Scusate
infinitamente il ritardo, purtroppo è un periodo molto impegnato,
cercherò di essere più puntuale!
Buona lettura!
Incertezza
“Ok. Ho la formazione che intendo
mettere in campo domani per la prima partita, sedetevi ed ascoltate
attentamente. Avete fatto tutte un ottimo lavoro, ma purtroppo
quattro di voi dovranno rimanere in panchina. Ci tengo a specificare
che quelle fatte oggi non sono scelte definitive, ma potrebbero
esserci cambiamenti nel corso della stagione. Inoltre, vi ricordo che
i provini sono sempre aperti per nuove ragazze, quindi nessuna di voi
può pensare di non impegnarsi, neanche quelle che non hanno una che
giochi nel suo ruolo in panchina” ci ricordò l'allenatrice. “Detto
questo, ecco chi partirà titolare. Bailey, in porta. Izzie, mi
dispiace, per questa volta sei in panchina. In difesa, al centro a
sinistra, Altman, a destra Montgomery. Terzino sinistro Lexie, a
destra invece April. A centrocampo, in posizione arretrata Fields,
sulle fasce Cristina a sinistra e Meredith a destra, con Reed al
centro. In attacco Robbins a sinistra e Torres a destra.”
Stavamo uscendo dalla palestra quando
Cristina ci si avvicinò, passando un braccio attorno alle spalle di
entrambe.
“Vinceremo così alla grande
questa partita che sarà quasi vergognoso. Le faremo fuori così
velocemente che non sapranno neanche cosa è stato. Mi raccomando,
fate esercizi per i muscoli domani mattina appena sveglie, non
correte per nessun motivo,
fate attenzione all'alimentazione...”
“Sì mamma” fu
la risposta irritata di Arizona.
“Oh, e mi
raccomando. Niente sesso Rockstar.”
“Cristina!” la
riprese Arizona.
Alle nostre spalle,
Meredith, Addison e Teddy scoppiarono a ridere.
“Con chi dovrei
fare sesso nelle prossime dodici ore?” chiesi, ridendo.
“Con
Arizona” rispose con noncuranza, indicando la bionda che aveva
sotto il braccio che non era attorno alle mie spalle. Io la guardai
come se fosse impazzita. “Aspetta...perché voi due state
insieme, non è vero?” chiese bloccandosi all'improvviso.
Io e Arizona
avevamo deciso di prendere le cose con calma, di non dire niente di
niente a nessuno, così entrambe la guardammo facendole intuire
l'ovvia risposta.
“Oh. Oh, no.
Perderemo la partita. Perderemo così alla grande questa
partita che sabato non saremo in grado neanche di uscire di casa per
la vergogna.”
Io e Arizona ci
guardammo e scoppiammo a ridere, andandocene dalla palestra, mentre
Cristina iniziava a spiegare la sua tesi anche alle altre. Secondo
lei, io e Arizona avevamo bisogno di fare sesso per giocare davvero
bene insieme. Eravamo troppo abituate a giocare l'una contro l'altra,
che per giocare così a stretto contatto dovevamo per forza
avvicinarci anche fisicamente. Quando Cristina mi aveva esposto
questa tesi per la prima volta avevo riso così tanto da sentirmi
fisicamente male.
“E se facciamo
schifo?”
Eravamo al
telefono, quella sera.
“Non faremo
schifo, Arizona.”
Fu silenziosa per
qualche momento.
“Ma se facessimo
schifo?”
Io risi.
“Non ridere,
Calliope. Il calcio è tutto ciò che è mio. Solamente mio. Quando
gioco, allora è come se esistessi, se fossi reale, mentre tutto il
resto del tempo è come se mi trovassi nella bozza di un disegnatore
di fumetti alle prime armi. Tutto il mondo, me compresa, è a tratti
incerti, è indefinito, e non ho certezze. Ma quando sono sul campo è
come se fossi all'improvviso dentro uno schermo ad alta definizione.
Tutto ha molto più senso.”
“Ti prometto che
non faremo schifo” risposi dopo qualche istante.
