Summer Camp

di Pabitel
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Surprise in the rain
(prologo)



 
 

 
Holmes Chapel,
08 Giugno




 
~Harry




La sveglia suonò le 6:30 del mattino e la radio si accese con un ronzio, trasmettendo la voce squillante della conduttrice: “...uongiorno a tutti, qui è Helen che vi augura un buon risveglio! Buon inizio settimana cari ascoltatori! Il sole splende alto nel cielo e non c’è niente di meglio per iniziare la settimana!”
Ancora assonnato, Harry si alzò stiracchiandosi e andò in bagno a lavarsi la faccia. Evitò accuratamente di guardarsi allo specchio e si infilò nella doccia, mentre la radio trasmetteva un pezzo sconosciuto e Harry si schiariva le idee sotto il getto d’acqua calda.
Con gli occhi chiusi e il tepore sulla pelle, non poté fare a meno di ripensare alla serata precedente, così appagante e soddisfacente: come ogni domenica, era andato ad una festa a casa di Josh – il suo migliore amico – e si era divertito come al solito, bevendo quel che bastava per non ubriacarsi e ballando. Ma quella sera era stato diverso, speciale. Era stata la loro prima volta. Finalmente, dopo quella che ad Harry era sembrata un’eternità, l’avevano fatto. E Dio se gli era piaciuto. Era stato così intenso e dolce e completamente nuovo: non aveva mai provato tutte quelle sensazioni. Per lui era stato sempre e solo sesso, con lei invece era tutto diverso. Tutto. Era... amore.
Qualche minuto più tardi, più sveglio e rilassato, Harry guardava le profonde occhiaie nere che gli solcavano il viso, ricordo ancora fresco di quella notte appena passata. Guardando il suo riflesso non poté fare a meno di sorridere come un ebete, pensando a loro due insieme. In quel modo. Si era innamorato di lei, senza nemmeno accorgersene.
Dopo un’altra sciacquata d’acqua gelida sul viso e una rapida ma studiata spazzolata ai ricci, Harry si vestì, senza prestare troppa attenzione a quello che indossava, e si accinse a spegnere la radio che nel frattempo stava trasmettendo l’oroscopo.
“... e Acquario oggi la vostra giornata sarà fantastica! L’allineamento delle stelle non vi farà mancare neanche l’amore, come le sorprese e le buone notizie che oggi vi stupiranno! Pesc–“
Harry non credeva nell’oroscopo – erano tutte cavolate, di questo era convinto – ma ogni mattina lo ascoltava lo stesso: era il suo piccolo rituale prima di andare a scuola. Di preciso non sapeva perché si ostinasse a farlo, del resto poteva contare sulle dita di una mano le volte che ci aveva azzeccato, ma non riusciva a farne a meno.
Quella mattina, però, le parole appena ascoltate alla radio gli affollarono la mente per tutto il tragitto da casa a scuola: era incuriosito dalle sorprese e dalle buone notizie che – a detta del suo oroscopo – quel giorno lo aspettavano impazienti.
Ultimamente le sue giornate erano sempre fantastiche e – Harry lo sapeva – solo  grazie ad una persona: Sophie. Era lei il motivo per cui sorrideva la mattina e per cui il cuore gli scoppiava di gioia.
“E poi è lei il mio amore” si disse mentre entrava nel cortile della scuola e abbracciava la ragazza dai capelli castani che gli andava incontro.
“Buongiorno.” le sussurrò sulla punta delle labbra, prima di regalarle il primo di una lunga serie di baci.
“Buongiorno anche a te.” rispose lei, staccandosi da lui quel poco che bastava per guardarlo negli occhi.
Harry le sorrise prima di intrecciare le loro mani e si incamminò con lei verso l’ingresso della scuola. Avevano già raggiunto gli armadietti nel corridoio quando lui le chiese: “Allora... che si fa oggi?”
“Mh... lezione come tutti i giorni?” rispose Sophie mentre si voltava a guardarlo perplessa. Harry abbozzò un sorriso malizioso e si avvicinò alla fidanzata, rubandole un bacio. “Eddai Sophie... Non fare la secchiona!”
Lei scoppiò a ridere e cercò di colpire invano il ragazzo con i libri, ma lui le afferrò rapido i polsi, impedendole qualsiasi movimento.
Erano gli ultimi giorni di scuola – mancava veramente poco all’estate – e gli studenti erano sommersi di verifiche ed interrogazioni per recuperare le materie e non essere bocciati. Ma Harry non aveva di questi problemi – non che lui fosse un genio certo, era Sophie la studiosa tra i due – ma faceva quel che bastava per avere dei voti dignitosi. Per questo motivo quel giorno potevano permettersi di saltare le lezioni ed era per questo stesso motivo che non era assolutamente intenzionato a lasciare andare Sophie che, nel frattempo, rideva a crepapelle mentre Harry le faceva il solletico e le baciava il collo.
“E va bene! Hai vinto tu!” cercò di dire lei tra una risata e l’altra e, sentite queste parole, Harry la prese per i fianchi e cominciò a volteggiare con lei mentre sorrideva raggiante.
Quando Sophie poggiò di nuovo saldamente i piedi a terra intrecciò le braccia al collo del ragazzo e chiese: “Allora mio principe, dove mi porta oggi?”
“Ah lo vedrà mia principessa, lo vedrà! Si fida di me?”
“Totalmente.” rispose Sophie, prima di baciare Harry e lasciarsi portare via.
 

