Capitolo
13: Eravamo due universi di solitudine
Sophie
Se
mi avessero chiesto se c’era un posto dove volessi stare in
quel momento, avrei
risposto proprio lì.
Mi
voltai perché sentii dei passi alle mia spalle. Davanti a me
stava avanzando
Tom. Il suo passo era deciso e elegante. Forse era per la giacca e la
cravatta
che indossava, ma sono sicura che nel suo modo di camminare ci fosse
qualcosa
di veramente raffinato. Non camminava come sempre, aveva uno charme
particolare.
Gli
sorrisi, perché ero felice di vederlo. Era tutto il giorno
che non lo
incontravo e mi mancava sentire i suoi occhi penetranti osservarmi.
“Che
eleganza” mi complimentai.
Tom
non rispose. Che stupida a pensare che vestita così gli
avrei fatto azionare il
suo cuore, probabilmente stava già pensando a quante ragazze
avrebbe conosciuto
quella sera.
“Ci
sei, Tom?” gli chiesi, sventolandogli una mano davanti al
viso.
Tom
uscì dai suoi sogni a luce rossa. “Vogliamo
andare?” disse, prima di posarmi
una mano sulla mia schiena.
In
quell’istante sentii un brivido percorrermi tutta la schiena.
Il suo tocco era
magico, riusciva a scuotere ogni centimetro del mio corpo.
Tom
intanto fece una leggera pressione per spingermi in avanti. Gli rivolsi
un
sorriso, che doveva essere molto più impacciato che sicuro,
mentre cominciai ad
avanzare verso il resto del gruppo.
In
quel momento Tom tolse la sua mano. Parte dei miei neuroni gridarono di
disaccordo.
L’altra
mi ricordò ce stavamo per andare nella terribile Valle delle
Lacrime. Mi
aspettava una notte di pianto ininterrotto.
La
cosa più imbarazzante durante tutto il viaggio fu stare
seduta tra Gustav e
Tom. Nessuno dei due fiatò, rimasero tutto il tempo a
fissare il vuoto davanti
a sé. Solo prima di scendere mi chiesero se avessi bisogno
che qualcuno
dall’esterno mi aiutasse a scendere.
Invece
Bill e Georg erano rilassati e giocherelloni più che mai. Si
davano pugnetti
sulle spalle, si commentavano i rispettivi capi
d’abbigliamento e accennavano a
strane posizioni di yoga, di cui io proprio non capivo nulla.
Fu
un sollievo per me scendere da quell’inferno di auto. Solo
che non avevo fatto
i conti con l’inferno che avrei trovato fuori. Qualcosa in me
voleva gridare
che era meglio tornare a casa.
La
paura nel vedere la gente accalcata ai lati di un lussuoso tappeto
rosso che
conduceva all’entrata, mi bloccò. I bodyguard
all’inizio del tappeto ci fecero
segno di avanzare mentre allargavano le braccia per tenere distanti le
mani
delle fan esuberanti. Intanto partirono una serie incontrollata di
flash nella
nostra direzione.
Fu
solo grazie allo strattone di Bill che mi riscossi. Se non mi avesse
tirato per
un braccio sarei rimasta paralizzata lì in mezzo al
marciapiede.
“Ora
sorridi e cammina dritto senza fermarti” mi
sussurrò.
Feci
come mi disse, ma mentre sfilammo davanti alla folla, sentii alzarsi
commenti
che non avrei mai voluto udire. “Chi è quella che
ha vicino Bill?” “Come è
vestita quella z…..?”
Quando
la porta del locale si chiuse alle nostre spalle, tirai un sospiro di
sollievo.
Bill
si posizionò davanti a me e mi alzò il viso
perché lo riuscissi a guardare
negli occhi. “Dimentica ciò che hai sentito
là fuori e divertiamoci. Ok?”
Avevo
una domanda pressante nella testa, però. “Non
sembro una z…., vero?”
Bill
rise. “Certo che no, è solo invidia
perché sei magnifica!”
OK.
Era solo invidia. Ora dovevo cacciare questi brutti pensieri.
