Autore (se il nick
differisce da quello di EFP, comunicarlo qui): _Branwen_ (sul forum
Layla_Morrigan_Aspasia).
Titolo: New day
coming.
Personaggi e Pairing:
Hanabi Hyuuga, Kiba Inuzuka, accenni Kiba/Hanabi.
Genere:
introspettivo, generale.
Rating: giallo.
Avvertimenti: AU.
Introduzione: Il
primo passo verso il suo grande, ambizioso progetto, era ormai
compiuto. Quel giorno avrebbe iniziato a effettuare il secondo. Lo
sapeva, nessuno l'avrebbe mai fermata. Hanabi era fermamente decisa a
voler diventare un medico legale, la migliore.
Note dell'Autore:
trattandosi di un'AU ho deciso di ambientarla in Italia e questo lo si
nota nella storia dal fatto che (per ora) il test di ammissione alle
scuole di specializzazioni mediche è nazionale
(chissà come sarà quando toccherà
sostenerlo a me). Il titolo viene da un'altra omonima canzone di Scott
Stapp, come anche la citazione, ovviamente. Consiglio la lettura con
l'ascolto di “Break Out”,
la canzone della mia rinascita, che ha in sé un messaggio
coraggioso, di fiducia in se stessi e della voglia di non arrendersi
mai.
Mi
piaceva l'idea di vedere una Hanabi forte, determinata e indipendente,
adulta, ma in un contesto diverso, dove l'introspezione la facesse da
padrona; sono del parere che il valore di un personaggio come il suo
non si veda solo nelle scene d'azione, ma anche nel quotidiano. Spero
vi piaccia. Buona lettura.
New
day coming.
“I'm
saying 'hello' to a new dream
I’m
taking it back what’s left of me.
Don’t
even try,
You
can’t stop me now!”
Break
out, Scott Stapp.
Kiba
sarebbe passato a prenderla tra venti minuti, aveva detto che voleva
accompagnarla in questo giorno così importante.
Aveva
pensato di varcare la soglia dell'ospedale appuntando il cartellino da
medico in formazione specialistica sul camice, da sola, fiera, come lei
era sempre stata, ma la compagnia del giovane le piaceva e non poteva
negarlo.
Se
non altro, avrebbe avuto modo di prenderlo in giro dicendogli che se
avesse commesso qualche sbaglio al lavoro lo avrebbe costretto a
difenderla in tribunale senza possibilità di tirarsi
indietro.
Sorrise
pensando alla faccia stupita del ragazzo nel sentirsi dire quelle
parole.
Controllò
se aveva messo in borsa tutto il necessario; per sicurezza prese anche
il trattato tascabile, non avrebbe lasciato nulla al caso.
Si
era informata molto bene – giocando d'anticipo –
riguardo l'ambiente di quello che da oggi sarebbe diventato
effettivamente il suo reparto; aveva scoperto che il primario
richiedeva abiti formali a lavoro, quindi Hanabi aveva indossato un
tailleur blu scuro, in tinta con la borsa.
Si
controllò allo specchio compiacendosi di come le cadeva bene
l'abito indosso: era sicura di sé, per nulla intimorita da
ciò che l'aspettava.
Non
aveva pianto il giorno della sua laurea, era contenta, e fu ancora
più sollevata quando ottenne l'abilitazione alla professione
sei mesi dopo.
Il
primo passo verso il suo grande, ambizioso progetto, era ormai
compiuto.
Quel
giorno avrebbe iniziato a effettuare il secondo.
Lo
sapeva, nessuno l'avrebbe mai fermata: Hanabi era fermamente decisa a
voler diventare un medico legale, la migliore.
Pianse
di gioia, in privato, sfogando una tensione a lungo repressa, quando
scoprì di aver passato il test di ammissione nazionale per
la scuola di specializzazione dei suoi sogni.
Quella
che si commosse di più fu Hinata non appena seppe la bella
notizia; Kiba non perse l'occasione di scattare una foto alle due
sorelle, una in lacrime e l'altra orgogliosa.
Andò
in camera sua e prese l'album di fotografie che teneva nel cassetto del
comodino; avrebbe ingannato l'attesa rivedendo quei fotogrammi,
testimoni del tempo passato e della sua vita fino a quel momento.
Rivide
se stessa appena nata, tra le braccia dei suoi genitori e quelle di
Hinata, una ragazzina che giocava a far la guerra con altri bambini,
una studentessa modello, una giovane donna davanti al primo
appartamento diviso con le coinquiline...
Sfilò
alcune fotografie dall'album e le ripose nel libro che avrebbe portato
con sé a lavoro, sarebbe stato bello appenderle
nell'armadietto che le avrebbero dato in reparto.
Una
parte di lei avrebbe dimorato tra quelle mura, pareti dove la
sofferenza è sempre stata la protagonista indiscussa, mentre
i medici si affannavano per scacciarla via, nei loro limiti e
possibilità, in una lotta per nulla epica.
Non
vedeva la sua come una missione, ma riconosceva che non era da tutti
imbracciare la spada contro la morte.
Lei
invece avrebbe accompagnato quest'ultima, cercando di dare giustizia a
chi non l'aveva ricevuta, perdendo la propria vita, avendo a che fare
con chi non ha più la propria voce.
Ci
sarebbe riuscita, non aveva dubbi.
Cinquecento
parole.
Un grande grazie a _Schwarz
per il betaggio.
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