SASUHINA
Buongiorno
a tutti popolo di
EFP! Avevo in mente una presentazione lunga e rigogliosa ma mi rendo
conto ora che questa one-shot ha raggiunto proporzioni bibliche, quindi
sarò breve.
1. Mi chiamo giropizza
e sorvoliamo sulla mia identità di scrittrice, che
è meglio.
2. Questa è la mia prima fanfiction su quest'account che ho
creato per assecondare la mia natura di "inguaribile burlona".
3. Credevo mi avrebbe occupato poco tempo e invece ci sto dietro da due
settimane; non vedevo l'ora di finire. Stavo per avere un esaurimento
nervoso!
4. Non ho messo l'avvertenza OOC perchè, a mio vedere, i
personaggi sono tutti abbastanza IC, (abbastanza). Faremo un tuffo
dentro la
cara e dolce Hinata e forse scopriremo una cosa inaspettata. Per quanto
sia timida ed introversa rimane comunque una ragazza come tante,
perciò come se lo vive lei il suo essere impacciata e
balbettante?
5. Nulla di tragico o malinconico, a parte qualche punto di riflessione
che deve esserci per forza. Con questa fanfiction spero di farvi almeno
sorridere perchè è ciò che cerco di
fare sempre,
anche nella vita di tutti i giorni.
6. Ovviamente spero che recensirete ma vi ringrazio comunque. Ringrazio
tutti coloro che leggeranno e vi mando un bacio grande.
giropizza
Quanto è stitico Sasuke-kun?
C'erano molte cose da
sapere su
Hinata Hyuuga e il fatto che la maggior parte della gente le ignorasse
era una considerazione trascurabile.
C'era da sapere che era vegana, ad esempio. Talmente vegana da
utilizzare addirittura dei cosmetici biologici - non che si truccasse
molto - e ciò aveva parecchio indispettito suo padre
inizialmente. Ma ben oltre qualsiasi aspettativa, c'era da sapere anche
che quella timida e remissiva ragazza era ostinata in modo esasperante
se ci si metteva.
Le piacevano i fiori, tanto che per il suo sedicesimo compleanno le era
stata regalata un'area del parco di Villa Hyuuga che aveva trasformato
in un piccolo giardino botanico, e i pastelli, dei quali aveva scatole
su scatole meticolosamente ordinate nei cassetti della scrivania.
C'era poi da sapere che detestava la neve e la pioggia, che magari uno
da lei non se l'aspettava ma era così; le cose umide e
bagnate
la mettevano a disagio, in più alla guida era un disastro
fatto
e finito e se ci si mettevano pure gli agenti atmosferici tanto valeva
contattare subito l'agenzia di onoranze funebri. E non le piacevano
neppure i piedi e mai le erano piaciuti, difatti non indossava sandali
ne li scopriva a meno che non fosse necessario, ad esempio in spiaggia,
perchè non poteva mica andare al mare con i calzini addosso.
Amava il suono del violino, gli orologi a pendolo - cosa decisamente
strana -, viaggiare in treno e le sciarpe.
Ma soprattutto c'era da sapere che la sua vera vita stava nei libri e
che raramente distoglieva l'attenzione da quelle pagine per osservare
davvero il mondo che la circondava, e che quelle volte che lo faceva
era per fissarsi su una sola persona. Naruto Namikaze.
Le piaceva perchè era pieno di energie, di amici e di denti.
Non che lei non li avesse, i denti, anzi le erano spuntati tutti, anche
quelli del giudizio, e magari Naruto nemmeno li aveva ma quello che
Hinata intendeva era che lui li mostrava perchè sorrideva
sempre
senza coprirsi la bocca e rideva, anche rumorosamente, cosa che lei non
era mai riuscita a fare. Poi faceva una confusione ed infastidiva
tutti, tranne lei, eppure tutti continuavano ad amarlo, pure lei che
mai glielo aveva confessato e di certo mai lo avrebbe fatto. La cosa
però, contrariamente a quanto si possa pensare, non la
turbava
minimamente. Le piaceva essere spettatrice anche della sua stessa
esistenza, il che detto così può sembrare un po'
triste
ma aveva comunque i suoi libri e le bastavano. Quindi lo guardava da
distante, che poi non era tanto lontana visto che all'inizio dell'anno
lo avevano fatto sedere sul banco davanti al suo, ed era contenta
così. Qualche volta si sentiva un po' una ficcanaso ma mica
lo
faceva con cattiveria o malizia, era solo curiosa anzi, affascinata e
non c'era nulla di male se ogni tanto se lo sbirciava dato che poi
quello che vedeva se lo teneva per sé.
Lo vedeva copiare, tanto per dirne una, e si chiedeva come facessero i
professori a non accorgersene. Chiedeva suggerimenti da una parte
all'altra dell'aula, a volte gettando persino degli aereoplanini di
carta che spesso avevano rischiato di bucare l'occhio a qualcuno,
allungava il collo fino a diventare simile ad una giraffa per dare
un'occhiata al lavoro altrui e giusto per non essere notato capitava
che passasse direttamente il proprio compito ai vicini che lo
completavano per lui.
Lo vedeva anche gustarsi il suo ramen in scatola tutte le ricreazioni,
seduto a gambe incrociate in cima al proprio banco e fare il diavolo a
quattro quando ad educazione fisica la sua squadra perdeva. E poi dove
avesse la testa quel ragazzo era un vero e proprio mistero, un'intera
equipe di scienziati avrebbe perso anni di ricerche per scoprirlo prima
di capire che il progetto era del tutto fallimentare.
Perdeva sempre tutto. Le penne, le matite, i soldi per il pranzo, gli
appunti, che poi le sembrava impossibile perchè le pareva
più probabile che non li avesse proprio presi. E perdeva
pure il
senso dell'orientamento dato che quando usciva durante la lezione per
andare al bagno poi impiegava minimo venti minuti per tornare. Hinata
s'era fatta una lista mentale di cose che quell'altro poteva fare in
quelli spazi bianchi una volta, ma poi aveva lasciato perdere
perchè era arrivata a valiare constatazioni alquanto
imbarazzanti alle quali non voleva assolutamente pensare.
Insomma, non avrebbero potuto essere più diversi e va bene
che
gli opposti si attraggono ma era certa che, se anche fosse accaduto
qualcosa, sarebbe stata fagocitata dalla sua orbita e avrebbe perso se
stessa pur non essendosi mai trovata.
Direte voi: per essere una che non presta molta attenzione al mondo
esterno i suoi pensieri son fin troppo eloquenti.
Beh si, non è cosa nuova che anche la persona più
gentile
mai comparsa sulla faccia della terra nel suo profondo le cose le veda
per quello che sono. E forse la gentilezza sta proprio qui, accorgersi
del marcio ma decidere di operare il bene indistintamente. E non voglio
di certo dire che Naruto Namikaze avesse qualcosa di marcio, a parte
l'odore dei piedi dopo aver sudato, ma solo che tutti hanno le proprie
pecche e che a questa regola, per quanto cerchiate, non troverete
eccezioni.
Capitava che delle volte si rivolgesse anche a lei e la gioia che
questo le provocava non sarebbe stata eguagliata nemmeno dal ricevere
le più gloriose onorificenze. Che poi andava in
fibrillazione
come una deficiente ed era abbastanza sicura che il suo colorito
diventasse spaventosamente violaceo quando si girava verso di lei
dicendole: "Ehi Hina-chan, non è che avresti una penna da
prestarmi?"
Ma tutte le penne che vuoi Naruto-kun, anche l'astuccio...
In realtà si limitava ad allungargli sempre la stessa con
mano
tremante e lo sguardo basso e quando dopo, a lezione terminata, gliela
restituiva, la riponeva con ossequiosa calma quasi fosse una reliquia
di pregiato valore. E detta tra noi, se fosse stata una fanatica come
le sue compagne Sakura e Ino, se la sarebbe annusata con
così
tanto ardore da ficcarsela direttamente nella narice.
Naruto era parecchio popolare a scuola, effettivamente era un gran
pezzo di figo con degli addominali sui quali si poteva grattuggiare il
formaggio ed un culo che parlava o, come avrebbe detto Hinata, "un
bellissimo ragazzo". Era del tutto ininfluente che poi, ad un certo
punto, le ragazze lo rifuggissero come la peste dopo averlo conosciuto
meglio nelle vesti di petulante, chiassoso ed egocentrico surfista
californiano e quindi, alle gare di atletica, c'era sempre un coretto
di fanciulle che decantava i suoi meravigliosi muscoli, coretto al
quale lui dedicava sempre uno spogliarello tanto che una volta s'era
beccato anche una nota disciplinare, poichè il delirio
causato
da ciò aveva gettato non poco scompiglio tra le file di
signorine in piena tempesta ormonale.
Tra tutti i suoi amici ne spiccava uno in modo particolare, Sasuke
Uchiha. Era il suo migliore amico, il fratello che si era scelto, un
Teme stronzo e bastardo che in realtà aveva un cuore grande
e
questo lo gridava praticamente sempre e a tutti. E piaceva alle ragazze
tanto quanto Naruto, se non di più.
E Hinata non le capiva poi tanto. Si, era di bella presenza ma aveva
sempre quell'aria seria, insofferente e scocciata di uno che ha passato
la notte insonne perchè incollato al water. Anzi no,
quell'espressione l'aveva anche suo padre a volte ma lui soffriva di
stitichezza e chi lo sa, magari pure Sasuke aveva lo stesso problema.
Era anche scontroso e parecchio insensibile, si comportava sempre come
se governasse il mondo e degli umani non gli importasse poi tanto. Ma
questa era ovviamente un'impressione superficiale sulla quale non aveva
mai indugiato perchè non ci aveva nemmeno mai parlato con
quel
ragazzo e sinceramente non ci teneva nemmeno, perchè
sembrava
avere una spiccata padronanza dell'arte di distruggere l'autostima di
una persona con una sola sillaba: "Tsk..."
Però si sa, può accadere tutto, anche
l'inspettato. E per
fortuna che Hinata aveva sempre confidato nella politica del mai dire
mai perchè un giorno qualsiasi tutto ebbe inizio e pian
piano
quella sua impressione superficiale venne scardinata pezzetto dopo
pezzetto, portando alla luce un Sasuke che forse non era poi tanto
stitico, magari un po' ma di sentimenti...
Quella volta che si rese conto che l'odore del fumo le era antipatico...
Non amava particolarmente i musei, li trovava sempre troppo asettici e
le ricordavano gli ospedali, avrebbe preferito che allestissero una
mostra in un bel parco verde magari con la fioritura di peschi a fare
da contorno ma quella era una fantasia del tutto irrealizzabile. Poteva
sempre essere che uno scoiattolino sbucasse dall'incavo di un albero e
confondendo un dipinto per una ghianda se lo portasse via.
Avevano consegnato a tutti degli auricolari che riproducevano in
diretta le parole della guida che stava ai piedi della scalinata
d'ingresso e che illustrava loro le nozioni di base, prima dell'inizio
della visita. Come al solito se ne stava infondo al gruppo e non aveva
la più pallida idea di quello che la donna stesse dicendo,
tanto
era immersa nella lettura di un oposculo che le era stato dato in
dotazione con le cuffie.
Era una bella giornata autunnale e il venticello freddo soffiava
tagliente sul volto che aveva coperto fino al naso nella grande sciarpa
di lana bianca. La borsa contenente il pranzo e alcuni libri le pesava
sulla spalla e quindi l'aveva poggiata a terra, tra i piedi e al suo
fianco Ten Ten sbuffava scocciata allungando il collo a destra e a
sinistra per vedere oltre le teste dei ragazzi.
Concentrata com'era su quello che leggeva s'era a stento resa conta di
essere una presenza concreta che quella mattina si era alzata, aveva
salutato con un bacio il padre ed era corsa alla fermata dell'autobus
perchè in ritardo, figurarsi se si correva il rischio che si
accorgesse di essere a meno di un metro di distanza da Naruto, il suo
ombroso fratello scelto Sasuke Uchiha e Sai.
Il surfista californiano giocherellava tutto allegro con i tasti dell'
iPod che aveva sostituito all'mp3 datogli dalla guida, assolutamente
convinto d'aver fatto la genialata del secolo, il suo migliore amico
invece con le mani in tasca guardava in aria come se aspettasse un
intervento divino che ponesse fine alle sue sofferenze e Sai si fumava
una sigaretta, facendo cadere la cenere sulle scarpe di un ignaro
Naruto.
Poi il vento cambiò direzione e i Kami vollero che il fumo
finisse proprio in faccia ad Hinata che sconcertata aveva alzato la
testa guardandosi intorno e arricciando il naso disgustata, dopo
essersi annusata ben bene quell'odore acre. Ovviamente il consumatore
seriale di tabacco non si era reso conto di nulla e imperterrito aveva
continuato a fumare avvelenando la povera sventurata, che ormai se ne
stava in apnea con un'espressione che la diceva lunga. Stava giusto per
chinarsi ad afferrare la borsa per spostarsi senza dare troppo
nell'occhio quando Sasuke Uchiha, che aveva osservato la scena in
religioso silenzio, aveva deciso che in quel momento la razza umana era
meritevole delle sue attenzioni.
- Stai intossicando Hyuuga con quella merda, spostati!
Hinata aveva sbarrato gli occhi dalla sorpresa e Sai, con la solita
faccia di bronzo, senza proferir verbo si era allontanato di alcuni
passi mentre un sempre ignaro Naruto agitava il capo a ritmo di musica.
