Salve
a tutti, sono RedLolly ed eccomi qui con una nuova e delirante
creazione!^^ Durante una tristissima serata di San Valentino mi è
venuto in mente di scrivere questa piccola raccolta che spero
apprezzerete: ogni capitolo sarà incentrato su un personaggio di
Fullmetal Alchemist, e cercherò di dare ad ognuno di loro i tratti
di una malattia psichiatrica (una delle branche mediche che trovo più
interessanti). I racconti saranno tutti scollegati fra loro e
avranno questo unico filo conduttore…
Fatemi
sapere se quest’idea malatissima vi piace, e quali personaggi
vorreste vedere, perché io ho già imbastito alcune storie ma sono
aperta a tutti i vostri suggerimenti!
Le
vostre recensioni mi farebbero immensamente felice!
RedLolly<3
Asylum
I
- Carne che brucia
[Roy
Mustang]
La luce
della luna filtrava delicatamente dalla finestra dell’ufficio. Era
così leggera, così fredda. Era una luce che lui
detestava, eppure non poteva farci nulla. Di giorno c’era troppo
sole, troppa gente che brulicava nell’ufficio, e non aveva avuto
tempo per stare tranquillo, per pensare. No, non era di certo
una persona che amava buttarsi sul lavoro, e difatti non se ne stava
minimamente occupando. Aveva in testa elucubrazioni più pressanti,
il colonnello.
Una notte
come quella gli pareva solo un incubo, con quella luna gelata
(ma perché in quel momento aveva solo quell’aggettivo in testa?),
e la pioggia scrosciante che picchiava sulla finestra. Quello era un
avvenimento decisamente detestabile, sicuramente il più irritante
evento atmosferico che esistesse.
Quel
rumore, quel tic-tic continuo pareva bucargli il cervello! Era
straziante!
Roy
Mustang cercava di mantenere un certo controllo, anche se in quella
stanza era completamente solo. Le dita incrociate davanti al viso, il
volto serio e gli occhi fissi in uno sguardo glaciale, ci stava
mettendo tutto se stesso. Solo i capelli neri scarmigliati tradivano
l’agitazione che lo stava segretamente rodendo.
Era solo,
lui al sicuro nell’ufficio, le gocce d’acqua rimanevano fuori
nonostante provassero in tutti i modi ad entrare, battendo furiose
sui vetri, sua unica protezione. Un sorriso mutò lievemente la sua
espressione: era tutto così sciocco, così insensato. Roy Mustang
non aveva paura di niente, non doveva temere quella pioggia che di
certo non poteva fargli nulla di male. Era vero, spegneva
letteralmente le sue mirabolanti capacità d’alchimista di fuoco,
eppure non avrebbe dovuto temere di uscire in quel modo quella sera.
Pensò
che forse era colpa dell’incidente avvenuto qualche tempo prima,
nel Laboratorio 5. In effetti definirlo incidente era troppo, dato
che per definizione quella parola aveva una connotazione negativa.
No, per Mustang non era andata così male. Sì era ferito gravemente,
aveva sperimentato una sofferenza fisica smodata tanto da perdere la
ragione, mentre quello sciocco di Havoc si era fatto addirittura
spezzare la spina dorsale da quella reietta, quella strega, quella
puttana…
Mustang
scosse la testa, subito pentito di aver fatto quei pensieri sul suo
fidato sottoposto. Jean Havoc non si era certo ferito in quel modo di
sua spontanea volontà, ma era stato quell’Humunculus.
Ecco, gli
era tornata di nuovo in mente, e stava per ricominciare quel circolo
vizioso che lo stava tormentando sempre più spesso senza dargli
pace. La situazione si stava decisamente aggravando.
Sentiva
le mani fremere e formicolare, il sudore caldo colargli sulle tempie
e tra le scapole sotto la divisa.
Era stato
bello, era stato meraviglioso, era stato orgasmico. Una parte di lui
gli ricordava che non doveva dirlo a nessuno, un’altra gli
suggeriva di esplodere, di farlo di nuovo. Gli era piaciuto, eccome
se gli era piaciuto. Ormai sapeva che non poteva negarlo a sé
stesso, la bestia che era in lui poteva assopirsi, ma prima o poi
tornava sempre all’attacco, ed era sempre più feroce.
