Capitolo 1
Il Ritorno
Author's note: Questa è la prima ff di
Inuyasha che scrivo! Allora prima di iniziare a leggere bisogna che vi spieghi
alcuni cosette! State tranquilli sono poche (forse): innanzitutto la ff si
svolge parecchio tempo dopo la fine della storia normale (ad essere sinceri
quest'ultima non è ancora terminata ma lavorate di fantasia!), lo Shikon no Tama
è stato copletato però... e c'è sempre un però Inuyasha l'ha utilizzato per
diventare demone! La spiegazione del perché la si saprà poi... Kagome è
ritornata al suo mondo e proprio da lì si ha l'inizio della narrazione. Tanto
per la cronaca Kagome ha 23 anni e Inuyasha 24/25 ( anche se è un demone ormai
completo ho deciso di fargli avere questa età! Non ditemi che è impossibile,
perché è solo frutto della mia fantasia! Solo per far tornare le cose come
voglio!). Quando Kagome se ne è andata dal Sengoku Jidai ne aveva circa 18.
Che altro dire?
Claudia
In tutto l'edificio
c'era un vociare terrificante, urla, risate e pianti. Nel corridoio, gruppi di
bambini correvano, inseguendosi a vicenda e nascondendosi per non farsi trovare.
Due bambini, vestiti con un piccolo grembiule blu, corsero verso la rampa di
scale ma si scontrarono con una figura molto più alta di loro. Una donna.
"Ci scusi
signorina!" I due bambini guardarono la donna di fronte a loro timorosi per una
sgridata che però non arrivò mai. La donna si tolse gli occhiali da sole che
indossava e, chinandosi sui bambini, fece loro delle carezze sulla testa.
"Non preoccupatevi
bambini, ma la prossima volta state più attenti..." Con un sorriso la donna si
alzò e si diresse verso la fine del corridoio.
Un gruppo di
bambini si avvicinò a loro, che ancora osservavano la snella figura che si
allontanava.
"Chi ela quella
donna?"
"Profumava di
mamma!"
"Sì ed è anche
molto bella!"
"Anch'io voglio una
mamma come lei!"
"Tolniamo a
giocale? Scommetto che non mi plendete!"
I bambini scesero
di corsa le scale ridendo come solo dei bambini della loro età possono fare.
Intanto, la donna
incontrata un momento prima dai bambini stava ora bussando a una porta che si
trovava quasi in fondo a quel corridoio. Quando ricevette risposta dall'interno
entrò con sicurezza. Un'anziana signora si alzò da dietro una grande scrivania e
con aria molto cordiale accolse la donna facendola accomodare.
"Prego signora
Higurashi..."
"Grazie signora
direttrice..."
La vecchia
direttrice andò lentamente alla finestra e appoggiatasi a questa osservò la
donna che stava seduta nel suo ufficio.
"L'ho fatta venire
perché volevo parlargli di una questione molto importante. Stia tranquilla non è
niente di preoccupante, solo una cosa che volevo farle notare... e magari avere
delle spiegazioni da lei..."
"Mi dica pure."
"Ultimamente sua
figlia fa degli strani disegni..."
"Strani disegni? Si
spieghi per cortesia."
La direttrice aprì
un cassetto della sua scrivania e porse un pacco di fogli alla donna.
"Come può notare il
tema di quei disegni è molto... come dire? Bizzarro? Il problema è che molti
bambini hanno avuto paura di sua figlia e alcuni di loro la evitano
completamente." La donna si interruppe per osservare la reazione della giovane
madre. Le mani che tenevano con fermezza i disegni stavano ora tremando e gli
occhi erano fissi su quei fogli come gli occhi di un predatore che ha avvistato
la sua preda; sul volto della giovane comparve un' espressione di leggero odio
che preoccupò moltissimo l'anziana direttrice.
"Forse lei mi può
dare spiegazioni."
La giovane come
riscossa dai suoi pensieri staccò gli occhi da quelle immagini e fissò la donna
con attenzione.
"Mi
spiace ma non saprei proprio, mia figlia è dotata di grande fantasia... ma
cercherò di parlarle appena tornate a casa. Se scopro qualcosa tornerò
senz'altro a tranquillizzarla."