 
Harry sedeva sul prato del piccolo parco di Holmes Chapel, mentre giocava con i lisci capelli castani di Sophie e i primi raggi estivi riscaldavano placidi i loro corpi.
Dopo aver deciso di saltare le lezioni avevano trascorso una buona oretta a cercare un posto dove passare la mattinata e, alla fine, avevano ripiegato sul piccolo parco che – Harry doveva ammetterlo – era il loro posto preferito. Era lì che si erano conosciuti, diversi mesi prima, ed era lì che si erano scambiati il loro primo bacio. Ed era sempre lì che trascorrevano i pomeriggi tutti per loro.
Sophie si lasciò cadere delicatamente a terra, stendendosi sull’erba fresca, mentre Harry si allungava verso di lei e poggiava la bocca sulle sue labbra carnose.
“Mh Sophie?” chiese, interrompendo il bacio.
“Si?”
“Hai pensato alla mia proposta?”
Sophie scivolò via da lui e si sedette, poggiando i palmi dalle dita sottili sui ciuffi d’erba verde, ma non rispose.
“Allora?” insistette lui, mettendole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lei si abbandonò al suo tocco, facendo aderire la guancia sulla mano di Harry e, dopo diversi minuti di silenzio, finalmente parlò.
“Harry non lo so... mi sembra...”
“Prematuro?” finì lui per lei.
“Sì.” rispose Sophie, senza guardarlo negli occhi.
L’entusiasmo di Harry si sgonfiò rapido, come un palloncino bucato. Si voltò a guardare le persone che passeggiavano spensierate nel parco e rimase in silenzio per un po’, prima di dire agitato: “Andiamo Sophie, non ti ho mica chiesto di sposarmi!”
“Harry non...”
“Ti ho solo chiesto di venire in vacanza con me, non è niente di... impegnativo.” disse, sorprendendosi delle sue stesse parole. Dopotutto, lui pensava che la cosa ormai fosse seria.
Sophie lo guardò e sospirò. “Harry lo sai che dovrò litigare con i miei...”
“Ma stiamo insieme da nove mesi! E abbiamo 18 anni! Ormai mi conoscono, si fidano di me...” sbottò ferito lui e Sophie accennò un sorriso prima di rispondere: “E va bene, proverò a convincerli!”
Harry quasi non credeva a quello che aveva appena sentito. “Quindi... quindi è un sì? Verrai in vacanza con me?” chiese, con gli occhi che brillavano.
“Sì Harry, voglio venire in vacanza con-“ provò a rispondere lei, ma Harry le era già saltato addosso e adesso si stavano rotolando nell’erba in preda alle risate.
 