Stava
rivivendo quegli attimi minuto per minuto, assaporando il tempo che
era scivolato via tra le sue dita. Quante volte le aveva schioccate
quelle dita? Dieci, cento, mille volte? Non se lo ricordava. Quello
che però rammentava benissimo erano le sensazioni che aveva provato,
intense e travolgenti, bollenti e pericolose.
Aveva
avvertito l’odore della pelle di Lust che si ustionava ad ogni
fiammata, e quell’effluvio lo aveva inebriato. Aveva osservato
estasiato il fuoco consumarne le carni in uno spettacolo raggelante e
maestoso, e le sue urla di dolore per le sue orecchie erano solo una
dolce musica. Quello che aveva fatto lo aveva mandato in estasi.
L’Homunculus mozzava il fiato, era bellissima, procace, crudele. La
visione di quel corpo perfetto che bruciava più e più volte era
stato incantevole.
Ormai ne
era consapevole, e l’eccitazione permeava interamente il suo
ricordo. La pioggia poteva infuriarsi e picchiare alla finestra,
tanto lui sarebbe rimasto al sicuro, insieme ai suoi eccitanti
ricordi. Non si vergognava ad ammettere a se stesso che
l’incenerimento di un corpo vivo e pulsante era eccitante quanto il
sesso. Le cose si assomigliavano, le sensazioni di piacere immenso
che provava erano le stesse.
Il
tenente Riza Hawkeye pareva gelida come il ghiaccio, seria e
diligente quando si trovava in servizio, eppure quante volte si era
attardata sotto la medesima scrivania alla quale era seduto ora? La
conosceva bene, pareva coscienziosa e inflessibile solo
all’apparenza. Tutte le sue viscere bruciavano di passione, quando
le intimava quei tipo di ordini. Lei eseguiva tutto con uno sguardo
quasi stizzito, ma alla fine entrambi sapevano che era una specie di
farsa, di protocollo.
Effetti
collaterali dell’essere una donna bellissima e un’amica di lunga
data…
Lei non
era esente dalle sue immaginazioni. Aveva iniziato con quelle
fantasie erotiche e perverse quando lo aveva supplicato di cancellare
i tatuaggi sulla sua schiena, tanti anni prima. All’inizio si era
rifiutato con fermezza, tuttavia quando le sue preghiere
autolesionistiche lo avevano convinto si era ritrovato in paradiso.
Riza
era in ginocchio, urlava e piangeva di dolore, e
Mustang non riusciva a distogliere lo sguardo. La pelle si squagliava
e sfrigolava, i disegni parevano colare via, i muscoli e i tendini
pulsavano di vitalità mentre cercava di resistere a quel dolore
intollerabile. Quel giorno fu come fare l’amore con lei per la
prima volta. Riza Hawkeye era diventata la su bellissima e
personale martire, divorata dalle sue fiamme.
Ogni
volta che ci pensava il suo cuore iniziava a battere forte come un
tamburo, e non c’era verso di farlo smettere. Era una sensazione
malata, disordinata, straordinaria.
Sapeva
che Riza aveva un debole per lui, lo aveva sempre avuto ed era
combattuta tra il suo spiccato senso del dovere e i suoi sentimenti.
Ovviamente non poteva rivelare a quella donna la verità su ciò che
provava quando facevano sesso di nascosto, silenziosi, con quel
brivido che percorreva le loro schiene mentre si gustavano quelle
sensazioni proibite. Alla fine erano semplicemente sveltine,
tuttavia per lui significavano molto di più… E ogni volta avrebbe
voluto bruciarla e consumarla come quella stramaledetta volta dopo la
guerra di Ishval, quella che aveva dato inizio al quel delirio
allucinante! Se lo avesse fatto nuovamente avrebbe anche potuto
ucciderla. Era troppo facile perdere il controllo, ne aveva avuto
prova nel combattimento contro Lust, e Riza era troppo importante per
lui. Se l’avesse ammazzata non avrebbe mai potuto perdonarsi.
Immerso
nei suoi pensieri, Mustang rise di gusto. Se fosse entrato qualcuno
nella stanza lo avrebbe preso per matto, e non avrebbe avuto forse
ragione?
Si
sentiva le guance bollenti, la sua pelle ormai era fradicia e
accaldata, tanto che resisteva a stento dalla voglia di spogliarsi e
di stendersi sul pavimento completamente nudo. Era davvero solo la
possibilità nemmeno troppo remota che qualcuno potesse spiarlo a
farlo desistere. Sapeva perfettamente di non essere ben visto dalle
alte sfere dell’esercito e di potersi fidare solo del suo personale
team… E non era nemmeno sicuro che i suoi devoti sottoposti
potessero capirlo.
