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È
senza dubbio il dolore
peggiore
il
non sapere perché,
senza
amore e senza odio,
il
mio cuore abbia tanta pena!
- P. Verlaine; Romanzo
senza parole, Arietta III, vv. 13-16
*
A D
D I C T I O N
Mi
si para davanti un muro.
No,
non è una lastra di cemento o la rete che i miei
compagni cercano di abbattere durante una partita.
È
un muro diverso, inconsistente, ma fastidioso e inespugnabile
come pochi.
Vedo
ergersi questo muro ogni giorno davanti a me, ogni
volta che alzo gli occhi e li distolgo da me stesso.
Un
ostacolo che da sempre mi isola dal mondo, una gabbia che
imprigiona i miei sentimenti e li nasconde.
Brucia
e consuma la mia anima. Mi priva della gioia di
apprezzare le piccole cose della vita.
Mi
rende vulnerabile, talmente da accentuare e allo stesso
tempo nascondere gelosamente la mia debolezza.
È
un’arma a doppio taglio, uno specchio che riflette da fuori
e da dentro.
L’orgoglio.
Ogni
giorno mi chiedo che cosa ci sia al di là del muro, ma
contemporaneamente ho paura di saperlo.
Ho
paura di fidarmi, ho paura di sorridere, di lasciarmi
andare.
Lo
voglio fare, ma ne ho il terrore.
Come
si fa a temere qualcosa che si desidera?
Già,
è la stessa domanda che mi pongo ogni volta che penso a
lui.
A
quell’ex senpai che continua a farmi impazzire anche dopo
le scuole medie e continuerà a farlo sempre.
All’alzatore
migliore della prefettura, al compagno peggiore
che si possa avere vicino.
Con
quel sorriso che seduce la gente, ma con quegli occhi
che calpestano il mondo.
Tooru Oikawa; proprio lui.
Un
improvviso
dolore alla tempia lo fece tornare alla realtà.
L’autobus aveva frenato
bruscamente, con disappunto di Kageyama, che si massaggiò il
punto dove il suo
cranio si era scontrato con il finestrino.
Lo
stava
di nuovo sognando. Si ritrovava così, senza un criterio
logico, ad averlo
sempre accanto in un modo o nell’altro. Aveva preso le redini
del suo cervello
da un tempo indefinibile.
Scese
dall’autobus e si avviò silenzioso, senza neanche
pensare davvero a dove
mettesse i piedi. Si sentiva attratto da una forza strana e intensa, ma
non
affatto misteriosa. Le gambe gli si appesantivano ad ogni metro e
strisciavano
sull’asfalto, come risucchiate da un vortice
d’oblio che trascinava Kageyama
giù, nell’oscurità della notte
più profonda.
Come
una
calamita, arrivò a casa ed entrò senza neanche
annunciarsi o accendere la luce.
Dopotutto, tutte le sere era la stessa storia.
Fece
cadere in un angolo la borsa sportiva e la giacca, poi raggiunse
lentamente la
camera. La maniglia si abbassò sotto la sua mano con troppa
facilità e la porta
parve quasi aprirsi da sola. La sola luce che permetteva a Kageyama di
vedere
dove mettesse i piedi proveniva dai lampioni della strada.
Mosse
qualche passo verso la finestra e vi si appoggiò con la
fronte. I suoi occhi
sempre gelidi, pungenti e concentrati fissarono le luci di fuori con
fare
distratto. Sospirò e aggrottò le sopracciglia,
permettendo al silenzio della
casa di stordirlo.
Durante
la
sua attesa, la solita spirale di pensieri lo avvolse.
Tremava,
ma non faceva freddo. Era solo eccitato. Non ci si era abituato e non
ci
avrebbe fatto mai l’abitudine.
Si
vergognava; non era in grado di risolvere il suo problema da solo.
Forse perché
era la sua mente a pensare che fosse un problema, mentre i suoi
muscoli, le sue
ossa, il suo corpo fremevano dalla voglia di subire quel problema.
Un
vago
rumore di passi e Kageyama rabbrividì. Chiuse gli occhi e
staccò la fronte
dalla finestra, come in trance.