Qualunque sua compagna, eccetto Ten Ten che tra poco si sposava con suo
cugino Neji, si sarebbe destreggiata in grida di giubilo per essere
stata oggetto di interessamento dell'inavvicinabile Uchiha, tranne lei
chiaramente che era avvampata per l'imbarazzo, e anche per il terrore,
ed era riuscita a stento a pronunciare un "grazie" che Sasuke, con le
orecchie da pipistrello che si ritrovava, era riuscito ad udire
benissimo.
Quella volta che gli porse l'ombrello sotto la pioggia...
Il fatto che detestasse la pioggia non significava di certo che potesse
permettersi di ignorare le previsioni metereologiche e soprattutto il
cielo plumbeo di quella mattina.
Hinata aveva sperato fino al termine delle lezioni, con lodevole fede,
che smettesse di cadere a catinelle con così tanta
insistenza,
poggiando i gomiti sul davanzale e congiungendo le mani in un atto di
preghiera che non era stato ascoltato.
Quindi ovviamente s'era fatto pomeriggio inoltrato, non aveva smesso di
piovere e lei doveva tornarsene a casa, senza ombrello. Almeno il suo
giubbotto aveva il cappuccio!
Si lasciò trascinare dalla marea di studenti lungo i
corridoi e
giù per le scale, facendosi urtare di tanto in tanto
perchè procedeva a rilento, per inerzia (non aveva
così tanta voglia di uscire da quel luogo asciutto e caldo
per
andarsi a prendere a braccia aperte una polmonite).
Quando superò le porte d'ingresso rimase al riparo del
portico
il più possibile, aspettando che la maggior parte dei suoi
compagni fluisse attraverso i cancelli, in modo che il suo tragitto
verso la fermata dell'autobus fosse sgombro, senza intralci. Che poi
tra l'altro non è che correre le piacesse particolarmente ma
aveva letto, o forse se l'era sognato, che se si corre ci si bagna di
meno e quindi, a mali estremi estremi rimedi.
Aveva fatto un respiro profondo prima di andare definitivamente allo
scoperto, i grossi goccioloni d'acqua che le tamburellavano velocemente
sulle spalle ed, un piede dopo l'altro, a testa bassa,
iniziò ad
acquistare velocità. Ma manco nei suoi sogni più
vivaci
si era mai e poi mai immaginata nei panni di Sonic, Flash o Usain Bolt
e francamente, il problema non era neanche tanto che fosse lenta quanto
il bruco di Bug's Life, ma che avesse lo stesso equilibrio e le
medesime capacità di coordinazione di un astemio ubriaco.
Perciò, a farla breve, presto capitolò come
Napoleone
nella sua campagnia in Russia, e si mi piacciono gli esempi, scivolando
rovinosamente a terra e cascando di culo. Non fu così
doloroso
come sembra e tutto questo tono enfatico è uno stratagemma
letterario che applico perchè se devo riflettere i pensieri
di
Hinata, tanto vale che lo faccia bene; e vi garantisco che almeno
mentalmente quella ragazza è talmente istrionica che
potrebbe
far paura. Poi alla fine sono peggio Sakura e Ino che spavento
lo
fanno sempre e sono istrioniche per davvero, anche quando dormono.
Comunque cascò di culo e a parte la leggera botta, i
pantaloni
le si inzupparono perchè per metà stava dentro
una
pozzanghera, e lei era lì e se suo padre non l'avesse
educata
alla diplomazia, alla pacatezza e a tante altre stronzate che certe
volte potrebbero andarsene a quel paese, avrebbe bestemmiato.
Si stava per alzare eh, aveva solo bisogno di un attimo per convincersi
di non essere nata sotto una cattiva stella, ma poi un'ombra scura
l'aveva ricoperta mettendola al riparo dalla pioggia e subito dopo una
mano pallida con delle lunghe dita e un paio di anelli le si era parata
dinanzi agli occhi, per farsi afferrare.
Lei aveva alzato lo sguardo quasi timorosa e (che diavolo di
allucinazione era mai quella?) fu niente popo di meno che il celebre
Sasuke Uchiha il ragazzo che vide.
La guardava con il capo chinato in sua direzione, con il solito sguardo
serio e un po' distante. Reggeva un grande ombrello blu notte con il
quale le stava facendo scudo dalla pioggia battente e Hinata si
sentì avvampare per l'imbarazzo perchè quella non
era
certo la situazone migliore nella quale avrebbe potuto farsi trovare.
Si rialzò stando bene attenta a non toccare la mano che
Sasuke
le aveva offerto, l'avrebbe bagnata con la sua e non si sa mai che
scivolasse di nuovo trascinandolo con sé, insomma era meglio
evitare. Cercò di ricomporsi come meglio potè
posizionandosi al suo fianco e per la prima volta realizzò
quanto fosse alto, aveva praticamente collo e testa in più
di
lei. Che scherzo della natura era mai? Una nana.
- Credi di far in tempo a prendere il tuo autobus?
Lo chiese con una voce strana, diversa da quella che gli aveva sempre
udito. Aveva una particolare inclinazione, un insospettato tono,...
Kami! Forse era gentilezza?
Hinata guardò basso, balbettando suoni sconclusionati e
privi di
senso, e non sarebbe stato per nulla sorprendente se avesse perso i
sensi all'istante.
- I-io... Credo d-di si!
Si incamminò lentamente verso i cancelli e lei lo
seguì a
pari passo facendo attenzione a non sfiorarlo nemmeno. Nonostante
l'odore della pioggia e nonostante fosse concentrata a non cadere, a
non toccarlo e a non svenire, le giunse al naso il suo buon profumo
fresco.
A lei quel tragitto parve lungo millenni ma presto si fermarono davanti
al mezzo e Sasuke aspettò che iniziasse a salire i gradini,
prima di toglierle l'ombrello da sopra la testa. Giunta in cima alla
scaletta Hinata si voltò per ringraziarlo ma lui s'era
già voltato, incamminandosi verso il parcheggio delle auto.
Quella volta che ad educazione fisica non la colpì...
Per lei le ore di ginnastica erano una tragedia, una sciagura, la
peggiore sventura che le potesse mai capitare. Piuttosto di mettersi a
saltare la corda e a calciare una pallone avrebbe giocato a mosca cieca
in autostrada; beh, no! Non esageriamo ma avete afferrato il concetto.
Insomma era un'agonia starsene in palestra per lei che era
assolutamente priva di qualsivoglia capacità atletica.
Inciampava ovunque, anche sui suoi stessi piedi e neanche invocando
tutte le divinità dell'universo sarebbe mai riuscita ad
afferrare al volo una dannatissima palla.
Quel giorno era più disperata del solito per nessuna ragione
particolare, perchè le andava, e dopo aver indossato gli
indumenti sportivi seguì le sue compagne al campo.
Fu l'ora e mezza peggiore di tutte le ore e mezza di ginnastica di
tutta la sua vita perchè non aveva voglia nemmeno di
respirare
quella mattina, e tirò un sospiro di sollievo quando il
professor Maito Gai annunciò che gli ultimi minuti li
avrebbero
usati per fare una partita di palla avvelenata. Non era
granchè
sollevata dalla cosa in realtà. Una ragazza come lei
rischiava
in media una decina di volte ogni dieci minuti di venir crudelmente
uccisa da un pallone volante e sarebbe stato intelligente se, per non
protrarre le proprie sofferenze, si fosse lasciata catturare subito. E
invece no! Era così terrorizzata da quell'ovale di plastica
che
lo evitava con ogni sforzo.
Si divisero in due squadre capitanate rispettivamente da Naruto
Namikaze e Rock Lee, come sempre. Hinata fece in modo di finire in
quella del ragazzo in tuta verde, non voleva di certo svantaggiare il
surfista californiano... Non sia mai.
Passò tutto il tempo nascondendosi dietro ai compagni
finché le fu possibile, in modo che la palla non la
colpisse, ed
incredibilmente la tecnica ebbe la sua efficacia perchè
infine
rimasero solamente lei e Lee a fronteggiare... Sasuke Uchiha!
Teneva il pallone sottobraccio, mentre l'altra mano se ne stava dentro
la tasca, e scrutava Hinata che si era allontanata il più
possibile rintanadosi nell'angolino di fondo campo e Rock Lee che
invece saltellava da una parte all'altra come un capretto, sfidandolo
apertamente.
- Forza Hina-chan! Un ultimo sforzo!
L'insegnante aveva appena informato tutti che Sasuke aveva a
disposizione un ultimo tiro e ovviamente se fosse riuscito a colpire
uno di loro due la partita sarebbe terminata con un pareggio.
Qualsiasi persona sana di mente avrebbe puntato ad Hinata Hyuuga, un
bersaglio semplicissimo, inerme, indifeso. Lo avrebbe colpito chiunque
ora che non vi era più nessuno a farle da scudo, figurarsi
se
non ci sarebbe riuscito il bel figo tenebroso della scuola. Ma
sinceramente, qualcuno crede ancora che Sasuke sia sano di mente?
E infatti, dopo aver meditato per qualche secondo, quasi sospirando
alzò il braccio scagliando con forza la palla verso l'omino
in
verde che si abbassò appena in tempo, lasciando che le
passasse
a raso la testa sfiorandogli i capelli neri e sottili.
Grida di gioia, standing ovation, esultanze, gente che saltava, Hinata
che veniva sballotata a destra e a sinistra da studenti festanti e Gai
Maito che si complimentava con il suo allievo migliore.
Dall'altra parte Naruto invece strapazzava il povero Uchiha che
infastidito ormai presentava una vistosa, e spaventosa, vena gonfia
sulla tempia ed un cipiglio quasi, e dico quasi, psicotico.
- Non mi rompere i coglioni! Non sarebbe stata una vittoria se avessi
colpito il bersaglio più debole.
E detto ciò si era diretto altero verso lo
spogliatoio
sotto lo sguardo gentile di un Hinata che, rossa come un pomodoro, si
copriva la bocca con le dita, celando così un leggero
sorriso.
Quella volta che la salvò da dei "bambinetti del cazzo"...
Amava il Natale. Se non teneva conto del freddo, della neve, dell'ansia
dovuta al dover far regali, del chiacchiericcio e della confusione
incontenibili che dilagano ovunque più che in ogni altro
periodo
dell'anno e dei parenti, affettuosi parenti la cui esistenza si scorda
finchè non si arriva a Dicembre, quando iniziano a spuntare
come
funghi.
Ma a parte questi trascurabili dettagli amava il Natale!
Di meno amava la festa che la sua scuola organizzava l'ultimo giorno
prima delle vacanze. Per sei lunghe ed interminabili ore tutti gli
studenti non facevano che aggirarsi per i corridoi, gridando,
scherzando, mangiando stuzzichini che prendevano ai tavoli del buffet,
ridendo. Senza contare poi che la palestra si trasformava in una
piccola e oscena discoteca casereccia che Hinata evitava peggio dei
palloni durante educazione fisica. Tutti si divertivano un sacco mentre
lei aveva una sensazione di vomito costante che l'opprimeva. Era sul
serio una disagiata!
Gli unici momenti "felici" in quella giornata nefasta li passava con
Kiba e Shino ma poi doveva allontanarsi, anche se loro la invitavano
sempre a restare; loro due erano ragazzi, avevano le loro cose di cui
parlare, mica poteva reggere il moccolo imperituramente! Un
po'
di orgoglio, giusto un poco, lo aveva anche lei. Quindi se ne andava e
il resto del tempo lo passava da sola a leggere in qualche antro
nascosto, a volte anche in bagno perchè chissà
come mai,
durante la festa nessuno aveva mai urgenza di far pipì.
Ops... Me ne ero dimenticata! Rettifico: un tempo si era persino
nascosta in bagno, fino a quando le sue orecchie non avevano assistito
al tremendo spettacolo di una coppia, nel cubiculo adiacente al suo,
intenta a fornicazioni dai rumori parecchio molesti. Ed era talmente
agitata ed imbarazzata e un sacco di parole terminanti in ata che ora
non mi vengono in mente da non sapere come comportarsi. Alla fine
però aveva optato per la fuga e la negazione e infine
rimozione
di quella terrificante esperienza.
Quell'anno aveva terribili presagi e la festa era stata preceduta da
infausti e ricorrenti incubi... Beh insomma, non è vero!
Solo
che ho questa brutta tendenza ad enfatizzare sempre tutto.
Comunque si diresse a scuola a testa bassa e devo dire che una leggera
nuvola oscura sembrava alleggiarle sopra il capo ma si trattava
comunque di poche ore, un periodo di tempo più che
trascurabile
se poi si considerava che avrebbe avuto due settimane per fare
ciò che voleva, cioè leggere.
Riuscì a starsene tranquilla per un po', dopo aver lasciato
Kiba
e Shino alle loro virili conversazioni, dopodiché aveva
deciso
di addentrarsi nel mondo abitato giusto per non sentirsi proprio una
primitiva dal linguaggio gutturale esiliata dalla civilità.
Girovagò come un'anima persa per parecchi minuti,
guardandosi attorno con aria allucinata.
Il delirio. Come riuscivano così tante persone a
sopravvivere,
per di più sorridenti, a tutto quel baccano? Era lei ad
essere
strana probabilmente ma già aveva il mal di testa.
Poi senza preavviso un gruppo di ragazzini urlanti l'aveva superata,
urtandola con forza e chiaramente lei s'era sbilanciata e rischiava di
cascare come un sacco di patate.
Si visse quel momento al rallenty, come nei film, e mentre con grazia
eterea scivolava di lato si abbandonò tristemente al proprio
destino, chiudendo gli occhi e lasciando le braccia a peso morto
rassegnata a cadere.
Ma delle mani l'avevano sorretta afferrandola per la vita e lei aveva
spalancato gli occhi allibita. Era viva!
