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di Oceangirl
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E dopo mesi e mesi e mesi di assenza.. Eccomi! No, non ho abbandonato la storia, mi sono ripromessa di finirla e la finirò anche se, come avrete notato, purtroppo non riuscirò ad aggiornare con regolarità.. Mi spiace davvero ma spero che continuiate a seguire la storia.. Ora! Bando alle ciance, ecco il dodicesimo capitolo! Buona lettura!

Era tutto al proprio posto: il televisore al plasma attaccato al muro come se fosse un quadro, il divano in pelle, i mobili, gli oggetti, niente era stato spostato, niente era stato aggiunto o tolto, anche nelle altre stanze era tutto esattamente come era stato lasciato il giorno che aveva deciso di andare a vivere nell'appartamento di Leah, allora perchè sembrava una casa così diversa da quella in cui aveva vissuto fino a pochi mesi prima? C'era qualcosa che lo faceva sembrare un luogo estraneo e, in qualche modo, ostile o forse l'appartamento era sempre lo stesso e a essere cambiata era lei: in fin dei conti sì, si sentiva diversa, le ferite che aveva lasciato Julia al suo orgoglio stavano guarendo, sapeva che per quelle più profonde ci sarebbe voluto ancora del tempo ma era fiduciosa che con tutti i cambiamenti che stavano avvenendo nella sua vita tutto sarebbe andato per il meglio, stava tornando l'Arizona ottimista che era un tempo, stava ritrovando sè stessa, come poteva non andare bene? In quel momento, però, l'unica cosa che desiderava il chirurgo pediatrico era raccattare gli oggetti che le servivano per la nuova casa e andare via di lì più in fretta che poteva, sbattere la porta dietro di lei e mettere in vendita quel luogo pieno di brutti ricordi, non vederlo mai più, dimenticarsi della sua esistenza.
Il letto in camera, che aveva ancora le stesse lenzuola che c'erano su l'ultima volta che era stata lì, era pieno di valige, vestiti, libri e oggetti: la bionda aveva svuotato tutti gli armadi e stava decidendo cosa portare nella nuova casa e cosa lasciare, anzi, cosa gettare via insieme al suo passato ma quello si stava rivelando un compito arduo, sembrava quasi le servisse tutto, dannazione! Qualsiasi oggetto su cui posava lo sguardo sembrava utile, quasi indispensabile e davvero, davvero, davvero non poteva portarsi via tutto.
-Sei sicura di non aver bisogno di una mano?- Era così persa nei suoi pensieri e nei suoi ricordi che la voce di Callie le era arrivata da lontano, ovattata ma anche quel lieve suono riuscì a distrarla dalla confusione che aveva in testa. Anche il chirurgo ortopedico non sembrava a suo agio lì dentro, notò Arizona una volta che si voltò verso di lei, stava sulla soglia della camera da letto, non aveva mosso un passo verso l'interno, continuava a guardare verso la porta d'entrata con la schiena appoggiata allo stipite e le braccia incrociate al petto.. Eggià, la sua cara Calliope voleva andarsene via quanto, se non più, lei, era chiaro come il sole.
-Prima sapevo cosa prendere, avevo fatto anche una lista.- Spiegò la bionda continuando a prendere oggetti dal letto, osservarli, metterli nel borsone rosso che aveva portato e poi rimetterli sopra al letto, odiava essere così insicura e indecisa. -Ma adesso che sono qui sembra che mi possa servire tutto.- Sbuffò spostando il suo sguardo azzurro verso la donna sulla porta che provò a sorriderle.
Ah, quel sorriso e le cose che le faceva: era come il sole, avrebbe potuto illuminare una stanza buia, ne era convinta.
-Prendi solo le cose che hai segnato..- Le suggerì la latina avvicinandosi al letto dove era seduta Arizona. -Se poi ti serve altro, torniamo un altro giorno con un'altra lista, no?- Ed eccola lì, seduta accanto a lei, con quel sorriso che faceva venir voglia di mangiare quelle labbra carnose. La sensazione che aveva avuto quel pomeriggio si era rivelata verità, l'interesse era reciproco: da quando avevano condiviso quel quasi bacio interrotto da Mark, Calliope sembrava cambiata nei suoi confronti, era passata dall'indifferenza totale di qualche tempo prima, all'amicizia e poi al flirt più sfrenato, non passava giorno senza che le orecchie di Arizona non venissero accarezzate dalla risata suadente di Callie, il contatto fisico era aumentato notevolmente, i tocchi quasi casuali che Torres le dava mentre parlavano erano innumerevoli, per non parlare di quei sorrisi mozzafiato, degli sguardi pieni di.. Di qualcosa che faceva venir voglia ad Arizona di stringerla e non lasciarla più andare ma c'era altro, sempre che era successo quel pomeriggio, che non le permetteva di lasciarsi andare come avrebbe desiderato: la latina voleva dei figli.
-Non lo so, il piano era quello di vedere questa casa il meno poss..- Quando si voltò si ritrovò faccia a faccia con Callie, i loro nasi quasi si sfioravano e lei non riuscì più a respirare, figurarsi finire la frase. Il suo sguardo cadde dagli occhi scuri e pieni di vita alle sue labbra piene e invitanti sulle quali si soffermò per parecchi secondi. Oh, quanta voglia aveva di avvicinarsi ancora di più, azzerare la distanza che esisteva tra loro in quel momento, sentire il calore di quelle labbra sulle sue, il loro sapore, l'odore inebriante della pelle di Calliope, abbracciarla come mai aveva osato fare, riusciva a sentire le sensazioni che avrebbe provato anche senza muoversi di un millimetro, sapeva che la realtà sarebbe stata anche mille volte meglio della sua immaginazione ma non poteva, doveva resistere. Era stata con tante diverse donne, non gliene era mai fregato niente di ciò che loro volessero dalla vita, se desiderassero essere donne in carriera o casalinghe, libere e senza responsabilità personali o madri di famiglia, non gliene era fregato mai niente nemmeno con sua moglie e, forse, proprio questo aveva spinto la rossa a pensare da sè ai propri desideri. Con Callie sarebbe stato diverso, ecco cosa si promise: non avrebbe spezzato il cuore di entrambe entrando in una relazione che le avrebbe portate solo alla distruzione visti i loro sogni così diversi. Lei non voleva dei figli, non desiderava un matrimonio, voleva solo essere felice e serena, qualsiasi cosa questo comportasse. Ma cosa l'avrebbe resa davvero felice? Calliope. E cosa l'avrebbe distrutta definitivamente? Sempre Calliope. Non poteva correre il rischio, non voleva correre il rischio. Non con lei.
Abbassò lentamente il suo sguardo verso i suoi piedi con un sospiro profondo lasciando negli occhi della latina un velo di amarezza e delusione, lo sentiva anche senza guardare, quegli occhi riuscivano a comunicare con lei anche quando non aveva con loro un diretto contatto visivo.
-Dicevo..- Riuscì a mormorare dopo essersi schiarita la voce con un colpo di tosse -..Che il piano era quello di vedere questo posto il meno possibile ma forse hai ragione: prenderò solo ciò che era in lista e, casomai, tornerò un altro giorno a prendere il resto.- Andare via da quello che stava succedendo era una buona strategia, non sarebbe stata in grado di resistere se Callie si fosse avvicinata così tanto un'altra volta.
