Masquerade
- Capitolo quattro -
The heart wants what wants
-
Non credi di essere stato un po’ duro? - L’imperatore sospirò socchiudendo gli
occhi e tendendo le mani strette dietro la schiena. La moglie dietro di lui
sorrise: ormai conosceva troppo bene Charles per non comprendere il linguaggio del
suo corpo. Dentro di lui aveva luogo un conflitto di opinioni. Da una parte era
certo di aver agito nella maniera corretta: suo figlio era un vincitore,
destinato ad essere un grande fra i grandi, esattamente come lui. Ma era ancora
troppo immaturo, troppo legato alle piccole cose per poter rendersi conto che
talvolta era necessario sacrificare certi aspetti della propria vita per poter
ottenere qualcos’altro di più grande, di molto più gratificante. Lelouch invece
era ancora un ragazzino che faceva i capricci perché non gli era dato di
scegliersi la propria moglie e perché non era stato reso primo in linea di
successione.
-
Mio figlio...
-
Nostro figlio. - Lo corresse l’imperatrice. Charles voltò leggermente il
capo per guardare il volto di Marianne sul cui viso era dipinto quel dolce e
innocente sorriso che da sedici anni lo innamorava. Charles era sempre stato un
uomo astuto, in ogni campo. Non aveva mai affrontato studi inerenti alla psiche
umana, in realtà non ne aveva mai avuto bisogno poiché era stata l’esperienza l’università
della sua vita. Aveva imparato a comprendere le persone, era come se fosse
capace di entrare nelle loro menti e leggerne le vere intenzioni; aveva
imparato a distinguere i sorrisi falsi da quelli veri, così come aveva imparato
a difendersi persino dai suoi stessi figli che come avvoltoi lo circondavano e
attendevano cautamente la sua caduta. Aveva imparato che l’amore era solo una
mera illusione, una distrazione; negli anni aveva compreso che non aveva
bisogno di amare, gli bastava distrarsi e divertirsi: era quello il prezzo da
pagare. E in quel modo aveva vissuto per anni, ponendo al primo posto i suoi
sogni e le sue ambizioni, dimenticandosi dei sentimenti e cedendo solo ai
desideri carnali.
Finché
un giorno incrociò i suoi brillanti occhi viola nei quali si perse, ipnotizzato
da quello sguardo dolce quanto profondo.
Marianne
era giovanissima, addirittura qualche anno più giovane del Primo Principe di
Britannia Odysseus e solo qualche mese più grande di Guinevere, sua
secondogenita, e mentre lui aveva già superato i quaranta, lei si addentrava in
quelli che sarebbero divenuti gli anni migliori della sua vita. Poteva davvero
funzionare una relazione simile? Eppure, per quanto lo desiderasse, non
riusciva a dimenticare quegli occhi e quel sorriso che sembravano essere tutto
quello che aveva sempre cercato e che non aveva mai trovato. Che la vita
finalmente gli stesse donando ciò che a lungo aveva intenzionalmente messo da
parte? Il destino stava forse cercando di dirgli “Adesso segui il tuo cuore”?
Non riuscì mai a dare una risposta a tali domande, seppe solo che poco tempo
dopo si trovò a metterle una fede al dito durante quello che fu il matrimonio più
maestoso di tutta Britannia, ma non solo: per dimostrarle il suo amore, Charles
non solo la sposò bensì la fece incoronare come 98esima Imperatrice di
Britannia, onore che aveva conferito solo a cinque delle nove consorti con cui
si era unito in matrimonio. Più avanti inoltre l’agilità e l’abilità nel campo
di battaglia lo portarono a nominarla Sesta fra i Knight of Rounds, titolo che
le durò poco poiché “Marianne il Tuono” divenne rapidamente Knight of Two. Non poteva
negare di provare affetto per tutti i suoi figli, dopotutto erano sangue del
suo sangue. Eppure, forse a causa di quella strana forza, di quello strano
incantesimo che l’esistenza stessa di Marianne esercitava su di lui, gli era
stato impossibile non amare i suoi due ultimi figli, i suoi preferiti, gli
unici fra tutti che avevano goduto della sua presenza ogni giorno.
-
Nostro figlio è un incosciente immaturo. Mi chiedo se non si sia ancora accorto
che fra tutti i suoi fratelli, lui è stato quello più viziato. - L’imperatrice
sorrise e spostò lo sguardo sulla scrivania nella quale vi erano presenti
quattro cornici argentate: nella prima sulla destra vi era una foto che era
stata scattata in occasione della nascita della Principessa Nunnally. Come accadeva
ogni qual volta che nasceva un nuovo Figlio di Britannia, tutti i Principi e le
Principesse Imperiali venivano chiamati alla Reggia Imperiale per conoscere ed
omaggiare l’ultima erede al trono; l’intera Famiglia Imperiale veniva poi
fotografata affinché la foto poi potesse giungere persino negli angoli più
remoti del regno. Marianne aveva sempre creduto che si trattasse di una
gentilezza che la Famiglia Imperiale desiderava fare al suo popolo affinché si
sentissero parte di un’unica grande famiglia ma con la nascita di Lelouch, il
marito si occupò di distruggerle la sua folle illusione:
-
Marianne cara, tu sei proprio una sognatrice! - L’aveva presa in giro, notando
come il figlioletto dormisse sereno nella culla, ignaro del grande peso che già
sopportavano le sue minuscole spalle. - Non credevo fossi così ingenua!
-
Lo prenderò come un complimento mio caro scorbutico marito. - Ribatté lei,
alzandosi dal letto e raggiungendolo. - E’ così bello...
-
E’ la tua fotocopia Marianne, è un colpo basso. - La risata della
Neo-Imperatrice riempì di calore la camera e il cuore dell’uomo che silenzioso
la osservava. - Non riderei tanto se fossi in te, il prossimo lo voglio uguale
a me! - La risata della donna si troncò all’istante e per poco non le andò di
traverso la saliva.
-
I-Il prossimo...?
-
Sì, il nostro prossimo figlio.
-
Charles, amore mio... - Si appoggiò delicatamente al suo braccio, mostrando
l’espressione più dolce che avesse. - Anch’io come te sarei felice di avere un
altro ma... Che ne dici se per quest’anno ci godiamo questo angioletto? Ti
prego, non hai idea di quanto faticoso sia portare in grembo una creatura per
nove mesi e quanto doloroso sia il parto... Sii? - L’uomo sospirò e si annotò
mentalmente di chiamare al più presto il ginecologo della moglie: un altro
figlio poteva aspettare ma di certo non avrebbe resistito un anno senza toccare
la sua splendida compagna.