Ma quella creaturina strana più che sentirsi allietata da
questo
prodigioso evento finì con l'avvertire la sensazione di
essere
stata violata. Chi mai la stava toccando? CHI?!
Si voltò di scatto e furono dei capelli neri, un naso
sottile e
delle labbra perfettamente disegnate ad apparirle davanti. Sasuke
Uchiha!
Avvampò, prese fuoco,... Le serviva un defibrillatore ed era
così esagitata in quel momento che si dimenticò
di avere
un'autonomia e di poter reggersi da sola sulle gambe, di potersi
staccare dalla presa. Invece se ne stava inerme tra le sue braccia e la
facilità con la quale la reggeva la diceva lunga sul peso di
lei
e la forza di lui.
- Stai bene?
Il cuore di Hinata cessò di battere perchè quella
era la
seconda volta che udiva quella sua voce calda e dal tono gentile
rivolta solamente a lei. Era una bella voce, quasi da uomo adulto, e si
chiese come sarebbe suonata se avesse cantato. Si, era un pensiero
arguto per una che stava pesando come un cadavere su qualcuno.
Annuì agitata un paio di volte mentre si sentiva sempre
più idiota e decideva di scostarsi lentamente dalle sue
braccia.
- M-mi dispiace d-di averti recato d-disturbo... Ti rigrazio m-molto
però! - disse a capo chino, arrossendo come un pomodoro.
- Non sei tu a doverti scusare, non avresti mai rischiato di cadere se
a quei bambinetti del cazzo qualcuno avesse insegnato l'educazione!
La ragazza lo guardò schiudendo leggermente le labbra per lo
stupore, i grandi occhi spalancati e le guance rosse rosse ma rosse
davvero. Avevano esaurito le parole entrambi a quel punto e Sasuke le
lanciò uno sguardo strano prima di allontanarsi.
Quella volta che fu galante...
Le camminava di fronte, entrambe le mani in tasca ed un paio di
quaderni sottobraccio e Hinata lo sbirciava di nascosto ogni tanto.
Non aveva spalle molto larghe ma erano comunque muscolose e dritte, la
vita piccola rispetto al busto e le gambe leggermente incurvate in
corrispondenza dei polpacci. Il tutto, riflettè lei prima di
arrossire violentemente e tornare a guardarsi i piedi, rispondeva a
perfette proporzioni e canoni.
Avrebbe potuto affrettare il passo per raggiungerlo e fare la strada
che mancava alla loro classe assieme a lui, dopotutto erano compagni e
a quanto pareva non lo infastidiva più di tanto. Ma magari
si
sbagliava, anzi sicuramente si sbagliava! Forse erano coincidenze
quelle accadute ed aveva avuto la fortuna di trovare un Sasuke ben
disposto in quei momenti o, più probabilmente, gli faceva
pena e
considerava crudele maltrattarla come tutti gli altri.
Quando giunsero davanti la porta della classe Hinata restò
indietro di qualche passo, convinta che non si fosse accorto di lei, ma
il ragazzo la spalancò scostandosi di lato come invitandola
a
precederlo. Hinata rimase immobile, i libri stretti al petto
e le
gambe tremanti.
Ok, a lei piaceva Naruto ma Sasuke semplicemente guardandola le
metteva un sacco di brividi e le faceva chiudere la bocca dello
stomaco. Il risultato era che neppure con lui appariva particolarmente
brillante o interessante. Ma poi quando mai correva questo rischio?
- Allora? Non abbiamo tutta la giornata, Hyuuga.
Lo disse restando, come al suo solito, mortalmente serio ma la voce
aveva quell'inclinazione gentile e calda che aveva imparato a
riconoscere dopo una sola volta. Doveva iniziare a preoccuparsi,
sembrava una depressa con qualche disturbo della personalità
o,
più semplicemente, una cogliona che gridava al miracolo ogni
volta che riceveva la minima attenzione.
Si mosse lentamente concentrandosi sulle dita della propria mano e con
l'irrazionale paura di avvicinarglisi e superarlo.
Tremava come una foglia quando gli passò davanti ma non
accadde
assolutamente nulla, sentì solo quel suo buon profumo e una
leggera scossa attraversargli la spina dorsale.
Quella volta che la riaccompagnò a casa...
Era uno dei primi giorni di Febbraio e lei aveva perso l'autobus.
Finite le lezioni Kakashi-sensei, docente di letteratura
giapponese, l'aveva invitata a fermarsi per un breve colloquio con lui.
"Non le ruberò più di due minuti, signorina
Hyuuga!"
aveva detto con quel suo tono annoiato.
Aveva fatto presente il suo nome al consiglio d'istituto
perchè
venisse valutata la possibilità che partecipasse ad un
importante concorso letterario, l'aveva informata. Si trattava di un
qualcosa esteso in tutta la nazione e lei ne era ovviamente molto
onorata ma non aveva fatto in tempo a raggiungere la fermata comunque.
Avrebbe potuto chiamare qualcuno per farsi venire a prendere, a Villa
Hyuuga sembravano sempre tutti pronti ad eseguire i suoi ordini, ma non
voleva essere di disturbo a nessuno e poi quella era una bella giornata
per farsi una passeggiata.
Quindi camminava sul marciapiede tranquilla e beata, così di
buon umore da riuscire persino a tenere lo sguardo dritto davanti a
sé ed un espressione serena sul viso. Di quali magie
miracolose
è in grado il Sole!
Poi una macchina nera e lucida accostò qualche metro
più
avanti ma non ci fece molto caso, a meno non finchè
raggiuntala
non vide un braccio famigliare sporgere dal finestrino. Era pallido ma
non di un bianco malaticcio, era più qualcosa come l'avorio,
con
un polso sottile e mani dalle dita lunghe sulle quali si esibivano un
paio di anelli d'argento.
A Hinata prese la tachicardia e non sapeva cosa fare della sua vita in
quel momento; gettarsi in mezzo al traffico sembrava l'opzione migliore!
Comunque avanzò timorosa decisa a proseguire lungo la
propria
strada, forse si trovava lì per caso e di lei manco s'era
accorto.
- Hyuuga! - la chiamò quando era ormai ad un paio di metri
dall'auto e credeva di essere fuori pericolo.
Si voltò con cautela e vide che ora aveva aperto la portiera
e se ne stava in piedi, poggiato con noncuranza sul cofano.
- S-Sasuke... - mormorò a mò di saluto fingendosi
sorpresa e indovinate? Si, arrossendo.
- Ti do un passaggio. -
BOOM! Cuore esploso.
Che cosa stava succedendo? Mai nella sua vita, mai e poi
mai, un
ragazzo si era proposto, in quel modo, di riaccompagnarla a casa e chi
mai avrebbe
immaginato che il primo sarebbe stato,... Sasuke Uchiha! Non credeva di
poter reggere la tensione. Lui la metteva in soggezione e
già
era disagiata di suo, ci mancava soltanto che dovesse trovarsi
completamente sola con una persona che le incuteva timore.
Tra tutti i suoi conoscenti Sasuke era colui che la spaventava
in assoluto di più. Sapeva essere una paura immotivata ma
quei
suoi occhi neri avevano qualcosa... E non era neanche tanto sicura di
come si sentiva al proposito,... Si, irrequieta, spaventata,
imbarazzata,... Ma comunque non stava male o in ansia. Doveva farsi
psicanalizzare!
- Su, monta. - la invitò tornando a sedersi sul posto di
guida e chiudendo la portiera.
Hinata per un istante meditò la fuga ma poi, per qualche
strana
ragione che aveva a che fare con l'adrenalina, si affrettò a
seguirlo, afferrando con mano tremante la maniglia per attirarla a
sé. Il ragazzo si immise nel traffico non appena si fu
accomodata sul sedile ed ebbe indossato la cintura di sicurezza; ci
aveva impiegato un sacco perchè le dita sussultavano in un
tremolio irrefrenabile.
- Che musica ti piace? - chiese ad un tratto.
Hinata sussultò a quella domanda ed iniziò a
ragionare
con rapidità come se le avesse posto il quesito decisivo di
un
esame. Una risposta intelligente, una risposta intelligente,...
- I-io non lo s-so... Cioè m-mi piacciono le OST d-degli
a-anime...
No! Non l'aveva detto veramente! Kami, cosa doveva fare? Come porre
fine a queste sue agonie? Neanche un lobotomizzato era in grado di
essere più inetto di lei. Si schiaffeggiò
mentalmente,
iniziò a sbattere violentemente la testa contro un muro
mentalmente,... Era un disastro! Un sacco di inutilità e
demenza!
Sasuke non mutò in alcun modo espressione ma con calma,
continuando a gettare occhiate alla strada, afferrò l'iPod
collegato tramite USB allo stereo dell'auto e selezionò
qualcosa
evidentemente perchè d'un tratto la musica trasmessa dalle
casse
cambiò.
Hinata si voltò a guardarlo allibita e non riuscì
a
contenere la piccola punta di gioia che le fiorì in petto.
- Hokuto n-no K-Ken? - balbettò come una povera
rincoglionita con un sorriso ebete in volto.
Sasuke annuì mentre controllava gli specchietti e si
accingeva a
svoltare a destra. Le maniche del maglione erano arrotolate fino al
gomito e da quella distanza Hinata potè osservare, o meglio
ammirare, con attenzione le sue braccia. Aveva una fissa per le braccia
e per i denti, ognuno ha le proprie fisse o no?
C'era una leggerissima peluria a ricoprirle, rada e bionda, cosa
alquanto strana considerato quanto neri fossero i suoi capelli, ed
erano magre ma comunque toniche tanto che in alcuni punti il muscolo
appariva rigonfio. Ma soprattutto, cosa che fece vedere fiori e
coriandoli alla disagiata della nostra amica, dall'interno del polso
sino alla giuntura del gomito le vene erano perfettamente visibili e in
rilievo, la pelle chiara non ne lasciava intravedere il colore
verdognolo ma erano lì in bella mostra, sottili e
perfettamente
tracciate come corsie di un'autostrada. E così anche sul
dorso
delle grandi ma delicate mani. Kami,... quanto male stava?!
Poi ad un certo punto un lampo di genio. Beh, chiamarlo lampo di genio
è inappropriato ma comunque, all'improvviso le venne in
mente di
essere in auto con un ragazzo che la doveva riaccompagnare in una casa
nella quale non era mai stato.
- S-Sasuke-kun... M-ma tu lo sai d-dove abito?
Perchè doveva balbettare? Già sembrava deficiente
in
tacite condizioni figurarsi se poi apriva la bocca dando sfogo a
balbuzie, borbottii e farfugliamenti vari.
Il ragazzo annuì di nuovo e abbassò leggermente
il volume della musica prima di parlare.
- Tutti gli abitanti di questa città conoscono l'ubicazione
di casa tua, Hyuuga!
Lo disse con tale ovvietà che lei si sentì
ancora più stupida, deficiente, rincoglionita, disagiata,...
E
beh, voleva aprire la portiera e lanciarsi fuori dalla macchina in
corsa, sperando che la morte fosse il più indolore possibile.
- S-Scusami... - disse abbassando il capo mortificata e rigirandosi
nervosamente le dita sul grembo.
- Davvero ti stai scusando per esserti assicurata che sapessi dove
portarti? - le chiese voltandosi verso di lei e alzando un sopracciglio
con fare sarcastico mentre erano fermi ad un semaforo.
Hinata! Sei una dannatissima testa di rapa!
Tentò di formulare un pensiero, e quindi una risposta, che
giustificasse la sua buonissima media scolastica ma ovviamente tutto
quello che riuscì a fare fu restare impalata a guardarlo con
la
bocca che si apriva e richiudeva, proprio come quella dei pesciolini
che boccheggiano. E lo sanno tutti che i pesciolini hanno lo sguardo da
tonti!
Sasuke tornò a concentrarsi sulla guida non appena il
semaforo
si fece verde e lei potè tentare di recuperare l'ossigeno
come
meglio riusciva.
Che situazione,... Come si poteva essere così indietro?
Manco i gamberi,...
Il resto del viaggio lo passarono in silenzio e Hinata era abbastanza
convinta che non sarebbe stato per nulla imbarazzante se non avesse
passato tutta prima a farsi figure da mona.
Aveva imparato a catalogare i silenzi in varie categorie. Ci sono i
silenzi scomodi, quelli in cui tenti in ogni modo senza successo di
trovare qualcosa da dire, i silenzi sereni, quelli in cui invece sei
completamente a tuo agio e una sola parola romperebbe l'armonia e
infine i silenzi di Sasuke Uchiha (categoria appena venuta alla luce),
duranti i quali ci si scervella per rimediare alla propria
stupidità dopodichè, se ci si riesce, si
può stare
zitti in un silenzio sereno.
Ovviamente non ce la fece a rimediare, anche perchè aveva
praticamente diciotto anni di inettitudine di cui scusarsi, e quindi
continuò ad agitarsi in balia del silenzio di Sasuke Uchiha.
Se fosse svenuta seduta stante avrebbe dato l'irrimediabile
certezza di essere una paraplegica ma almeno avrebbe smesso di subire
quella lenta tortura. Oh,... Ci mancava solo che iniziasse a sudare
dato che si sentiva un piccolo fornetto,... Forse poteva chiedergli di
abbassare il riscaldamento o di aprire il finestrino,... Si, poi
avrebbe finito col gettarsi di fuori e magari neanche era acceso il
calorifero!
Voleva, senza dare troppo nell'occhio chiaramente, provare ad annusarsi
l'ascella perchè anche se non soffriva di certi disturbi
(almeno
quelli) non si sapeva mai. Ci mancava solo che iniziasse a puzzare come
l'omino spazza-letame!
Infine decise di star ferma perchè non sarebbe stato bello
se si fosse fatta scoprire intenta a sniffarsi l'ascella!
