo se sia più proficuo tenerti qui o tornarti a lui.»

«Mag...» mi morsi la lingua per non dire altro.

Magister... vi era un unico luogo in tutto il Thedas dove si trovavano i magister e dove gli elfi chiamavano “padrone” gli umani: l'Impero del Tevinter.

Se avessi parlato ancora, il mio accento dei territori liberi mi avrebbe sicuramente tradito, soprattutto se non sapevo in che punto dell'impero mi trovavo.

«Oh, dunque non ti hanno tagliato la lingua.» l'uomo fece un sorriso e potei intravedere i suoi denti cariati... e poi eravamo noi dei Territori Liberi i barbari... «Portamela nella sala delle udienze, voglio sentire che ha da dire.»

L'elfa fece un inchino profondo e l'uomo si voltò, andandosene non prima di avermi dato una lunga occhiata che mi fece tremare di disgusto. L'elfa aprì la grata e venne verso di me ed iniziò ad armeggiare con l'anello che mi teneva al muro.

«Dove ci troviamo?» le chiesi, mentre usava una chiave per aprire il lucchetto.

Dall'occhiata mi sembrò che pensasse che fossi scema, ma per me non era la prima volta in cui mi trovavo in un posto diverso dal quale mi trovavo un attimo prima.

«Alla tenuta di altus Colemius, presso Vyrantium.» rispose.

Vyrantium... sì, l'avevo vista di sfuggita sulle mappe del tavolo di guerra, dato che non vi erano mai state missioni da assegnare ai consiglieri. I consiglieri... Divina Victoria, per me nota come Leliana, che mi aspettava a Val Royaux, Josephine che era già lì per approntare i preparativi per le nozze e Cullen, il mio Cullen, che sicuramente stava muovendo mari e monti per capire cosa diamine fosse successo. No, dovevo restare concentrata anche perché ormai l'elfa aveva liberato la catena e mi stava facendo cenno di seguirla.

Presi un respiro profondo e mi limitai a seguirla, tenendo d'occhio tutto quello che avevo attorno. Mi trovavo in una sezione dove erano diverse le celle simili alla mia ed il corridoio era tortuoso e solo dopo un bel po' uscimmo all'aria aperta. Mi fermai ad osservare i fiocchi di neve che stavano cadendo e sollevai la mano destra ad ospitarne qualcuno prima che si sciogliessero per il calore, ma non potei stare ferma a lungo.

«Vieni, o pregherai che il padrone ci faccia solo frustare.» la voce dell'elfa era dura.

«Che giorno è oggi?» le chiesi.

«E' un giorno.» tagliò secca.

Mi rimisi a seguirla, continuando a studiare i dintorni. C'erano dei larghi spiazzi innevati e, vicino alle numerose casupole, vi erano persone raggruppate attorno ai fuochi per scaldarsi e fare dei lavori che non avevo mai visto. Di tanto in tanto vi erano anche delle guardie armate e le loro armature mi sembravano più decorative che funzionali. Con qualche incantesimo qui e là ce l'avrei dovuta fare ad andarmene.

Spostai lo sguardo dinnanzi a me, alla nostra meta.

La villa che sorgeva era fatto di marmo rosso che mi ricordava troppo il lyrium corrotto e vi erano due guardie sulla soglia. Attraversato il portone d'ingresso, il marmo continuava ad ornare le pareti, ma vi erano molti più elfi intenti a pulire e lucidare ogni superficie ed oggetto, mentre alcuni portavano dei vassoi ricolmi di cibo... ma in tutto questo lavoro non si poteva sentire una sola mosca volare.

Il nostro cammino non durò ancora molto e davanti a noi si presentò un'alta porta di legno dorato. Non potei soffermarmi molto sui fregi e ci inoltrammo nella sala.

«Non fiatare e cammina.» sibilò l'elfa.

Lanciai delle occhiate a destra e a manca per cercare di capire la situazione. La sala era molto grande, sempre in quel fastidioso marmo rosso, e conteneva diversi divani cui erano adagiate numerose persone. I gioielli erano innumerevoli e restai a testa alta mentre mi avvicinavo alla pedana dove si trovava il divano con l'uomo che avevo visto poco prima.

