03/12/2008
Con occhi di bambola osservo
la stanza in ogn'angolo scuro.
Conosco i contorni a memoria,
la forma ch'assume ogni muro.
Con scarpe di plastica vago,
disegno dei cerchi sul suolo;
ritorno a cercarli, ma morti
li trovo, mio unico polo.
Con nocche fasulle, coi pugni,
la porta di pietra percuoto,
cercando d'uscir dalla stanza,
cercando di far mio l'ignoto.
Non posson scappare le bambole,
loro, di stanze guardiane:
se devon regnar sulle ombre,
non possono starne lontane.
Ma ch'anche le bambole treman,
è ciò che non sanno i bambini;
che anch'esse han paura del buio,
no, questo non sanno i bambini.
Gli scheletri dentro l'armadio,
la polvere e il fango dormienti,
sogghignano stando acquattati,
si muovono, battono i denti.
Destreggiomi con soggezione,
io, bambola, nella soffitta.
Pavento i miei stessi fantasmi,
da giochi di ombre sconfitta.
|