Dopo quella che le parve un'eternità Sasuke si
fermò
davanti al cancello di Villa Hyuuga. Si sentiva molto Ulisse in quel
momento, della serie che doveva impiegare un tempo relativamente breve
per tornare a casa e invece ci aveva messo la bellezza di quindici anni
per poi scoprire che nella sua isola regnava lo scompiglio e che gli
era morto anche il cane.
- Siamo arrivati. - le comunicò Sasuke guardandola.
Hinata alzò lo sguardo verso il gigantesco cancello di ferro
battuto prima di aprire la portiera e poggiare un piede a terra.
- G-Grazie mille, S-Sasuke-kun... Sei s-stato m-molto gentile! -
Il ragazzo la osservò con attenzione prima di accennare un
sorriso. Hmm, sorriso era una parola grande! Una blasfemia.
- Non c'è di che, Hyuuga!
Quella volta che capì che quel regalo era da parte sua...
Hinata Hyuuga era una ragazza piena di gratitudine. Ringraziava tutti
per ogni cosa, anche per le sciocchezze e figurarsi se non aveva
pensato a come sdebitarsi con Sasuke per le sue... gentilezze.
Solo il fatto di associare l'Uchiha all'aggettivo gentile era qualcosa
che avrebbe fatto ridere chiunque, una barzelletta spassosissima.
Ovviamente però la ragazza era irremovibile nella sua
decisione
e Sasuke Uchiha era stato gentile con lei, perciò doveva
essere
ripagato degnamente.
Si era scervellata giorno e notte per trovare un modo, un regalo, un
gesto,... Ma era difficile!
Non aveva mai regalato nulla ad un ragazzo, a parte suo cugino Neji ma
lui lo conosceva bene, praticamente da sempre mentre Sasuke era
un'incognita. Cosa poteva mai piacergli?
E poi, ammesso e concesso che fosse riuscita a comprargli qualcosa di
decente, quando mai glielo avrebbe potuto consegnare? E come?
La risposta venne prima di quanto credesse: il giorno di San Valentino.
Fermi tutti, nessuno si allarmi!
Non era mica una ragazza maliziosa o calcolatrice o dai doppi fini, ne
tantomeno aveva una cotta per quell'ilare giovanotto. Perciò
non
costruiamoci castelli aerei su questa storia e lasciate che vi spieghi
le sue motivazioni.
E' vero si che San Valentino è la festa degli innamorati ma:
1. Non vi è scritto da nessuna parte che non si possa
confezionare un piccolo pensiero anche per una persona alla quale si
vuole manifestare la propria gratitudine.
2. Era abbastanza certa che il compleanno di Sasuke fosse in estate
quindi sarebbe stato molto più semplice preparargli qualcosa
per
quell'occasione.
3. Nella confusione di pacchetti, biglietti e fiori che ci sarebbe
stata quel giorno non avrebbe avuto difficoltà a mettergli
il
proprio regalo sopra il banco senza farsi notare, così da
non
doverglielo dare di persona.
4. Se non l'avesse firmato non sarebbe incorsa in alcun pericolo.
Avrebbe evitato che Sasuke pensasse di piacerle e anche tutto
l'imbarazzo che avrebbe provato in qualunque caso. Mica le interessava
che sapesse che era da parte sua, avere la consapevolezza di essersi
sdebitata per lei era più che sufficiente.
Quindi la mattina più romantica dell'anno si
svegliò
tutta in agitazione e per qualche strana, di sicuro anche malata,
ragione si preparò con più cura del solito,
acconciandosi
addirittura i capelli in una grossa e lunga treccia. Raggiunse la
fermata in anticipo e potè notare che attorno a lei stormi
di
ragazze cinguettavano felici come non mai raccontandosi aspettative e
speranze varie.
Arrivata a scuola si sedette al solito banco guardandosi bene
dall'alzare lo sguardo dal proprio libro e le ore trascorsero veloci e
tranquille per lei, come sempre. Poi ovviamente con il suono della
campanella della ricreazione si agitarono gli ormoni e tutti i suoi
compagni, o meglio tutte le sue compagne, si alzarono iniziando a
strillare, ridere e civettare.
Un gruppo consistente inseguì Sasuke che a grandi passi si
era
volatilizzato fuori dalla porta a tempo di record mentre Naruto si
godeva le attenzioni di alcune ragazzine del quarto anno che erano
appena giunte dal secondo piano.
Hinata attese con pazienza che la classe si svuotasse finchè
non
vi rimasero solo lei e il surfista californiano attorniato da donzelle
festanti. Si trovavano però parecchi banchi in avanti senza
contare poi che il biondo le dava le spalle mentre le sue spasimanti
erano totalmente abnegate e concentrate su di lui e sul palpargli i
muscoli.
Il banco di Sasuke era una sola fila più in la rispetto alla
sua
e non sembrava troppo difficile riuscire a posarvi in cima il piccolo
pacchetto che ora stringeva nella mano.
Si fece coraggio e senza farsi notare, cosa non difficile, vi
passò davanti poggiando con cura, seppur velocemente, il
regalino ricoperto di carta opaca argentata sopra il quaderno di
aritmetica; poi mantenendo la calma si avvicinò alla solita
finestra e restò lì a scrutare l'orrizzonte come
faceva
ogni ricreazione.
Al nuovo suono della campanella il cuore prese a batterle all'impazzata
e non sapeva bene cosa fare, non era esattamente la persona
più
indicata ad ostentare una faccia di bronzo. Se mai fosse entrata in
confidenza con Sasuke doveva ricordarsi di farselo insegnare.
Fatto sta che il moro rientrò in classe, proprio quando lei
s'era riseduta al suo posto, con un cipiglio seccato e delle esagitate
Sakura e Ino appese alle sue braccia.
- Teme, guarda! Hai qualcosa sopra il banco! - urlò Naruto
che
ora che le sue fans se ne erano andate aveva incominciato a roteare per
tutta l'aula.
Sasuke si liberò con uno strattone delle ragazze,
intimandole
con cortesia di "non rompere i coglioni, porca puttana" o "le avrebbe
uccise", e si avvicinò al proprio banco.
Aveva ricevuto miliardi di regali (beata modestia) - e anche quel
giorno alcune si erano date parecchio da fare - che erano
irremidiabilmente finiti nella pattumiera, quindi non aveva nulla di
eccezionale quell'evento. Eccezionale era il fatto che non gli fosse
stato consegnato di persona perchè quelle "oche impenitenti"
non
vedevano l'ora di pavoneggiarsi con i loro "doni d'amore".
Afferrò il pacchetto confezionato con una bella carta
argentata
ed un fiocchetto blu elettrico ed estrasse il minuscolo rotolo di
pergamena che vi era legato.
Lo aprì e vi trovò scritto, con una calligrafia
elegante e meticolosa, un'unica, semplice frase:
Con la speranza che ti porti sempre fortuna
Curioso tirò un'asola del fiocco sciogliendo così
il nodo
e aprì il sacchettino dal quale estrasse un piccolo
cofanetto di
velluto nero. Sollevò il coperchio della scatola rivelando
il
suo contenuto, un piccolo portachiavi con un ciondolo a forma di gufo.
Si trattava di un fukurou di legno di rovere dagli intarsi e la
catanella d'oro bianco, un oggetto che voleva portare fortuna e
l'augurio di non incorrere mai in difficoltà.
Era un regalo sicuramente costoso e si chiedeva di chi mai potesse
essere.
Senza volerlo, d'istinto, alzò lo sguardo verso Hinata che
arrossì violentemente quando si accorse di essere stata
scoperta,
intenta ad osservarlo come a volersi assicurare che quel portachiavi
gli piacesse.
Quella volta che passò la pausa pranzo con lei...
Febbraio era passato aprendo i battenti ad un tiepido e soleggiato
Marzo. In quelle giornate a Hinata piaceva passare i momenti di
libertà nel parco della scuola, seduta a
terra sotto
l'ombra delle fronde di un albero che era sempre lo stesso. Si trattava
di un Prunus serrulata, un ciliegio che non produce frutti, e che
trovandosi in un angolo abbastanza lontano dal centro della vita
studentesca non era mai attorniato da gente.
Anche quel giorno, durante l'ora di pranzo, si accomodò sul
tappeto verde poggiando la schiena al tronco dell'albero e aprendo
sulle ginocchia uno dei suoi diari sul quale iniziò a
scrivere.
La giacca della divisa giaceva accanto a lei e si era arrotolata le
maniche della camicia fin sopra al gomito, tanto la temperatura era
piacevole.
Di tanto in tanto alzava lo sguardo per ammirare il movimento dei fili
d'erba, delle foglie e sorrise quando un passero le si
avvicinò
saltellando. Persino la natura si rendeva conto del suo essere
totalmente innocua e non era raro che qualche creaturina, furtivamente,
finisse col ciondolare vicino a lei finchè non se ne andava.
Hinata estrasse dalla borsa un sacchettino contenente una merendina,
ovviamente vegana, e ne staccò un pezzetto sbriciolandolo
davanti al becco dell'uccellino che iniziò a mangiare tutto
felice. Con un sorriso la ragazza tornò a concentrarsi sui
suoi
compiti, i quali non erano di natura scolastica, non lo erano mai. In
effetti c'era da chiedersi il perchè dei suoi voti
eccellenti
dato che studiava pochissimo e passava tutto il suo tempo a leggere,
qualunque cosa eccetto libri di testo.
Era così presa da quel suo diario che nemmeno si accorse che
l'uccellino era sparito, spaventato dall'arrivo di quello che a lui
doveva sembrare l'uomo nero.
- Mi posso sedere?
Hinata sussultò dalla sorpresa e alzò lo sguardo
sul
nuovo arrivato che stava dritto davanti a lei, le mani in tasca.
Incapace di articolare qualcosa di sensato si limitò ad
annuire
mestamente, mentre con gli occhi seguiva i movimenti di Sasuke che si
sedeva di fianco a lei, nella sua stessa posizione. Lo vide abbandonare
il capo addosso al tronco e chiudere gli occhi e, dopo essere rimasta
un paio di minuti in contemplazione del suo profilo, tornò a
scribacchiare cose non pertinenti al nostro racconto.
Rimasero così, in silenzio, fino alla fine della pausa
pranzo. Nessun silenzio scomodo o di Sasuke Uchiha.
Ecco cosa intendeva lei per un muto momento sereno. Era una cosa rara
riuscire a condividerlo con qualcuno perchè
chissà come
mai tutti sono convinti di dover sempre tentare di stupire l'altro,
dicendo qualcosa.
Ma loro non erano così, non lo erano affatto e passarono
quei minuti nella più totale tranquillità.
Hinata poteva sentire il suo respiro calmo e incredibilmente non
provò alcun disagio a continuare a scrivere sulle pagine del
suo
diario, nonostante fossero così vicini. Era sicura, qualcosa
dentro di lei glielo diceva, che non avrebbe sbirciato, che avrebbe
avuto rispetto per la sua riservatezza.
Quando la campana suonò le dispiaque che un momento tanto
intimo
dovesse finire. Non era successo nulla ma per lei, così
solitaria, timida ed introversa, era molto più di quanto non
avesse mai avuto con nessun altro. Quel loro silenzio per lei
significava molto di più di qualsiasi conversazione o
confidenza. Era strano e non lo sapeva spiegare a parole
però in
cuor suo sapeva che, in qualche modo, era lo stesso per Sasuke.
Si alzarono all'unisono e lui l'aspettò mentre raccoglieva
tutte le sue cose per riporle nella borsa.
Sempre senza parlare si incamminarono l'uno affianco all'altra verso le
classi ed Hinata era così felice da sussultare d'emozione
ogni
volta che le loro braccia si sfioravano.
Quella volta che la difese...
Kurenai-sensei, l'insegnante di storia, due volte l'anno affidava ai
suoi studenti il compito di svolgere una ricerca su un argomento a
piacere, purchè fosse pertinente al programma già
svolto.
Si studiava in coppia ed era lei a decidere chi avrebbe lavorato con
chi ma dava loro l'opportunità di esprimere una preferenza.
Scrivevano un unico nome su un bigliettino che poi le consegnavano e la
lezione successiva annunciava l'atteso verdetto; la maggior
parte
delle volte furono in molti ad essere accontentati.
Hinata non aveva mai consegnato quel foglietto perchè a lei
chiunque andava bene, non aveva di questi problemi. Quel Marzo
dell'ultimo anno però decise che per una volta la poteva
fare
un'eccezione, tanto sarebbe stata l'ultima ricerca e magari neanche
finiva con lui. Con la fortuna che aveva figurarsi, Kurenai-sensei
l'avrebbe messa a studiare con la lavagna!
Quindi con mano tremante e già pronta ad incassare una
delusione, consegnò il biglietto in cui citava Sasuke Uchiha
come sua preferenza.
Visse sospesa fino al Giovedì quando l'insegnante
entrò
in classe e si sedette alla cattedra con il suo solito cipiglio severo.
Hinata abbassò subito lo sguardo concentrandosi sulle
proprie
dita, così interessanti in quel momento,... In attesa.
Aveva iniziato ad elencare le coppie da qualche secondo e lei s'era
persa in una serie di ragionamenti e paranoie così contorta
che
neanche la sentì quando chiamò il suo nome.
Cioè
la sentì ma pensò di aver capito male, che fosse
la sua
immaginazione e già voleva sprofondare nel pavimento
perchè quel Sasuke Uchiha seguito da Hinata Hyuuga non
lasciava
spazio a fraintendimenti.