Il
mio sguardo si posò sul viso contrito di Tom, che
però non ricambiò e continuò
la sua camminata verso il centro del locale. Era ora anche di smetterla
di
pensare a lui, pensai con amarezza.
Georg
Bill
mi aveva parlato chiaro. Dovevo trovare alcuni uomini avvenenti per
Sophie. Il
lavoro ignobile lo devo sempre fare io, eh?
Mi
guardai intorno per localizzare qualche figone. Ho un radar infallibile
io!
Sicuramente avrei trovato q… Scovati, bei fusti, ora tocca a
me!
Raggiunsi
una coppia di bell’imbusti muscolosi.
“Buonasera” esclamai, esibendo tutto il
mio affascinante piglio. Dovevo sembrare un uomo d’affari,
mica uno che cerca
rogne.
No,
un momento. Il mio fascino non li aveva scalfiti nemmeno. Ora questi
palloni
gonfiati dovranno vedersela con me.
“Ragazzi!”
urlai cercando di entrare nella loro visuale.
Questi,
finalmente, mi notarono e mi guardarono con aria di sufficienza. Che
sbruffoni.
Se solo sapessero
il mio conto in banca,
farebbero meno gli spacconi.
“Vi
và di guadagnare qualche banconota da venti per provarci con
una mia amica?”
Appena
sentirono la parola banconota drizzarono le orecchie. Patetici.
“Certo, facci
vedere quale è l’obiettivo”
dichiararono come se fossero dei sicari. Forse lo erano sul serio.
Merda. Ma
chi avevo contattato? Ok, magari avrei potuto rimettere in chiaro le
regole.
Si.
“Prima
dovete starmi a sentire. Le regole sono queste: dovete solo provarci
con questa
ragazza, facendole dei complimenti, insomma cercando di parlare con
lei. Una
alla volta. Non tutti due insieme, ok? Se arriva un tizio a chiedervi
di
lasciarla in pace, fatelo, ok? L’obiettivo è far
ingelosire questo tizio”
Gli
energumeni, annuirono.
“Bene,
sgancia i soldi, amico”
Ma
pensavano veramente che fossi stupido? “No belli. Vi anticipo
dei soldi. Poi a
lavoro finito vi consegno gli altri” dissi mostrando loro la
banconota, per
dimostrare che non stavo mentendo.
“Ok,
d’accordo amico”
Noi
amici non lo siamo, né ora né mai. Troglodito.
“La
mia amica è laggiù al bancone con un vestito
rosso. Non potete sbagliare” dissi
con un sorriso fintissimo. Insomma mi servivano questi tizi, non potevo
certo
inimicarmeli.
La
prima massa muscolare si mosse. L’operazione Uniamo
i cuori solitari era iniziata.
Stavo
quasi gongolando quando notai che il secondo energumeno mi stava
fissando in
modo tetro.
Mamma,
che acido!
Tom
Quanto
era odioso questo party! Non facevo in tempo a muovere un passo, che
qualche
ragazza mi si buttava addosso desiderosa di attenzione. Erano anche
belle donne
e sexy, ma proprio non avevo voglia di dedicare loro nemmeno un
secondo.
Il
mio sguardo, benché sondasse ogni angolo del locale,
continuava a posarsi su
quella minuta ragazza al bancone che reggeva il bicchiere come se fosse
la sua
ancora personale.
Ogni
fibra del mio corpo voleva raggiungerla, ma la mia coscienza mi
ripeteva che
non c’era una sola buona motivazione per rubarle la
felicità, turbandola con la
mia presenza.
Eravamo
due universi di solitudine, abbandonati in mezzo ad un locale
affollato,
incapaci di congiungere le nostre solitudini.
Ridirezionai
il mio sguardo su di lei, ma qualcosa era cambiato attorno a lei.
Un
uomo…muscoloso…le si era avvicinato.
Sentii
avvampare dentro di me. Come si permetteva di avvicinarsi? Preso dalla
rabbia
mi avvicinai per sentire cosa voleva da lei.
Mi
bloccai solo quando riuscii a sentire qualche stralcio di
conversazione.
