Nick: roxy_xyz
Titolo: Shadows
Fandom: Divergent
Personaggi: Tobias Eaton
Genere:
Flash (421 words), introspettivo, un pizzico di happy ending alla fine.
Note: Ho provato a calarmi
nella mente di Tobias, il mio personaggio preferito della saga, per il suo
passato burrascoso (per non dire padre altamente stronzo), e ho voluto fare una breve
introspezione, accennando alle percosse
che ha subito durante la sua infanzia.
Tris appare due volte, ma in
entrambi i casi è lei a salvare Tobias dalle tenebre ( lo
so, sono parecchio romantica ultimamente). L'ultima frase (in corsivo) si riferisce alla scena di un cui Tobias riesce a sconfiggere e ad uscire dalla simulazione!
Infine, grazie Lights, perché
se non mi avessi puntato la lupara costringendomi a
scriverla per il tuo compleanno… ah, che sbadata, tanti auguri lovvetto! Quindi
dicevo, se non avessi chiesto il regalo, questa flash
non avrebbe mai visto la luce. Happy birthday!
#Shadows
Per quanti anni ho sopportato le percosse, le umiliazioni di
mio padre? Guardavo mia madre cadere sotto la forza di quei colpi e mi dicevo
che non sarei mai riuscito a salvarla, lui era troppo forte e la sua cattiveria
sembrava non avere limiti. E quando persino lei non poteva più proteggermi, ero
stato costretto a uscire dal mio nascondiglio, esponendomi ancora una volta a
lui. Volevo essere coraggioso, come mia madre mi aveva insegnato. Dovevo, eppure sembrava così difficile ai
suoi occhi, perché io non meritavo nulla, se non il tocco della sua cintura. Bruciava,
bruciava ogni dannata volta.
“Sii coraggioso, Tobias.” Erano queste le parole che mi
facevano addormentare la sera. Mia madre non aveva mai dovuto raccontarmi favole
per la buonanotte o tranquillizzarmi su qualche mostro nell’armadio. No, non ne
aveva bisogno perché non era nascosto ai nostri occhi, bensì presente nelle
nostre vite. Davanti ai nostri occhi, ogni singolo giorno.
L’avevo vista per la prima volta al funerale di mia madre,
quando persino in quel giorno ero stato il capro espiatorio di mio padre. Lei
non c’era più per colpa mia, perché era stanca, delusa di avere un figlio
inetto come me.
Non potevo fare altro che accettare quelle parole, senza
muovere un muscolo.
Fu sotto quella pioggia battente che la vidi: una bambina,
tutta infagottata in quei vestiti grigi che la privavano di ogni colore e la
nascondevano agli occhi dei presenti, ma non ai miei. Era piccola, sì, eppure
nei suoi occhi c’era una tenacia e una forza che io non avrei
mai avuto. Forse, aveva ragione mio padre quando affermava che non sarei mai
stato un uomo, come lui stava cercando di trasformarmi con i suoi assurdi
metodi. O forse furono quelle parole che continuavo a ripetere ogni notte, nel
buio della mia camera.
“Ti amo, Tobias.” Era stato l’ultimo
saluto di mia madre, prima di lasciarmi solo.
“Ti amo, Tobias.” Mi aveva detto lei
prima di sacrificarsi, smettendo di lottare contro di me, strappandomi dalla
simulazione in cui ero prigioniero. Non indossava più quei vestiti, non era
rimasto nulla di quella bambina, ma lo sguardo era sempre lo stesso e fu
proprio quello a salvarmi. Mi ero lasciato tutto alle spalle, soffocando le mie
paure, in attesa che queste, prima o poi, svanissero
come polvere al sole. Avevo dovuto aspettare il suo arrivo, il suo salto per
tornare a vivere ed essere finalmente coraggioso.
Il sole era entrato prepotente da quella finestra,
illuminando tutte le ombre di quella stanze, ed allora
l’avevo vista.
“Ho solo sentito la
tua voce.”