Rain.

di Ariadne Taylor
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Rain.

Piove.
Piove, e io sono lì, come un’idiota, seduta sulla panchina del parco, a inzupparmi nel tentativo di affogare i miei pensieri, tutti rivolti a te.
Mi rannicchio per il freddo, poggio la testa sulle ginocchia e chiudo gli occhi.
Passi.
Li sento, sul selciato irregolare e bagnato di quel parco deserto.
Poi, un brivido.
Una mano calda contrasta il freddo della mia schiena nell’istante in cui vi si posa dolcemente.
Alzo il viso, i capelli fradici, le guance rigate di lacrime miste a pioggia.
Un volto. Il tuo volto.
Occhi azzurri, azzurri come l’oceano, profondi, bellissimi.
Mi scrutano.
La fronte coperta dai capelli bagnati; la leggera barba sul tuo viso.
Un sorriso.
Bello, bello come il sole in mezzo a quella pioggia, troppo forte perché l’acqua possa spegnerlo.
Allarghi le braccia, io affondo il viso nel tuo petto, e lo sento.
Il cuore.
Batte, batte come il mio, battono insieme.
Sono stretta a te.
Il tuo abbraccio, saldo, sicuro.
Le tue labbra vagano sulla mia fronte, lasciando piccoli, caldi, innocenti baci.
Alzo lo sguardo, le mie mani accarezzano il tuo viso, le tue il mio.
Stavolta sei tu ad appoggiarti vicino al mio cuore. Lo senti battere, proprio come il tuo.
Le tue mani mi cingono la vita, io passo le mie fra i tuoi capelli e provo a memorizzare il tuo profumo misto a quello della pioggia, il calore del tuo corpo, la sensazione che mi dà il tuo abbraccio.
E mentre termino di costruire questo ricordo, ecco che apro gli occhi.
Lì, stesa sulla panchina del parco, ora scruto il cielo.
Azzurro.
Il sole splende, e lì, dopo quegli alberi, lo vedo: l’arcobaleno.


Dedicato alla mia persona speciale, alla persona che non dimenticherò mai, alla persona che è arrivata come un uragano nella mia vita qualche anno fa, e che me l’ha migliorata, come se l’uragano fosse passato non per distruggere, bensì per mettere a posto ogni cosa. La persona a cui ho scritto questo, e tutto quel diario, cominciato 257 giorni fa.
 




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