-
E sia. - Marianne si aggrappò al collo di Charles che dovette appoggiarsi sulla
culla per non perdere l’equilibrio. - Però un simile sforzo va...
-
Va ripagato, lo so amore mio! E tranquillo, non te ne farò pentire nemmeno per
un istante se è questo ciò che ti preoccupa. - I suoi occhi viola si tinsero di
malizia e le mani di Charles si mossero prima di lui: con quella sinistra cinse
la vita della moglie mentre la destra si addentrava rapida fra i suoi capelli; prima
che la mora potesse reagire, il marito la baciò con tutta la passione che aveva
in corpo, odiando la sua natura umana che presto lo avrebbe obbligato a
staccarsi da lei per il bisogno di aria. Ma fu un lamento che divenne
rapidamente un pianto ciò che li obbligò a separarsi prima di quanto avessero
pensato.
-
Angioletto? Forse volevi dire diavoletto! - Asserì vendendola prendendo il
braccio il piccolo Lelouch. - Non so perché ma ho l’impressione che fra tutti i
miei figli sarà lui quello a darmi più problemi! - Marianne rise, cullando il
bambino che non smetteva di piangere.
-
Credo che abbia fame! - Si sedette sul letto e si preparò ad allattare il
figlio ma non senza prima incontrare lo sguardo diversamente affamato del
marito.
-
È uguale a te ma la sua insaziabile voglia di seno l’ha sicuramente ereditata
da me.
-
Charles! - Lo riprese mentre le sue guance iniziavano a prendere un colorito
roseo. - Puoi girarti per favore? Così mi fai sentire in imbarazzo... - L’imperatore
sospirò e si diresse alla finestra, osservando con occhio attento i preparativi
per il ricevimento che avrebbero presieduto da lì a pochi giorni. - Perché poco
fa mi hai chiamato ingenua? - La domanda colse di sorpresa l’uomo che dovette
concentrarsi per capire a cosa si riferisse.
-
Perché lo sei.
-
Charles...
-
Mia cara, solo tu puoi credere davvero che l’obiettivo di una simile cerimonia
e rendere il tutto pubblico sia per far sentire il popolo parte di questa
famiglia!
-
E quale sarebbe quello vero? - L’imperatore ghignò e, ruotando leggermente il
capo, guardò la moglie con la coda dell’occhio.
-
Assicurarmi che il popolo abbia ben chiaro chi è che governa questo Impero e
che abbiano ben chiaro quale è il loro posto. - Il tono freddo e crudele con il
quale aveva parlato Charles spiazzò per un attimo Marianne che cercò di
mantenere indifferente la sua espressione, senza essersi resa conto di aver
inconsciamente stretto più a se il figlioletto. - Se mi mantenessi distaccato
il popolo finirebbe per odiarmi ma se c’è qualcosa che ho imparato è che non è
l’amore che rende schiavi, bensì l’adorazione. Domani possono anche odiarmi
perché alzo le tasse ma continueranno ad adorarmi per l’immagine che hanno di
me, perché dopotutto sentono di far parte di una favola nella quale
l’Imperatore è un uomo che come tutti ama, s’innamora e talvolta fallisce come
lo dimostrano i miei precedenti matrimoni. Ma come padre sono un padre
impeccabile ed è su questo che la mia immagine fa leva: non sono solo il padre
dei miei figli, bensì di tutto il mio popolo. Finché mi crederanno il loro
padre protettore ed onnipotente, niente e nessuno potrà distruggere il mio
Impero. - Charles si voltò completamente e spostando lo sguardo verso il
figlioletto, rise. - Tu guarda, si vede che i miei discorsi lo annoiano! - Le
parole del marito avevano pietrificato Marianne che lentamente abbassò lo
sguardo e notò il piccolo Lelouch addormentato con una delle sue piccole mani
appoggiate al suo seno. Sentì il materasso appesantirsi e notò come quell’uomo,
che fino a qualche istante prima aveva parlato in modo insensibile dei suoi figli
e del suo popolo, ora la guardasse con occhi pieni d’amore ed adorazione.
-
Non avere timore. Mio figlio...
-
Nostro figlio. - Lo corresse dolcemente lei per la prima volta, conscia
di quale sarebbe stato il suo ruolo da quel momento in avanti. - I tuoi figli
saranno sempre i benvenuti e li tratterò come se fossero i miei, inoltre molti
di loro sono davvero delle splendide persone. - Si avvicinò piano al volto
dell’imperatore facendo attenzione a non svegliare il principino, quello stesso
principino che lei stessa ora si sarebbe occupata di difendere e di assicurarsi
che non venisse distrutto dalla sete di potere del padre, quello stesso
principino che un giorno avrebbe fatto sedere sul trono di Britannia. Se c’era
qualcosa che Charles le aveva insegnato era che non era l’amore che rende
schiavi bensì l’adorazione e lei aveva tutta l’adorazione dell’uomo più potente
e pericoloso di Britannia; finché avesse giocato bene le sue carte, suo figlio
era al sicuro. Accarezzò la guancia del marito e lo guardò con tutto l’amore
che aveva in corpo, con tutto l’amore di madre che da quel giorno in poi
sarebbe stato l’unico vero ed eterno amore che avrebbe potuto provare: - Ma nostro
figlio, amore mio, è il prodotto del nostro eterno ed indistruttibile amore.
Non è solo tuo, è nostro.
Sedici
anni dopo, guardando l’ultima foto della Famiglia Imperiale, Marianne non poté
evitare di sorridere, sentendosi orgogliosa di se stessa vedendo le altre tre
cornici poste al centro della scrivania: in mezzo alle due cornici vi era una
sua foto mentre nelle altre due vi erano Nunnally e Lelouch. Charles non era
mai stato un tipo molto legato alla famiglia, aveva sempre e solo tenuto la
foto dell’intera Famiglia Imperiale all’angolo sinistro della sua scrivania,
lontana dalla sua vista ma Marianne si era occupata personalmente di far sì che
l’Imperatore desiderasse avere le loro singole foto al centro della scrivania
affinché fosse chiaro a tutti chi erano le persone a lui più a cuore.