Avrebbe dovuto essere felice ma realizzò a quel punto,
notando
gli sguardi carichi d'odio di Ino e Sakura, che forse non era stata una
grande idea. C'erano molte altre ragazze che ci tenevano più
di
lei a fare coppia con Sasuke e all'improvviso si sentì
tremendamente in colpa.
Al cambio dell'ora le due avversarie in amore, e nemiche
giurate,
e paladine delle griffe e delle extension le si avvicinarono con fare
minaccioso, squadrandola dall'alto in basso.
- Hinata, non mi dirai che ora Sasuke-kun piace anche a te! -
l'aggredì la rosa incrociando le braccia al petto, furibonda.
La poveretta borbottò qualcosa completamente in panico
scuotendo
terrorizzata la testa, gli occhi spalancati che già erano
lucidi.
- Sarà meglio che tu non ti faccia venire in mente strane
idee!
- le sibilò Ino ad un centimetro dalla sua faccia - Tu mi
stai
simpatica ma prova a fare un passo falso e... - accompagnò
quelle parole con un gesto molto eloquente, passandosi il pollice della
mano destra da un lato all'altro del collo.
Hinata credette di cadere a terra svenuta, di certo inimicarsi le
ragazze più temibili della scuola non rientrava tra le sue
aspirazioni.
- S-se volete p-possiamo f-fare a c-cambio... - le
informò
tremando spasmodicamente e abbassando le sguardo, le lacrime che
minacciavano di uscire copiose.
- Non se ne parla proprio! - intervenne una voce maschile e categorica.
Le ragazze si voltarono a guardare Sasuke Uchiha che con il suo solito
fare strafottente le osservava con aria seria, i fianchi poggiati al
bordo del banco e le braccia incrociate al petto.
- Ma Sasuk... - iniziò a dire Sakura. Lui la
bloccò con
lo sguardo più feroce che Hinata avesse mai visto, facendola
tacere all'istante.
- Sono stato io a citare Hyuuga come mia preferenza e l'insegnante ha
deciso così! - continuò in un tono pacato che
malcelava
una sfumatura di rabbia - Quindi voi oche la smetterete subito di
rompere i coglioni. Sono stato chiaro?
Oh si, lo era stato! E nonostante quel tono cattivo e quell'aria di
disprezzo non fossero rivolti a lei, Hinata non potè far a
meno
di aver paura. Dopo i piccoli episodi che li avevano visti protagonisti
si era dimenticata di quanto sapesse essere spaventoso.
Ino e Sakura le lanciarono un ultimo sguardo intriso d'odio e senza
aggiungere una sola parola si allontanarono insieme, uscendo
indispettite dalla classe.
La poveretta, sempre più allarmata lo guardò
brevemente
prima di distogliere lo sguardo e concentrarsi sulle mani che si
arrovellavano. Sasuke con aria ambigua continuava ad osservarla in
silenzio e piano, per non essere udito da nessuno se non da lei, le
disse qualcosa che Hinata non potè dimenticare mai.
- Non devi aver paura di quelle due, Hyuuga. Tu sei molto
più forte.
Quella volta che volle sapere come si sentiva...
Avevano a disposizione due settimane per svolgere la ricerca ed
elaborarono un calendario impeccabile che suddividesse perfettamente i
giorni in base ai compiti. Lo fece Hinata in realtà, era una
maniaca dell'organizzazione, e lo consegnò a Sasuke
piuttosto
soddisfatta e certa di aver fatto un buon lavoro.
- Martedì quindi? - le chiese tranquillo continuando ad
esaminare il foglio - Scegliere le fonti ed iniziare ad analizzare i
contenuti... - lesse poi piegandolo e riponendolo nel diario.
Hinata annuì sorridendogli e portandosi una ciocca dei
lunghi capelli neri dietro l'orecchio.
- Perfetto! - asserì poggiandosi rilassato sul banco ed
incrociando le braccia - A casa tua o mia? -
Era una domanda del tutto lecita eppure, per ragioni che ora vi spiego,
la ragazza divenne rossa come un peperone.
- E-ecco... - iniziò a dire guardandosi nervosamente attorno
-
M-mio pa-padre avrebbe p-piacere c-che fossi tu a v-venire d-da noi...
- lo informò.
- Non c'è nessun problema. - rispose Sasuke guardandola
curioso.
- V-vorrebbe che fossi t-tu a v-venire d-da noi ogni v-volta... - gli
confessò abbassando il capo, mortificata - E c-che t-ti
fermassi
a p-pranzo...-
Non era sicuramente la cosa più terrificante che suo padre
avesse fatto, anzi. Ai più sarebbe apparso come un gesto di
grande educazione e signorilità ma Hinata conosceva fin
troppo
bene Hiashi Hyuuga e le sue diaboliche strategie.
Era iperprotettivo ed iperpossessivo, in particolare con lei che era
così fragile e sempre in balia degli eventi. Quando gli
aveva
comunicato che avrebbe dovuto eseguire la ricerca con il rampollo di
casa Uchiha, una vistosa vena gli si era gonfiata sulla tempia ed era
stato categorico: sua figlia non avrebbe mai messo piede in casa loro.
E fin qua andava tutto bene ma era la prospettiva di quei numerosi
pranzi, almeno sei, a metterla in allarme. Suo padre avrebbe potuto
inventarsi qualsiasi cosa pur di metterlo a disagio e in imbarazzo e
lei, figurarsi, non poteva fare nulla per salvarlo. Non che credesse
che Sasuke Uchiha fosse il tipo da necessitare soccorsi e magari il suo
capofamiglia non era così terribile, forse era lei ad essere
traviata, cosa che poteva benissimo essere.
Ad ogni modo il moro non parve sconvolto dalla notizia ed
accettò volentieri l'invito.
Il Martedì, a pranzo, si ritrovarono tutti attorno alla
grande
tavola che solitamente veniva imbandita per occasioni importanti. A
quanto pare Hiashi Hyuuga riteneva che quella fosse una di queste.
Furono servite tutte le pietanze incluse nel tipico pranzo giapponese e
Hinata stette in agitazione tutto il tempo mentre consumava la propria
ciotola di riso in bianco e un'insalata di cetrioli.
Sasuke, che era stato fatto accomodare di fianco sua sorella Hanabi, se
ne stava risoluto e completamente a proprio agio composto sulla sedia,
ringraziando con cortesia ogni volta che la cameriera gli serviva un
nuovo piatto e gli riempiva il bicchiere.
A dispetto delle aspettative funeste di Hinata, suo padre fece poche e
concise domande di circostanza e non riservò particolari
sguardi
al ragazzo. Terminato di pranzare poi si era congedato, rintanandosi
nel proprio studio da dove, sua figlia sapeva, non sarebbe uscito fino
all'ora di cena.
La ragazza guidò Sasuke fino ad una camera, situata al primo
piano, che utilizzava sempre quando doveva studiare. Era bianca e
ariosa, molti vasi dai fiori colorati l'addobbavano e le tende di un
lilla e azzurro tenue la facevano sembrare la stanza di una fata.
Si sedettero su degli zabuton grigio chiaro posti vicini ad un largo
tavolo di legno rossiccio e a Sasuke sembrò di trovarsi
nelle
condizioni ottimali per fare della meditazione.
Lavorarono ininterrottamente per almeno tre ore, con così
tanta
lena e concentrazione da avvantaggiarsi trovandosi così in
anticipo rispetto la tabella di marcia e scambiandosi poche parole.
Ogni tanto Hinata se lo sbirciava da sopra i libri che occupavano la
superfice di legno e s'incantava a guardarlo sfogliare annoiato i testi
che aveva davanti, il gomito sul tavolo e il mento poggiato sul palmo
della mano. Un paio di volte aveva anche incrociato il suo sguardo
serio ed era arrossita violentemente ma non la metteva più
in
soggezione.
Più che altro, la emozionava e non voleva concentrarsi
troppo su ciò che questo significava.
Erano da poco passate le cinque del pomeriggio quando posarono le loro
penne e richiusero i libri; Sasuke si alzò poco dopo per
avvicinarsi agli scaffali dove erano esposte fotografie, coppe,
medaglie ed attestati di ogni genere. Hinata lo osservò
ansiosa
ma lui non fece alcun commento in proposito.
- Se abbiamo finito credo di poter andare. - le disse voltandosi a
guardarla, le mani in tasca.
- S-se vuoi p-prima possiamo p-prendere un thé... -
balbettò sostenendo il suo sguardo.
Aveva appena invitato Sasuke Uchiha a bere un thé? Davvero?
Quale ardore, quale spirito di iniziativa. Sakura e Ino ne sarebbero di
certo state felici.
Il ragazzo annuì semplicemente e la seguì fuori
dalla stanza, verso la cucina.
Felice riempì un bollitore in rame con dell'acqua tiepida
per
posizionarlo poi sui forneli, dopodichè prese un paio di
cucchiaini e tazze accompagnate dai piattini, una zuccheriera di
porcellana e mise tutto sopra un bel vassoio.
Per tutto il tempo che impiegò a preparare il
thé, verde
per entrambi, Sasuke rimase poggiato allo stipite della porta, intento
ad osservarla con attenzione.
- Pronto! - squillò allegra mentre con una presina afferrava
il
bollitore per il manico e lo poggiava sul vassoio - Ti v-va di berlo
s-sull'engawa? - chiese poi tornando a balbettare, come se si fosse
ricordata solo in quel momento della sua presenza.
- Certo, fai strada. - la invitò staccandosi dal muro.
Lo guidò fuori, il grande portico si affacciava sull'immenso
parco perfettamente curato e si accomodò su uno zabuton
rosso
bordeaux mentre Hinata versava il liquido ambrato nelle tazzine.
- A Naruto piacerebbe molto questa casa. - le disse dopo qualche minuto
di silenzio.
La ragazza lo guardò allarmata, facendosi rossa e iniziando
a
tremare tanto che il thé minacciava di macchiarle i vestiti.
- So che ti piace, Hyuuga. - le confidò con un'espressione
tranquilla sul volto ma scrutando con attenzione ogni suo minimo
mutamento facciale.
Hinata lo guardò a lungo prima di poggiare la tazzina ed
intrecciare le dita sul grembo.
Era stata scoperta e chissà da quanto tempo. Sperava
ardentemente che non lo avesse rivelato a nessuno, anche se a quel
punto non sapeva bene quanta differenza potesse fare. Di certo quella
mattina, quando si era alzata, non immaginava che tra tutti gli
argomenti possibili avrebbero affrontato proprio quello.
- N-non mi p-piace... - ammise tornando a guardarlo decisa.
Sasuke inarcò un sopracciglio, scettico. Erano anni che
Hinata
era infatuata del Dobe, lo sapeva bene ed ora voleva dargli a bere che
non era così?
- I-io... - cominciò a dire al massimo dell'imbarazzo prima
di
interrompersi per osservare il vuoto e attorcigliando nervosamente una
ciocca dei capelli - I-io... -
- Hyuuga, non sei obbligata a dirmi nulla e sinceramente non mi
interessa sapere. -
Hinata si immobilizzò udendo quelle parole, si
sentì
ferita soprattutto perchè il tono che aveva usato era
seccato,
insofferente e perchè si era quasi convinta che non
l'avrebbe
mai usato rivolgendolo a lei. Non è che sperasse in
chissà cosa ma non credeva di meritare tanto disprezzo e
sufficienza.
Si alzò in piedi incamminandosi verso il fusuma e quando si
voltò era riuscita a riprendersi quel tanto da riuscire a
sorridergli.
- Se vuoi ora puoi andare... - disse con un filo di voce.
Era orgogliosa. Buona, modesta, gentile, generosa ma orgogliosa.
Nessuno se ne rendeva mai conto perchè nessuno la metteva
mai
alla prova ma lo era così tanto da non tollerare nessun
torto,
se fatto da qualcuno che ammirava e verso il quale provava affetto. Si
allontanava e rintanava sulla difensiva più di quanto non
facesse già di solito ma era facile in realtà,
troppo
facile, farla tornare indietro.
Sasuke la guardò allibito perchè mai avrebbe
pensato che
Hinata Hyuuga, la ragazza più timida e chiusa che mai si
fosse
vista sulla faccia della Terra, fosse capace di invitare qualcuno ad
andarsene con tale noncuranza e per di più senza balbettare.
La
raggiunse subito e poi la seguì fino all'ingresso.
- Hyuuga... - la chiamò in modo che lo guardasse negli
occhi,
cosa che faceva raramente e che gli procurava sempre una strana
sensazione - Non volevo essere scortese. -
Hinata lo sapeva infondo. Sapeva perchè Sasuke aveva quelle
attenzioni particolari per lei, perchè aveva parlato di
Naruto
poco prima e perchè aveva reagito in quel modo quando aveva
creduto che gli stesse mentendo. Lo sapeva ma per una ragazza come lei
prendere consapevolezza di una cosa simile era difficile, quasi
impossibile. Era impensabile che qualcuno potesse essere interessato a
conoscerla. Solo il pensiero faceva sbellicare dalle risate.
Sasuke Uchiha doveva essere matto.
- Vorrei solo capire come ti senti. - le disse passandosi le dita tra i
folti capelli neri e Hinata provò l'irrazionale desiderio di
toccarglieli.
Le si imporporarono le guance ma sostenne il suo sguardo
così
diverso dal proprio, così scuro, così cupo e vi
trovò un bagliore che le permise di capire.
- I-io sto bene S-Sasuke-kun... - mormorò distendendo le
labbra in un sorriso - C-con te s-sto bene. -
Quella volta che la invitò a cena...
"Con te sto bene".
Glielo aveva detto davvero.
Come diavolo le era saltato in mente? Da dove le era uscita una cosa
simile?
Era colata a picco come una barchetta di carta non appena aveva
realizzato quale terribile verità aveva finito col rivelare.