“Ok. I numeri
delle magliette verranno assegnati da me, in base alla posizione che
occupate in campo. A nessuna di voi è concesso lamentarsi per il
numero che le viene assegnato. Bailey, giochi con il numero 1,
Montgomery con il 2, Altman 3, Lexie, 4” mentre elencava i numeri
consegnò le magliette. “April, 5. Fields, 6. Yang, 7. Adamson, 8.
Meredith 9. Callie e Arizona, ne abbiamo discusso a lungo. Dovete
giocare a stretto contatto, contiamo su di voi, perché Reed dovrà
rimanere spesso in difesa, qualche volta saliranno ad aiutarvi
Meredith e Cristina. Robbins, rimani più indietro, mentre tu,
Torres, sempre il più avanti possibile nei limiti del fuorigioco.
Sei la nostra prima punta, quasi tutti i goal che segneremo saranno
tuoi. Arizona, stai sulla sinistra, giochi col 10. Callie, tu prendi
l'11. Robbins, ricorda la fascia da capitano prima di entrare in
campo.”
Uscì dagli
spogliatoi, lasciandoci cambiare.
“Sei nervosa?”
mi chiese Arizona.
“No, sono calma
tutto sommato” risposi distrattamente. Poi lei si tolse la
maglietta. “E...ora non lo sono più” pensai.
Arizona uscì per
prima, si presentò all'arbitro, partecipò al lancio della moneta.
La raggiunsi quando ci disse che dovevamo battere per prime.
Quando entrai in
campo mi sentii come se stessi per cadere da un momento all'altro. Il
cuore mi martellava nel petto dall'agitazione. Le nostre magliette
erano rosse, mentre i pantaloncini neri.
“Non ho mai
giocato una partita in una vera squadra” dissi ad Arizona mentre
raggiungevamo la metà campo.
“Questa non è una vera squadra. È
solo un torneo scolastico” mi rassicurò. Mi sorrise. “Ricordi
come hai segnato il primo goal quando hai giocato contro di me per la
prima volta?” mi chiese, sistemando il pallone al centro.”
“Sì.”
“Pensi di fare
centro da qui?”
“Non lo so. Non
credo. Potrei provare” proposi.
“Siamo date come
sfavorite nel campionato. Tutti pensano che arriveremo ultime. La
squadra contro cui giochiamo oggi, loro sono le terze favorite per il
primo posto.”
“Non credo che
sia una buona idea tirare da qui” affermai allora.
“Ok” rispose,
sorridendomi. “Allora lo farò io.”
Io risi,
preparandomi ad assecondarla. “Mi sembra giusto che il primo tiro
sia del capitano” sussurrai.
Ci fu il fischio
dell'arbitro. Io le passai il pallone. Un passo in avanti. Due. Poi
il tiro.
“Sei totalmente
impazzita?” urlò Cristina nella mia direzione.
Mi limitai a
sorridere, guardando la palla che entrava in porta.
Arizona si voltò
ed io le detti il cinque.
Per tutto il primo
tempo ci tenemmo molto sulla difensiva. L'unico goal che segnai fu su
calcio d'angolo, mentre una di loro fece una rete su contropiede.
“Adesso iniziamo
a giocare sul serio” sussurrò Arizona mentre rientravamo in campo.
Teoricamente, nel
campionato, c'erano solo due squadre nettamente più forti di quella
contro cui stavamo giocando quel giorno.
Pensai che si
fossero sbagliati, perché la partita finì 6-1, ed io segnai quattro
goal in risposta ai due di Arizona.
Quando avevo
segnato l'ultimo, Cristina mi aveva abbracciato. Pensai che si
sentisse male o qualcosa del genere.
L'arbitro fischiò
la fine ed Arizona mi abbracciò immediatamente.
“Questa è la
prima volta che la squadra femminile della nostra scuola vince da
sette anni. La difesa era così incapace l'anno scorso che anche in
una partita in cui feci cinque goal avevamo perso. Ed è merito tuo.”
Io risi. “No,
invece. Il merito è di tutte. Non avrei potuto fare un bel niente da
sola.”
