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Warnings: Missing
Moments, Angst, Introspettivo
Ship&Crew: Thomas/Minho
(latente) | Thomas, Minho, Newt, Altri
Note: La raccolta nasce
sostanzialmente sia dalla voglia di buttare giù qualcosa, sia dalla
curiosità che alcuni momenti accennati nella trilogia hanno solleticato.
Sarà composta da cinque, brevi capitoli e sugli aggiornamenti non faccio
promesse, ahimé; aggiornerò quando mi sarà possibile, cercando di non far
passare tempi biblici tra un capitolo e l'altro. :') Va bene, non credo di
avere altro da dire, se non augurarvi una buona lettura, pive!
Passo e chiudo.
___
1. La Fase Uno
«Eri con... con i Creatori.
Li aiutavi.»
(Il Labirinto, Cap. 31)
"Thomas, è pronto."
La sua mano si interrompe nel mezzo di un
movimento, attraversata da uno spasmo che sembra il riflesso del suo cuore che
adesso batte forte. Aspettava questa notizia da giorni, ma c'era sempre qualcosa
ultimare, studiare, perfezionare. Adesso finalmente non è rimasto altro da fare.
Getta la penna su un mucchio di bozze tratteggiate grezzamente e la sedia stride
contro il pavimento quando si alza per fronteggiare Teresa, che se ne sta
poggiata contro lo stipite della porta, un sorriso preoccupato sul viso. Sanno
perfettamente che, tra poco più di un paio d'anni, anche loro dovranno
raggiungere gli altri. È stato tutto accuratamente studiato negli ultimi anni,
un piano elaborato fino al dettaglio più insignificante. Ma, fino a quel
momento, saranno ugualmente con i soggetti del gruppo A per tutto il
tempo, osservandoli e studiandoli attraverso gli occhi delle microcamere mobili
e di quelle inseriti nei punti strategici del complesso.
Ora come ora, Thomas vuole solo vedere con i
propri occhi la prova concreta di ciò per cui ha lavorato per tutto quel tempo.
"Voglio vederlo," dice, stringendo i pugni.
"Voglio vedere il Labirinto."
Quando le sue scarpe si staccano definitivamente
dalla passerella instabile che collega il deposito dei Diversivi, ha
l'impressione di essere appena entrato in un mondo che non ha mai visto, ma che,
paradossalmente, conosce perfettamente. Le mura del Labirinto si srotolano,
immense e mostruose, fin dove l'occhio riesce a scrutare, macchiate di edera
rigogliosa, che dà l'impressione di essere lì da anni e non solo da poche
settimane, figlia di un eccezionale fertilizzante che ne ha aumentato
esponenzialmente il ritmo di crescita, fino ad arrestarsi ad un punto ritenuto
ottimale ai fini del loro esperimento.
I mattoni crepati sono ben solidi sotto i piedi,
punteggiati qua e là da erbacce apparentemente casuali. Seguito da un team di
esperti costruttori, si inoltra a passo sicuro attraverso i vicoli, sapendo con
esattezza quali e quante svolte dovrà prendere per giungere al cuore del
Labirinto, al Punto Zero del loro esperimento.
E quando svolta a sinistra per l'ennesima volta,
ciò che vede lo lascia senza fiato. L'intero impianto è stato eretto secondo
criteri ben precisi, secondo prerogative ben studiate, tra cui il senso di
vertigine e impotenza che deve comunicare ad una prima occhiata. Thomas pensa
che, a tal proposito, i costruttori abbiano dato il meglio di sé. L'ingresso
occidentale è mostruoso, una fenditura in un muro altrimenti ininterrotto di cui
non si riesce neppure a scorgere la sommità. Camminandogli incontro, si sente
quasi schiacciato da tanta imponenza, ha la sensazione che le dimensioni del
varco aumentino esponenzialmente passo dopo passo. Quando arriva sulla soglia, è
costretto a fermarsi, totalmente interdetto. Non è la prima volta che mette
piede in quel posto, ma, ad onor del vero, deve convenire che le volte
precedenti non era altro che uno spazio sterminato, illuminato da centinaia di
riflettori che proiettavano la loro luce abbacinante su blocchi di cemento
informi, accatastati gli uni sugli altri. All'epoca, il Labirinto era solo
l'abbozzo di un progetto elaborato per anni. Adesso è concreto, esiste, ed è
sconvolgente sapere che buona parte delle idee e dei contributi sono stati suoi.
Incredibilmente, anche il Punto Zero è come lo
aveva immaginato. Un'enorme piazza rettangolare, con l'ascensore nel mezzo e il
bosco, i recinti per gli animali e il rifugio agli angoli. È tutto perfetto, in
ogni singolo, infinitesimale dettaglio, dal Punto Zero in sé ai fili d'erba che
ne solcano il pavimento di cemento screpolato.