Marianne
amava Charles. Si era veramente innamorata a prima vista del suo portamento,
della sua imponenza, di quei folti e lunghi capelli castani che aveva pregato
affinché la sua bellissima Nunnally ereditasse; si era innamorata del rispetto
che tutti provavano nei suoi confronti e ancora di più l’aveva fatta innamorare
il fatto che quell’uomo, da tutti così venerato, venerasse solo lei. Tuttavia,
forse troppo giovane ed inesperta, forse troppo sognatrice ed idealista, forse
troppo occupata a credere di essere la protagonista di una fiaba, non aveva visto
aldilà del suo cuore chi era davvero Charles Di Britannia. Troppo tardi si era
resa conto della vera natura del marito, troppo tardi aveva percepito la
malvagità che si annidava negli occhi di molti dei suoi figli, troppo tardi
aveva scoperto che forse più pericoloso dello stesso Charles vi era il suo
terzo figlio, Schneizel El Britannia, il giovane che a lungo Marianne aveva
erroneamente creduto fra tutti quello con il cuore più puro. Ormai non poteva
più tirarsi indietro e così aveva lentamente lasciato da parte la sua natura
innocente e sognatrice che ormai era divenuta solo una copertura, mentre il suo
vero io cambiava giorno dopo giorno, trasformandosi da un cucciolo in una iena
feroce, pronta ad uccidere per i propri figli, quegli stessi figli che erano
stati la forza che l’avevano spinta a scendere in battaglia e combattere fino a
diventare Knight of Two. Sì, Marianne amava Charles.
Ma
amava di più i suoi figli.
-
Stai forse insinuando che lo abbiamo viziato troppo?
-
Vorrai dire che tu l’hai viziato troppo, Marianne. - La donna rise, gli occhi
fissi sulla foto del loro primogenito.
-
Non ho mai acconsentito a qualcosa a cui nemmeno tu fossi stato d’accordo,
perciò caro mio la colpa è di entrambi! - Sentì il marito sospirare nuovamente
e lo vide avvicinarsi a lei.
-
Ora non ha importanza di chi sia la colpa, bensì cercare di fargli comprendere
che lui è il Principe di Britannia e come tale ha dei doveri a cui non può
venire meno.
-
Sono d’accordo. - Mentì. - Tuttavia Charles, hai mai pensato a cosa potrebbe
accadere se nostro figlio si innamorasse di qualcun'altra prima di giungere
all’altare con la giovane Fenette? - Gli chiese, decisa a capire perché fosse
così restio ad assolvere il fidanzamento di Lelouch con l’amica d’infanzia. Non
sentendo alcuna risposta da parte sua, Marianne insistette. - Charles?
-
Ci ho pensato Marianne. Ci ho pensato. - Dal tono di voce l’imperatrice capì
che stesse dicendo la verità. - Tuttavia preferisco che soffra e in qualche
modo convinca la mal fortunata ad essere solo la sua amante piuttosto che debba
soffrire sulle sue spalle il peso di una morte. - La donna si spaventò ma
nascose il timore dietro una solida maschera di calma.
-
Morte? - Il marito annuì per poi scuotere leggermente la testa.
-
Quella ragazza, Shirley Fenette... Notando l’astio di Lelouch nei suoi
confronti una volta provai a parlare con i Fenette di una possibile sospensione
del fidanzamento. Dissi loro che non riguardava il fatto che non considerassi
la loro figlia degna del nostro, semplicemente che non trovavo giusto che i
ragazzi crescessero con l’obbligazione di amarsi. Spinsi sulla questione che
semmai crescendo Shirley si fosse innamorata di un altro ragazzo, era libera di
essere felice e di non sentirsi necessariamente legata a Lelouch e prendendola
su questo punto di vista i Fenette accettarono. Ma quando glielo commentarono
alla ragazza... Shirley tentò il suicidio.
-
Cosa?! Ma non è possibile! - Urlò Marianne, scossa da una simile rivelazione.
Quando era avvenuto tutto questo? E perché lei non ne era venuta a conoscenza?
-
A quanto pare le sue esatte parole furono “Per quante volte possa rinascere,
ormai sono sicura che mi innamorerei ancora e ancora di lui. È questo il mio
destino. Non lo pensate anche voi?” - Rimasero in silenzio per molto tempo,
Charles ricordando la voce rotta in pianto dell’amico che lo implorava di
ristabilire il fidanzamento e Marianne che cercava di realizzare il fatto,
comprendendo come Charles in realtà stesse salvando Lelouch da qualcosa di più
grave; tuttavia c’era qualcosa che la spaventava ancora di più.
-
Charles... Che cosa accadrebbe se fosse Lelouch ad uccidere Shirley? - L’uomo
sospirò, per niente sorpreso, quasi come se lui stesso avesse già contemplato
una simile idea.
-
Nostro figlio è furbo quanto capriccioso ma non credo sia capace di una simile
azione.
-
Nemmeno io credo che nostro figlio sia un assassino. - Chiarì. - Ma Charles, se
Lelouch dovesse innamorarsi per davvero e se la ragazza in questione non
accettasse di essere semplicemente un’amante... Io non sono sicura di come potrebbe
reagire nostro figlio. - Si avvicinò nuovamente alla scrivania e sfiorò con le
dita la foto di Lelouch, cercando il modo per poter salvare il figlio da una
simile situazione.
-
Purtroppo è una cosa che avevo contemplato anch’io. Nonostante ciò non credo
che Lelouch possa mai giungere a una simile decisione, sarà anche arrogante e
viziato ma è sempre nostro figlio, Marianne. - Cercò di rincuorarla,
stringendole leggermente le spalle. - E poi non è detto che si innamori, così
come ha impostato il suo carattere ed il suo modo di fare, dubito seriamente
che una signorina decente e di buona famiglia possa interessarsi a lui sapendo
che è già fidanzato. E’ sempre meglio essere una moglie di un Duca che l’amante
senza pretese di un Principe Imperiale. Inoltre, essendo che adesso è troppo
preso dalle sue scappatelle, nemmeno lui smetterà di godersi la vita da Playboy
per rispettare una sola donna. E’ giovane, ha gli ormoni alle stelle, non
abbiamo nulla di cui preoccuparci! - L’imperatrice si limitò a sorridere,
preoccupata per la sorte di quel figlio che non era riuscita a proteggere come
aveva desiderato. Charles le alzò delicatamente il mento, obbligandola a
incontrare il suo sguardo.