“Cosa
fai qui tutta sola?”
“Aspetto
i miei amici”
“Allora
aspetterò con te, così non sarai sola. Vuoi
qualcosa da bere?”
Sophie
alzò il bicchiere che teneva in mano e si strinse nelle
spalle.
Pessimo
conquistatore.
Il
muscoloso però non si arrendeva e cominciò ad
adularla con una serie di
complimenti. Diamine avrei fatto mille volte meglio io! Patetico.
Poi
fece la sua mossa falsa: allungò una mano verso il suo viso.
Sophie si
ritrasse, probabilmente infastidita.
A
quel punto dovevo intervenire. Non potevo più stare a
guardare quel coglione
mentre la toccava.
“Metti
già le mani, Romeo”
Il
muscoloso ruotò il suo volto verso di me. “Che
vuoi?”
“Lascia
stare la mia ragazza” digrignai, infuriato. Sophie che era al
mio fianco,
sussultò.
Quest’ultimo
sogghignò e la lasciò. “Tienitela,
è frigida”.
Una
volta che si fu dileguato, mi voltai verso Sophie. “Come
stai?” le chiesi con
la maggiore premura possibile.
“Grazie”
sussurrò. Non mi guardava in viso.
“Sei
al sicuro ora” le riferii avvicinandomi al suo orecchio.
“Vuoi che usciamo a
prendere un po’ d’aria?”
Lei
annuì.
Quando
fummo fuori, si accostò al muro e respirò
profondamente.
“Sei
sicura di stare bene?”. Cominciavo a preoccuparmi.
Mi
guardò dritto negli occhi lucidi. Erano colmi di lacrime.
“Dentro hai detto che
ero la tua ragazza. Lo so perfettamente che lo dicevi solo per farlo
andare via,
ma…”
Stava
singhiozzando. Ora perché piangeva?
“Tom,
lo so che ci siamo detti che eravamo solo amici, ma io credo di non
riuscire a
vederti solo come tale”
Stava
succedendo davvero? “Cosa?”. Il suo viso era ormai
rigato dalle lacrime.
“Sono
una stupida a pensare che tu potessi davvero desiderare quello che
desidero io,
ma almeno ti prego smettila di starmi attorno. Smettila di fare il
carino con
me, perché io mi sto illudendo…”
Non
potevo sentire altre parole. Le mie mani fremevano. Accade tutto in un
attimo, eliminai
le distanze tra noi, spingendola contro il muro con il mio corpo e
appostando
le mani alla parete del locale.
I
nostri visi erano praticamente appiccicati. “Io ti desidero e
non sai
quanto..”. Il mio desiderio era alle stelle: bramavo le sue
labbra. Chiusi gli
occhi e le mie labbra catturarono le sue.
Dapprima
danzarono sulla superficie, per assaporare il gusto l’uno
dell’altra, poi si
dischiusero e le nostre lingue si incontrarono. Il calore che provai
era
indescrivibile.
Non
mi feci ripetere due volte dal mio cuore che avrei dovuto tenerla tra
le
braccia. Le mie mani prima le percorsero le linee del viso, per poi
scorrere
una sulla sua schiena e tirarla verso di me, e l’altra tra i
capelli.
Sophie
non rimase impassibile e mi accarezzò dolcemente il viso e
la nuca. Era
decisamente più controllata di me. Io l’avrei
divorata dalla foga che avevo,
volevo sentirla mia.
Non
riuscivo a staccarmi! Era come una calamita per me. Adoravo il gusto
delle sue
labbra; adoravo bagnarle con la mia lingua; adoravo morderle il labbro
inferiore. Mio dio, ero pazzo di lei.
Non
mi sarei staccato per nulla al mondo da quelle labbra. Ora che erano
unite alle
mie, tutto sembrava perfetto. Tutto assumeva un senso. Forse era questo
che
stavo aspettando da tutta una vita: Sophie.
Georg
Dieci
minuti dopo l’energumeno tornò.
Devo
dire che fu un sollievo, visto che l’altro scimmiotto aveva
continuato a
fissarmi insistentemente, facendomi quasi credere che avesse un debole
per i
ragazzi belli come me.