-Ok..- Sospirò Torres rialzandosi e prendendo la lista dal comodino vicino al letto per aiutare la sua amica a finire in fretta.
Era delusa? Oh, sì. Delusa e confusa, a dirla tutta. Era convinta di piacerle, insomma, si era avvicinata anche lei quel giorno in casa loro, una settimana prima, anche lei aveva tentato di baciarla, lo desiderava anche lei e allora perchè poi aveva fatto così tanti passi indietro? Voleva fargliela pagare per tutti quegli anni di silenzio? O, più semplicemente, era tutto nella sua testa e Arizona non era mai stata interessata a lei? Questo sì, era più probabile. Lanciò uno sguardo allo specchio sopra alla cassettiera di fronte al letto e solo una domanda riuscì a farsi strada nella sua mente: davvero Leah Murphy era più desiderabile di lei? Era davvero caduta così in basso? Sospirò: non era sicura di voler sapere la risposta, la verità avrebbe con tutta probabilità fatto sciogliere il nodo che aveva in gola in mille lacrime che non aveva voglia di versare davanti alla bionda.
Un fascicolo sulla cassettiera attirò la sua attenzione e si avvicinò per guardarlo meglio.
-Lo sai che questo non dovresti averlo tu, vero?- Rimproverò la sua amica sventolando con la mano destra l'insieme di fogli contenenti tutte le informazioni sull'intervento che la bionda aveva effettuato ormai parecchio tempo prima. Quella roba doveva stare in ospedale, nell'archivio, non nella camera da letto del paziente e Arizona, più di qualsiasi altro paziente, doveva saperlo.
-L'originale è in archivio, tranquilla.- Cinguettò la dottoressa Robbins -Ho fatto le fotocopie mentre il personale in ufficio era in pausa pranzo.- Concluse inserendo nelle sue parole un tono soddisfatto e orgoglioso dell'azione compiuta, orgoglio che Callie proprio non capiva.
-..E cosa te ne fai?- Chiese la latina corrugando la fronte: erano brutti ricordi, no? Perchè voleva rivivere quei momenti ancora e ancora e ancora a causa di quella cartella clinica in camera da letto? Lei sarebbe diventata pazza, non ce l'avrebbe fatta nemmeno a guardare quel mucchio di fogli.
-Adesso niente.- Rispose il chirurgo pediatrico sorridendo -..Ma prima volevo controllare com'era andata.-
La latina storse le labbra in una smorfia: non era abbastanza ovvio il risultato dell'operazione?
-.. E avevi bisogno di controllare sulla cartella per sapere com'è andata?- Disse guardando la gamba sinistra della bionda, quella che aveva la protesi. Si maledisse subito dopo quelle parole volate troppo in fretta fuori dalla sua boccaccia, non voleva ferirla, non voleva offenderla, solo che con lei si trovava così a proprio agio che a volte non si preoccupava nemmeno di controllare cosa usciva dalle sue labbra.
La reazione di Arizona sorprese Callie: le sue labbra si aprirono in un grande sorriso divertito, sghignazzando come se quella della sua amica e collega fosse stata una gran battuta. -Sì, com'è andata a finire è piuttosto ovvio per chiunque mi guardi, lo so!- Ridacchiò, facendo una pausa subito dopo.
Callie sentì l'aria diventare più seria, come se la conversazione si stesse spostando su qualcosa di grave e importante e, visto l'argomento trattato, era piuttosto certa di cosa Robbins volesse parlare.
-Ciò che volevo davvero controllare era se c'era un appunto o qualcosa che mi facesse capire perchè dopo avere preso il mio caso, l'hai lasciato all'improvviso. E' una domanda che mi pongo da tanto tempo ma non ho mai avuto l'occasione di chiedertelo.- Ed ecco che il sospetto di Calliope diventava una orrenda, orrenda realtà: non poteva non risponderle, non poteva mentirle.. Cosa fare, dunque? Il silenzio che era sceso in quella stanza dopo le parole di Arizona stava diventando teso e imbarazzato come quelli che condividevano in sala operatoria prima di avvicinarsi, il chirurgo ortopedico si mordicchiò il labbro inferiore pensando a ciò che fare. -Chi ti ha detto che ho rinunciato? Nelle cartelle non c'è il mio nome, non c'è niente che possa farti pensare a un mio coinvolgimento come medico, potrei benissimo essermene disinteressata o essere stata impegnata con altri pazienti..- Negare non sembrava un piano pessimo, dopotutto. La cartella parlava chiaro: il suo nome non veniva mai, mai menzionato, era stata una sua esplicita richiesta, anche se aveva seguito il ricovero della bionda passo per passo, dal suo arrivo alla dimissione. Beh, non doveva per forza venirlo a sapere, no?
-Me l'ha detto Charlotte, mi ha raccontato che hai studiato il mio caso e hai scelto personalmente ogni membro dell'equipe operatoria ma non hai partecipato all'intervento per qualche misterioso motivo.- Sospirò Arizona. Benson, certo. Figurarsi se riusciva a starsene buona e zitta per una volta! La aspettava minimo un mese di punizione, le avrebbe fatto fare il lavoro di routine delle matricole, l'avrebbe riempita di scartoffie da compilare, le avrebbe fatto fare ore e ore di laboratorio senza portarla in sala operatoria, avrebbe.. Avrebbe fatto diventare Jo Wilson la sua nuova pupilla, ecco cosa!
-Calliope.. Cos'è successo? Ho il sospetto, anzi, la certezza, che c'entri qualcosa Julia in tutta questa storia..- Voleva saperlo, era il momento giusto per chiederlo. -Qualunque cosa sia capitata, qualsiasi cosa tu abbia fatto o pensato, Callie, ormai è passato, ho accettato la mia condizione e non me la prenderò con te, davvero, però dimmi perchè, ho bisogno di saperlo.- Era un tarlo che le mangiava il cervello ormai da troppo tempo, cosa diavolo era successo?
Callie sospirò -Arizona..- Disse solo, indirizzando lo sguardo verso gli occhi azzurri e pieni di domande di Arizona, occhi che erano stanchi di non sapere, quasi disperati.

Era pallida, aveva i capelli sporchi, lividi e bende che le coprivano le ferite ovunque, perfino sul viso, eppure a Callie sembrava sempre che fosse la donna più bella della Terra e vederla in quello stato le stava provocando una strana sensazione nello stomaco, come un lieve dolore, una leggera sensazione di nausea, di qualunque cosa si trattasse era poco piacevole, qualcosa di cui si sarebbe voluta liberare il più in fretta possibile, eppure il chirurgo ortopedico non riusciva a togliere gli occhi, ormai inumiditi dalle lacrime che stava tentando di trattenere, dalla figura in quel momento così fragile e impotente stesa sul lettino.
