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Il tempo di un tramonto
Autore: Cioppa
Un balcone dipinto di un verde brillante e, al di là dei
vetri lucidi, uno studio arredato con gusto.
Un raggio color rame del sole ormai all'orizzonte cadde distrattamente sulla
scrivania di Meiko.
Meiko stava lì a fissare la sua macchina da scrivere vecchia maniera e il
foglio bianco, accucciata sulla sua comoda sedia coi braccioli; con la mente
totalmente svuotata cercava di riempire il silenzio della casa, la sua casa.
I capelli ondulati le si erano attaccati al viso ancora bagnato, ma
una lacrima, poi un'altra, e un'altra ancora, ne affogarono la luce dei
riflessi.
Da due giorni non riusciva a muoversi da lì.
Meiko non voleva crederci: era tutto irreale, troppo sconvolgente per essere
vero.
Un crollo così improvviso non se lo aspettava nessuno, in un attimo era
invecchiato terribilmente, le guance sempre più scavate, i movimenti sempre
più faticosi.
Nemmeno all'ospedale di Kyoto avevano saputo fare qualcosa.
Il suo Nacchan, il suo bellissimo Nacchan, con gli occhi dolci, più
profondi del mare…
Lui, che col sorriso conquistava silenziosamente la tenera stima di tutti,
che col volto di marzapane ispirava semplice bontà e mesta gentilezza…
Proprio quel volto, già tanto provato dall'ignobile malattia che
gliel'aveva portato via, ora era freddo di morte, livido di morte, immobile,
senza respiro, lontano dagli occhi della giovane sposa.
No, così non posso andare avanti. Forse facendo due passi… Chissà se
Miki è in casa…
Camminava stancamente, stringendo lo scialle vermiglio con le frange che la
sua amica le aveva confezionato per Natale.
Aveva pianto, oh, quanto aveva pianto!
Il funerale, e la bara in quella macchina color della pece fino al cimitero,
lentamente, appoggiata a Miki, sotto la pioggia e la grandine (non ne aveva
mai viste di così violente).
Nacchan era scomparso in una fossa che pareva un'enorme pozzanghera, sotto
un cumulo di terra bagnata e scura.
Non riusciva a fermare le lacrime che le confondevano la vista e i
singhiozzi che le toglievano l'aria.
Non respirava più. Il dolore le stringeva in cuore come una morsa.
Il tramonto quella sera offriva a Meiko uno spettacolo eccezionale, con
colori tanto sgargianti da togliere il fiato.
Ecco la casa di Miki, in fondo al viale. Poteva già scorgere le finestre
illuminate dalla vitalità della sua amica.
Superò il cancelletto bianco e piano piano risalì il praticello fino al
portone della casa.
C'era della musica, qualcuno stava cantando.
Cosa succede qui?
Sbirciò furtiva dalle finestre; non voleva di certo disturbare una festa.
Sul divano due bambini giocavano con Yu.
E quei bimbi di chi sono?
Ma ancora di più si sorprese udendoli chiamare a gran voce "mamma Miki"…
Forse ho sbagliato casa… Devo essere troppo stravolta, meglio lasciar
perdere…
Ritornò sui suoi passi, ancora più lentamente dell'andata, fino a casa, la
sua casa. La via percorsa da Meiko era ormai illuminata solo dai lampioni,
mentre un ultimo raggio di sole si spegneva per lasciare spazio ad una nuova
notte.
Alzò lo sguardo, scostandosi le ciocche dal viso.
Un balcone corroso dalla ruggine lasciava intravedere il suo precedente
colore, un verde brillante, e, al di là dei vetri rotti, una stanza vuota
dai muri scrostati.
Ora ricordava: lei era morta col suo Nacchan, senza respiro per il troppo
dolore. |