“Tu
sei pazzo, amico”
Ancora
con questa solfa dell’amico? Ma non siamo mica i teletabbis!
NON SIAMO AMICI!
In quale lingua te lo devo spiegare?
“Perché?”
L’uomo
indicò con il polline il bancone del bar. “La tua
amica è una bella
pollastrella. Ma il tuo amico dovrebbe farsi un po’
più decente. Nessun
muscolo, poco fascino. Ti credo che la ragazza non se lo fila. Pagagli
un
abbonamento in palestra”
Non
riesco a credere alle mie orecchie. Come se lui fosse Mister Bellezza!
Finsi
un sorriso. “Eh, sai com’è. Ma il piano
ha funzionato?”
“Bello,
lui si è ingelosito subito. Vai tu stesso a controllare
fuori dal locale. Si
stanno limonando alla grande”
La
mia faccia credo che potesse assomigliare a quella di un pesce. Mentre
boccheggia. Si, esatto, da pesce lesso!
Il
mio istinto fu di abbracciare l’omone, cosa che a
quest’ultimo non piacque
particolarmente e mi allontanò con le mani. “Ma
sei fuori di testa?”
Ero
troppo euforico per badare a ciò che facevo. Li pagai come
previsto e corsi a
raccontare tutto a Bill.
Gustav
Era
da un pezzo che non vedevo più Tom e nemmeno Sophie. Avevo
un brutto presentimento,
ma la mia ragione scacciava via ogni pensiero negativo.
Decisi
così di dare un’occhiata anche
all’esterno. Quando fui fuori però vidi
all’istante qualcosa che mi gelò il cuore.
Tom
e Sophie erano incollati l’uno all’altra e si
stavano baciando con passione.
Tutti
i miei sogni si infransero. In un solo istante. Non solo non voleva me,
Sophie,
ma voleva Tom, un mio amico e collega.
E
Tom sapeva benissimo i sentimenti che provavo per Sophie.
“Cosa sta
succedendo qui fuori?” gridai, anche
se era palese ciò che stava succedendo.
Tom
e Sophie si scollarono di qualche centimetro, ma quando mi videro si
staccarono
del tutto.
Sophie
mantenne il viso fisso a terra, mentre Tom avanzò verso di
me, per cercare di
spiegare.
“Ti
posso spiegare tutto Gustav…”
Lo
bloccai con un gesto. “Non c’è niente da
spiegare, si capisce benissimo”
“Avrei
dovuto dirtelo. AVREI VOLUTO. Ma è stato improvviso, io
pensavo di non piacerle
e non sapevo sarebbe successo”
“Quella
volta in ascensore mi hai chiesto se mi avesse dato fastidio che
qualcuno ci
provasse con Sophie. Sapevi benissimo già allora che ti
interessava e non hai
detto nulla…”
Il
mio tono di voce era altissimo, ma non riuscivo a controllare la
rabbia. Potevo
comprendere che Sophie amasse un altro, ma non potevo tollerare che un
amico mi
prendesse in giro.
“Ehi
un attimo, Gustav. Davvero non volevo sbilanciarmi troppo”
cominciò a
protestare lui, allungando le sue mani sulle mie spalle.
Ma
io avevo già superato il limite di sopportazione. Non
riuscivo più a connettere,
tanto che mi risultò spontaneo serrare la mano a pugno e
sferrarglielo contro.
Dritto sul naso.
Durò
tutto un secondo. Ma mi sembrò di vedere la scena a
rallentatore mentre la mia
mano colpiva Tom e lui si ritirava indietro coprendosi il viso con le
mani.
“Che
fai?” urlò lui, disperato, guardandomi con un
misto di rabbia e paura.
“Stammi
distante. Non sono in vena di parlare con te ora” ringhiai.
Ma
Tom non voleva smettere. “Io non volevo certo farti del male,
Gustav. Te lo
avrei detto!”