Le
sue
orecchie si sensibilizzarono all’ambiente circostante. Dei
passi lenti, ma
sempre più vicini, ancora più vicini, fino ad
arrivare alle sue spalle. E
infine il silenzio.
-
Bentornato, Tobio-chan.-
Quella
voce, ah, quella voce. Un fluido che gli entrò dai timpani e
penetrò sotto ogni
centimetro della sua pelle. Kageyama si morse il labbro inferiore e fu
sorpreso
dallo strano tic che aveva iniziato a far muovere a scatti i suoi
polpastrelli.
Si
ritrovò
per l’ennesima volta davanti a un bivio. Le due strade da
prendere erano così
diverse, che anche se era passato del tempo e quella scelta gli si
presentava
davanti tutti i giorni, Kageyama non riusciva mai a decidere. Da una
parte
c’era la luce del giorno, fresca e benefica, che lo guidava
in un sentiero
piccolo e accogliente e lo portava fuori dal muro un passo alla volta,
dove lui
sarebbe stato solo ancora per poco, perché avrebbe imparato
ad aprire il suo
cuore agli altri e non avrebbe più avuto paura di accettare
certi tipi di
sentimenti.
Ma
dall’altra parte … c’era Oikawa.
Con
quel
ghigno sempre stampato su quel delicato viso da angelo decaduto, con
quei gesti
e quelle parole brucianti che però distruggevano il muro
d’orgoglio di Kageyama
con estrema eleganza, silenziosamente, nel buio di ogni notte.
Kageyama
voleva uscire dal muro, voleva lasciarsi l’orgoglio alle
spalle, ma non sapeva
mai come farlo e allora era Oikawa a scegliere per lui.
Un
fruscio
ai fianchi lo fece sussultare. Le dita esperte del suo ex compagno di
squadra
non avevano perso tempo e gli si stavano insinuando sotto la maglietta.
Allo
stesso tempo, come una sensazione ormai familiare ma non troppo, Oikawa
gli
stuzzicava il collo con dei piccoli baci leggeri.
Poteva
essere una coccola dolce per chiunque altro, ma Kageyama strinse i
denti e
irrigidì la spina dorsale ancora di più. Tutti
quei tocchi, quei piccoli
schiocchi creati dalle labbra di Oikawa su di sé sapevano di
bugie, di
ipocrisia, di possessione e di potere. Kageyama non si sentiva amato,
ma
succube, e a sua volta non era innamorato, ma anzi, covava un odio
insopportabile.
Ma
al suo
corpo, alle sue dita che tremavano visibilmente, al suo stomaco che si
attorcigliava in modo violento e ai suoi muscoli che parevano esplodere
al
tocco dell’altro alzatore, tutto questo non importava. Tutta
quella confusione
non era niente se paragonata all’inquietante piacere che
Oikawa emanava.
La
voce
sparì persino dai suoi pensieri, dalle mille frasi che
avrebbe voluto
sbraitargli in faccia pur di allontanarlo. Il silenzio era sfiorato
solo dal
rumore lieve e continuo del tocco di Oikawa, che percorreva ogni
cellula della
pelle di Tobio-chan con le dita,
con
le labbra, con gli occhi, con il respiro. La maglietta era
già sul pavimento e
presto fu seguita da tutto ciò che impedisse un contatto
diretto tra quei due
corpi immersi nel buio.
Il
muro
era distrutto. Niente poté più impedire a Oikawa
di entrare nella sua anima,
spogliarla di ogni protezione e celebrarla in tutta la sua debolezza e
fragilità, sfiorarla e poi toccarla a piene mani,
afferrarla, stringerla e
goderne fino all’ultima goccia di sudore, fino
all’ultimo sforzo.
Non
passò
molto tempo, prima che Oikawa prendesse possesso anche della sua bocca.
Un
bacio profondo, caldo e languido che mandò in tilt ogni
funzione vitale
dell’altro. Era il bacio perfetto, dannazione, era
impossibile resistere. Kageyama
non trovò la forza per opporsi, per difendersi, per
interrompere quella
spaventosa estasi. A regnare era solo quel contatto fisico
così inebriante e
sensuale.