Erano ancora stesi, l’uno sopra l’altro, quando le prime gocce di pioggia cominciarono a picchiettare leggere. Sophie lanciò un urletto e si alzò rapida, mentre rideva e afferrava il ragazzo per le mani gridando: “Muovi quel culo Harry! Non ho nessuna intenzione di bagnarmi!”
Corsero finché non raggiunsero il primo riparo, ormai senza fiato, esausti e completamente bagnati. Harry rise mentre Sophie sbottava infastidita: “Oh dannazione! Quanto odio la pioggia!”
“È tutta colpa tua Harry, se fossimo rimasti a scuola non ci saremmo bagnati!” disse alla fine, facendo finta di essere arrabbiata con lui, mentre lo colpiva con una pacca affettuosa.
Con un gesto fulmineo, Harry la afferrò e la circondò con le braccia mentre le sussurrava sulle labbra: “Dio come sei bella quando ti arrabbi.”
“Ma smettila, non te la caverai così!” rispose lei, prima di intrecciare la sua lingua con quella del ragazzo.
“Mi hai perdonato ora?” le chiese lui malizioso, dopo averla baciata a lungo.
“Mh... Se mi riaccompagni a casa forse hai una possibilità!” esclamò lei, prima di cominciare a correre di nuovo sotto la pioggia, diretta verso casa e seguita subito da Harry.
 


Dopo aver riaccompagnato Sophie, e averla dolcemente salutata, Harry camminava sotto la pioggia, incurante dell’acqua che continuava a bagnargli i vestiti ormai zuppi.
A differenza della sua ragazza, lui amava la pioggia. Alla maggior parte delle persone la giornata sembrava più triste, ma Harry trovava l’atmosfera tempestosa meravigliosa: la pioggia migliorava la sua giornata. Qualche tempo fa aveva letto – non ricordava nemmeno più lui dove  – una parola in cui non aveva potuto fare a meno di rispecchiarsi completamente: pluviophile (¹), amante della pioggia. Ecco, quello era lui. 
E mentre tornava a casa, sotto l’acqua che ingrandiva il suo sorriso, riusciva a pensare solo ad una cosa: sarebbe finalmente andato in vacanza con Sophie.
“Direi che oggi l’oroscopo ha indovinato: questa sì che è una bella notizia!” disse tra sé e sé, impaziente di tornare a casa per comunicare la notizia ai suoi genitori.
Eppure Harry Styles non immaginava neanche lontanamente quanto si stesse sbagliando.



 
***




 
Doncaster,
8 Giugno


 



~Louis



La sveglia suonò le 6:30 e la radio si accese, trasmettendo una vecchia canzone: “Good morning, It’s a beautiful day-(²)“
Louis la spense con un colpo deciso mentre borbottava con la voce ancora impastata dal sonno: “Buongiorno il cazzo.”
Si trascinò svogliatamente in bagno e fissò il suo riflesso nello specchio: le occhiaie nere, che ormai gli segnavano sempre il viso, e gli occhi spenti gli davano la solita aria trascurata e stanca.
Nonostante avesse appena vent’anni, Louis Tomlinson si sentiva molto più vecchio.
“Dio quanto odio il Lunedì.” disse al suo riflesso, che lo fissava inespressivo dallo specchio.
Fece una doccia rapida, assicurandosi di rimanere il meno possibile sotto l’acqua, e si vestì con attenzione. Ormai scegliere cosa indossare era forse l’unica cosa che faceva con impegno. Afferrò una t-shirt e dei pantaloni aderenti neri e indossò una camicia di jeans. Poi prese le sue immancabili vans – rigorosamente nere – e lo zaino, senza controllare quali libri ci fossero dentro.
Scese rumorosamente le scale di casa e, con una smorfia scocciata e infastidita sul viso degna di un vero attore, ignorò la madre impegnata a preparare la colazione in cucina e uscì di casa sbattendo la porta.
 


Louis camminava lento per le strade deserte, sorvolando sul familiare brontolio della sua pancia a digiuno, e gustandosi una sigaretta. Fece per controllare l’ora ma il suo sguardo si soffermò sul polso sinistro, anziché sul quadrante rotondo dell’orologio. Odiava indossarlo, ma doveva farlo se voleva che nessuno si accorgesse di quello che nascondeva.
Sotto il cinturino di pelle, le cicatrici sottili spiccavano lucenti sulla sua pelle, segno indelebile di un ricordo doloroso, ancora fresco nella sua memoria.
“L’ennesimo tentativo fallito.” pensò Louis, prima di gettare il mozzicone ancora fumante a terra. Con un passo lo calpestò e spense la scintilla, si concesse un sospiro di rassegnazione ed infine entrò nell’edificio  davanti ai suoi occhi.