Uscii dal campo con
un braccio attorno alle spalle del Capitano. E durante la partita,
per la prima volta, avevo capito perché tutti si ostinavano a
chiamarla in quel modo.
“Alla prima
vittoria di una lunga serie” brindò Cristina quella sera tenendo
in mano una birra.
“Ai primi quattro
goal di Callie, che vincerà il premio come miglior marcatore”
brindò invece Addison. Io arrossii un po', dissimulando l'imbarazzo
con una piccola risata.
“Al Capitano, che
ha giocato come se stesse cercando di impressionare qualcuno” disse
invece Teddy, beccandosi un piccolo schiaffo da Arizona.
“E a April”
propose nuovamente Cristina. “Che è riuscita a non farci perdere,
nonostante gli abbia permesso di segnarci un goal.”
“Per la
milionesima volta, Cristina, doveva marcarla Meredith quella lì”
ripeté April per l'ennesima volta.
Tutte scoppiammo a
ridere.
Arizona era seduta
alla mia destra. Aveva tenuto per tutta la sera la mano sul mio
ginocchio, nascosto alla vista di tutti.
“Sei dispiaciuta
che siamo uscite con le altre? Invece di, sai...” mi sussurrò.
Avremmo dovuto
avere un appuntamento quella sera, ma alla fine eravamo state
d'accordo nel rimanere con la squadra.
“No, certo che
no. Dovevamo festeggiare la vittoria” le risposi, sorridendo a
trentadue denti.
Dopo cena molte
delle ragazze se ne andarono, soprattutto quando arrivarono i
rispettivi ragazzi a prenderle. Derek e Meredith furono i primi,
seguiti da Lexie e Jackson, Cristina e Owen, Miranda e Eli. Teddy e
Addison si fermarono per fare quattro chiacchiere con Henry e Mark, i
loro migliori amici, mentre Lucy e Reed se ne andarono, anche loro
attese dai rispettivi ragazzi. April, vedendo entrare Alex, gli si
era avvicinata e aveva cercato di portarlo il più lontano possibile
da Arizona. Lo facevano un po' tutte dalla sera in cui avevano
litigato.
“Andiamo a casa?”
mi chiese, avvicinandosi un po' di più.
Io le sorrisi e
annuii.
“Ehi, Callie”
mi sentii chiamare. “Hai bisogno di qualcuno che ti accompagni a
casa?” mi chiese Mark Sloan.
“No, grazie. Sono
apposto” risposi velocemente, uscendo insieme ad Arizona.
Per mia sfortuna,
gli altri ci seguirono. E, come se non bastasse, fuori c'erano April
e Alex.
“Andiamo,
prometto che mi comporterò da vero gentiluomo” mi garantì,
provandoci di nuovo.
Io sospirai.
“Senti, non prendertela. Ma devi smetterla” gli risposi. Forse
avevo esagerato, ma erano ormai due settimane che ogni giorno mi
chiedeva di uscire. Avrebbe dovuto accettare il rifiuto con un po' di
dignità.
“Prometto che non
te ne pentirai” rispose lui, invece, passandomi un braccio sopra le
spalle.
Io, di riflesso, me
lo scrollai di dosso.
Non mi piaceva
quando la gente mi toccava. Io non lo conoscevo neanche, quel tizio.
“Mark, devi darti
una fottuta calmata” lo riprese Arizona, mettendosi in mezzo. “Hai
un problema di udito, per caso? Perché ti ha detto no. Almeno una
dozzina di volte. Ed è stata gentile, ma adesso stai iniziando ad
esagerare. Fatti da parte. Dico sul serio, fatti da parte” gli
disse duramente, poi si voltò verso Alex. “E cosa diavolo è
successo a te? Eri mio amico. E adesso sei come Mark Sloan.”
“Ehi” protestò
Mark. “Ma chi ti credi di...”
“Mark, sul serio.
Lascia in pace Callie. Devi piantarla” gli disse anche Addison.
“Devi accettare un no e smetterla di comportarti come un idiota.”
“Andiamo” mi
disse Arizona piano. Mi appoggiò una mano sulla schiena e iniziammo
a camminare verso casa.