«Altus Colemius, ecco a voi l'ospite.» disse l'elfa, prodigandosi in un profondo inchino.

Io restai in piedi, fissandolo con serietà anche quando le guardie mi si avvicinarono. Una guardia mi colpì con una lancia dietro il ginocchio, facendomi cadere a terra, e sentii una serie di risatine provenire dalle mie spalle.

“Sopravvivi.” fu l'unico pensiero che ebbi in quel momento.

«Mi dicono che sei stata trovata poco distante con solo dei miseri stracci addosso.» disse, con tono noncurante e agitando oziosamente una mano grassoccia. «Da dove vieni?»

Lanciai un'occhiata alle guardie e non provai nemmeno ad alzarmi.

«Da Weisshaupt.»

La fortezza dei Custodi Grigi era l'unico luogo che mi veniva in mente per un abitante dei Territori Liberi solitario. E se quell'uomo fosse appartenuto ai venatori? O se lo fosse stato almeno una persona dei presenti? Dovevo scacciare i dubbi.

«Appartieni ai Custodi Grigi?» chiese, con un sogghigno.

“Creatore, proteggimi...” pregai.

«E' un vero peccato che i Custodi si facciano sentire poco in queste zone del Thedas... di certo sarebbe utile per noi sapere in anticipo quando si sveglierà un nuovo arcidemone.» disse, lanciando un'occhiata ai presenti. «E di certo non possiamo rischiare che uno degli onorati Custodi muoia per il freddo. Pertanto stabilisco che il Custode Grigio qui presente sia nostro ospite fino allo scioglimento delle nevi.»

Un applauso si levò spontaneo dalla sala ed il padrone di casa si sollevò, alzando le mani per far calare il volume degli invitati.

«Visto che siamo tutti concordi, direi di onorare questo ospite con una degna evocazione.» disse l'altus. «Portate il sacrificio.»

Due guardie entrarono nella sala, tenendo ciascuno per un braccio un ragazzino dalle lunghe orecchie appuntite con la testa ciondoloni. Nel silenzio della mia mente non potei far altro che pregare il creatore che fosse già morto, anche se sapevo che la magia del sangue non funzionava così.

L'altus scese dalla pedana e tracciò con una polvere bianca un cerchio attorno al ragazzino, che venne lasciato disteso al suolo. Iniziò a recitare formule in antico tevene, che non conoscevo, ed estrasse da una manica dell'ampio vestito un pugnale.

«Non piangere.» mi sussurrò l'elfa.

No, non piansi... come l'altus affondò il coltello nel petto del ragazzino e questo aprì gli occhi un ultimo grido mi girai direttamente a vomitare. Non vidi che razza di demone avesse evocato da quel sacrificio, ma fui grata quando mi portarono fuori dalla sala in mezzo alle risate dei presenti e mi portarono in una camera degli ospiti.

Non mi tolsero la catena dal piede, ma potei sedermi su un letto vero e guardare il panorama dalla finestra. Andai alla finestra e l'aprii, cercando di far svanire la scena appena vista dai miei occhi.

«Cullen...» mormorai «spero che tu non debba mai vedere cose del genere...»

 


 

Intanto, a Skyhold...

«Come “si è aperto un varco ed è scomparsa dormendo”?!» esclamò Cassandra.

«Credi che non sappia riconoscere quando dorme?» sbottò Cullen. «Sono mesi che ha gli incubi, ma questa è la prima volta che è successo.»

«Non avrai avuto qualche allucinazione da assenza di lyrium, Ricciolino?» chiese Varric.

Cullen batté un pugno sul tavolo da guerra, facendo sobbalzare e cadere numerosi segnalini rimasti lì da tempo immemore.

«Se fosse stata Hawke al suo posto non l'avresti pensato...» sibilò il guerriero.

«Colpito e affondato... allora, dove cerchiamo la tua bella?»

Sei occhi si voltarono a guardare la mappa, senza alcuna risposta.





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