-.. Quindi, dopo aver guarito l'infezione con l'aiuto di potenti antibiotici..- Charlotte Benson, giovane specializzanda, stava ancora parlando, spiegava cosa avrebbero fatto alla gamba sinistra di Arizona, come sarebbero riusciti a evitare di amputarla, come avevano invece suggerito altri suoi colleghi in precedenza; loro però non erano Callie Torres, la rockstar della chirurgia ortopedica, loro rappresentavano la mediocrità, i metodi obsoleti e la poca voglia di aiutare veramente il prossimo a stare meglio, senza contare che a loro non interessava niente di Arizona, della sua gamba o, addirittura, della sua vita: per loro, la bionda era solo un paziente come altri mille ed era soprattutto per questo che Callie aveva insistito con Webber per prendersi cura lei stessa di Robbins, per studiare il suo caso, consultarsi con gli ortopedici migliori del mondo, approfondire le tecniche più avanzate per i casi come quello, proprio come aveva fatto.
Le avrebbe salvato la gamba, era il suo modo di dire ”mi dispiace”, ”scusa di averti ignorata”,”diventiamo amiche”, era il suo modo di lasciare il passato indietro e andare avanti con quella che poteva essere fin dall'inizio una meravigliosa amicizia a parte che, una volta entrata in quella stanza, si era resa conto che non poteva guardare Arizona con gli occhi degli amici, non ce la faceva.
Era passato un sacco di tempo dall'ultima volta che aveva visto il chirurgo pediatrico, almeno un anno, e pensava di essere riuscita a passare oltre quei sentimenti e quelle emozioni così inadeguate che provava per una donna prima fidanzata e poi sposata, ma si sbagliava: tutto quell'uragano di sensazioni era solo addormentato da qualche parte dentro di lei e si era risvegliato all'improvviso quando aveva visto il viso segnato dal dolore che stava ancora osservando, era come se il tempo non fosse mai passato, come se quell'anno non ci fosse mai stato e questo faceva male a Callie, male perchè era infatuata di una donna che non sarebbe mai potuta essere sua e non esisteva persona o modo per togliersela dalla testa.
Arizona era andata avanti con la sua vita da quel bacio dentro al bagno dell'Emerald, Callie, invece, no.
Questo pensiero le fece perdere il controllo che, fino a quel momento, stava avendo sulle sue lacrime che iniziarono a scivolare lente e pesanti come macigni sul viso della latina, il tutto mentre la specializzanda dai capelli blu ancora parlava.
-Vai via.- Le intimò Torres dandole le spalle, con un tono che forse le era uscito più freddo del previsto ma erano uscite dallo stesso gelo che provava dentro, come poteva uscire qualcosa di diverso dal ghiaccio?
-..Ho.. Sbagliato qualcosa?..- Fu un sussurro quello di Charlotte, un soffio insicuro appena udibile da Callie che si affrettò a ordinarle ancora, con meno pazienza e più gelo un -Vai via.- Alzando appena la voce nel modo più autorevole che conosceva.
Non era sicura di quanto tempo passò da quell'istante fino a che non sentì la porta chiudersi nuovamente, forse secondi, forse intere ore, ma appena accadde, appena fu sola, tutta la tempesta che stava trattenendo dentro esplose in un pianto disperato per Arizona, per le sue condizioni, per sè stessa, per non avere una via di uscita da emozioni che non voleva provare, che non doveva provare!
-Scusami, Arizona, scusami!- Singhiozzò alla donna addormentata dal coma farmacologico -Scusa se ti ho evitata, scusa se non riesco a mandare via queste sensazioni, scusa se non posso farne a meno.- Si scusò e si scusò ancora, chiese perdono anche per cose che non avevano senso, come per il sogno che stava vivendo brutalmente interrotto dall'incidente che la bionda aveva avuto. Stava scaricando tutta la tensione che aveva vissuto per quella situazione, le prese in giro delle infermiere, la vergogna per la figuraccia al bar, le occhiatacce che le lanciava Novak quando la incrociava.. Stava uscendo tutto fuori in quel momento ed era assurdo perchè fino a pochi minuti prima non sapeva nemmeno di starci così male.
La porta si aprì nuovamente e una scia di capelli rossi entrò veloce nella stanza.
-Torres, grazie!- Sospirò sollevata l'infermiera richiudendo la porta e rilasciando una leggera risata nervosa -Pensavo che dopo tutta la merda che ti ho fatto passare non avresti nemmeno visitato Arizona, invece mi ha detto Webber che tu..- L'infermiera rossa si interruppe all'improvviso una volta che riuscì a vedere bene il viso del chirurgo ortopedico seduto sul letto di sua moglie. -Tu... Tu stai piangendo.- Non era una domanda, proprio no, era un'osservazione fatta con lo stesso tono che, poco prima, Callie aveva riservato a Benson.


I suoi dolorosi ricordi vennero interrotti dal suo cercapersone che continuava a emettere un fischio acuto e  fastidioso, anzi, venne interrotta dai cicalini di entrambe.
-Credo proprio che dovremmo andare..- Mormorò Arizona indicandole con il dito il cercapersone allacciato alla cintura, emettendo subito dopo un sonoro sbuffo indispettito.
-Mega incidente..- Disse Callie con un sospiro, dopo aver letto e spento l'allarme del dispositivo.
Lasciarono tutte le valigie e tutti gli oggetti sul letto e si  avviarono velocemente e in silenzio verso la porta d'ingresso di quello che era il nido d'amore di Arizona e Julia e che per Callie rappresentava.. Beh, l'inferno.
-Promettimi che il discorso non è finito, Calliope.- La fermò Arizona pregandola con lo sguardo e con il tono della voce. -Promettilo..-
Torres si fermò che ormai era fuori dalla stanza e si voltò: poteva dirle di no, voleva dirle di no ma ciò che uscì dalle sue labbra fu un semplice -Te lo prometto, Arizona.-



Mark non conosceva lo spagnolo. Nemmeno una parola, davvero. Al liceo saltava quelle ore a piè pari, decisamente era moolto meglio nascondersi sotto le tribune del campo di football con qualche ragazzina che aveva rimorchiato piuttosto che spappolarsi il cervello con un linguaggio inutile. Insomma, lui parlava inglese, che diavolo! Tutto il mondo sapeva l'inglese, tutto il mondo lo studiava, perchè diamine avrebbe dovuto imparare una nuova lingua con la quale esprimersi?
Eppure, in quel momento, tutto ciò che desiderava era tornare indietro nel tempo, prendere in mano il libro di spagnolo e memorizzarne ogni sillaba, compresa la prefazione e il sommario. E provarci con la sexy professoressa madrelingua ma quello era un altro discorso.
Era più di mezz'ora che Callie continuava a borbottare, anzi, a urlare la sua frustrazione in spagnolo mentre continuava a camminare avanti e indietro per la stanza con fare alterato, mentre lui non poteva fare altro che stare lì in un angolo con le braccia incrociate davanti al petto e gli occhi perplessi e impotenti ancorati alla sua ex coinquilina.
Aveva provato a calmarla, oh se aveva provato! Le aveva urlato contro a sua volta, l'aveva presa per le spalle e scossa, aveva provato addirittura a darle ragione, qualunque fosse l'argomento, ma non aveva avuto alcun risultato, sembrava essere invisibile agli occhi di Callie, l'unica cosa che le importava in quel momento era Sean Cameron e il casino che aveva combinato in sala operatoria.