Si alzò
delicatamente e porse una mano alla direttrice. "Se non le dispiace vorrei
tenere io questi disegni, posso?"
La direttrice
sorrise e le fece un cenno d'assenso.
"La ringrazio e
arrivederci..."
Una volta che la
porta torno ad essere chiusa la direttrice si mise tranquillamente a sedere
sulla sua scrivania. Il suo volto era senz'altro quello di una donna poco
convinta.
Una volta uscita
dalla stanza la signora Higurashi affrettò il passo come se temesse di poter
confessare tutto da un momento all'altro; uscita dal grande edificio si rimise
gli occhiali da sole e si diresse verso i giardinetti che ospitavano gruppi di
bambini vocianti che giocavano allegramente. Si diresse verso un grande scivolo
e chiamò a gran voce una bambina che stava impartendo ordini a tutti gli altri.
"Kacchan! Sono
qui!" La giovane madre alzò la mano, con la speranza che la figlia la notasse.
La bambina sentendo gridare il suo nome e dopo aver visto la madre, scivolò
delicatamente e si diresse correndo verso di lei.
"Mamma!" La bambina
si gettò nelle braccia della madre respirando a pieni polmoni il suo profumo e
con sorriso sornione strinse più forte a sè la giovane donna.
"Sei venuta prima
mamma?"
"Sì piccola mia,
sono andata prima al tuo asilo..."
"E perché?"
"Te lo dirò quando
andremo a casa e se mi prometti di non fare bizze! Ora va a salutare i tuoi
amici che si torna dalla nonna..."
La bambina corse
verso lo scivolo e la donna la osservò felice.
"Ehi, Kagome!" Una
giovane donna dai capelli corti e neri si avvicinò verso di lei posandole una
mano sulla spalla.
"Mayuko! É da
parecchio che non ci si vedeva! "
"Dai tempi del
liceo! Come stai? Ti vedo bene..."
"Si, posso
ritenermi soddisfatta..."
"Uffa, Kagome-chan
eri già bella quando frequentavamo la stessa scuola! Ora proprio non sopporto la
tua vista!"
Kagome rise a
quelle parole. In effetti era diventata molto bella, ma una bellezza diversa da
quella di cinque anni prima. Aveva lasciato crescere i suoi capelli che ora le
arrivavano molto al di sotto della vita, sempre rilucenti e neri come l'ebano. I
lineamenti del suo volto si erano fatti più maturi e anche il suo sorriso lo era
diventato, tutto in lei assumeva l'atteggiamento di una mamma. I suoi occhi si
erano fatti più intensi e il loro grigio più chiaro, ma proprio da quegli occhi
traspariva a volte malinconia, tristezza e delusione. Quegli occhi avevano visto
molte cose, molte persone, molte stranezze... in passato... ora erano sempre
rivolti a una luce e quella luce era sua figlia, Kaeru.
La piccola Kaeru
tornò correndo dalla sua mamma e appena vide l'altra donna si nascose dietro la
lunga gonna di Kagome. Kagome sorrise con dolcezza e appoggiando una mano sulla
testa della figlia disse: "Kacchan non devi aver paura... lei è Mayuko, una
grande amica di tua madre..."
Mayuko da parte sua
aveva tenuto lo sguardo fisso su quella timida bambina e ora la stava indicando
incredula e senza parole. Kagome cercò di evitare l'irreparabile: "Mayuko non
fare così mi spaventi Kaeru!"
La donna come per
scusarsi tornò a guardare Kagome e sempre balbettando le rispose.
"T-tu hai una
ba-bambina? Hai a-avuto una fi-figlia? "
Kagome imbarazzata
fece solo un cenno d'assenso.
"Cioè, voglio dire
sono contenta, ma... te la ricordi la promessa?!"
Kagome annuì di
nuovo: al liceo avevano promesso che chi per prima avesse avuto una figlia o un
figlio avrebbe dovuto subito avvertire le altre. Poi il perché Kagome non
l'aveva capito. Come per svicolare da quella situazione con molta calma e con un
fare da "mamma" prese sua figlia in braccio e disse: "Se non ti dispiace devo
tornare a casa per far mangiare a Kacchan... se vuoi possiamo vederci un altro
giorno..."