 
 
Alle otto in punto Louis sedeva nell’aula universitaria, aspettando che il professore arrivasse per la lezione di... Lezione di cosa? Quale corso frequentava? Non se lo ricordava nemmeno.
“Forse Astronomia?”
“Ehi Louis, ciao!” disse con voce squillante un ragazzo, che nel frattempo si era avvicinato e si stava sistemando vicino a lui.
Louis alzò svogliatamente lo sguardo per riconoscere la stessa persona che ogni mattina si sedeva al suo fianco e tentava, invano, di fare conversazione. Non ricordava nemmeno il nome di quel ragazzo fastidioso. “Greg? Gavin? Gilderoy? O forse non iniziava nemmeno per G...” Ma a Louis non interessava, non veramente. Nulla aveva la fortuna di essere oggetto del suo interesse.
“Allora... Hai fatto il tema di storia?”
“Storia? Ma oggi non c’è Astronomia?” pensò Louis.
“Perché hai il libro di Astronomia? Oggi non è nel nostro orario.” disse il ragazzo, notando il manuale sul banco.
Louis sbuffò vistosamente, sperando che questo distogliesse l’attenzione del ragazzo da lui, cosa che ovviamente non successe.
“Quindi niente tema?”
“Mio Dio che palle!” pensò Louis.
“Allora?”
“Lasciami in pace.” disse secco, voltandosi verso il ragazzo.
“Ma allora parli!”
Louis tornò ad ignorarlo e fece finta di seguire la lezione appena iniziata. Non sentì nemmeno una parola, ma preferì perdersi nei suoi pensieri piuttosto che stare a sentire quel logorroico del suo compagno di banco. Perché seguiva il corso di Storia? Non lo sapeva nemmeno lui.
 


Finalmente la lezione finì e Louis sgattaiolò fuori dall’aula, evitando accuratamente Stan – ecco come si chiamava! – già pronto a ripartire alla carica.
Quasi corse fuori dall’edificio, deciso a mettere più distanza possibile e nel minor tempo tra sé e quel ragazzo così fastidioso.
Odiava la gente che lo assillava. Anzi, lui odiava la gente e basta. E non perdeva mai occasione di dimostrarlo. Eppure quel ragazzo non si arrendeva. Che lo considerasse il suo caso perso? La sua missione? Doveva decisamente smetterla: peggiorava solo la situazione. Lui non poteva essere salvato. Non più ormai.
Avevano cominciato i corsi da mesi – il caso li aveva fatti capitare insieme praticamente ad ogni lezione – e quel ragazzo non mollava. La sua solita fortuna: se lo ritrovava intorno praticamente ovunque e sempre.
Stava prendendo a calci una lattina di Sprite – pensando a quanto fosse iniziata male la settimana – quando una grossa goccia d’acqua fredda gli si infilò nel colletto della camicia di jeans.
Louis, ancora più nervoso di prima, alzò lo sguardo verso il cielo, appena in tempo per beccarsene un’altra dritta nell’occhio. Quanto odiava la pioggia. E quanto odiava l’acqua. Era tutto così schifosamente bagnato.
Al  mondo c’era forse qualcosa che Louis Tomlinson non odiava? Probabilmente no.
Pochi secondi dopo le nuvole ricoprirono del tutto il cielo già plumbeo e la pioggia cominciò a picchiettare silenziosa per le strade. Il rombo lontano di un tuono gli giunse alle orecchie e Louis affrettò il passo.
Non aveva nessuna intenzione di farsi sorprendere dal primo temporale estivo e non aveva nessuna voglia di bagnarsi fino alla punta dei capelli.