-No es posible, eres irresponsable, la vida de ese hombre estaba en sus manos y que soñaba con los ojos abiertos!- Era almeno la decima volta che lo urlava, quello doveva essere il punto fondamentale del suo discorso, immaginò Mark mentre spostava lo sguardo azzurro verso il motivo di tutta quella rabbia: Sean era lì, immmobile, sembrava non respirare nemmeno, aveva lo sguardo basso e mormorava qualche scusa ogni tanto, lo faceva con così poca voce e con un tono così arrendevole che sembravano veri e propri sospiri più che parole; il chirurgo estetico sbuffò e ricontrollò per l'ennesima volta il suo cercapersone: no, di Robbins o Benson nessuna traccia ancora, erano in sala operatoria, questo significava che le sue due migliori opzioni per far finire quella follia erano fuorigioco.
-Io.. Dottoressa Torres.. Non so cosa risponderle, non capisco lo spagnolo..- Sospirò lo specializzando biondo, lasciando sempre la testa rivolta verso il pavimento e le braccia a penzoloni.
Un patetico ragazzino, ecco cos'era, Sloan questo l'aveva sempre pensato.
-El no sabe espanol!- Urlò Callie dopo essersi fermata di fronte a lui, con tutto il fiato che aveva in corpo -C'è qualcosa che tu sappia fare, Cameron? Esiste?-
Ok, l'intervento di poche ore prima era stato un disastro, davvero: il poveretto sotto ai ferri si era salvato per il rotto della cuffia, Callie e April erano riuscite a strapparlo via dal freddo abbraccio della morte prendendolo per i capelli.. E pensare che si trattava solo di un'amputazione! Sean era stato deconcentrato per tutto il tempo, troppo impegnato a essere incantato dai magnifici occhi castani che stavano di fronte a lui, dalla voce suadente della sua insegnante, dal movimento delicato e, allo stesso tempo forte e veloce, di quelle mani guantate.. Callie Torres era perfetta ed era una tremenda fonte di deconcentrazione per Sean. Doveva dirlo? Forse sì. Doveva confessarlo in quel momento? Oh no, meglio di no, Torres l'avrebbe mangiato vivo e non nel modo che sarebbe piaciuto a lui, no, gli avrebbe dilaniato le carni con i denti, distrutto le ossa con il solo tocco delle sue fantastiche mani.. Meglio non dirlo in quella circostanza.
-Io.. So fare tante cose, sono tra i migliori del mio anno..- Borbottò tentando di non mettere troppo orgoglio dentro quelle parole, anche se beh, era vero! Quando aveva iniziato erano venti matricole, cinque per ogni gruppo e dopo cinque anni erano rimasti solo in tre. In tutto. Lui, Grey e Benson erano i migliori di quel ciclo.
Ok, forse aveva sbagliato anche a ricordare quel piccolo particolare a giudicare dall'espressione dei suoi due insegnanti presenti nella stanza: Sloan roteò gli occhi verso il soffitto con un mezzo ghigno sghembo che gli adornava le labbra e Torres si bloccò di colpo dall'ennesimo giro che stava facendo della stanza chiudendo gli occhi, stringendo i pugni e prendendo un bel respiro, come per calmare i nervi.
-Cameron..- Lo chiamò la latina con un tono di voce così calmo e freddo che quasi faceva più paura delle urla -Vai via da questa stanza prima che ti amputi la lingua.- E ne sarebbe davvero stata capace in quel momento, sia lo specializzando che il chirurgo estetico ne erano convinti.
Il giovane chirurgo non se lo fece ripetere due volte, nossignore. -Io.. Va bene, dottoressa Torres. Chiedo ancora scusa.- Borbottò, uscendo poi dalla stanza il più in fretta possibile.
-Sì, ecco, va' a cercare di uccidere qualcun altro!- Gli urlò dietro Callie dopo che il ragazzo fu uscito dalla stanza.
Era infuriata, infuriata come non lo era mai stata. Tutta colpa di quel ragazzino troppo impegnato a farle gli occhi dolci per impegnarsi in quello che era il suo lavoro.
-L'ho sempre detto che gli specializzandi non dovrebbero toccare un paziente nemmeno per stringergli la mano dopo l'operazione.- Osservò Mark: la sua voce arrivava alle orecchie di Callie ovattata come se fosse molto più lontana di quel che in realtà era, continuava a respirare tentando di calmarsi e di allontanare tutta quella rabbia e l'agitazione che l'avevano investita durante quelle ore.
-Mi sembra che Avery abbia toccato più di un paziente e di certo non per presentarsi.- Osservò la latina riaprendo gli occhi dopo qualche secondo e voltandosi verso il suo amico che la guardava con un sorriso divertito e le braccia ancora incrociate al petto. -Cos'è che ti diverte tanto?- Domandò infastidita dall'espressione del suo ex coinquilino, ci mancava solo essere presa in giro dal suo amico più caro per completare al meglio quella giornata.
-Dovresti uscirci una sera di queste.- Suggerì Mark con tono casuale, come se avesse detto la cosa più banale e ovvia del mondo.
-Con Jackson?-
-Con Cameron! Il mio ragazzo è all'inizio della sua carriera e deve concentrarsi, non può permettersi di distrarsi.-
Aveva capito male. Doveva aver capito male, oppure stava venendo un ictus a Mark e non era più padrone del suo cervello, non poteva intendere davvero quelle parole, non dopo aver sentito tutta la sfuriata, non dopo aver sentito cos'era successo in quella sala operatoria. -Scusa, cosa?-
-Ma sì, è quel momento in cui deve decidere in che direzione mandare la sua carriera, se puntare a..-
-No, no.- Lo interruppe la latina, brandendo il suo dito indice davanti al volto del biondo come se fosse stato un fioretto di scherma. -Intendevo quello che hai detto prima.. Con chi dovrei uscire io?-
-Con Sean Cameron, il patetico biondino che sta per diventare un mediocre chirurgo generico.- Specificò Sloan alzando le spalle e facendo scappare una risata nervosa a Calliope.
-Non lo fai sembrare molto allettante descritto così, sai?- Si buttò seduta sul divanetto nero che il suo ufficio ospitava, seguita subito dopo dal suo amico.
-Va bene, come medico ha ancora molto da imparare, oggi ha fatto un disastro!- Ammise il chirurgo estetico tentando di far ragionare Callie. -Ma non è con il chirurgo che devi uscire, è con il ragazzo che non riesce a toglierti quegli adoranti occhi di dosso.-
Lo sguardo confuso di Callie doveva essere abbastanza esplicito, perchè, senza chiedere ulteriori chiarimenti, l'uomo sospirò e parlò di nuovo.
-Ho visto quello che stava per succedere con Robbins l'altro giorno e.. E sono preoccupato per te.-
Ed ecco il vero problema, il suo rapporto con Arizona. Ovvero, il rapporto che lei avrebbe voluto avere con Arizona.