-
Sono solo un po’ preoccupata, tutto qui.
-
Marianne, cara mia, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Dai miei altri figli me
lo potrei anche aspettare ma non da Lelouch, non da qualcuno che ha avuto una
madre come te. Credimi Marianne, sono certo che non arriverebbe mai a tanto! - La
moglie annuì e gli sorrise fiduciosa, indossando quella maschera che aveva
imparato a portare come una seconda pelle, quella maschera che era capace di camuffare
persino le sue paure più grandi.
Era
proprio perché Lelouch era figlio suo, era proprio perché lei stessa l’aveva
cresciuto che aveva timore di ciò che sarebbe potuto avvenire semmai il giovane
Principe di Britannia si fosse innamorato.
-
Dato che oggi siete stati particolarmente diligenti durante questa lezione, ho
deciso di premiarvi e dedicare gli ultimi 10 minuti dell’ora per analizzare una
frase di Emily Dickinson. A voi ragazze in particolare farà molto piacere! -
Lelouch sbuffò, annoiato in anticipo per quello che sarebbe venuto: se sarebbe
piaciuto alle sue compagne ciò significava che si trattava di una qualche
stupida frase romantica alla Romeo e Giulietta che di certo quella mattina non
aveva voglia di sorbirsi. Chi invece sarebbe stato interessatissimo
all’argomento era senza dubbio Suzaku, tuttavia l’aveva visto abbastanza
irrequieto, non ricordava di averlo mai visto così dai tempi della Ribellione.
-
“The heart wants what it wants – or else it does not care.” Il
cuore vuole ciò che vuole, il resto non gli importa. Questo scrive la giovane e
innamorata Emily Dickinson in una lettera subito dopo la partenza del suo
amato. Una frase semplice quanto piena di significato. Qualcuno di voi se la
sente di provare? - Una ragazza alzò la mano e il professore la invitò a
parlare.
-
Credo che forse faccia riferimento a quei casi in cui sai che quell’amore è impossibile
ma comunque non riesci a capacitartene. Quegli amori che o per la distanza, o
per questioni di rango sociale oppure anche se non sei corrisposto, non possono
compiersi. In pratica sono amori destinati a rimanere platonici. In questo caso
per esempio il giovane era partito e probabilmente non sarebbe mai più tornato...
Nonostante questo però lei non avrebbe mai smesso di amarlo. E proprio perché
“Il cuore vuole ciò che vuole” di tutti gli ostacoli il cuore non s’importa, il
cuore ama e basta. - Shirley, la quale per tutta la lezione era stata
particolarmente tranquilla, strinse le mani e guardò in direzione di Lelouch,
percependo fin troppo il significato di quelle parole. Suzaku dal canto suo si
limitò ad abbassare gli occhi mentre il compagno di banco, visibilmente
annoiato, alzò gli occhi al cielo: altro che premio, quello era un castigo! Si
guardò intorno e notò un Rivaltz sorridente ad occhi chiusi, probabilmente in
quel momento stava pensando ad una biondina che conoscevano fin troppo bene; tutt’altra
espressione era quella di Kallen che invece sembrava turbata e confusa. Voltò
leggermente il capo e si soprese nel vedere il volto indifferente di C.C.:
dopotutto era pur sempre una ragazza, possibile che nemmeno queste cose
smuovessero un po’ il suo cuore?
-
Esattamente Higurashi, questa frase risponde proprio alla logica che in amore
si ascolta solo il proprio cuore, cuore che non conosce obiezioni e che prende
il sopravvento persino sulla ragione. Ma quindi secondo voi, ed è proprio qui
che volevo arrivare, questo ragionamento è giusto? E’ giusto fare di tutto per
seguire egoisticamente il proprio cuore? O vi è un limite che persino per il
cuore è insuperabile? Possiamo davvero giustificare con il cuore tutto il bene
o il male che possiamo compiere per amo...
-
Sì! Sì perché l’amore non può essere egoista! - Il professore sobbalzò
leggermente dinnanzi all’improvvisa interruzione. - Sì perché ciò che si fa per
amore non può mai essere male! L’amore è una cosa splendida, senza amore non
avrebbe nemmeno senso vivere! - Continuò ad urlare la ragazza che abbassò la
testa e strinse i pugni sul banco mentre cercava di contenere le lacrime. -
L’amore è... Un sentimento splendido... Non può essere mai cattivo p-perché l-l’amore
è... L’amore è per sua natura buono... N-non... - Prima che potesse finire la
frase, la nuotatrice dai lunghi capelli arancioni corse via dall’aula,
lasciando la classe in uno stato di shock. Qualche istante dopo suonò la
campanella e i ragazzi furono liberi di andare.
-
Che Shirley ti ami più di se stessa non c’è dubbio! Ma sul fatto che sia
completamente normale invece qualche dubbio ce l’avrei! - Commentò Rivaltz
appoggiando una mano sulla spalla di Lelouch che prontamente gliela tolse.
-
Invece di parlare di queste stupidaggini... Suzaku, perché non ci dici cos’hai?
È tutta la mattina che hai una faccia... - Il giapponese, troppo preso dai suoi
pensieri, non sentì l’amico e si voltò invece in direzione del banco di C.C.
che trovò vuoto. Rivaltz seguì il suo sguardo e, ignaro della verità dei fatti,
sorrise maliziosamente e mise un braccio intorno al collo del castano.
-
Hai capito il nostro Suzaku! E così la nuova arrivata ha attirato la tua
attenzione! D’altronde come darti torto!
-
Fra tutte proprio quella? Tsk. Mi domando cosa ne penserebbe la mia sorellina,
la principessina Euphie...
-
N-no! Vi state sbagliando! - Urlò Suzaku alzandosi rapidamente dalla sedia. -
Lelouch sai bene che non potrei mai...
-
Sì sì sì, lo so! - Lo fermò con un gesto della mano e gli occhi rivolti verso il
cielo. - So bene che piuttosto che ferire Euphemia ti faresti amputare tutte e
due le braccia, cosa mica da poco per un Cavaliere se posso aggiungere. - Il
giovane in questione sospirò, felice di aver usurpato sul nascere simili
dicerie.
-
Lelouch non credi sia il caso di...