Era
rimasta a bollire nel proprio brodo di vergogna ed imbarazzo, incapace
di star ferma e ruotando per tutta la casa come un'anima in pena.
In diciotto anni di vita l'unica cosa della quale le si poteva dar
merito era che non aveva mai detto nulla di sconveniente o
inappropriato, o almeno non troppo, ed ora, in un secondo, andava a
fare la figura della scema uscendosene con una frase che non stava ne
in cielo ne in terra.
Con Sasuke Uchiha poi. L'emblema della fredda arroganza indifferente, o
indifferente
freddezza arrogante,... Si,
insomma! Qualcosa del genere.
Doveva pensare che era tutta stupida, una specie di fenomeno da
baraccone e quasi si pentiva di non averlo guardato per vedere che
faccia aveva fatto dopo quelle sue aberranti parole.
Aveva rialzato lo sguardo giusto in tempo per vedere la sua espressione
seria ed enigmatica mentre teneva un braccio alzato, protratto
leggermente verso di lei. Hinata l'aveva guardato con terrore e lui
l'aveva ritratto subito.
Magari voleva tirarle una pizza o bussare sulla sua testa, giusto per
sincerarsi che dentro ci fosse qualcosa. L'aveva sfiorata
l'eventualità che la volesse semplicemente toccare, forse
farle
una carezza,... Ma l'idea l'aveva mandata così in agitazione
che
credeva di star avendo un attacco cardiaco. E poi era assolutamente
ridicolo anche solo sognarsi che Sasuke potesse fare qualcosa di
così dolce.
In più c'era quell'altro problema che non era un vero
problema: Naruto Namikaze.
L'aveva capita finalmente. Ci erano voluti anni ma ce l'aveva fatta.
Le piaceva come tipo, si. Era tutto quello che lei non sarebbe stata
mai ma ciò non significava che le piacesse in quel senso.
Magari
un tempo si, quando era ancora bambina, aveva avuto una cotta per lui
ed aveva finito col fossilizzarsi in quel sentimento acerbo e del tutto
campato per aria. L'aveva notato perchè era rumoroso,
perchè si faceva notare e lei, che era sempre concentrata
sul
suo mondo fantastico, non si rendeva mai conto di nessuno, solo di lui.
E doveva aver confuso la curiosità, l'attrazione per quel
suo
modo di fare con qualcosa di più.
Perchè quel suo interesse per Naruto si era del tutto
volatilizzato non appena nella sua vita era apparso qualcosa di
concreto, tangibile. Non che con Sasuke fosse accaduto
granchè
ma un contatto c'era stato, seppur leggero, ed aveva totalmente
cancellato l'ombra del Namikaze.
Che poi le veniva il dubbio che non fosse tanto Sasuke ma il fatto che
le avesse dato attenzioni. Le veniva il dubbio che se qualcun altro si
fosse comportato con lei come aveva fatto lui sarebbe successa la
stessa identica cosa. E questo la faceva sentire male perchè
non
voleva essere così.
E poi, stupidamente, dentro di lei desiderava che quello che sentiva
fosse esclusiva di Sasuke. Ma cosa sentiva?
Arrossiva, le batteva il cuore, balbettava come se non ci fosse stato
un domani, si sentiva svenire a volte e tremava. Nulla di nuovo
però, erano cose che le capitavano più o meno con
tutti
anche se magari non con la stessa intensità.
A metterla in allarme era quel suo fissarsi ad osservare ogni aspetto
del suo viso, ogni sua espressione, ogni suo gesto, quella punta di
gelosia che sentiva al cuore quando le ragazze lo avvicinavano con fare
civettuolo e quel desiderio sempre più forte che aveva di
toccarlo.
Queste erano cose che, quando era invaghita di Naruto, nemmeno si
sarebbe sognata perchè ora, quando appariva Sasuke, tutto
entrava in sottovuoto e i suoi occhi non potevano fare a meno di
puntare in sua direzione.
Era qualcosa di davvero forte per lei ed era orribile pensare che tutto
ciò non fosse per lui ma per ciò che aveva fatto.
Non
voleva, non poteva essere così.
E mentre lo osservava prendere appunti le venne in mente una cosa.
Lei aveva notato Naruto perchè era un tipo che si faceva
notare
e poi Sasuke perchè si era fatto notare da lei
avvicinandola. E
lui? Lui perchè l'aveva notata?
Al termine della lezione raccolse le proprie cose e si diresse verso la
porta a mo' di fantasma. Per quel giorno poteva starsene tranquilla,
dato che Sasuke sarebbe tornato da lei solo l'indomani, eppure uno
strano senso di irrequietezza l'agitava. Persa nei meandri
più
reconditi della propria mente non si rese nemmeno conto di star andando
a sbattere contro qualcuno.
Si strofinò la punta del naso con la quale aveva colpito
qualcosa di duro e alzò lo sguardo timorosa; già
lo
sapeva chi era il poveretto vittima della sua sbadataggine.
Il moro la osservava con un cipiglio che le sembrava divertito e si
massaggiò il petto, fingendosi dolorante.
- Ti sei fatta male? - chiese preoccupato.
In realtà i vasi sanguigni del suo naso erano molto fragili
e
finiva col dissanguarsi praticamente per ogni più piccolo
urto.
Ma in quella situazione di grande imbarazzo ed emozione il suo cuore
doveva aver smesso di pompare e quindi non successe nulla, poco male...
Scosse la testa ed indietreggiò di un passo, giusto per
poterlo guardare in faccia senza farsi venire una cervicale.
Era così bello. Ma bello davvero. Come diamine aveva fatto a
non
accorgersene per tutto quel tempo? Ora che lo guardava le appariva
chiaro, lampante, ovvio come il Sole che nasce ad Est e muore ad Ovest.
Non c'era nulla che non andasse in quel viso. La pelle era liscia,
priva di brufoli o punti neri, e anche se non l'aveva mai toccata era
sicura che fosse pure morbida; ci avrebbe scommesso la
verginità. (Si, esatto!)
Le labbra non erano esattamente carnose ma perfettamente disegnate,
così rilassate nella loro posa seria e pacata. E il naso,
quel
naso lungo, sottile e dritto ma non spigoloso, non sgraziato. Era un
naso elegante ed Hinata non sapeva bene come un naso potesse
essere elegante ma il suo lo era eccome.
Era un viso perfetto. Dai lineamenti dolci e delicati, quasi femminei
eppure c'era qualcosa nello sguardo pece e nella piega delle
sopracciglia che rendeva quel volto comunque forte, comunque virile.
E i capelli... Kami, i capelli! Ci avrebbe potuto riempire tre teste
diverse con quei fili lunghi e neri, scomposti, indomati, lasciati
lì quasi per caso ma perfetti.
Non ci credeva molto, nella perfezione. Chiaramente era influenzata da
quella sua attrazione, da quel suo interesse per Sasuke. Doveva pur
averlo qualche difetto, non era possibile che fosse davvero
così
bello.
Un difetto, uno soltanto. Forse aveva tre capezzoli o magari sei dita
dei piedi. All'idea inorridì; che cosa disgustosa i piedi!
Lo passava al setaccio decisa a trovare una sola imperfezione
perchè se l'avesse avuta sarebbe stato meno improbabile che
gli
piacesse. Se non fosse stato perfetto non avrebbe cercato una ragazza
perfetta e quindi, forse, sarebbe potuta andare bene pure lei.
- Ascolta... - disse tentennante ed osservando un punto del muro al di
sopra della sua spalla - Mio fratello è tornato ieri e ti
vorrebbe conoscere. -
Hinata spalancò la bocca per lo stupore.
- V-vuole conoscere m-me?
- Si. - rispose Sasuke infilandosi una mano in tasca - I miei genitori
hanno fatto il tuo nome dicendo che ora stiamo lavorando ad un progetto
insieme. A quanto pare anni fa ha conosciuto tuo cugino Neji e sarebbe
felice di potersi presentare. -
Nemmeno sapeva che avesse un fratello e all'improvviso era curiosa di
poterlo vedere. Probabilmente era più grande di loro, forse
aveva la stessa età di suo cugino e sicuramente era
bellissimo e
geniale come Sasuke.
- Ne s-sarei f-felice anche io... - balbettò arrossendo e
guardandosi i piedi.
- Bene. - lo sentì proseguire con tono più
rilassato - Sei invitata Sabato sera a cena. -
Hinata quasi ebbe un infarto. Cosa? A cena?
Alzò la testa di scatto per chiedere spiegazioni ma quello
si era già voltato, avviandosi verso le scale.
Quella volta che cenarono con la sua famiglia...
Non furono facili i giorni che precedettero il Sabato. Hinata li visse
come se un'ottenebrante presenza pesasse sulla sua testa e non
è
tanto per dire.
Suo padre era stato categorico sul fatto che non sarebbe mai entrata in
casa Uchiha e quindi, come fare? Sasuke non accennò
più
alla cena e nemmeno lei lo fece, si limitarono a salutarsi in classe
con dei cenni del capo e a lavorare insieme alla loro ricerca, durante
i due pomeriggi successivi.
Quasi le veniva il dubbio che lui avesse cambiato idea, cosa che poteva
benissimo essere considerato tutto.
In ogni caso si comportò come se l'appuntamento fosse
confermato
ed informò suo padre che avrebbe cenato a casa di Ten Ten,
quel
Sabato, e che poi sarebbero andate al cinema. Non aveva idea di quanto
tempo avrebbe impiegato quella serata con la famiglia Uchiha ed era
meglio prevenire che curare.
Hiashi Hyuuga le concesse il permesso senza domande. Conosceva Ten Ten,
in quanto da anni fidanzata con suo nipote Neji, in più
Hinata
era sempre stata una ragazza solerte, responsabile e se una sera le
andava di uscire, perchè impedirglielo? Le disse che lui
quel
finesettimana non ci sarebbe stato per improrogabili impegni di lavoro
e che avrebbe potuto usufruire dei domestici per farsi portare dove le
occorreva.
Tutto sommato era stata fortunata.
Il pomeriggio del giorno del Giudizio, dell'Apocalisse, di Armaggaedon
la poveretta correva da una parte all'altra della sua stanza, in
panico. Come si doveva vestire? Era tutto un disastro.
Non aveva nulla di appropriato, nulla di convincente e quasi le venne
l'idea di disdire incolpando un falso raffreddore.
Mentre si disperava in ginocchio dinanzi l'armadio però,
sentì il telefono vibrare da sopra il comodino.
Ti passo a prendere per le sette
Doveva immaginarlo che pure per messaggio Sasuke riuscisse ad essere...
Beh, Sasuke! Neanche un punto esclamativo o una emoticon. Era proprio
stitico quel ragazzo, pensò sorridendo felice come una
bambina.
Ovviamente rispose che non doveva disturbarsi, che si sarebbe fatta
accompagnare e bla bla bla. Non voleva assolutamente essere un peso o
dare l'impressione di un'approffittatrice, in questo caso in gioco
c'erano anche le opinioni dei genitori di Sasuke e del suo ignoto
fratello.
"Ti passo a prendere IO per le sette" fu la risposta successiva e a
quel punto desistette perchè, dite quello che volete, ma
nulla
poteva essere peggio che aizzare l'ira funesta dell'Uchiha.
Alla fine, dopo ore di prova costumi, dopo aver messo sotto sopra
l'armadio e dopo aver invocato l'aiuto di tutti gli Dei a lei
conosciuti optò per un sobrio vestitino. Nulla di
particolare,
un abito rosa antico lungo fino alle ginocchia e a mezze maniche,
accompagnato da una giacca nera ed un paio di stivaletti dello stesso
colore.
Passò millenni di fronte allo specchio truccandosi e
struccandosi decine di volte e, come c'era da aspettarsi, dopo aver
rinunciato ad elaborate preparazioni decise di raccogliere i capelli in
una grossa crocchia sopra la testa e di indossare solo un po' di
mascara e una leggera linea di eyeliner. In fin dei conti aveva
ottenuto un ottimo risultato, quella linea era dritta e sottile, le
dava un'aria leggermente più sofisticata e non si era
nemmeno
bucata l'occhio.
Poi venne il turno della borsetta e qui, qui si vi voglio. Pochette,
bauletto o borsa a mo' di sporta della spesa? In tinta con la giacca o
con il vestito? Cominciava a venirle mal di testa.
Arrivò a consultare addirittura dei siti di moda su internet
e
per evitare di impazzire alla fine aveva mandato tutto, con
raffinatezza, a quel paese ed aveva afferrato una grande borsa in
velluto nero. Se non altro aveva degli ampi manici e avrebbe potuto
metterla comodamente sulla spalla e, in caso di necessità,
ci si
sarebbe potuta nascondere dentro.
Nonostante tutto alle sei e mezza era già pronta in salone,
talmente nervosa da far tremolare la poltrona sulla quale era seduta, e
passò i minuti successivi ad osservare con sguardo
meditativo il
gatto persiano di sua sorella che giocava con un gomitolo di lana.
Poi il campanello suonò e lei scattò in piedi,
sull'attenti.
- Signorina Hinata, è arrivato il signorino Uchiha. -
Alla ragazza venne da ridere all'udire quell'appellativo. "Il signorino
Uchiha". Se lo immaginava Sasuke vestito da pinguino e con i capelli
laccati come quelli di un damerino. Sarebbe stato comunque una visione.
Kami ma... Quanto male stava?
Seguì il maggiordomo fino all'atrio dove il ragazzo
l'aspettava,
impeccabile nella sua camicia nera e i pantaloni color panna.