Da quando, quel giorno, Mark aveva interrotto quel "quasi bacio" o qualsiasi cosa fosse, qualcosa era cambiato tra di loro, era come se Arizona tentasse di evitare anche il minimo contatto fisico e visivo e Callie non lo capiva, ci stava male ogni volta che si sentiva rifiutata: era certa di piacerle.. Beh, quasi certa e non solo perchè si erano quasi baciate, era per gli sguardi che ogni tanto la bionda le rivolgeva, sguardi a volte sognanti, a volte pieni di desiderio, a volte semplicemente interessati a qualsiasi cosa uscisse dalla bocca di Callie.. O forse proprio alla sua bocca, il punto è che era abbastanza sicura di interessarle ma, ogni volta che Callie cercava una situazione più intima o una conversazione più esplicita riguardo i loro sentimenti, Arizona si chiudeva a riccio. Era frustrante. -Non vedo cosa ci sia di preoccupante in due donne adulte che si baciano e il dvd che ho trovato in casa tua mi fa intuire che non la trovi una cosa così disgustosa.- Borbottò il chirurgo ortopedico ricordando il dvd porno che aveva trovato sotto al divano il giorno in cui si era trasferita a casa di Mark.
-Quella è una faccenda a parte..- Borbottò Sloan imbarazzato, abbassando lo sguardo e rialzandolo subito dopo cercando gli occhi della latina. -Ciò che mi preoccupa è il vostro rapporto. Prima lei ti cercava, ti supplicava di parlare con lei e tu la evitavi, adesso è il contrario. Senza contare che lei è.. E' come me, lo sai. Da quando lei e Novak si sono mollate, passa da una donna all'altra senza troppi problemi, non voglio che capiti anche con te.- Erano tutti ottimi spunti di riflessione: come poteva sapere che Arizona non fosse interessata solo al sesso e che, una volta ottenuto, questo suo interesse, tutte quelle occhiate semplicemente cessassero? Non ne era certa, per niente. Per questo voleva parlarne, per non rimanere fregata un'altra volta, un'altra caduta e non si sarebbe più rialzata, era sicura di questo.
-Quello preoccupa anche me.- Mormorò Callie, più a se stessa, in verità. C'era un'altra cosa che la preoccupava di tutta quella situazione: cosa sarebbe potuto accadere se Robbins avesse saputo la verità riguardo la sua gamba, ovvero che Callie era stata costretta a ritirarsi dall'intervento per via dei sentimenti che già provava? Aveva paura della risposta, fottutamente paura.
-Chiodo scaccia chiodo, Torres, ricordalo e questo chiodo bacerebbe la terra dove cammini, mi sembra adatto.-
-Io..  Ci penserò, Mark.- Mormorò tristemente, sentendo il suo sogno di una relazione con  la bionda distante anni luce. Cameron non era di certo il chiodo adatto a scacciare quello che già era piantato nel suo cuore ma forse... -Prima devo fare un ultimo tentativo, però.- Aggiunse con un timido sorriso pieno di ottimismo farsi strada sulle sue labbra.



Charlotte non riusciva a respirare: provava a inalare aria dal naso e dalla bocca ma il risultato era solo un suono che poteva ricordare un fischio acuto come quelli che emettono merli per richiamare l'attenzione e qualche grugnito davvero, davvero buffo. Aveva il volto paonazzo, i muscoli addominali le facevano male come se li avesse allenati per ore dopo anni di sedentarietà e le lacrime le scivolavano incontrollate lungo il viso, mentre non riusciva assolutamente a tenere gli occhi aperti: non aveva mai riso così tanto in vita sua.
Sean, d'altro canto, non si stava divertendo come la sua compagna di studi e le sue labbra strette in un'espressione piccata erano fonte di ulteriore ilarità per il giovane chirurgo dai capelli blu che proprio non riusciva a fermare le risate nemmeno per respirare.
-Se fai un salto in pediatria e chiedi ai mocciosi cos'è un'amputazione ti spiegano passo per passo come farne una!- Riuscì a dire con quel poco di fiato che era riuscita a raccogliere per evitare la totale apnea, la voce le uscì strozzata, come se per farsi spazio verso le labbra avesse dovuto raschiare lungo le pareti della gola.
Aveva ricevuto ben quattro messaggi di aiuto da Torres mentre era in sala operatoria con Robbins, messaggi di completa disperazione, messaggi che riportavano tutti più o meno lo stesso concetto: ”Cameron è un incapace che non riesce nemmeno ad amputare un arto senza uccidere un pover uomo, ti prego, vieni a dargli una mano!” Beh, sì, le parole non erano esattamente quelle ma il senso sì e se Charlotte non fosse stata impegnata a salvare la vita al piccolo Isaac.. O Ivan, o qualunque fosse il suo nome, sarebbe volentieri andata nell'altra sala operatoria a farsi due risate; a rendere la situazione ancora più spassosa, oltretutto, ci aveva pensato Sloan e i suoi messaggi di sos perchè non riusciva a calmare Callie e il suo fiume di parole spagnole e infuriate.
-Sono capace! Solo che.. Te l'ho detto, ero distratto.- Borbottò seccato Sean, ritrovandosi all'improvviso incredibilmente interessato al contenuto del suo piatto appoggiato sul tavolo di legno chiaro della caffetteria dell'ospedale, mentre sentiva gli occhi di tutti i presenti su di lui; in realtà le persone intorno a loro non sembravano essere interessate a ciò che stava accadendo in quel tavolo, era normale vedere qualche specializzando ridere a crepapelle in mensa, serviva non solo ad allontanare la morte contro cui combattevano giorno dopo giorno ma anche a sfogare la tensione accumulata a causa di esami imminenti, interventi difficili e quanto portasse dentro i giovani medici senso di oppressione e, talvolta, angoscia. Per quanto riguardava Benson, beh, l'incombente prova che avrebbe decretato l'inizio della sua vera carriera era un tarlo che continuava a mangiarle il cervello giorno dopo giorno, non riusciva più nemmeno a capire se aveva più paura di fallirlo o di passarlo perchè se l'avesse passato non sarebbe stata più alle costole di Calliope Torres, forse sarebbe andata a lavorare addirittura dall'altra parte del Paese e Charlotte non sapeva come sarebbe riuscita a cavarsela da sola, quel poco tempo che aveva passato con il dottor Cole era stato un incubo, come avrebbe affrontato la sua intera carriera senza lo sguardo attento e talvolta severo di Callie a scrutare ogni passaggio di ogni suo intervento? Era la sua rete di sicurezza, la sua maestra, il suo punto di riferimento, come avrebbe potuto fare a meno? Era davvero pronta ad abbandonare il nido e a spiccare il volo? Era davvero in grado di volare da sola?
-Sì, come dici tu.- Lo schernì ancora una volta la ragazza mentre riprendeva fiato e il suo viso si schiariva lentamente, fino a tornare del chiaro colore naturale.
-Cosa c'è di divertente? Ti si sente fin dall'ingresso del bar..- Una terza voce si intromise nella conversazione, mentre la persona alla quale apparteneva prendeva posto in una delle due sedie vuote che c'erano intorno al tavolo rotondo che stavano occupando, una voce che entrambi conoscevano bene e che li aveva accompagnati per tutto il percorso della specializzazione, era una voce amica, anche se a volte un po' fastidiosa: quella di Lexie Grey.