Non
ce la facevo più a sentire anche solo una parola. Mi voltai
per andarmene, ma
Tom mi rincorse e tentò di fermarmi. Allora accadde
l’inevitabile. Attaccai
nuovamente, ma questa volta Tom non si difese solamente. Mi
sferrò un altro
pugno, e cominciò così la nostra lite furiosa.
Non
so quale sia stata la parte più brutta della serata, se fu
il momento in cui
Sophie mi implorò di smettere guardandomi con la paura negli
occhi o fu quando
gli uomini della sicurezza ci scaraventarono a terra per calmarci.
Oppure quando
David dovette scusarsi, per non dire prostrarsi davanti al proprietario
del
locale per non diffondere la notizia ai media, promettendo che non
sarebbe mai
più accaduta una cosa simile.
Quella
sera la trascorsi in pronto soccorso a farmi medicare a tre metri da
Tom, anche
lui sotto torchio di un’infermiera. Sapevo che
c’era, ma cercavo di non
guardarlo minimamente. Il solo vederlo mi irritava.
Sophie
per fortuna era stata riaccompagnata in albergo da Bill e Georg,
atterriti e
disorientati.
L’avevo
fatta grossa. Lo sapevo. Mi sarei preso le mie
responsabilità, ma che nessuno
venga a dirmi che non si sarebbe almeno sentito ferito leggermente nel
sapere
che un amico ha lavorato alle tue spalle per conquistare la ragazza che
sapeva
benissimo piacere anche a te.
Quella
notte scoprii un lato nascosto di me: potevo essere pericoloso anche io
se mi
arrabbiavo.
Sophie
Se
avessi fatto un’intervista a un campione eterogeneo di donne,
per chiedere loro
cosa ne pensano di due uomini che litigano per loro, sono certa che il
98 % di
loro mi risponderebbe che ne sarebbero lusingate.
Vi
assicuro che non lo è minimamente. Quando Tom e Gustav
cominciarono a darsele
di santa ragione (anche se tanto santa non era) il primo pensiero fu
alla loro
incolumità. Ero terrorizzata all’idea che qualcuno
si facesse veramente male.
Non li riconoscevo più!
Tornata
in albergo siccome non avevo sonno ed ero troppo agitata anche solo per
mettermi a letto, girovagai per la stanza in cerchio, cercando di
svuotare la
mente.
Avevo
dei pensieri ricorrenti: Gustav che sferra il primo pugno; il bacio di
Tom, e
infine quello che ha detto Gustav riguardo l’evento in
ascensore. Accennava al
fatto che Tom era interessato a me da qualche tempo.
Quindi
Tom mi ricambiava. Il bacio non era stato uno svago serale.
Da
un certo punto di vista la cosa mi eccitava e volevo saltare sui muri
per
esultare di gioia, ma dall’altra parte sapevo che
ciò infastidiva Gustav ed era
stata la causa scatenante del litigio.
Ero
dilaniata. Cosa avrei dovuto fare con entrambi? Mi avrebbero
più parlato? E se
per causa mia il gruppo si sciogliesse?
Cancellai
l’ultimo pensiero dalla mia mente in un baleno. Non avrei
permesso una cosa
simile, mai e poi mai.
In
quel momento bussarono alla porta. Il mio cuore fece un triplo salto
carpiato.
E ora chi era? Cosa stava succedendo?
Mi
diressi alla porta con il cuore in tumulto.
Aprii
di poco la porta e vidi che sulla soglia c’era Tom. Egli
appena mi vide mi
rispose con un sorriso raggiante. Il naso era bendato e aveva anche un
cerotto
sulla fronte.
“Che
ci fai qui?” bisbigliai, scrutando il corridoio a destra e
sinistra.
“È
già entrato in camera, non ti preoccupare. Posso entrare un
attimo?”
“E
se qualcuno ti scoprisse?”
Tom
scosse la testa. “Non accadrà. Devo parlarti un
attimo”
Lo
lasciai entrare.
“Lo
sai vero che questo è solo un assaggio, se Georg scopre che
sei qui?”
“Non
lo scoprirà mai” disse, guardandosi intorno.
“Tutto
ok?” chiesi, insospettita dall’atteggiamento.