-
Non cambiare argomento Suzaku. - Lo interruppe subito il principe. - Non ti ho
mai visto distratto a lezione se non per le rare volte in cui hai bisticciato
con mia sorella, eppure sono certo che fra te e Euphie vada tutto bene quindi
dimmi, cos’è che ti turba tanto? - Guardò dritto negli occhi l’amico con una
serietà tale da incutere autorità. Buffo come qualcuno che odiasse così fortemente
il padre, nonostante gli occhi fossero innegabilmente quelli della madre, ne avesse
ereditato le espressioni e persino lo sguardo. Lo sguardo era così duro e
imponente che per un momento Suzaku sentì di essere tornato il bambino che
vedeva l’Imperatore di Britannia come un gigante intoccabile; eppure, se
osservati bene, quegli occhi ametista nascondevano un velo di gentilezza e
dolcezza, quella dolcezza e gentilezza che erano invece stati un tempo costanti
negli occhi azzurri di Nunnally, caratteristiche che, otto anni dopo lo
sfortunato incidente, ancora non avevano abbandonato il cuore dell’ultima
Principessa di Britannia. Tratti che a loro volta, in un lontano passato, erano
appartenuti anche a Lelouch ma che Charles, con la sua autorità e la sua
prepotenza, aveva lentamente cancellato.
-
Non è nulla di che ragazzi, scusatemi! È solo che stamattina ho avuto una
piccola discussione con mio padre e... - Sentì una mano sulla spalla e si
voltò.
-
Tranquillo amico, non c’è bisogno che tu aggiunga altro! - Gli disse Rivaltz
mostrandogli un sorriso a trentadue denti.
-
Qualsiasi cosa sia non farci caso. - Intervenne Lelouch alzandosi a sua volta. -
Sono solo dei vecchi folli. - Suzaku annuì e, assicurandosi di aver nascosto in
un angolo remoto del cervello la crescente preoccupazione che aveva fatto
nascere in lui C.C., si diresse con gli amici alla mensa.
L’Ashford
Academy era indubbiamente la miglior scuola superiore di tutto l’Impero di
Britannia. Le strutture erano conformi alle leggi, altamente modernizzate, non
vi era un solo fiore appassito né vi circolava un insetto in più di quello che
non fosse necessario per il ciclo della natura stessa. La retta in un posto
simile quindi non poteva che essere salata, salatissima essendo che funzionava
proprio come un’università: essa era proporzionale al guadagno totale di
ciascuna famiglia e, considerando il fatto che la maggior parte degli alunni se
non tutti, salvo il caso delle borse di studio, erano figli di gente che poteva
permettersi di possedere una macchina diversa per ogni giorno dell’anno, era
inevitabile immaginare quanto potesse essere elevato il guadagno totale della
scuola. Dunque, se l’Ashford Academy guadagnava davvero così tanti soldi, C.C.
si chiese come fosse possibile che in un simile istituto la pizza servita alla
mensa fosse di una qualità altamente scadente. Inizialmente aveva creduto fosse
perché aveva scelto la pizza sbagliata - d’altronde i funghi non le erano mai
piaciuti ma aveva erroneamente creduto che forse sulla pizza avrebbero potuto
avere tutt’altro sapore - ma si rese ben presto conto che non era la farcitura
ad essere sbagliata bensì la base stessa della pizza ad essere sgradevole. Non
che fosse vomitevole, d’altronde nessuna pizza di per se avrebbe mai potuto
esserlo. Non chiedeva nemmeno che fosse al livello di Pizza Hut, anche se di
certo un simile fatto non le avrebbe dispiaciuto, ma che fosse allo stesso
livello se non inferiore a quello di una pizza surgelata... Una simile cosa (e
pizza) non poteva proprio mandarla giù! Si domandò se Pizza Hut avrebbe potuto
farle uno sconto speciale; forse era il caso di rivolgersi direttamente al
direttore per avere una specie di abbonamento personalizzato, dopotutto sicuramente
circa il 50% dell’utile di Pizza Hut proveniva dalla sua insaziabile voglia di
quella meravigliosa leccornia. Sconfortata spinse via il rimanente trancio di
pizza, decisa ad andarsene per respirare un po’ d’aria fresca e godersi un po’
di solitudine.
-
C.C.! - Probabilmente la solitudine avrebbe dovuto attendere. Alzò lo sguardo e
incontrò il viso sorridente di Milly mentre dietro di lei Nina si limitò a
farle un cenno con il capo, troppo timida per parlare. - Possiamo? - Vedendo
C.C. annuire le ragazze presero posto. - Ah, vedo che il mio istinto ieri
allora non ha sbagliato! - Non capendo a cosa facesse riferimento, la giovane
si limitò ad alzare un sopracciglio. - La pizza! Allora è vero che sei una
pizza-nomane! - C.C. strabuzzò gli occhi, chiedendosi perché non ci avesse
pensato prima.
-
Presidentessa, c’è una questione di assoluta importanza che merita di venir
ascoltata! - Le disse C.C. più seria che mai.
-
Dimmi, dimmi! Di che si tratta? - Rispose entusiasta la biondina.
-
La pizza.
-
Uh? La pizza?
-
La pizza!
-
La pizza nel senso… La pizza?
-
Esattamente, la pizza! - L’altra compagna osservò in silenzio l’interazione e
si chiese se Milly avesse finalmente trovato una persona all’altezza delle sue
stranezze. - La pizza dell’Ashford Academy è...
-
Deliziosa? - C.C. scosse con forza la testa e, assumendo lo sguardo più
disperato che conoscesse, proseguì.
-
Disgustosa! Presidentessa non possiamo permettere che il sapore della pizza
venga così sminuito, l’Ashford Academy potrebbe avere una perdita di prestigio
solo per questo! - Al lato destro della bionda, Nina si domandò se davvero la
presidentessa si sarebbe occupata di una simile futile questione. Volevano
davvero parlare di cose che non funzionavano alla Ashford? Potevano iniziare
con i laboratori di scienze ad esempio, non ve ne erano a sufficienza! E non
erano a prova di tutto ciò che sarebbe potuto accadere durante una
sperimentazione! Alunni come lei, amanti della scienza e della tecnologia, dove
avrebbero potuto dar vita a tutto il loro ingegno se non nell’istituto
scolastico? Certamente la pizza non poteva essere un argomento di grande peso,
dopotutto era solo pizza.