La mora si sedette tra i due con sguardo interrogatorio e un sorriso sulle labbra, come a voler farsi contagiare da quella risata allegra che aveva scosso fino a qualche istante prima Charlotte.
-Parlavamo di Murphy e di Charlotte che non ha il coraggio di dirle che non ha alcuna intenzione di uscire con lei, nè tra un mese, nè mai.- Si vendicò così il giovane chirurgo biondo, girando il discorso, con aria trionfante, verso qualcosa di cui a Benson non andava proprio di parlare, ovvero della sua coinquilina e della promessa fatta solo qualche giorno prima. Aveva davvero intenzione di uscire con lei scaduto il mese? No. Assolutamente no, la cosa era fuori questione ma.. Ma come faceva a tirarsi indietro?
Lexie sospirò leggermente e appoggiò i suoi lineamenti sottili alla sua mano destra, voltandosi verso il chirurgo dai capelli blu che, se avesse potuto, avrebbe scorticato vivo il suo collega. -Dovresti dirle la verità.. Non la prenderà così male, insomma.. Gliel'hai promesso solo perchè tieni a lei e non vuoi spezzarle il cuore, è una cosa bella.- Suggerì la mora dedicando alla sua amica un sorriso pieno di comprensione e di dolcezza, una delle cose che piacevano di più a Charlotte di lei: la sua dolcezza, il suo apparire così delicata ed essere, in fondo, forte come un leone, la sua super memoria, il suo sorriso.. Tutte cose che, qualche anno prima, avevano fatto capitolare Benson.
Charlotte prese un respiro e pensò alle parole appena dette da Lexie: già, Leah come avrebbe preso la verità? Le avrebbe fatto piacere sapere di avere accanto qualcuno che le voleva davvero bene, anche se non come avrebbe voluto lei, o il suo lato psicopatico avrebbe avuto la meglio e lei si sarebbe trovata a vivere un incubo alla ”Saw”?
-E' Murphy.. Farà finta di prenderla bene, in realtà elaborerà un complicato piano per uccidermi. O, peggio, per rapirmi e tenermi legata al suo letto in modo da avermi tutta per sè.- Borbottò pensierosa la ragazza, facendo scappare un sorriso divertito ai due ragazzi seduti al tavolo: non era un mistero che le azioni di Leah la lasciassero più che perplessa di tanto in tanto, soprattutto quando si trattava di relazioni, così tanto da infondere nella coinquilina anche un velo di timore per la propria e altrui incolumità. Murphy riusciva a diventare un ossessione, una zecca ma non sarebbe mai arrivata a tanto, ne erano certi. Quasi certi.
-Allora che farai?- Domandò Lexie tentando di trattenere quella risata che premeva per uscire dalle sue labbra.
Già, che avrebbe fatto? In ogni caso le avrebbe spezzato il cuore, l'unica decisione che aveva il potere di prendere era quando e dove questo sarebbe dovuto accadere: dopo un mese, magari al tavolo di un ristorante, mentre e spiegava che non aveva avuto prima il coraggio di dirle che no, non le piaceva proprio dal punto di vista sentimentale? O prima della scadenza di quei trenta giorni, dicendole che la speranza di quell'appuntamento e di una futura, ipotetica relazione era solo un'illusione? La castana in quei giorni era piena di allegria, aveva l'aria sognante, sembrava di avere a che fare con un'altra persona, una ottimista e piena di entusiasmo, valeva la pena rovinarle l'umore? Doveva studiare un modo per far sì che quelle emozioni che Leah provava o credeva di provare si affievolissero fino a sparire.
-Avete idea di come riuscire a farsi odiare in un mese?- Propose, facendo finta di non vedere le espressioni di pura perplessità farsi largo nei volti dei suoi colleghi specializzandi. -Magari su internet c'è un tutorial anche per quello..- Aggiunse prendendo dalla tasca del suo camice bianco lo smartphone per connettersi a internet e controllare.
Poteva essere una buona soluzione, no? Spingere la matricola a detestarla così tanto da convincerla, addirittura, a trasferirsi, a non parlarle più, a dimenticare la promessa di quell'appuntamento fatta in modo troppo frettoloso e poco ragionato.
Il tavolo cadde in un silenzio poco confortevole spezzato solo dal tenue rumore del telefono di Benson ogni volta che toccava una parte dello schermo e dal vociare che c'era solitamente in mensa quando era così viva e piena di gente come in quel momento: personale dell'ospedale, pazienti e visitatori, tutti impegnati in qualche conversazione più o meno allegra che poteva adattarsi con l'ambiente illuminato dai timidi raggi solari che riuscivano a entrare dalle ampie finestre e dai neon appesi al soffitto che davano un'illuminazione calda al luogo.
-Stai scherzando.. Vero?- Osò chiedere Sean, sperando proprio che sì, la ragazza scherzasse, che non avesse completamente perso il senno dietro quella storia: ormai aveva dimenticato i maccheroni al formaggio che lo stavano aspettando nel piatto di fronte a lui, ormai dovevano essere diventati freddi, un po' come il caffè preso da Charlotte.
-Devo fare qualcosa.- Sospirò la ragazza -Non posso andare lì e dirle che ho detto ciò che ho detto perchè mi faceva pena: sarebbe umiliante per entrambe e non posso mantenere ciò che ho detto perchè.. Perchè non mi va, ecco perchè.- Sbuffò prendendo poi un sorso del caffè che era andata a bere: freddo. Schifo.
-Continuo a pensare che tu debba dirle la verità.-
-Io dico di no. Chiederò a Torres: lei ha trovato ogni modo possibile per evitare Arizona per ben cinque anni, saprà come evitare una cena, no?- Ecco sì, poteva chiedere consiglio a lei, questa sì che era un'idea.
-Già.. Torres..- Mormorò adirato il biondo: la scottatura per ciò che era successo qualche ora prima non gli era ancora passata, lui non solo aveva fatto una figuraccia con uno dei migliori chirurghi dell'intero Paese, si era anche reso ridicolo davanti alla donna che gli piaceva, era una doppia sconfitta che sarebbe passata così facilmente e pensare che la ragazza di fronte a lui era in una situazione così ridicola e non aveva resistenze dal chiedere consiglio per una cosa così stupida a quella stessa donna perchè avevano un rapporto che lo permetteva.. Beh, questo lo innervosiva ancor di più. -C'è qualcosa che tu sappia fare senza chiedere consiglio o aiuto a Torres?- Si sentiva come un serpente che morde un animale e gli inietta il veleno, a fondo, fino all'ultima goccia.
Il tono astioso e, soprattutto, le parole di Sean fecero risvegliare Charlotte dal torpore in cui era caduta per via di quella storia. Quella frase aveva colpito nel segno, eccome se aveva colpito!
-Cosa, scusa?-
-Hai capito. Sei capace di fare qualcosa senza che la dottoressa Torres sia lì a tenerti la mano, Benson? Perchè a me sembra che tu valga qualche dollaro solo quando c'è lei a farti da mammina, quando sei da sola, invece, sei insignificante.- Tutto quel rancore era uscito prima che lui potesse fermarlo, non pensava davvero ciò che aveva appena detto, se ne pentì non appena richiuse la bocca, chi aveva davvero parlato era la frustrazione, il ricordo di quello che Callie gli aveva detto qualche ora prima, la rabbia che le risate di poco prima gli avevano provocato.