Hinata avvampò tutta emozionata e si sentì molto
sciocca
perchè mai e poi mai avrebbe immaginato di provare un
guazzabuglio di emozioni simili alla vista di un signorino. Ma mica era
un signorino qualsiasi lui.
Sasuke la guardò con attenzione e curvò le labbra
in quello che era quasi un sorriso.
- Sei molto elegante, Hyuuga. -
Quella quasi si sciolse come un gelato al sole e il rossore sul suo
viso lasciò spazio ad un viola intenso.
- N-non va b-bene? M-mi posso c-cambiare... - disse allarmata e
già pronta a correre su per le scale ed indossare gli abiti
della gogna.
- Sei perfetta. La mia era solo una constatazione. - rispose aprendo il
portone d'ingresso - Vogliamo andare? - le chiese poi allungando il
braccio in direzione dell'uscita.
Hinata annuì quasi commossa e dopo aver avvertito
Yamazaki-san che se ne andava lo seguì all'esterno.
Il viaggio in macchina fu tranquillo e silenzioso e lei ne
approffittò per calmarsi. Doveva fare bella figura quella
sera,
balbettare il meno possibile e parlare se interpellata, dicendo cose
intelligenti.
Sperava vivamente che il padre di Sasuke fosse meno autorevole del suo
o avrebbe rischiato di finire in tabacchiera prima che fossero serviti
gli antipasti.
Casa sua non distava molto e nel giro di un quarto d'ora entrarono in
un ampio vialetto circondato da aiuole colorate che non si vedevano
molto, il Sole stava già tramontando tingendo il cielo
d'arancio. Sasuke la guidò verso l'entrata e le porse delle
uwabaki azzurro scuro che lei indossò subito.
- Sas'ke sei già arrivato? - chiese una voce gentile
proveniente da un'altra stanza.
- Si, mamma. - rispose mentre si avviava lungo il corridoio - Vieni.-
Hinata lo seguì avvicinandosi a lui tanto da sfiorargli il
braccio. Finchè gli stava attaccata non poteva succederle
nulla
di male.
La condusse in un bel soggiorno accogliente dove, su un divano in pelle
bianca, sedeva una donna molto avvenente dai lunghi capelli neri e
grandi occhi scuri.
- Hinata-chan! - squillò sorridendole come se fosse la gioia
più grande averla li - Finalmente ti conosco. - disse poi
alzandosi ed esibendosi in un inchino.
- Il p-piacere è t-tutto mio... - affermò
inchinandosi a sua volta.
- Sai, devi sapere che Sasuke ti nomina spesso. - le confidò
con uno sguardo ammiccante che fece evaporare la ragazza.
- Mamma! - l'apostrofò inviperito il moro affianco a lei -
Stai zitta! -
La donna continuò a sorridere passando lo sguardo prima su
di
lei e poi su di lui, talmente felice che le luci del tramonto che
spuntavano dalla finestra alle sue spalle sembravano contornarla
apposta.
- Comunque lei è Mikoto - sospirò Sasuke
passandosi le dita tra i capelli.
Per qualche minuto rimasero accomodati sul divano dialogando
cordialmente o meglio, Hinata cercava di rispondere alle domande della
signora senza farfugliare in maniera spudorata e tutto sommato ce la
fece anche. Mikoto era una donna molto gentile e riuscì a
metterla sufficientemente a proprio agio.
Poi però accadde l'impensabile e sullo stipite della porta
fece
capolino quello che, ad un primo sguardo, sembrava essere Hiashi
Hyuuga. Dopo attento esame Hinata si rese conto che no, non era suo
padre ma quello di Sasuke e le venne l'assurdo pensiero che forse il
suo capofamiglia conducesse due vite parallele. Ecco perchè
non
voleva che entrasse in quella casa!
Era un uomo sulla cinquantina, dall'aria arcigna e il cipiglio severo
da colonello dell'esercito. Gli angoli della bocca erano piegati verso
il basso e inizialmente ne fu dispiaciuta, sembrava così
scontento di vederla. Ci mise poco a capire che quella era la sua
classica espressione.
- Tu devi essere Hinata. - disse con tono aulico alzando il mento per
squadrarla.
- S-si Uchiha-sama, g-grazie per a-avermi invitata. - esordì
mettendosi in piedi e prostrandosi in un profondo inchino.
- E' un onore per noi avere una ragazza tanto diligente a cena. -
rispose serio e a quelle parole il suo cuore ebbe un tuffo dal
trampolino più alto. Meno male, allora non gli stava
così
antipatica.
- Itachi sarà a casa tra poco, direi che possiamo informare
i
camerieri di tenersi pronti. - aggiunse poi rivolgendosi alla moglie.
- Ci penso io! - disse lei sempre sorridendo ed uscendo dal soggiorno.
L'uomo si sedette sulla poltrona dinanzi a lei, a braccia conserte e
conservando un cipiglio serio che si era però leggermente
ammorbidito. Si scambiarono poche parole riguardo i suoi studi e le sue
aspettative per il futuro; Hinata fece di tutto per rimanere sul vago
pur non cascando nel banale e Fugaku Uchiha parve soddisfatto. Furono
interrotti solo dall'arrivo del primogenito che si fiondò
nella
stanza a passo di carica.
- Hinata-chan che piacere conoscerti! - esclamò parandosi
davanti a lei e stringendole vigorosamente la mano in una calda stretta
- Sasuke era così entusiasta di lavorare con te e dovevo
assolutamente sapere chi fosse questa eccezionale ragazza! -
Al suo fianco il moro si fece rigido come uno stoccafisso e
fulminò il fratello con sguardo rabbioso.
- Vi siete messi d'accordo? - sibilò alzandosi e
incamminandosi
verso la porta, lasciando Hinata piantata la come una povera stupida.
- Che modi! - commentò Itachi fintamente scioccato e
sedendosi accanto a lei - Allora, che mi racconti? -
Come era accaduto prima Hinata si trovò a dover rispondere a
varie domande che riguardavano però più che altro
il suo
rapporto con Sasuke e suo cugino Neji. Non fu tanto male e come con
Mikoto, dopo un po' si sentì quasi a suo agio e
iniziò a
sorridere di più e a tremare di meno. Il balbettio invece
era
sempre lo stesso.
Poi udirono la voce della padrona di casa che li chiamava e si
diressero verso la sala da pranzo preceduti da Uchiha-sama, che era
rimasto con loro tutto il tempo senza proferir parola.
La cena fu molto tranquilla e Hinata, al colmo dell'imbarazzo, si
scusò subito di non poter mangiare tutti i derivati animali
che
erano stati serviti e per essersi dimenticata di avvertire.
- S-sono mortificata... - disse abbassando il capo e sentendosi
tremendamente in colpa.
- Non ti preoccupare, cara. Sasuke ci ha avvisati. - la
rincuorò Mikoto passandole un piatto colmo di verdure.
La ragazza guardò stupita il moro che stava facendo orecchie
da
mercante, concentrandosi totalmente sul proprio cibo. Come lo sapeva
che era vegana? Non glielo aveva mai detto.
Poi le sue elucubrazioni erano state interrotte da un curioso ed
emozionato Itachi che la trascinò in una lunga conversazione
riguardo la necessità di ergersi in aiuto della natura,
riempendola di complimenti e manifestandole la propria ammirazione.
Per tutto il tempo Hinata l'osservò incantata e sempre
più gioiosa.
Era bello, molto bello e somigliava tantissimo a Sasuke. Aveva la
stessa pelle pallida e gli stessi capelli neri, che erano tenuti in un
lungo taglio e legati in una coda sulla nuca. Gli occhi erano identici,
apparentemente, solo contornati da profonde occhiaie che gli davano
un'aria vissuta e carica di fascino. Lui e il fratello differivano in
pochi aspetti, pensò eppure nonostante fosse palese e
indiscutibile la bellezza del maggiore, Hinata non riusciva a sentirsi
in alcun modo attratta da lui come si sentiva attratta da Sasuke.
Anche quel suo modo di fare scherzoso e irriverente non la colpivano
più di tanto. Si, le stava già simpatico e in
poco tempo
aveva accalappiato la sua attenzione ed era piacevole parlare con lui.
Se non fosse stata così timida avrebbe anche potuto dire che
avevano tutte le carte in regola per diventare ottimi amici, nonostante
i cinque anni di differenza.
Ma non si sentiva trascinata, sulle spine, emozionata, agitata e
comunque leggera come le capitava con Sasuke.
Magari era perchè lo aveva appena conosciuto ma Hinata ne
era
sicura, l'ombroso, misterioso e serioso Sasuke Uchiha le faceva un
effetto che nemmeno il suo sosia riusciva ad eguagliare, non ci si
avvicinava nemmeno.
Quindi potè accantonare, con somma gioia e sollievo, il
tremendo
pallino di essere superficiale che le martellava da un po' la testa e
quasi al contempo, la paura che quel sentimento per il moro non fosse
veramente per lui.
Si era preoccupata per niente, facendosi così tante paranoie
da
dimenticarsi una questione fondamentale: lui la faceva felice pur non
facendo nulla.
E non è un dettaglio per nulla trascurabile. Un ragazzo ti
può piacere superficialmente perchè bello o
particolarmente gentile con te ma, rifletteva solo ora, Sasuke non
aveva poi fatto nulla di così straordinario.
Kiba l'aveva accompagnata a casa alcune volte, tra l'altro come se
fosse un gesto scontato e sempre Kiba le fumava distante,
perchè
sapeva quanto odiasse l'odore del fumo. Shino una volta le aveva
prestato il proprio ombrello, ignorando le sue lamentele e Neji l'aveva
difesa spesso dalle prepotenze di alcune bambine, quando lei era ancora
troppo piccola per sapere cosa significasse il fatto che fossero
cugini. Eppure, oltre la gratitudine e l'affetto, lei non aveva mai
provato nulla per loro, nessun particolare trasporto, nessuna farfalla
nello stomaco.
Con Sasuke invece era diverso, la faceva felice solamente guardandola.
Se la guardava voleva dire che sapeva che esisteva e in cuor suo sapeva
che nessuno era consapevole della sua esistenza quanto lo era lui.
Quella volta che la difese per la seconda volta...
Quando si avviarono alla macchina erano quasi le dieci e Sasuke era
riuscito a
convincerla ad uscire con lui e il suo gruppo di amici; non che avesse
dovuto insistere più di tanto.
Si accomodò sul sedile che era tutta un fremito e felice
come
non mai, quella cena le aveva rivelato il mistero dell'universo,
secondo lei, ed era così soddisfatta che sorrideva come un
ebete
guardando il cruscotto. Che poi,... tra poco tutta quella eccitazione
si sarebbe smorzata. Aveva trovato soluzione ad un paio di dubbi che da
notti la tenevano sveglia ma comunque si trovava al punto di partenza.
A lei Sasuke piaceva davvero e molto. Ma lui?
Mentalmente si vide mentre si arrotolava in un piumone di angoscia e
disperazione, voleva piangere e affogare nelle sue lacrime. Le cose si
fanno in due, cogliona!
Fermò la macchina nel parcheggio di un locale parecchio
luminoso, sulla cui insegna troneggiava in caratteri cubitali la
scritta: Konoha.
- Non resteremo molto, è chiassoso anche per me. - la
rassicurò smontando dall'auto e Hinata sorrise beata, con
aria
sognante. Si preoccupava che per lei ci fosse troppo baccano,...
Si avviarono assieme verso l'entrata e lei gli stette incollata al
braccio perchè li c'era troppa gente per i suoi gusti e non
aveva delle facce granchè simpatiche. Sasuke doveva
essersene
accorto perchè con delicatezza circondò la sua
vita con
un braccio, facendole strada. Robe dell'altro mondo, poco ci mancava
che cadesse a terra per l'emozione!
Raggiunsero un gruppetto colorato seduto ad un tavolo vicino alle
finestre e Hinata potè riconoscere Naruto, Sai e Konohamaru,
un
ragazzo di un paio di anni più piccolo di loro che
considerava
il surfista una sorta di Dio in terra.
- Ehi teme! - urlò il biondo quando li vide - Ciao Hinata! -
la salutò poi facendo posto sulla panca dove sedeva.
- C-ciao! - rispose lanciando uno sguardo sorridente a tutti i presenti.
- Piacere! Io sono Suigetsu! - intervenne un ragazzo dai bizzarri
capelli celesti protendendo la mano attraverso il tavolo; lei la
strinse ricambiando il piacere.
- Lui invece è Juugo. - aggiunse poi indicando il ragazzo
che
gli stava affianco. Era molto grande, con capelli di un bell'arancione
ed un viso dolce. La salutò con un cenno del capo e Hinata
gli
sorrise di rimando.
- E infine ti presento la mia dolce cuginetta: Karin! -
annunciò
Naruto che odiava non essere al centro dell'attenzione, circondando con
il braccio le spalle di una bella ragazza che dava l'idea di essere
tutt'altro che dolce. Sembrava molto indispettita e se lo
scrollò via in malomodo, lanciando uno sguardo cattivo ad
Hinata
oltre le lenti degli occhiali.
- E' la tua nuova amichetta, Uchiha? - chiese arricciando il naso e
voltandosi verso il ragazzo, come se lei non fosse presente.
In risposta Sasuke non fece altro che ignorarla bellamente e allungare
il listino ad Hinata.
- Ordina quello che vuoi, tanto guido io. - le disse, con una tale
gentilezza che lei alzò lo sguardo per poterlo guardare ed
era
così bello che lo avrebbe voluto toccare, ed era abbastanza
conscia di avere una faccia da pesce lesso in quel momento.