 
***



 
~Harry




Ormai la pioggia colpiva violenta i vetri delle grandi finestre del soggiorno, mentre Harry rincasava. Era completamente fradicio: nella sua vita non aveva mai preso così tanta acqua. Ma era lo stesso felice: sarebbe andato in vacanza con Sophie, la sua Sophie. Sarebbe stata un’estate fantastica e al solo pensiero il cuore gli scoppiava di gioia. Aveva ancora un grande sorriso stampato sulle labbra quando entrò in casa.
“Harry! Ma sei fradicio!” esclamò Anne, vedendo la pozza d’acqua che si andava formando rapida ai piedi del figlio.
Harry si passò una mano nei capelli gocciolanti ed esclamò: “Mamma devo dirti una cosa! Ho una notizia meravigliosa! Sophie mi ha detto di sì! Finalmente andremo in vacanza, non è fantastico?”
Anne sbarrò gli occhi e fissò il figlio, ancora in piedi davanti la porta di casa, con i vestiti zuppi e la gioia nello sguardo.
“Harry...”
“Che c’è? Eravamo d’accordo no?” rispose lui, aggrottando le sopracciglia.
Anne parve imbarazzata mentre balbettava: “Ehm si si... Va' a cambiarti okay?”
“Ma...”
“Così poi scendi in cucina e ne parliamo.” lo rassicurò la madre.
Harry annuì e, decisamente perplesso, si avviò rapido per le scale e, una volta in stanza, si cambiò il prima possibile. In un batter d’occhio era di nuovo al piano inferiore, seduto al tavolo della cucina con entrambi i genitori di fronte.
Era troppo entusiasta per potersi contenere perciò cominciò a dire esaltato: “Secondo voi dove potremmo andare? Non che io non ci abbia già pensato ma quando le ho proposto questa cosa non pensavo che avrebbe accettato...”
“Harry.” provò a dire la madre, ma lui nemmeno la sentì.
“...al mare vero? Non credo che le piaccia la montagna... no direi di no. Ma al mare dove? Dove andiamo?”
“Harry.”
“Certo dobbiamo trovare un posto bello ed economico...”
“Harry! Smettila di parlare!” sbottò Robin.
Harry si zittì immediatamente e fissò il padrino. Osservandoli attentamente si rese conto delle loro espressioni: non erano come dovevano essere. Non era felici per lui, affatto. Sembravano... frustrati? Severi? Dispiaciuti?
“Che diavolo sta succedendo? Perché mi guardate così?”
La madre sospirò e Robin prese la sua mano prima di parlare con tono neutro: “Harry oggi siamo stati a scuola da te.”
Lo stavano rimproverando perché aveva marinato la scuola? Sul serio?
“Ehm... e quindi?”
“Abbiamo parlato con i tuoi professori.”
“Di cosa?” chiese sempre più perplesso.
“Dei tuoi voti, dei tuoi scarsi risultati, soprattutto in inglese... Harry è un miracolo se quest’anno non ti hanno bocciato.” intervenne Anne.
“Beh non proprio un miracolo... Abbiamo dovuto pregar- Scendere a compromessi con i tuoi professori.”
Harry sbarrò gli occhi sentendo quelle parole. “Cosa avete fatto?” chiese sussurrando, mentre Anne gli prendeva dolcemente la mano appoggiata sul vecchio tavolo di formica.
“Il professor Davis ci ha parlato dell’English Summer Camp (³) organizzato nell’Essex. Serve per migliorare il proprio inglese e in più si fanno un sacco di attività... Insomma c’è da divertirsi! Il mix perfetto no?” continuò Robin, con un entusiasmo fin troppo forzato.