Il veleno custodito in quelle parole si diffuse presto per tutto il corpo della vittima, il sangue ne fu subito infetto: il volto pallido, molto più del solito, di Benson e gli occhi ormai luccicanti di lacrime ne erano un chiaro segno.
Sia Sean che Lexie, rimasta in silenzio fino a quel momento, trattennero il respiro in attesa della reazione della ragazza dai capelli blu, convinti che sarebbe arrivata forte e potente come un uragano, come solitamente succedeva, e rimasero impietriti quando, invece, la loro collega si alzò e corse via dalla caffetteria senza dire n: quelle parole l'avevano, per qualche motivo, spezzata. Il veleno aveva fatto il proprio dovere.
-Charlotte, aspetta!- Lexie si alzò per seguirla mentre Cameron rimase lì seduto a pentirsi di essersi alzato dal letto quella mattina.



I pranzi in famiglia erano sempre strani, in particolari quelli che servivano a festeggiare il giorno del Ringraziamento.
Teddy ci pensava sempre con particolare simpatia: ripensava a suo zio Jack isolato a guardare la partita di football in tv, urlando insulti irripetibili ai giocatori che facevano qualche errore o meglio, quelli che secondo lui erano errori, ricordava le sue cugine che facevano a gara a chi vestiva meglio, a chi aveva il fidanzato più ricco o più bello, a chi aveva più successo nella vita, i suoi genitori e i suoi zii che litigavano furiosamente per qualche ricetta salvo poi, a tavola, ringraziarsi a vicenda e proclamare tutto il proprio amore per tutti coloro che stavano seduti a quel tavolo, ricominciando a dirsene di tutti i colori appena iniziato a mangiare. Strano. Da pazzi.
Il pranzo che stava consumando con Arizona in quel momento, però, era ancora più strano di tutte quelle riunioni di famiglia sommate insieme: Robbins, normalmente piena di energia e di parole, aveva a malapena detto qualche sillaba e il suo sguardo era incollato al suo piatto di insalata verde, spiluccando appena qualche forchettata del pasto ogni tanto.
Non quel che si intende con una compagnia allegra, proprio no e pensare che quel giorno aveva proprio voglia di parlare con la bionda riguardo tutto quello che era successo con Callie dopo che aveva deciso di chiederle di uscire: era come una vittoria per Altman, finalmente la sua amica si stava aprendo alla vita e stava pretendendo il posto della vita di Torres che le spettava di diritto da ormai qualche anno.
-Quindi.. Cosa mi racconti?- Provò Teddy, sperando così di riuscire a scaldare in qualche modo quell'atmosfera gelida che si stava impadronendo del laboratorio occupato da lei e dalla sua ricerca.
I lunghi tavoloni erano pieni di provette, microscopi, libri e strumenti di vario genere, al fondo del grande stanzone dalle mura bianche c'era una lavagna bianca piena di appunti segnati con un pennarello nero: era un ambiente freddo già di suo, non c'era bisogno che Arizona contribuisse a rendere la stanza ancora meno amichevole e calda.
Ci fu una lunga pausa prima della risposta del chirurgo pediatrico, così lunga che Teddy credette che la bionda non l'avesse sentita o non avesse alcuna intenzione di rispondere. -Non posso chiedere a Callie di uscire, non posso.- Dritta al punto: Altman ringraziò la sua buona stella, pensava di doverle estorcere le informazioni strappandogliele con la pinza ma a quanto pareva non ne sarebbe stato necessario.
-Perchè?- Chiese il cardiochirurgo imboccandosi con una forchettata del pollo alle mandorle che preparavano al ristorante cinese all'angolo, lanciando un'occhiata curiosa alla collega e amica: l'ultima volta che ne avevano parlato Arizona era più che determinata a ottenere un appuntamento con Torres cosa diavolo era successo ancora?
-Perchè andrebbe bene.. E usciremmo di nuovo.. E andrebbe a meraviglia anche quello, ci baceremmo, faremmo l'amore e inizieremmo una relazione meravigliosa, piena di amore e finiremmo per sposarci e per avere dei figli.- Sospirò Arizona, non omettendo dal tutto un tono così addolorato da far suonare tutte le sue parole come minaccia di un atroce e infelice futuro.
-..Che prospettiva orrenda..- Commentò sarcastica Teddy, mentre un sorriso ironico le adornava le labbra e ricevendo in risposta dall'altra un -Già..- sospirato in modo malinconico e pensieroso.
-Io scherzavo, Arizona..- Non pensava di doverlo chiarire, pensava che il suo tono fosse stato abbastanza esplicativo ma a quanto pareva la sua amica bionda aveva il cervello sottosopra per.. Qualche motivo. -E' ciò che la maggior parte delle persone sognano, non è una cosa brutta..- Precisò appoggiando la forchetta sul piatto per dedicare tutta la sua attenzione al discorso che stavano per prendere: era successo qualcosa di grave?
La risposta fu un altro sospiro triste, cosa che fece roteare gli occhi del cardiochirurgo: perchè non poteva parlare e basta, invece di fare la misteriosa?
-Avanti, che è successo?- Chiese dopo qualche secondo di silenzio, passato a osservare Arizona spostare da una parte all'altra del piatto ogni foglia di quell'insalata, nemmeno fosse stato un trasloco.
-Calliope vuole dei figli..- Confessò il chirurgo pediatrico con l'ennesimo sospiro, lasciando finalmente perdere il proprio pasto: non aveva fame.
-Dritta al sodo Torres: nemmeno uscite e già vuole una famiglia..- Ridacchiò Teddy, appoggiando il volto sulla sua mano appoggiata al tavolo. -Quando ne avete parlato?- Chiese curiosa, riprendendo in mano la forchetta.
-Non l'abbiamo fatto.-
Quello attirò l'attenzione della dottoressa Altman che si sporse verso la sua amica seduta già vicino a lei. -E tu come sai che vuole dei figli con te?- Chiese corrugando le sopracciglia in un'espressione confusa.
-Gliel'hai chiesto tu, ricordi? Le hai chiesto per chi fosse la camera, prima che arrivassi io. E lei ti ha detto che avrebbe voluto dei figli.- Spiegò un'assente Arizona, persa in chissà che mondo, in chissà quali ricordi o quali tremende supposizioni: era sempre stato un difetto di Arizona quello di correre troppo con i pensieri, lasciando che quelli più brutti vincessero la maratona a dispetto delle belle speranze, forse a causa di tutte le perdite e le delusioni che era stata costretta a subire in passato, partendo dalla sua prima vera fidanzata, Joanne, fino ad arrivare alla morte di Timothy, dalla sua gamba alla fine del suo matrimonio, la sua vita era costellata di colpi bassi che l'avevano spinta sempre di più verso il pessimismo, anche se cercava di nasconderlo bene.