L'amica annuì. " La
tua casa e il tuo numero di telefono sono sempre gli stessi?"
"Sì."
"Posso farti solo
una domanda Kagome-chan?"
"Certo, Mayuko!"
"A che età hai
avuto la bambina?"
Kagome sorpresa da
quella domanda rispose titubante " A diciannove anni..."
L'amica bisbigliò
qualcosa, salutò l'amica e corse nel parco verso l'uscita. Kagome la osservò
fino a quando i suoi occhi non riuscirono più a distinguere la sua figura.
"Mamma perché
quella signorina ha detto 'Alla fine delle tue stranezze'?"
Kagome guardò la
piccola con volto preoccupato.
"Ha detto davvero
così? Non lo so piccola mia, non lo so..."
Stringendo a sé la
piccola, Kagome uscì dal parco verso il suo tempio. Il tempio Higurashi.
"Mamma sono tornata!" Kagome aprì
la porta d'ingresso e si chinò su Kaeru. Le sfilò delicatamente il cappotto e lo
appesse all'attaccapanni che era lì vicino, la bambina corse poi in casa verso
la cucina.
"Nonna! Sono tornata!" Kaeru tentò
di mettersi a sedere su una sedia ancora troppo alta per lei, quando si sentì
sollevare dalle braccia di sua madre.
La madre di Kagome si voltò verso
la bambina e le sorrise dolcemente. Poi rivolse uno sguardo a Kagome e le disse:
"Come è andata all'asilo cara?"
"Bene mamma, volevano solo
informarmi di una data particolare..."
"Capisco allora non riguarda la
bambina..."
"Esatto... ascolta mamma, ieri hai
detto che dovevi uscire, vero? Puoi andare, io non ho impegni e non lavoro al
tempio. Preparo io da mangiare a Kacchan, oggi ho voglia di stare un po' con
quel rospetto di mia figlia."
La signora Higurashi sorrise a
Kagome. Poco dopo era già pronta all'ingresso e diede delle ultime
raccomandazioni alla figlia: "Kagome, Sota esce prima da scuola oggi, potresti
preparare il pranzo anche per lui?"
"Certo mamma, sta tranquilla!"
"Ciao nonna! Torna presto!" Kaeru
aggrappata alle gambe della madre aveva alzato la manina in cenno di saluto e la
signora Higurashi rispose al gesto della piccola nipote.
Dopo aver pranzato Kagome si
sedette con la piccola in braccio sul divano del loro salotto. Non voleva
accendere la televisione, ma voleva prima accertarsi dei disegni della figlia.
"Mami quelli sono i miei disegni
vero?" Kaeru indicò il pacco di fogli che stavano ripiegati accuratamente
accanto alla madre.
"Sì, me li ha regalati la
direttrice..."
"A me piacciono tantissimo!
Possiamo metterli nella mia cameretta?"
"Certo..."
Il volto di Kagome si era
rattristato, anche se quei disegni erano di sua figlia, avrebbe voluto
bruciarli. Guardarli significava aprire vecchie e profonde ferite.
"Kacchan, ascoltami. La mamma
voleva sapere come hai fatto a fare quei disegni..."
"Come mamma? "
"Sì, dove hai visto questa figura
per esempio?"
La bambina osservò la figura
indicata dal dito di Kagome e illuminandosi disse, " Nei mei sogni!"
Kagome sorpresa guardò la figlia,
un largo sorriso si stampò sul volto della piccola. Una profonda agitazione si
mescolava alla paura presente nel suo cuore.
"É molto buffo non trovi mami?
Quelle orecchie sono da cane sai?"
Kagome ebbe un fremito e con voce
strozzata domandò "Sì... lo so. E dimmi come lo sogni la notte?"
"A volte vengo assalita da dei
mostri orribili, io mi metto a piangere. Però arriva sempre lui che con una
grande spada li uccide tutti!"
"E poi?"
"Poi io mi sveglio. A volte però ho
paura di lui!"