Camminammo in
silenzio, finché tolse la mano dalla mia schiena. Allora decisi di
parlare.
“Entro domani i
due idioti avranno detto a tutti che siamo una coppia” le feci
notare.
“Ti infastidisce
che lo pensino?”
Io scossi la testa.
Per un secondo valutai se tacere o parlare. Alla fine, glielo chiesi.
“Lo siamo? Una
coppia” chiarii.
Lei si bloccò di
colpo.
“Io non- non lo
so.”
“Mh. Forse
dovremmo parlarne.”
“Ok”
acconsentì. “Vuoi una cosa seria? Perché abbiamo sedici anni.
Beh, quasi diciassette, ma non credo che sia questo il punto. Il
punto è che tra due anni finiremo il liceo e dopo andremo per la
nostra strada. E la nostra strada potrebbe non essere la stessa.”
“Aspetta, stai
dicendo che tu non vuoi una storia seria, quindi?”
“Sto dicendo che
potremmo finire per avere il cuore spezzato.”
“Potremmo anche
aver vissuto il periodo più bello della nostra vita, quando arriverà
il momento in cui avremo il cuore spezzato.”
“Quindi tu vuoi
una storia seria?”
All'inizio non
risposi.
“Cosa vuoi che ti
dica, Arizona?”
“Dimmi la
verità.”
“La verità...la
verità è che forse abbiamo affrettato troppo le cose. Ci conosciamo
solo da un paio di mesi, infondo. Beh, quasi tre. E come amiche
andavamo alla grande. Forse dovremmo limitarci a quello.”
“Ferma, questo ha
davvero qualcosa a che fare con me e noi, oppure stai semplicemente
dando di matto e hai deciso di tornare ad essere etero?”
“Non sono mai
stata...” avevo parlato troppo in fretta. Troncai la frase,
maledicendomi.
Lei comprese
ugualmente.
“Aspetta,
quindi...lo sapevi già? Prima di incontrare me?”
“Certo che lo
sapevo. Credi che avrei potuto fare i conti con una cosa del genere
in un paio di mesi?” chiesi, guardando in basso.
Lei rimase in
silenzio. Fece un passo avanti, mettendosi a meno di mezzo metro da
me.
“Allora non
cambierai idea?” sussurrò.
Io alzai di nuovo
gli occhi, guardandola con confusione.
“Se è quello che
vuoi possiamo fare un tentativo. Sai, una cosa seria.”
“Abbiamo passato
ogni secondo dell'ultimo mese e mezzo praticamente sempre insieme. E
ti serviva comunque sapere che puoi fidarti di me? Non hai ancora
capito?” le chiesi, sentendomi all'improvviso delusa.
Lei capì dal mio
tono di voce il mio stato d'animo.
“Calliope, ho
solo...” lasciò in sospeso la frase.
“Paura che farò
come lei” conclusi riferendomi a Joanne.
“Calliope...”
“Come ti pare,
Arizona. Forse hai ragione. Una storia seria richiederebbe la tua
fiducia, e immagino che sia chiedere troppo” le risposi, voltandomi
e ricominciando a camminare.
Lei mi afferrò un
braccio, impedendomi di proseguire. Io non mi voltai.
“Quello che hai
fatto stasera, il nascondere quello che stai pensando dietro a
qualcosa di diverso, questo non è abbastanza secondo me” le dissi,
riferendomi a come aveva nascosto la sua paura su un mio cambio di
idea dietro al non volere una storia seria per via della possibile
separazione al termine del liceo.
“Vorrei essere la
persona in grado di darti quello che cerchi.”
Io liberai il
braccio dalla sua mano.
“Non ti ho mai
chiesto niente di più di ciò che sei riuscita a darmi.”
“Ho sempre
cercato di darti tutto ciò che potevo” protestò lei.
Io scossi la testa,
ma neanche allora mi voltai.
“Ti sei limitata
a darmi ciò che non era difficile per te.”
Ricominciai a
camminare. E non mi guardai indietro.
Lo so, lo so, siamo passati all'angst! Un po' ogni tanto serve pure
questo no?
Fatemi sapere che ne pensate!
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