Non ci volle Stephen Hawking per capire, in ogni caso, da dove partivano le preoccupazioni del chirurgo biondo: Julia.
-Callie non è Julia, Arizona. Puoi discuterne con lei.- Sospirò Teddy guardando la sua amica con una certa apprensione dello sguardo: non erano cose che si superavano facilmente, lo capiva bene.
-Non capisci, Teddy?- Disse il chirurgo pediatrico alzando finalmente lo sguardo verso la sua interlocutrice. -Io non sono adatta ad avere una relazione seria con una persona.. Finirei sempre per mettere i miei bisogni davanti a quelli della persona che mi sta accanto, come ho fatto con Julia.-Spiegò -Non voglio che questo capiti anche con Calliope, non voglio spezzare il suo cuore. Non voglio spezzare il mio cuore.- Non c'era bisogno di uscire insieme per saperlo: se Callie fosse entrata a far parte della sua vita sentimentale sarebbe stata la storia più coinvolgente e importante della sua vita e perderla l'avrebbe spezzata in modo definitivo, soprattutto se l'avesse persa per causa sua.
-Arizona: basta parlare con le persone. Dai, ammettilo: il problema di fondo non eri tu e non era Julia, il problema era la mancanza di comunicazione. Quel benedetto figlio è saltato fuori all'improvviso dopo un sacco di tempo, tu gliel' avevi detto che non ne volevi e lei non aveva mai insistito.. All'improvviso, quando le cose non andavano più bene, era diventata la cosa più importante del mondo. Non puoi far pagare a Callie le colpe di un'altra persona.- La pazienza quasi infinita di Teddy stava per venire meno: quella tra le sue due amiche era una storia di mancate tempistiche e in quel momento, che erano entrambe single, disponibili e innamorate dell'altra, i problemi se li creavano dal nulla. -Se non vuoi figli chiedile un appuntamento, andate al pub, parlatene e decidete insieme: non toglierle la possibilità di scegliere tra te e un figl..- Il cardiochirurgo si interruppe: aveva capito il vero problema, c'era arrivata, finalmente. -Tu non hai paura di rovinare entrambe le vostre vite, qualsiasi scelta tu faccia, tu hai paura che lei, potendo scegliere, non scelga te..- Il silenzio che scese dopo in quella stanza non aveva bisogno di spiegazioni: era così.
Arizona riprese a spostare le foglie di insalata verde con la forchetta da un lato del piatto all'altro, senza logica, senza motivo, non riusciva a stare ferma o a reggere lo sguardo di Teddy che in quel momento, ne era certa, la stava guardando con sguardo di rimprovero, non aveva bisogno di venir rimproverata.
Ok sì, aveva paura che Calliope, la sua Calliope, la donna con la quale aveva cercato senza sosta di costruire un rapporto per anni, si rendesse conto che lei non valeva la pena, che l'idea di una persona che non era ancora nata potesse essere meglio dell'idea di lei, questo le faceva male solo a pensarci.
-Sareste perfette l'una per l'altra, l'ho detto anche a Mark, l'altra sera..-
-Mark? Sloan? Da quando ti fermi a parlare con lui?- Arizona colse al volo l'occasione per cambiare argomento, non aveva più voglia di parlarne, era stanca dei consigli e dei rimproveri e quella storia di Mark e Teddy suonava abbastanza interessante da riuscire a spostare l'oggetto di conversazione senza dare troppo nell'occhio.
-Beh..- L'imbarazzo si poteva leggere nel volto di Altman proprio come un libro, era diventata rossa ed evitava il contatto visivo, poteva voler dire una sola cosa.
-Ci sei stata a letto, vero?- Chiese la bionda roteando gli occhi annoiata: ormai era sempre la stessa storia, con chiunque stesse parlando.
-OK, sì. Dopo avervi aiutate quel giorno siamo andati a farci una birra da Joe e.. Da cosa nasce cosa..- Il cardiochirurgo continuava a gesticolare in modo veloce, in preda all'imbarazzo: aveva prmesso a sè stessa, anni prima, di non caderci più e invece eccola lì ad avere una storia fatta di sesso con Mark Sloan, l'uomo-puttana più famoso dell'ospedale.
Robbins rise, rise di gusto: si era sentita in difetto fino apoco prima ma questo.. Oh, questo significava che nemmeno Teddy era così geniale nelle relazioni: oh, andiamo! Con Mark! Era il primo uomo con cui stava dopo la morte di Henry ed era Mark Sloan! -E facevi la predica a me!- La rimproverò con tono giocoso, continuando a ridere in modo allegro.
-Sì, la facevo a te. Perchè se Mark domani mi dicesse che ha trovato la donna della sua vita, io perderei solo del buon sesso. Se Callie lo dicesse a te, invece.. Tu perderesti una parte del tuo cuore. Tu hai tutto da perdere.- Rispose Altman con tono un po' irritato: grazie al chirurgo estetico aveva ritrovato una parte essenziale della vita di ogni essere umano che lei pensava di aver perso per sempre, la sensualità. Lo avrebbe ringraziato a vita per questo, anche se si trattava solo di qualche ora in qualche saletta in ospedale.
La porta si aprì interrompendo il discorso tra le due: era Callie.
Arizona sorrise istantaneamente e Teddy dopo di lei: ma a chi voleva darla a bere? Non sarebbe passato troppo tempo prima che Robbins scoppiasse e confessasse i suoi veri sentimenti per la latina, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa.
-Arizona.. Cercavo te.- Disse Callie facendo un passo dentro il laboratorio: era nervosa, oh, nervosissima. Aveva deciso di fare un ultimo tentativo prima di chiedere effettivamente a Cameron di uscire, in realtà non le andava troppo a genio il ragazzino, non dopo quella mattina, almeno ma era un bel ragazzo e per distrarsi quello le serviva. Un bel ragazzo.
-Dimmi, Calliope.- Rispose il chirurgo pediatrico senza smettere di sorridere o di osservare quei grandi ed espressivi occhi scuri.
-Io.. Ecco..- Come faceva a trovare le parole? Era una cosa così infantile, poi.. No, non poteva dirlo, non poteva farlo, non poteva.. -Volevo dirti che volevo chiedere a Sean Cameron di uscire con me, una sera di queste.. E visto che.. Che sei la mia coinquilina.. Volevo chiederti se la cosa ti stava bene, ecco.- Non aveva senso, lo sapeva ma almeno, in questo modo, Arizona si sarebbe dovuta scoprire, far capire il suo interesse, urlare che no, Cameron non poteva uscire con lei, che doveva tenere quelle brutte mani distratte al loro posto, che non poteva..
-Non vedo perchè la cosa non debba starmi bene. Chiedigli pure ciò che vuoi.- Rispose il chirurgo pediatrico senza perdere un colpo o il sorriso che aveva sul volto. Ma dentro? Dentro gridava disperata.
-Oh.. Ok..- Callie tentò di trattenere la sua delusione ma non era certa di riuscirci: si sentiva così stupida, così patetica.. Come aveva sperato, anche solo per un istante, che la bionda potesse essere davvero interessata a lei? -Allora io.. Vado..-
Teddy scosse la testa contrariata. Erano stupide e codarde. Entrambe.




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