“Che cosa state dicendo?” disse Harry, scandendo le parole una ad una.
“È un modo diverso per passare l’estate e per prepararsi al college...”
“Io so già come passare la mia estate. Con Sophie. In vacanza insieme. Ne abbiamo già parlato e voi...”
“Questo prima che il tuo professore di inglese ci convocasse.” replicò gelido Robin.
Anne guardò prima il marito e poi il figlio che si era zittito improvvisamente. Le aveva lasciato la mano e ora stringeva il bordo del tavolo. Ad Harry fischiavano le orecchie e le dita gli facevano male: si aggrappava alla fredda superficie per non urlare dalla rabbia.
“Io non vado da nessuna parte.”
“Harry...” gemette la madre.
“No mamma! Me l’avevate promesso! Mi avevate detto di si! Io non vado ad un fottutissimo campeggio estivo per tutta l’estate! Scordatevelo!” sbottò il ragazzo alzandosi e rovesciando la sedia.
Anne lo guardò implorante, ma lui non aveva nessuna intenzione di cedere. Non se questo avrebbe influito su Sophie.
Robin si alzò lentamente e sospirò prima di dire con calma: “Harry tu andrai nell’Essex. E ci rimarrai per tre mesi. Finché non avrai capito quali sono i tuoi doveri. E dimenticati le tue vacanze romantiche.”
“Io non mi muovo da qui!”
Entrambi erano furenti e si trattenevano dall’alzare le mani; Anne se ne accorse, perciò intervenne cercando di mediare.
“Harry cerca di capire... lo stiamo facendo per te, per il tuo bene...”
“Mamma, mamma per favore... Non mandatemi lì... Senza i miei amici, senza Sophie... Per favore!” implorò con le lacrime agli occhi.
Anne sospirò e guardò Robin, in piedi al suo fianco e in silenzio. Cercò di assumere un tono severo e poi disse: “Harry mi dispiace, abbiamo già preso questa decisione e tu farai come ti è stato detto.”
“Mamma...”
“Partirai fra cinque giorni, alla fine della scuola.” sentenziò Robin, poi lo guardò un’ultima volta e uscì dalla cucina.
“Harry per favo-“
“Non mi toccare.” disse, indietreggiando. “Non mi parlare, non- Vi odio!” sbottò Harry, furioso e ferito.
Non si curò delle lacrime negli occhi della madre e corse per le scale, dritto verso la sua camera. Sbatté la porta alle sue spalle e si fiondò sul letto, abbracciando il cuscino.
Tre lunghissimi mesi con perfetti sconosciuti. Tre lunghissimi mesi senza i suoi amici, lontano da casa. Tre lunghissimi mesi lontano da lei.
“Non ce la farò mai.” mormorò trattenendo a fatica le lacrime di rabbia.
Un colpo alla porta, seguito da due colpetti più rapidi, lo riscosse. “Gemma vattene.” disse Harry, riconoscendo il loro modo di bussare.
“Harry posso entrare? Voglio solo parlare un po’ con te.”
“No, lasciami in pace. Voglio stare da solo.”
“Per favore Harry!”
“No! Vattene!” sbottò lui ancora più infastidito. Poi seppellì la testa sotto il cuscino e aspettò.
Aspettò che la sorella se ne andasse, che il temporale finisse e qualcuno gli dicesse che si trattava solo di uno scherzo.
Quel giorno la pioggia non ebbe il potere di calmarlo come ogni volta, anzi ebbe l’effetto contrario.
 