Alla fine prese una semplice bibita analcolica perchè,
spiegò a Sasuke in un sussurro pieno di balbettii e rossori,
era
astemia. Per poterla udire lui s'era chinato lievemente, avvicinando il
proprio perfetto orecchio alle sue labbre, e Hinata si sentì
complice di un qualcosa di davvero intimo e speciale, e ci mise davvero
poco a scordarsi del teatrino di Karin.
Rimasero in quel locale per più di un'ora e alla fine, sotto
le
occhiate irose della rossa, il ragazzo parve scocciarsi e alzandosi
annunciò che loro se ne sarebbero andati. Hinata
sperò
ardentemente che non avesse intenzione di riaccompagnarla a casa, le
sarebbe andato bene girovagare con la sua auto per tutta la
città, anche in silenzio. Ma non a casa, a casa no...
Sasuke, ignorando le sue lamentele, pagò il conto per
entrambi
ad una cameriera con tette al vento e sguardi troppo ammiccanti. Lui
non battè ciglio quando, insieme allo scontrino, gli porse
un
biglietto con un numero telefonico scritto sopra e Hinata non
potè che osservare la scena sconcertata.
Ma era pazza? Insomma, loro non erano niente ma lei non poteva di certo
saperlo. Che spudorata! E perchè diamine lui se l'era
infilato
in tasca? Questa poi...
Che in realtà questa cosa la fece star male più
di quanto
volesse ammettere e iniziò a guardarsi attorno, facendo
finta di
niente, mentre gli occhi iniziavano a pizzicarle.
- Hyuuga! - la chiamò distraendola dai suoi pensieri.
Si voltò a guardarlo e doveva avere una faccia da funerale,
di
una che è stata presa a sassate perchè Sasuke
aggrottò leggermente la fronte e le si avvicinò.
- D-devo andare a-al b-bagno... - mormorò prima che lui
potesse
fare qualsiasi cosa e detto ciò si voltò per
dirigersi
verso i servizi.
Rimase a bighellonare nel suo cubicolo per dieci minuti buoni, cercando
di giustificare il gesto traditore del moro e di non provare rabbia
verso quella cameriera impenitente. Mica stavano assieme, lui non aveva
fatto nulla di male. Chissà quante volte al giorno veniva
corteggiato e non essendo impegnato con nessuna poteva permettersi di
fare quello che voleva. Era giusto, era normale.
Cosa si aspettava? Mica erano una coppia, non ci si avvicinavano
nemmeno a qualcosa di simile. Solo perchè a lei piaceva non
significava che tra loro ci fosse qualcosa e lui aveva tutto il diritto
di andare con le cameriere spudorate, se ne aveva voglia.
Convintasi di ciò decise di uscire dal bagno. Stava quasi
per
svoltare l'angolo che l'avrebbe riportata in sala quando una mano le
strinse il braccio con forza. Le scappò un urlo per lo
spavento
e terrorizzata guardò negli occhi l'uomo che la teneva
stretta
in una morsa ferrea.
- Ha b-bisogno d-di q-qualcosa? - domandò tremando come una
foglia e cercando di liberarsi dalla presa.
- Aspetta che ci penso, bambolina... - rispose lanciandole uno sguardo
languido e disgustoso e alitandole in faccia un tremendo odore di birra.
A quel punto era totalmente in panico e che doveva fare? Gridare?
Possibile che proprio in quel momento che ne aveva bisogno per di li
non passasse nessuno?
Ma prima che potesse tentare di fare qualsiasi
cosa Sasuke apparve alle sue spalle e lei ne fu così
sollevata
che nemmeno si accorse dello sguardo infernale di lui, e che con il suo
arrivo ora la situazione rischiava di diventare violenta.
- Toglile le mani di dosso! - ordinò digrignando i denti e
assottigliando le palpebre in una smorfia che avrebbe spaventato
chiunque.
L'uomo che era troppo ubriaco anche solo per accorgersi di essere al
mondo, scoppiò a ridergli in faccia e la lasciò
andare,
spingendola con forza verso di lui, tanto che finì tra le
sue
braccia.
- Tienti la tua troia, se ci tieni... - disse continuando a ridere in
maniera incontrollata.
Per Hinata sarebbe potuta anche finire li ma Sasuke non
sembrò
essere dello stesso avviso, perchè in un attimo le diede una
piccola spinta avvicinandola al muro e si fiondò verso il
tizio
ubriaco, afferrandolo per il bavero della maglia.
- Ripetilo, figlio di puttana! - ringhiò avvicinando
pericolosamente il viso al suo e facendo impallidire Hinata per la
paura.
Lo sapeva che desiderava difenderla, che la stava proteggendo ma non lo
voleva vedere così. Non lo voleva vedere cattivo, non a
causa
sua. Lei voleva il Sasuke che era gentile, dolce a modo suo, che si
preoccupava e che la trattava con un occhio di riguardo con noncuranza,
come se non stesse facendo nulla di diverso dal solito. Non voleva quel
Sasuke che stava vedendo ora e i cui lineamenti venivano deformati
dalla rabbia.
Gli corse incontro afferrandolo per la giacca e tirandola verso di
sé, nel tentativo di allontanarlo ma quei suoi strattoni
erano
così deboli che Sasuke neanche se ne doveva essere accorto.
- SASUKE BASTA! - urlò all'improvviso, esasperata.
Il ragazzo scioccato mollò subito la presa sull'uomo e si
voltò a guardarla.
La trovò ansimante e rossa in viso, con uno sguardo
così
impaurito che si sentì un mostro ed avvertì il
forte
desiderio di dirle che non doveva essere spaventata, che lui non le
avrebbe mai fatto del male. Nell'impeto, assecondando quel suo bisogno
di vendicarla, di punire l'uomo per la sua insolenza e totale mancanza
di rispetto, si era dimenticato che lei era lì e di aver
sempre
tentato di mostrarle la parte migliore di sé. Quella parte
di
sé che era degna di lei, che gli permetteva di starle
difronte
senza sentirsi un essere disumano.
Ma come avrebbe mai potuto riuscire a trattenersi a quella vista? Alla
vista di uno scarto della società che la toccava e
che
l'apostrofava in quel modo. Avrebbe meritato che gli spaccasse la
faccia!
Perchè lui li odiava tutti, odiava tutti quelli che la
guardavano e la toccavano anche solo per stringerle la mano. E quel
figlio di puttana aveva persino osato farle del male ed insultarla.
Non meritava alcuna pietà. Nessuna. Solo quella di Hinata e
sei lei gli ordinava di fermarsi, lui si sarebbe fermato.
- Andiamo... - le sussurrò infine prendendola per mano e
guidandola verso l'uscita, verso la macchina.
Quell'ultima volta prima dell'inizio...
Quel Lunedì pioveva. Il cielo era così scuro che
sembrava
che il Sole non fosse mai sorto e le cavitoie straripavano colme
d'acqua.
Hinata si reggeva a malapena in piedi tra la folla di studenti stipata
nell'autobus e l'odore d'umidità e stantio le stuzzicava
fastidioso il naso. Quanto odiava la pioggia, quanto!
Ma in realtà quella giornata, che in molti avrebbero
definito di
merda ma che per lei era stata "sfortunata e deludente", le aveva dato
ben altro a cui pensare, oltre al brutto tempo.
Sasuke non si era presentato a scuola.
Non era così preoccupante, forse stava semplicemente male,
forse
quel Sabato si era preso qualche malanno, in effetti aveva fatto
parecchio freddo ma non poteva comunque impedirsi di stare in allarme.
Dopo l'accaduto, quando l'aveva riaccompagnata a casa, non avevano
più parlato, lasciando in sospeso ogni cosa e a Hinata
vorticavano così tanti pensieri per la testa da sentirla
pesante, pronta allo scoppio. Mentre si accingeva ad uscire dall'auto
le era sembrato che Sasuke stesse tentando di dire qualcosa ma lei non
si era fermata ad aspettare.
E se ne pentiva. Ma se fosse rimasta li anche un solo minuto in
più sarebbe scoppiata a piangere per un sacco di motivi
sbagliati.
Il risultato era che ora stava male. Non era tipa da poter sorvolare su
certe questioni e un po' se ne vergognava, ma tra quelle questioni era
compresa anche l'immagine di lui e quella cameriera insieme. Era
stupida, sapeva di esserlo! Ma non riusciva a smettere di pensarci,
così come non riusciva a smettere di pensare alla violenza
nel
suo sguardo, al modo in cui aveva afferrato quell'uomo.
Avrebbe dovuto essergli grata e lo era, eppure l'aveva così
spaventata e voleva convincersi che fosse stata solo la situazione a
farlo scattare, che lui non fosse davvero così.
E se invece Sasuke fosse stato esattamente così?
Ne avrebbe avuto paura forse ma quanta se accanto a lui, in ogni caso,
si sentiva al sicuro?
Quando l'autobus giunse alla fermata vicina a casa sua
smontò
velocemente, aprendo il grande ombrello color panna e avviandosi di
fretta verso la villa.
Lo trovò lì, davanti il cancello d'entrata, senza
nulla che lo riparasse dalla pioggia.
I bei capelli neri gli ricadevano pesanti sul volto completamente
bagnato e i vestiti fradici gli si appiccicavano sulla pelle, lasciando
intravedere la musculatura del petto e delle braccia. La guardava
spaesato, quasi impaurito e sembrava piangesse. Perfettamente immobile,
statuario com'era sempre stato eppure Hinata lo vide per ciò
che
era davvero sotto la superficie. Solo.
Così solo,... Molto più solo di lei e trattenne a
forza
il bisogno di abbracciarlo e di dirglielo. Di dirgli che non era solo.
Gli si avvicinò silenziosa, senza mai interrompere quel
contatto
visivo così importante per lei. Quasi necessario ormai.
Con una mano strinse le sue dita gelide e bagnate. Fu bellissimo.
Per la prima volta si toccavano. Lei toccava lui. Lei toccava lui
assecondando il suo bisogno.
Sasuke guardò quella mano a lungo, lasciando la sua inerme e
poi
rialzò il volto per osservarla. L' con
attenzione, scrutando il suo viso in ogni minimo particolare e non si
sentì violata, a disagio. Chi meglio di lui poteva guardarla
e
vederla davvero?
- Ti ammalerai. - sussurrò stringendo ancora di
più
quelle dita fredde e morbide, desiderando scaldarle - Vieni sotto
l'ombrello. -
Sasuke sorrise. Sorrise sul serio. Un sorriso ampio, luminoso e che
rese quel volto perfetto ancora più bello. Uno di quei
sorrisi
che ti fanno desiderare d'essere un pittore, per poterlo imprimere
sulla tela o di avere con te una macchinetta fotografica, per
immortalarlo. Per sempre.
- Non mi ammalo mai e la pioggia mi piace. - rispose continuando a
sorriderle.
Hinata voleva che si coprisse in qualche modo, o sarebbe morto
d'ipotermia ma più di tutto voleva che le parlasse. Voleva
che
le parlasse e che non smettesse di farlo. Non le importava quello che
le avrebbe detto, forse non avrebbe neanche ascoltato ma lui doveva
parlarle, dirle delle cose. Qualsiasi cosa.
- Hyuuga... - disse in un sussurro, tornando serio - Ti faccio paura? -
Lo disse come se la risposta avesse avuto il potere di decidere della
sua vita o della sua morte, come se fosse preoccupato, come se fosse
lui ad aver paura.
- No... - rispose scuotendo la testa lentamente - Non mi fai paura. -
- Ma di qualcosa hai paura. - continuò lui piegando il capo
di
lato e Hinata ebbe l'impressione che le sapesse leggere la mente.
Annuì.
Di cosa aveva paura? Di tante cose e lui era in grado di farle tacere
tutte ma quelle paure restavano sotto la superficie.
Doveva aprirsi? Confidarsi? Si, doveva. Doveva perchè ne era
innamorata. Perdutamente, follemente e pazzamente innamorata. Doveva
perchè lui glielo aveva chiesto in quel suo modo strano che
non
è mai una richiesta esplicita. Doveva perchè ora
o mai
più. Doveva perchè doveva e basta.
- Ho paura che se ti dirò che sono innamorata di te, tu
scapperai. Ho paura che, essendo innamorata di te, soffrirò.
Ho
paura che tu non mi crederai quando ti dirò che su Naruto
non
c'è nulla da sapere. Ho paura di vederti con un'altra.
-
Lo disse tutto d'un fiato, senza balbettii o rossori e quelle paure non
erano mai state più vere. Era consapevole di avere mille
debolezze, fragilità e difetti ma in quel momento, lei era
forte.
- Ma soprattutto ho paura che tu non ti innamorerai mai di me.
Sasuke Uchiha, l'ombroso Sasuke Uchiha, non era un ragazzo che amava
parlare o dare spiegazioni. Diceva solo lo stretto necessario e se
aveva qualcosa da dimostrare, lo faceva concretamente non a parole. Ma
quel giorno rimase zitto per ben altre ragioni e con tutta l'intenzione
di parlare, dopo.
Si chinò su di lei, su quelle labbra per cui s'era fatto una
malattia e le baciò. Erano esattamente come le aveva
sognate,
sognate, non immaginate. Perchè solo nei sogni si possono
concepire cose tanto belle, nei sogni poteva farcela anche lui.
Le baciò con dolcezza, come se stesse accarezzando la testa
di
un neonato, perchè erano un raro e prezioso fiore. Nulla
avrebbe
mai dovuto farle del male, tutto avrebbe dovuto farle del bene e lui
cominciò con quel bacio.
- Ti ammalerai. - mormorò sulla sua guancia quando si
accorse
che aveva lasciato scivolare a terra l'ombrello per stringergli il viso
tra le mani.
- Non mi ammalo mai. - rispose lei con una leggera risata.
Quel Lunedì Hinata iniziò ad amare un po' di
più la pioggia.
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