“Sediamoci
un attimo” mi disse indicando il letto.
Lo
seguii a ruota.
Quando
ci fummo accomodati, mi prese una mano.
Il
mio cuore era già al settimo cielo. Mi sembrava troppo bello
per essere vero.
“Sono
venuto qui per parlare di ciò che è successo e
per sapere se stai bene. Non è
stato un bello spettacolo no?”
Scossi
la testa. No, per niente.
“Volevo
parlarti di ciò che ha detto Gustav. È vero.
Quando ho capito che mi piacevi ho
pensato di parlarne con lui, ma siccome non ero certa dei tuoi
sentimenti non
volevo che ne sapesse nulla nessuno. Ho sbagliato. Non avrei dovuto
fare niente
senza prima parlarne direttamente con lui. Solo che ieri sera quando
hai detto
quelle cose, ho capito che anche per te era lo stesso e non potevo
più aspettare
altro” disse sciogliendosi in un sorriso. “Era
impossibile resisterti. Eri così
bella anche con le lacrime”
Era
ufficiale. Stavo sognando. Ma certo, come era possibile che Tom Kaulitz
fosse
lì nella mia stanza, a quell’ora a tenermi la mano
mentre si dichiara. Sono
così fantasiosa che dovrei scriverci un libro! Sophie sei un
genio! Diventerò
una scrittrice!
Però
prima di svegliarmi, rendiamo questo sogno ancora più bello.
Strinsi
la mano di Tom, per imprimergli ancora più forza.
“Non sapevo che tu mi
ricambiassi. Pensavo che tu mi odiassi visto come ti comportavi, tutte
le prese
in giro”
“Penso
che tutto ciò che ti dicessi fosse un modo per allontanarti.
Ma non ci sono
riuscito. Alla festa a cui siamo andati in cui ti sei finta la mia
ragazza, ti
ho baciato. Cioè ci siamo baciati, ma tu hai dimenticato
tutto”
Mi
girava la testa. “Davvero? Quindi non
c’è stato solo quel bacio che ricordo?”
Tom
mi guardò dritto negli occhi. “No, Sophie. Ci
siamo baciati lungo tutta la
strada del ritorno e hai voluto che ti baciassi anche in albergo. Sono
rimasto
finché non sei crollata poi sono scappato via”
Ero
allibita. “Perché non me l’hai
detto?”
“Perché
ero confuso, mi avevi detto tante cose belle ma eri sotto effetto
dell’alcool,
e poi non pensavo di meritarti, te l’ho detto anche ma tu
insistevi sul fatto
che ero il tuo eroe. Ho avuto paura che tu potessi affezionarti troppo
a me”
“Quindi
sei qui per dirmi che non lo devo fare, che è stato un
errore anche questa
sera?”
Tom
mi accarezzò il viso con una mano. “No, sono qui
per dirti che avrei potuto
agire diversamente e che voglio essere un po’ più
egoista se è questo che mi
permetterà di stare con te”
L’atmosfera
poteva dirsi infuocata. Almeno lo credevo io per via delle sensazioni
che
provavo.
Mi
protesi verso di lui e lo abbracciai. Volevo sentire ancora le sue
braccia
avvolgermi.
E
in questo abbraccio ci stendemmo sul piumone. E in quel momento
cominciammo a
baciarci.
Eravamo
distesi sul mio letto, uno nelle braccia dell’altro,
avvinghiati come due
koala. Ma non c’era niente di provocante in questo o
sessuale. Semplicemente
stavamo soddisfando il nostro bisogno di stare vicini, finalmente
uniti.
I
nostri baci erano dolci, tranquilli, così rilassanti che mi
sembrava di stare
in paradiso.
Fu
in quella posizione che ci addormentammo entrambi.
Note
finali
Siamo
praticamente al terzultimo capitolo della saga! Non siete
felici?
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto! Mi sono un po' sfogata. Era da un
po' che volevo unire questi briconcelli!
Non
vedo l'ora di farvi leggere ciò che avverrà
prossimamente! Preparatevi sulle vostre seggiole perchè
urlerete un sacco!!
Alla
prossima :)
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