-
Hai ragione! Pensa se venissero degli infiltrati per poter testare la scuola
dall’interno e si ritrovassero un qualità scadente di pizza... Io, Milly
Ashford, non lo posso permettere!
-
Presidentessa! - Cercò di richiamarla la giovane Einstein, ormai invano.
-
Presidentessa, si può sapere che hai in mente ora?
-
Lelouch! Suzaku! Rivaltz! - Li salutò energicamente Milly. - Siete arrivati
giusto in tempo! Sedete, sedete! - C.C., seppur fosse felice di essere riuscita
ottenere così facilmente ciò che voleva, non poté evitare di lanciare un rapido
sguardo ai ragazzi ed incontrando gli occhi verdi di Suzaku, per un instante
sorrise maliziosa per poi tornare con gli occhi sulla biondina. Lo scambio di
occhiate non passò inosservato a Lelouch il quale si domandò che strana
connessione vi fosse mai tra quei due, troppo opposti per avere in comune
persino l’aria che respiravano.
-
C.C. ha messo in risalto un problema di grande importanza che fino ad ora
nessuno di noi aveva toccato ma che credo sia giunto il momento di affrontare.
La pizza!
-
La pizza? - Chiesero all’unisono i ragazzi.
-
La pizza. - Ribadì C.C.
-
Perché non fate altro che parlare di pizza?
-
Ah, Kallen! Eccoti qui finalmente! Ora mancano solo Nunnally e Sayoko e...
-
Veramente noi siamo proprio dietro di te, presidentessa! - Si fece sentire la
voce sottile e divertita della giovane principessa la cui carrozzina venne messa
al fianco di C.C.; Lelouch, non comprendendo perché Sayoko avesse seduto la
sorella così lontana da lui, fece per alzarsi ma una mano lo fermò.
-
E’ stata la signorina Nunnally a chiedermi di potersi sedere di fianco alla
nuova arrivata. A quanto pare desidera conoscerla un po’ di più. - Il giovane allora
annuì seppur non riuscisse a capire cosa Nunnally potesse trovare di interessante
in C.C.; in fondo però sapeva di non aver nulla di cui preoccuparsi: la ragazza
dai lunghi capelli verdi non avrebbe mai fatto sentire la sua sorellina come
una “ragazza speciale”, aveva chiarito sin da subito di odiare simili
ipocrisie, ipocrisie dalle quali purtroppo Nunnally era costantemente
circondata. Forse, finché si trattasse di fugaci momenti come questi, la
compagnia di una persona sincera era proprio quello che le serviva.
-
Bene! Ora che ci siete tutti... No, un momento! Dov’è Shirley?
-
Non hai sabudo? - Le domandò Rivaltz intento a mangiare il suo panino con la
salamella.
-
Saputo cosa?
-
Shirley ha avuto un momento emotivo in classe. - La informò Kallen mentre
apriva la sua bottiglietta d’acqua. - Il professore ha fatto una domanda su
cosa sia giusto o meno in amore e lei si è lasciata un po’ prendere.
-
Un po’?! Un po’ tanto direi!
-
Rivaltz... - Lo rimproverò Suzaku.
-
Che c’è? E’ vero!
-
Mmhh... Lelouch? - Il giovane, che fino a quel momento aveva intenzionalmente
mantenuto il silenzio, si portò alle labbra un pezzo di sushi e assunse uno
sguardo annoiato. – Non dovresti essere andato a cercarla? - Fece spallucce e,
desideroso che la conversazione morisse senza che lui facesse alcun intervento,
mangiò un altro boccone.
-
Presidentessa, sai bene che rivolgersi a Lelouch per queste cose è inutile! -
Fece notare Suzaku anche se il tono di rimprovero da lui utilizzato non passò
inosservato da Lelouch che optò per fare finta di niente.
-
Non sarebbe il caso che qualcuno la andasse a cercare? Probabilmente in questo
momento ha bisogno di qualcuno che la conforti...
-
Nunnally ha ragione! - Milly si alzò e, toccando contemporaneamente le spalle
di Kallen e Nina, salutò i compagni. - Kallen, Nina voi venite con me!
-
Eh? Ma io mi sono appena seduta! - Le proteste della rossa rimasero del tutto inudite
dalla presidentessa che iniziò a tirarla dai polsi.
-
Rimandiamo la questione all’incontro di questo pomeriggio! A più tardi! - C.C.
si sentì felice di non essere stata scelta per seguire Milly; dopotutto lei,
che da fin troppo tempo aveva conosciuto la crudeltà del mondo e il lato
malvagio, sporco e sadico dell’amore, cosa avrebbe potuto dire a una ragazza
come Shirley Fenette? Una ragazza che ancora credeva nelle fiabe e che era lei
stessa protagonista di una di queste, di certo non sarebbe mai stata in grado
di comprendere le sue parole.
-
Ah, che sbadata! Non ho ancora finito il compito di letteratura! - La voce
preoccupata di Nunnally risuonò per tutta la tavola. - Scusatemi ma devo andare!
- Contemporaneamente a Sayoko si alzò anche C.C., decisa a gustarsi un po’
della sua adorata solitudine. - Anche tu hai un compito da finire? - La giovane
scosse la testa.
-
No, però stavo per andare a prendere una boccata d’aria fresca.
-
Ah, allora la strada è pressappoco la stessa! - Riferì Sayoko, al che C.C.
annuì e affiancò Nunnally.
-
Ciao a tutti, ci vediamo questo pomeriggio! - C.C., a differenza di Nunnally,
si limitò a salutare i ragazzi con un rapido quanto svogliato gesto della mano.
-
A quanto pare è davvero una di poche parole! - Constatò Rivaltz vedendo le tre
giovani uscire dalla mensa. Rimasero in silenzio per alcuni secondi finché
Lelouch si alzò dal tavolo.
-
Non starai andando a fumare spero!
-
E invece speri male Suzaku perché è proprio quello che ho intenzione di fare. -
Rispose, prendendo una sigaretta.
-
Almeno poi valla a cercare Shirley! - Cercò di convincerlo il giapponese anche
se sapeva bene che non l’avrebbe fatto. - Sono serio Lelouch, vai da lei! Ne ha
bisogno! - Il ragazzo, ormai a pochi passi dall’uscita, rimase di spalle e si
limitò ad annuire e a salutare gli amici con una mano.
-
...Io invece ho bisogno di non vederla. - Mormorò aprendo la porta e
dirigendosi verso le scale.