 
***



 
~Louis



Secchiate d’acqua gelida si rovesciavano implacabili sulla tranquilla cittadina di Doncaster, mentre Louis aspettava impaziente che il temporale finisse. Aveva evitato per un pelo l’acquazzone, arrivando appena in tempo a casa ed ora era raggomitolato sul letto, sepolto sotto le coperte, con il cuscino premuto con forza sulle orecchie.
Non voleva sentire i tuoni che squarciavano l’aria perché sarebbe finito inevitabilmente a pensare a... Dei colpi secchi e forti alla porta interruppero i suoi pensieri. Louis sbuffò, deciso a non dare nessun segno di vita.
Non aveva voglia di sentire sua madre in quel momento. Anzi, non voleva mai sentirla. Ma lei entrò lo stesso nella sua stanza, senza aspettare una risposta del figlio.
“Louis.” lo chiamò, ma lui continuò imperterrito a rimanere con la testa sotto il cuscino, ad occhi chiusi.
“Louis alzati, ti devo parlare.”
Lui non si mosse.
“Louis! Dannazione alzati!”
Controvoglia si mise a sedere sul letto, ignorando la madre in piedi sulla porta e guardando la pioggia fuori dalla finestra.
Louis non diede segno di voler parlare perciò Johannah si avvicinò e si sedette sul bordo del letto. Lui non si spostò di un millimetro.
La madre sospirò prima di prendere coraggio e parlare: “Io e Mark vorremmo che tu... Insomma, visti gli ultimi eventi... Forse sarebbe meglio che...”
“Che cosa vuoi?” disse acido Louis, arrivando subito al punto.
Un’espressione ferita attraversò il volto della donna, ma se ne andò rapida com’era arrivata. “Rick ci ha chiamati e...”
“Chi è Rick?”
“Tuo zio dell’Essex... Il fratello di Mar-“
“Va bene, non mi interessa, vai avanti.” la interruppe lui.
“Come ogni anno organizza l’English Summer Camp e quest’anno ci ha chiesto se volessi partecipare anche tu.” disse in un fiato, tenendo gli occhi bassi. Aspettava il rifiuto immediato del figlio che, stranamente, non arrivò.
“Quindi?”
“Quindi ci vuoi andare?” disse Johannah, con gli occhi che si accendevano di speranza.
Louis alzò le spalle. “In realtà non me ne frega niente. Fate come volete.”
La stessa espressione di prima comparve di nuovo sul volto della madre. Anche stavolta durò solo un istante.
“Lou-“
“Non chiamarmi così!” urlò lui furioso, facendola zittire all’improvviso.
Johannah ritrasse le mani che aveva allungato, nella speranza di poter sfiorare il figlio, e poi mormorò a bassa voce: “Perché fai così?”
Louis la guardò gelido. “Lo sai benissimo.” e visto che lei non rispondeva continuò: “Perché ci devo andare?”
“Noi abbiamo pensato che potrebbe farti stare meglio... Potresti conoscere nuovi amici ed evitare di fare... certi pensieri.”
Louis guardò la madre. Quasi sicuramente stava alludendo a quello che aveva fatto la settimana scorsa, quando ci aveva provato di nuovo.
“È l’occasione perfetta, inoltre non hai nemmeno la sessione estiva degli esami...”
Non che gli importasse qualcosa degli esami. Non gli importava di niente e di nessuno.
“...quindi abbiamo pensato che fosse una bella idea.” concluse lei, mentre si torturava le mani posate in grembo.
“Come sempre avete delle idee del cazzo.”
A quelle parole Johannah alzò di scatto la testa e disse: ”Louis non ti permetto di parlarc-“
“Stai tranquilla, andrò a quel fottuto campo estivo. Ora vattene, voglio dormire.”
La madre lo guardò a bocca aperta, ma non accennò a muoversi. “Quante volte te lo devo ripetere ancora?” continuò lui.
In silenzio, Johannah si alzò e uscì dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle. Louis sentì dei rumori soffocati ed ebbe l’impressione che lei stesse piangendo, ma non gliene importava. Non più ormai.
Non era sorpreso della proposta della madre e, nonostante avesse accettato di sua spontanea volontà, era molto seccato da quella situazione. Non che non gli piacesse andare via da Doncaster – e da tutti – per un po’, anzi, non vedeva l’ora di sparire.
Ma andare lì voleva dire vedere altra gente che non conosceva, che era all’oscuro di tutto, ignara del suo passato. Avrebbero cercato di fare amicizia con lui e lui avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo.
“Farsi odiare dal resto del mondo è davvero faticoso.” pensò riavvolgendosi nelle coperte e cercando di addormentarsi, mentre il temporale imperversava implacabile fuori.
 


 


(¹) Pluviophile è una parola inglese impossibile da tradurre in italiano con un solo lemma. Si dice di una persona che viene rasserenata dal suono della pioggia, che è un amante della pioggia.
(²) Le parole trasmesse alla radio sono tratte dalla canzone Good Morning di Lionel Richie
(³) L'English Summer Camp esiste realmente: è un campo estivo che si tiene nell'Essex, destinato ai giovani dai 16 ai 20 (300 partecipanti provenienti da tutto il mondo) che vogliono migliorare il proprio inglese, è la sintesi di divertimento e apprendimento. Se siete interessati a saperne di più potete consultare il sito (englishsummercamp.org)

 


Angolo autrice:
Non so perché mi sono imbarcata in questa nuova storia; sappiate che non ho bruciato tutto solo perché la cara Elissa_ me l'ha proibito. 
Spero che questo prologo abbia catturato la vostra attenzione e che la storia vi piaccia. Ringrazio tutti coloro che la seguiranno e la apprezzeranno.
Prima di salutarvi ne approfitto per ricordarvi l'altra fanfiction Larry che sto scrivendo, la trovate qui.
A causa della scuola e dei molti impegni che ho non riuscirò a pubblicare costantemente e subito, mi scuso in anticipo per questo.
Per non perdere gli aggiornamenti riguardanti la storia potete seguire il tag #sc sui vari social.
Se volete contattarmi potete trovarmi qui: facebook twitter e ask :)


 
Pabitel ♥
 

P.s. Lo so che la foto fa cagare, ma non ho saputo fare di meglio u.u




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