Non aveva
mai accennato a niente del genere nemmeno con il povero Maes Hughes
per paura di perdere la sua amicizia… E adesso era morto, quindi al
massimo poteva parlarne con la sua tomba. Quella ferita aveva
decisamente peggiorato le cose all’interno della sua mente, non
poteva farci nulla. La costante sensazione di non avere più nessun
confidente lo torturava nel profondo dell’animo. Nessuno poteva
prendere il posto di Hughes, nemmeno Riza, ma lei era un caso
particolare…
Poi c’era
quell’Edward Elric…
Mustang
si incurvò nella propria sedia, gemendo, mentre il cervello gli
ribolliva nel cranio.
Era un
ragazzo interessante. Non che lo conoscesse benissimo, non avevano
alcun tipo di confidenza al di là dei rapporti lavorativi, ma aveva
visto subito che era una persona sopra le righe ed estremamente
talentuosa come alchimista. Aveva notato che era anche una testa
calda, sfrontato e testardo. Il rispetto non faceva parte delle sue
qualità, però aveva altri assi nella manica: appunto, aveva
un’inclinazione smisurata per l’alchimia rispetto alla sua
giovane età, l’ostinazione nel raggiungimento dei suoi obiettivi,
la lealtà totale verso il suo sfortunato fratello Alphonse... La sua
personalità stuzzicava la mente del colonnello.
Se a
causa di quel suo carattere irruente si fossero scontrati nel giorno
sbagliato, lo avrebbe torturato bruciandolo vivo come aveva fatto con
Lust? No, avrebbe dovuto fare più attenzione, perché lui non
avrebbe avuto tutte quelle possibilità di rinascere.
Nella sua
mente prese forma un’allucinazione paradisiaca: il giovane Edward
cuoceva lentamente nell’armatura del suo stesso fratello,
alimentato dal fuoco alchemico che arroventava il metallo ad ogni
fiammata. Lo immaginava contorcersi senza trovare pace, gridando,
mentre il suo corpo nudo si ustionava.
Quel
pensiero iniziò a tormentarlo, e no, non c’era più traccia di
alcuna lucidità nella sua mente ormai.
La sua
pelle e i suoi capelli inceneriti sarebbero stati una visione
celestiale?
La sua
carne bruciata avrebbe avuto lo stesso splendido odore?
Le sue
urla di dolore lo avrebbero altrettanto entusiasmato?
Mustang
aveva quasi paura di rispondere a quella domanda… Ovviamente sì.
Gli sarebbe piaciuto, e sapendo che carattere aveva quel biondino
impertinente non sarebbe stato nemmeno troppo difficile trovare una
scusa per giocare con lui. L’idea che tutto questo non fosse poi
una teoria così azzardata lo mandava in estasi. Il suo autocontrollo
gli avrebbe impedito di bruciarlo vivo, ma nel fantasticare non c’era
niente di male, vero?
Febbricitante
d’eccitazione, Mustang sollevò la cornetta del telefono appoggiato
sulla scrivania. Sapeva di essere tracciato, e non avrebbe detto
nulla di troppo sconveniente.
Al di là
del filo, una voce femminile assonnata rispose qualche parola poco
comprensibile.
«Tenente,
Hawkeye, sono Mustang. Deve venire nel mio ufficio, qui c’è un
problema grave.»
Certamente
era un problema grave il suo. Era difficile rimanere serio,
sconvolto com’era.
«Colonnello…
Ma sa che or…»
«Certo
che so che ora è, tenente, non mi faccia domande stupide. Venga qui
immediatamente, ho detto. Ho bisogno di lei, non me lo faccia
ripetere.»
«Va
bene, arrivo subito…»
Sarebbe
stata una lunga notte per Mustang, ne era certo.
Nel
frattempo, nel buio della notte, aveva smesso di piovere.
a
Pirofilia:
disturbo psicoaggressivo facente parte delle parafilie,
per
il quale il malato riceve gratificazione di natura sessuale
nell'incendiare qualcosa.
Chi
ne è affetto utilizza il fuoco come mezzo per provare piacere,
in
quanto vedere i risultati dei propri incendi gli provoca una grande
euforia.
Non
sono in genere presenti altri sintomi.
|