C.C.
aveva sempre creduto che ci fosse qualcosa che non andasse in lei e ora ne era
più che certa: che differenza c’era fra prendere un po’ d’aria seduta su una
panchina e prendere un po’ d’aria seduta in un angolino buio della terrazza
della scuola? Forse un qualsiasi essere umano normale avrebbe preferito la
panchina, eppure lei sin da subito si era sentita profondamente legata a
quell’angolino buio che l’aveva ospitata durante la pausa pranzo del primo
giorno di scuola. Ricordava ancora la dolce brezza estiva accarezzarle
delicatamente le guance e farle svolazzare leggermente i capelli, ricordava
ancora il profumo limpido dell’aria e il meraviglioso silenzio che l’aveva
avvolta, cullandola come una madre amorevole fa con il proprio bambino. Chissà
se anche oggi avrebbe rivisto quelle stesse nuvole che il giorno prima
l’avevano ipnotizzata, facendole sperare per un istante che qualcosa o qualcuno
potesse udirla, comprenderla e consolarla in silenzio. Salì l’ultimo gradino e
sorrise in anticipo, felice di poter dedicarsi a se stessa per un momento della
giornata. Aprì la porta scorrevole e inspirò tutta l’aria che i suoi polmoni
potessero contenere: era piacevole, fresca, limpida. Alcuni istanti dopo
tuttavia sbarrò gli occhi, avvertendo la presenza di un odore familiare quanto spiacevole:
fumo. No, non poteva essere. Di certo, fra tutti i posti presenti all’Ashford
Academy, sicuramente lei non avrebbe avuto la sfortuna di fare due volte lo
stesso incontro... Vero?
-
Che cosa ci fai qui? - Eppure avrebbe dovuto saperlo che lei era nata baciata
dalla sfortuna. Mantenendo la sua postura e la sua solita espressione, la
ragazza lanciò uno sguardo sulla sigaretta del compagno. Combo! A quanto
pare aveva appena iniziato a fumare. Quando si dice di male in peggio...
-
Che cosa ci fai tu qua? - Controbatté C.C. - La scuola è piena di posti dove
fumare, non puoi andare da un’altra parte?
-
E perché non vai via tu? Sono arrivato prima io.
-
Sei proprio un bambino viziato.
-
Veramente sei più viziata tu che credi di poter ottenere sempre quello che
vuoi. - Ribadì, ricevendo un’occhiataccia alla quale semplicemente rispose con
un ghigno: finalmente era riuscita a zittirla. Anche se la gloria gli durò
poco.
-
Lo sai che la tua fidanzatina ti sta cercando disperatamente? L’ho incrociata
proprio salendo qui. - Le parole di C.C. bloccarono il giovane. - Mi ha chiesto
se per caso sapessi dove fosse il suo adorato Lelouch e le ho risposto di no perché
ovviamente non lo sapevo. Pensa che stava per salire con me ma le ho assicurato
che qui non potevi essere perché ci ero appena stata io e che ero scesa solo per
un andare un attimo in bagno. - Sedendosi nello stesso angolino buio del giorno
prima, la ragazza appoggiò il capo all’indietro e chiuse gli occhi, assaporando
il silenzio che sarebbe seguito da lì a poco. - Non ci metto niente a scendere
e dirle che mi ero sbagliata. - Lelouch strinse i pugni e digrignò i denti ma
non si rese conto di aver esercitato troppa pressione sulla sigaretta che, a
causa del suo morso, si spezzò.
-
Dannazione!
-
Tu guarda, il karma. - Sogghignò a voce bassa C.C. ma non bassa abbastanza da
non venir udita.
-
Taci! - Ringhiò lui, chiedendosi se fosse il caso di accendere un’altra
sigaretta: se ne avesse acceso un’altra C.C. sarebbe sicuramente scesa ad
avvisare Shirley, ma se fosse sceso per andare a fumare da un’altra parte
Shirley l’avrebbe sicuramente trovato. In ogni caso ne usciva perdente, era incastrato
in un vicolo cieco.
-
Se fumo qui chiamerai Shirley, se scendo è sicuro come l’oro che me la trovo
davanti. Non è uno scambio equivalente.
-
Non ho detto che te ne devi andare, ti ho chiesto solo di non fumare.
-
Uh? - Vide la ragazza aprire gli occhi e guardare intensamente il cielo.
-
Sei lento quanto Romeo. - Constatò, abbassando il capo e guardando negli occhi
Lelouch prima di richiuderli qualche istante dopo. - Ho detto che puoi
nasconderti qui dalla tua Giulietta, non mi fa alcuna differenza che tu ci sia
o no. Solo non fumare, io detesto il fumo, specie quello della marca che compri
tu. - Convenendo che il fatto di dover trascorrere insieme a C.C. i restanti
quindici minuti della pausa pranzo fosse comunque una tortura minore rispetto a
quella di doversi sorbire gli stupidi e noiosi discorsi di Shirley sulla loro
relazione, Lelouch sospirò e alzò lo sguardo verso il cielo. Alcuni istanti
dopo sentì il respiro della giovane farsi più stabili e profondi e si voltò
nella sua direzione: due lunghe ciocche lisce ne contornavano il viso e adornavano
la divisa risaltandone i colori mentre il verde dei suoi capelli si stagliava
sul bianco perla della sua pelle; le labbra erano di un rosa chiaro ma pallido
e a differenza di Shirley che aveva sempre il rossetto o il gloss, C.C.
sembrava non essere una grande fanatica del trucco di cui ne aveva pochissime
dosi sugli occhi. Per la prima volta in due giorni riusciva a vedere
un’espressione diversa dalla sua costante maschera d’indifferenza: la pace. Non
era sicuro se si fosse addormentata o se semplicemente si fosse lasciata
andare, l’unica cosa di cui era certo era che in quel momento C.C. era serena,
libera da quella maschera opprimente con cui l’aveva conosciuta. Chiunque
l’avesse vista in quello stato avrebbe potuto pensare che la compagna fosse una
dolce ed innocente ragazza e non la C.C. scaltra, maliziosa e manipolatrice che
si era mostrata sino a quel momento. Era bianca come la neve, eppure piuttosto
che la principessa delle fiabe, C.C. sembrava più una strega che una damigella
in difficoltà: ma era una strega buona, la cui pelle bianca come la neve
sembrava un invito ad assaggiarla e le cui mani sembravano nascondere il tocco
magico della felicità eterna. Curioso, si avvicinò piano e ad alcuni metri da
lei si abbassò su un ginocchio: c’era qualcosa di magico, uno strano
incantesimo, una maledizione che tuttavia sapeva di benedizione. Sorrise,
chiedendosi come potesse un simile viso nascondere due personalità così opposte
e contrastanti. Era davvero un peccato, anzi, un vero spreco il fatto che non
appena C.C. avesse aperto gli occhi, quella dolce creatura sarebbe svanita e al
suo posto sarebbe apparsa una strega nera antipatica ed insofferente ad ogni
cosa. Si alzò e dirigendosi verso il centro della terrazza, sospirò chiedendosi
perché, proprio in quel preciso momento, gli fosse venuta in mente una simile
frase.
