American Idiot

di Midnight the mad
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WHATSERNAME
(Dove è cominciato tutto,
perché inizio e fine non sono mai così diversi)

La strada era buia. Persino le case sembravano riflettere l’ombra che si riversava sull’asfalto nero, e i lampioni non sembravano in grado di impedirlo.
- E’ qui, vero? –
- Sì. –
Whatsername accostò la macchina al marciapiede e i due si guardarono.
- Forse avremmo dovuto portare dei fiori. – osservò Jesus, quasi ironico.
- Non le sarebbero piaciuti. – ribatté lei. Ingoiò aria. – Scendiamo? –
- Che altro potremmo fare? – Jesus aprì la portiera, ma nonostante si fosse fatto coraggio esitò un secondo prima di scendere nell’aria fredda della notte.
Nonostante fosse davvero tardi, la strada non era deserta. C’era un uomo che camminava parlando al telefono. Un barbone appoggiato al muro. Passava qualche auto, anche.
Jesus tese una mano e Whatsername la strinse mentre arrivavano alla porta del palazzo. Il palazzo del loro appartamento. Non c’era niente che restasse di ciò che avevano passato, lì, ma dove altro sarebbero potuti andare?
- Ed eccoci qui. – sussurrò lei.
Lui non ribatté. – Direi che è la dimostrazione che alla fine non resta proprio un cazzo di niente. – Deglutì. – Mi manca. In modo strano, ma mi manca. –
- Anche a me manca. – rispose Whatsername. – E... mi piacerebbe quasi pensare che sia colpa mia, che se fossi rimasta non se ne sarebbe andata. Ma... ma penso che farsi prendere dai sensi di colpa sarebbe piuttosto inutile. Avrebbe fatto comunque di testa sua, era già collassato tutto. Avremmo dovuto frenare le cose dall’inizio, oppure ancora prima. Quando ci siamo incontrati stavano già precipitando. –
- E lo fanno ancora. – mormorò Jesus. – Non si fermano mai. –
- Finché non ti schianti. –
- Contro quale muro? –
Restarono in silenzio per un po’, stringendosi ancora la mano. – Che siamo venuti a fare qui, Jesus? – domandò Whatsername.
- Che cosa saremmo stati a fare da qualsiasi altra parte? – Alzò le spalle. – Immagino che abbiamo il diritto di piangere un po’. –
- Beh, sì, forse potrebbe essere un’idea. –
- Mh. Piangere. Potrei quasi sentirmi onorata. –
Un secondo di gelo.
Il lampione più vicino a loro disegnava una chiazza di inutile luce attorno a una persona appoggiata al palo. Quasi fosse un’aureola.
Jesus deglutì.
La donna sorrise, gli occhi ancora nascosti dalla visiera del cappello che indossava. – Dieci anni. E’ un sacco di tempo, vero? –
- Sei... viva. –
- Direi. Non credo che i morti parlino. – Un altro sorriso. Lei si staccò dal lampione e si avvicinò – Anche voi siete vivi, direi. –
- Ma tu ti sei... tu ti sei buttata sotto un treno. –
- Non direi. Una ragazza si è buttata sotto un treno. Mentre entravo in metropolitana per andare verso il palazzo dal quale volevo buttarmi. – Lei scrollò le spalle. – Una specie di segno del destino. Ho deciso di... di fare un azzardo. Di fare solo finta di morire. –
- Non è da te fare azzardi di questo tipo. – mormorò Whatsername.
- Ma direi che siamo un po’ cambiati tutti e tre. – Sorrise di nuovo. – E ora siamo qui. –
- Ora siamo qui. E questo sarebbe... –
- ...un altro azzardo. – concluse St. Jimmy. – Già. Che ci vuoi fare? Ultimamente mi sento spericolata. –
- Da quanto sei qui? –
- Da troppo tempo. –
Whatsername ricambiò il sorriso. – In effetti... hai ragione. – Guardò Jesus. – Forse sarebbe il caso di... –
Lui ingoiò aria. E poi... poi anche lui sorrise. – Di andare via. –




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