A
poco a
poco, mentre Oikawa si divertiva ad assaporare il suo corpo lentamente,
Kageyama
smise di tremare. Il viso si rilassò e le palpebre si
chiusero, come se lui si
stesse addormentando. Ancora una volta, il piacere l’aveva
sopraffatto e si era
arreso a quel turbine di brividi e sussulti che lo mandavano in
visibilio.
Solo
una
lacrima leggera e luccicante percorse la sua guancia, ricordandogli che
quella
sua rassegnazione sarebbe stata orribilmente dolorosa.
Se il suo
corpo aveva trovato la libertà dal suo muro
d’orgoglio, la sua anima era stata
invece incatenata in una prigione ancora più tragica della
precedente.
E
Kageyama
soffriva, perché non sapeva come uscirne.
Pregò
che
qualcuno aprisse la porta all’improvviso e lo salvasse dalle
mani di Oikawa che
strisciavano negli angoli più intimi del suo cuore, oltre
che del suo corpo. Sapeva
che non sarebbe mai successo, ma nell’angolo più
remoto di se stesso esisteva
ancora una speranza.
Oikawa
si
era ormai impossessato di lui e Kageyama non poté fare altro
che lasciarsi
toccare e invadere completamente, perché l’istinto
animalesco da essere umano
prevalse ed avrebbe continuato a prevalere sempre; tuttavia esisteva
ancora
un’unica via di scampo, che gli impedì di farsi
soggiogare del tutto.
Ora
che
aveva toccato il fondo, poteva sempre risalire.
Così, in
quella notte d’inferno, Kageyama gridò aiuto con
quella fioca luce di pensiero
che gli era rimasta, grazie alla quale riuscì a scorgere
solo degli occhi
vivaci e una testolina di capelli rossi, prima di piombare nuovamente
nel buio
più totale di quella terribile dipendenza.
~
Fine ~
Ora. Io shippo KageHina
fino al midollo e continuerò a shipparlo con mente, anima e
corpo per il resto della mia piccola vita.
Quando però un gruppo su FB ha indetto una Challenge e ho
deciso di partecipare, nel pacchetto che mi è capitato c'era
la citazione che avete letto all'inizio + l'obbligo "coppia yaoi".
Vai a capire cosa è successo nel mio cervellino bacato; il
primo pairing che mi è venuto in mente era l'OiKage, la mia
NOTP assoluta nel fandom di Haikyuu. La mia reazione è stata
OH GOD WHY e roba simile. Giuro, ero sconvolta. Su EFP, poi, avevo
finito troppo in fretta di leggere tutte le KageHina che c'erano e mi
sono ritrovata circondata da OiKage. La disperazione pura.
Ma ho anche pensato che se fossi riuscita a scrivere qualcosa di
davvero figo su una mia notp, come fanwriter avrei fatto passi da
gigante (anzi, da piccolo gigante <3). Inoltre, Kageyama è un personaggio che amo tantissimo, viste le sue innumerevoli sfaccettature e i segreti che nasconde la sua personalità; scriverci su qualcosa del genere mi è sembrato inaspettatamente facile per i miei standard. E poi beh, l'idea era
così bella che alla fine l'ho fatto. Ho persino colto
l'occasione per mettere in cattiva luce quel moscerino di Oikawa - che
però porcaccia la miseriaccia, sa rendersi figo in una
maniera inaudita e io mi sono lasciata affascinare come una sanguisuga.
Insomma, il risultato di tutte queste mie acrobazie mentali ha portato
alla stesura di Addiction.
Che ne dite? Giuro, questa OS rappresenta una svolta per me. Mai avrei
immaginato di scrivere una OS yaoi, su una mia notp, con l'avvertimento
Angst (io che sono sempre fluffosissima) e che mi uscisse un
concentrato di "sexual tension" del genere. Perciò tengo
alle vostre recensioni ora come mai prima. Sarebbe meraviglioso
conoscere tutte le vostre opinioni, per vedere se ho fatto davvero quel
passo da piccolo gigante.
Alla prossima! Tornerò presto sul fandom ;)
Eliot
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