“The heart wants what it wants –
or else it does not care”
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ABBASSATE
QUEI FORCONI. Su
su da bravi, mettete via tutte le armi che avevate appositamente preparato per
il mio ritorno e, prima di crocefiggermi, udite il mio lato della storia ^_^”
Innanzitutto
vi domando IMMENSAMENTE PERDONO per l’inammissibile ritardo. Lo
so che avevo promesso di aggiornare almeno una volta al mese ma purtroppo c’è
stato un grave problema che non mi ha concesso di postare nulla e, non appena
ve lo avrò spiegato, credo potrete capirmi e non vorrete più uccidermi (o
almeno lo spero D:). Come vi avevo anticipato a novembre, molti dei capitoli
che sarebbero venuti dopo (quindi questo ed i prossimi) erano già pronti come
“bozze”, avevo bisogno di lavorarci su certo ma mal che bene la base c’era. E’
successo però che la mia memoria esterna, quella da 1TB dove tengo TUTTA
la mia roba perché sennò sul PC occupano troppo spazio, si è rotta. Sì,
proprio come lo leggete: si è rotta, ergo, ho perso tutto. TUTTO.
Oltre al fatto che ho perso un sacco di foto e video a cui ero sentimentalmente
legata, ho perso anche delle fan fiction che non avevo ancora copiato sul PC e
fra queste le bozze dei capitoli che avevo scritto. Ora, sebbene sia vero che
la storia io ce l’ho nella mia testa, vi prego di capire che molte volte non è
solo pensare “Shirley fa la scenata” per poter scrivere una scena: lavorare su
ogni singola frase richiede un certo impegno, specie perché, se non si fosse
notato, io sono una che ci tiene moltissimo alle parole, alla musicalità
dell’insieme, ai toni e a che tutto avvenga con un certo crescendo per poi
poter raggiungere il climax in determinate parti. Va anche detto che ci sono
espressioni particolari che amo moltissimo e che mi nascono sul momento,
espressioni che però non mi rimangono impresse nella memoria, quindi seppur io
sappia che di base in quel momento “Marianne capirà che i suoi figli sono tutto
nella sua vita” fino a che non ritroverò l’esatta frase che usai la prima volta
che mi diede la giusta soddisfazione o addirittura una migliore, di certo non
potrò pubblicare nulla perché sarebbe un lavoro vuoto, senza sentimento. Al
contrario, io ci metto tutta me stessa, metto il mio sangue e la mia anima
nelle mie fan fiction proprio perché, nonostante vi sia uno schermo di mezzo,
il mio scopo finale è quello di raggiungere i vostri cuori e farvi sentire
felici, ridere e farvi incavolare nei diversi momenti della storia e sapere che
per il tempo che mi avete dedicato, vi ho dipinto un tiepido sorriso sulle
labbra. (:
Bene,
ora se nonostante tutto questo volete uccidermi... Fatelo prima del 18 che ho
un esame da fare, almeno avrò una scusa valida per non presentarmi! ToT
Passando ad altro invece, vorrei ringraziare di cuore Eris_Elly,
AliceBaskerville, nye e Pizeta che come sempre sono così gentili da
recensire ogni capitolo. ♥ Grazie di cuore
ragazzi, sappiate che se mi smeno tantissimo con questa storia è soprattutto
per voi che siete più fedeli di un qualsiasi fidanzato! *-* Inoltre vorrei
ringraziare anche la gentilissima lagunablu: benvenuta a bordo di
questa avventura! *^* Spero che anche tu rimarrai con me fino alla fine e
che amerai/odierai tutte le peripezie che dovranno attraversare i nostri
protagonisti, dopotutto il bello deve ancora venire! :P
Che
altro dire? Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, l’ho fatto più lungo
del solito un po’ anche per rimediare al fatto che per due mesi sono stata via.
Anche in questa occasione sono entrata nell’intimità dei coniugi imperiali con
l’intenzione di vedere aldilà delle maschere, dopotutto nell’anime Charles e
Marianne hanno avuto delle brevi ma significative apparizioni, inoltre non
sempre sono stati quei “folli senza cuore” che Lelouch ha conosciuto, anzi,
credo che proprio il loro folle quanto discutibile desiderio sia stato dettato
dal loro voler poter stare insieme per sempre. Fra l’altro sono veramente
convinta che Marianne sia l’unico vero amore della vita di Charles, altresì
perché mai V.V. è stato geloso di lei a tal punto da volerla uccidere? Charles
ha avuto più di cinque consorti imperiali, possibile che se la sia presa solo
con l’ultima? Eh no eh, no può essere una coincidenza! ù_u Per quanto riguarda
Suzaku... Sarò cattiva e vi lascio a mordervi le mani! *v* Volate con
l’immaginazione amici miei, volaaate (il tono vuole essere quello del gargoyle
del Gobbo di Notre Dame che dice ai piccioni di volare sui soldati che tentano
di entrare nella cattedrale)!
ESAMI
PERMETTENDO, dovrei riuscire a tornare molto presto
(prima di quanto vi aspettiate!) così da poter compensare la mia mancanza di
dicembre e gennaio. Solo non aspettatevi nulla prima del 18 perché devo dare
uno degli esami più brutti e antipatici dell’anno! ç_ç
Allora
io mi dileguo bella people, lasciatemi nelle recensioni le vostre opinioni su
questo capitolo, anche le vostre aspettative se vi va così come anche le vostre
non-aspettative, udirvi può anche essermi d’aiuto per effettuare delle scelte
ancora in sospeso.
A
presto bomboncitos! :-*
xoxo,
Prinny*