Alla sua destra, nota, giace un mucchio di piccoli
automi. Sorride, ricordando quando, molti anni prima, lui e Teresa sedevano in
un laboratorio, a dipingere la parola CATTIVO sul loro dorso con la
vernice. Sembrano innocui, un giocattolo per bambini, ma ha provato sulla
propria pelle cosa vuol dire toccarne uno acceso e funzionante. La scossa
elettrica lo aveva lasciato stordito per ore, portandolo a complimentarsi con
chi li aveva progettati. I Soggetti impareranno presto a starne lontani, ne è
sicuro. È fondamentale che lo facciano. Un incontro troppo ravvicinato
permetterebbe loro di notare le microspie, mandando a monte il loro esperimento.
I Soggetti dovranno essere totalmente all'oscuro di ogni cosa, per molto tempo a
venire.
"È tutto pronto. Mancano solo i Soggetti," dice il
capo dei costruttori, battendogli una pacca sulla schiena. Thomas sente di
invidiarlo. Il suo lavoro è finito. Resterà nei paraggi, per controllare che la
struttura sia sempre efficiente, ma sarà solo una piccola incombenza rispetto a
quella che attende Thomas. Ciononostante, non riesce a dirsene dispiaciuto; è smanioso di sedere al suo posto, raccogliere dati, osservare come i Soggetti
rispondano ad ogni prova, studiare tutto lo scibile possibile per trovare una
cura.
La cura.
"Va bene," dice Thomas, dopo aver esplorato ogni
luogo. "Torniamo al quartier generale. Domani sarà una giornata molto
importante. Un'ultima cosa," aggiunge, adocchiando il soffitto grigio. "Puoi
dare l'ordine ai tecnici di attivare gli ologrammi?"
L'uomo annuisce e, premendosi una mano su un
orecchio, bisbiglia qualcosa. Quasi immediatamente, l'ordine viene recepito e il
soffitto diventa un cielo blu inteso, la luce di un sole invisibile che fodera
ogni cosa. Thomas annuisce, assolutamente soddisfatto. Adesso è veramente tutto
perfetto.
"Andiamo."
Il refettorio non è mai stato così pieno.
I ragazzi - i Soggetti - si aggirano spaesati e
disorientati tra le tavolate già imbandite per la cena, evitandosi
accuratamente. Sono chiaramente impauriti di ritrovarsi, dopo anni di
solitudine, in un ambiente così pieno di persone. Così pieno di coetanei. Thomas
nota che tendono a raccogliersi negli angoli, nervosi e spaventati. Non tutti,
tuttavia. Alcuni di loro - tre di loro - parlano a bassa voce, le schiene dritte
e le braccia incrociate. Minho, Newt e Alby, se la memoria non lo inganna.
Non riesce a dirsene sorpreso. Dai test, è emerso
che quei tre Soggetti sono quelli che hanno risposto meglio alle prove a cui
sono stati sottoposti. Non hanno mostrato alcuna paura, forse solo un vago
nervosismo. Si domanda di cosa saranno capaci, una volta nel Labirinto. Chi
diventeranno quando riapriranno gli occhi ricordando nient'altro che il proprio
nome. Un'ombra scura passa nel suo sguardo. Quella è forse la parte che meno gli
piace, che ha faticato a digerire. Gli sembra ancora un torto privare quei
ragazzi di ogni certezza, ma sa bene che la Fase Uno, perché possa funzionare,
ha bisogno di Soggetti dalla mente azzerata, vergine, scevra di ogni
collegamento personale con il prima. Ricorderanno solo cose generiche,
contesti generici, niente in cui potranno collocarsi con esattezza. Si domanda
cosa proverà quando sarà il suo turno, quando verrà spedito nel Labirinto con
nient'altro che la memoria del suo falso nome. Si domanda chi diventerà. Se
odierà chi gli avrà fatto quello, coloro di cui non serberà alcun ricordo.
La CATTIVO è buona, si ripete più volte,
come a imprimerlo a fondo, così che neanche il Filtro possa cancellarlo.
"Thomas, sei pronto?"
Teresa gli sfiora piano la mano e Thomas si sforza
di resistere alla tentazione di intrecciare le dita alle sue.
Non mi ricorderò neppure di lei, pensa
all'improvviso, scuotendo la testa per allontanare il pensiero. Non è il momento
di pensarci. Manca ancora molto tempo. Cose più urgenti e immediate richiedono
la sua attenzione.
"Sì," mormora, avvicinandosi ai ragazzi, che
immediatamente puntano il loro sguardo su di lui, come fosse l'unica ancora di
salvezza, l'unica risposta ai loro infiniti punti di domanda.
"Ragazzi, ascoltatemi tutti, per favore."
Attende che ognuno di loro gli presti attenzione,
prima di recitare quanto ha imparato a memoria pochi giorni prima.
"La vostra permanenza qui è finita. I test sono
finiti. Abbiamo abbastanza dati su cui lavorare, pertanto la vostra presenza non
è più utile. Tornerete dalle vostre famiglie domani stesso."
Attende che la più grande bugia che abbia mai
detto faccia presa sulle loro menti. Le reazioni a cui assiste quasi lo
stordiscono: alcuni ridono istericamente, altri restano in silenzio, altri
ancora scuotono la testa, increduli e terrorizzati.
"Sei serio?" domanda un ragazzo. Alto, robusto,
asiatico. Minho.
Thomas sorride. "Assolutamente. Sappiamo che la
maggior parte delle vostre famiglie è scampata all'Eruzione e la CATTIVO sarà
lieta di darvi un luogo sicuro in cui vivere. Tornerete alla vostra vita,
ripagati per il prezioso contributo che avete dato alla nostra causa. E adesso,
forza, fate sparire tutto questo cibo! E, ah, un'ultima cosa," aggiunge, prima
di permettere loro di sedere intorno alle tavolate. "La CATTIVO è buona, non
dimenticatelo mai."
Detto questo, i ragazzi prendono lentamente posto.
Sono restii a mangiare, ancora storditi dalla notizia, ma Thomas sa che negli
ultimi tempi il loro cibo è stato troppo frugale e minimale per poter resistere
a tutte quelle prelibatezze. Era parte del piano. E quando il primo ragazzo si
riempie il piatto, non passa molto tempo prima che tutti, uno alla volta, lo
imitino.
Thomas siede al suo posto, accanto a Teresa.
Adesso che la notizia ha fatto presa, l'atmosfera si è alleggerita di colpo,
pregna di contentezza e leggerezza. I ragazzi parlano l'uno con l'altro, ridono,
si scambiano pacche sulle spalle.
Non sanno che è l'ultima volta che proveranno
qualcosa di così positivo e travolgente.
"Tra quanto tempo il sedativo farà effetto?"
Teresa cruccia un poco la bocca prima di
rispondere.
"Un'ora e mezza, un paio d'ore al massimo. I
medici sono pronti ad impiantare il Filtro. Lavoreranno tutta la notte."
Thomas annuisce, masticando un pezzo di pane.
"Gli altri Soggetti?"
"Al sicuro nelle loro camere, come al solito."
"Che la Fase Uno abbia inizio a partire da ora,
allora."
E solleva il suo bicchiere pieno d'acqua,
inclinandolo verso la ragazza a mo' di brindisi, prima di ingoiarne il contenuto
in un solo sorso.
Thomas spalancò gli occhi con un sussulto,
rigirandosi supino sulla schiena.
Tastandosi la fronte, la trovò madida di sudore
gelido. Il cuore batteva troppo forte, scioccato quanto la sua mente per aver
ricordato finalmente un'intera memoria della sua vita passata. Succedeva sempre
più spesso e non sapeva se sentirsene rassicurato o terrorizzato.
Ricordare quello che era stato, la freddezza con
cui era solito agire, giustificando ogni abominio della CATTIVO, lo sprofondava
nella mortificazione. Non si riconosceva affatto in quel ragazzo che aveva
brindato all'avvio dell'orribile esperimento che era stato il Labirinto. Ma, suo
malgrado, si riconosceva nel suo vecchio sé che aveva messo piede nel Labirinto
per la prima volta, sentendosene incuriosito, attratto e meravigliato. Adesso,
finalmente, capiva da dove nasceva tutto quel senso di riconoscimento e
familiarità che lo aveva perseguitato nei suoi giorni di permanenza laggiù. Era
stata un'emozione così forte che, in qualche modo, doveva aver lasciato
un'impronta dentro di sé, eludendo la potenza del Filtro.
Allungò la mano e tastò a tentoni fino a
riconoscere il profilo di una grezza borraccia di pelle. Ne tracannò l'acqua
gelida in pochi sorsi, sentendo il battito acquietarsi. La voce che si levò da
qualche parte alla sua sinistra, però, minacciò di sprofondarlo nuovamente nel
panico.
"Un altro sogno?"
La minaccia evaporò quando riconobbe la voce di
Minho. E come avrebbe potuto essere diversamente? Era lui che condivideva il suo
rifugio, lui e nessun'altro. Lui che sapeva di quei sogni singolari.
"Già."
"Cosa hai visto?"
Thomas strinse gli occhi, scuotendo la testa,
dimenticando che l'altro non poteva vederlo.
"Non importa, pive. Prima o poi ne parleremo," lo
scusò e Thomas lo sentì voltarsi dall'altra parte.
Sì, prima o poi ne avrebbero parlato. Se lo
promettevano sogno dopo sogno.
Ma il momento, tuttavia, sembrava non dovesse
arrivare mai.
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