Kaeru si strinse più forte
all'abbraccio della madre. "A volte è cattivo, ha occhi rossi e dei lunghi denti
che escono dalla sua bocca. Quando lo vedo così inizio a gridare ma mi
sveglio..."
Dagli occhi della piccola Kaeru
sgorgarono delle lacrime che andarono a rigare il volto della bambina. Kagome
tentò di rassicurarla e una volta che sua figlia si era calmata le disse
dolcemente:
"Kacchan non fare più quei
disegni."
La bambina guardò sorpresa la
madre.
"Ti prego non disegnare più quella
figura."
"Ma mamma a me piace!" Disse Kaeru
con voce risentita.
Kagome strinse a sé la figlia e
appoggiò la sua guancia alla sua testolina
"Quella persona fa soffrire la
mamma."
"E perché?"
"La fa soffrire perché le ha fatto
del male."
"Ma lui è buono!"
"Con me non lo è stato angelo
mio... mi ha fatto solo dono di un regalo."
"Ah si? Lo voglio vedere mamma!"
Kagome scostò la figlia dal suo
petto e le sorrise.
"Me lo prometti?"
La bambina gonfiò le guance
indispettita, ma vide negli occhi della madre profonda tristezza.
"Va bene, mamma."
La casa era avvolta nel silenzio,
la notte era ormai calata su tutta la città di Tokyo. In lontananza si poteva
ancora sentire il rumore del traffico nelle strade più affollate. In casa
Higurashi solo una luce era rimasta accesa. La stanza di Kagome era illuminata
da una piccola bajour e la donna stava seduta sul suo letto contemplando per
l'ennesima volta i disegni della figlia. Dentro di lei cresceva sempre più
immenso l'odio per quella persona, che era stata diligentemente rappresentata
dalla bambina. Provava disprezzo, odio, dolore. Ogni giorno era cresciuta con
quei sentimenti, una profonda amarezza aveva avvolto il suo cuore e da allora
aveva smesso di pensare, di pensare a quell'epoca. Quando aveva avuto Kaeru era
rimasta terrorizzata, non la voleva, l'odiava; lei era frutto del suo dolore.
Vederla ogni giorno voleva dire ricordare, ricordare i momenti felici che
c'erano stati, ma anche quelli tristi che lei voleva dimenticare.
Aveva tentato di uccidere sua
figlia.
Ma non ce l'aveva fatta. Ogni suo
gesto, ogni suo comportamento erano uguali ai suoi in passato, quando ancora non
conosceva il dolore e la vita. Kaeru cresceva e sempre più assomigliava a lei,
in tutto, anche nell'aspetto fisico. Aveva dei capelli nerissimi come i suoi e
la sua carnagione pareva di porcellana. I capelli erano corti ma più osservava
Kaeru più notava che era l'immagine riflessa della sua infanzia. Il carattere
invece non era il suo. No. Kaeru non aveva il suo stesso carattere. Era
coraggiosa anche se non aveva mai avuto occasione di dimostrarlo, voleva essere
sempre al centro dell'attenzione e aveva una forte predisposizione al comandare.
Tutto questo a soli quattro anni.
Era la sua bambina. Nessuno gliel'
avrebbe mai portata via. Era solo la sua bambina e di nessun altro. Non aveva un
padre. O meglio l'aveva, ma non esisteva più per lei.
Kagome ripose i disegni in un
cassetto della sua scrivania, girò la chiave e la mise in un piccolo barattolo
su uno scaffale. Non avrebbe bruciato i disegni, ma non li avrebbe nemmeno più
visti.
Fece per mettersi a letto quando
sentì delle grida provenire dalla stanza di Kaeru.
Sorpresa, spalancò la porta di
camera sua e si precipitò nel corridoio. Anche la signora Higurashi e Sota la
seguirono preoccupati. Kagome entrò con impeto nella stanza della piccola e si
accasciò al lettino dove quest'ultima dormiva.
"Kaeru svegliati! Che succede?"
La piccola si stava rigirando più
volte nel sonno, le sue grida non cessarono, ma diventarono sempre più forti e
stridule. Kagome cercò di tenerla ferma per le braccia, ma la piccola sembrava
in preda a un forte dolore. Mentre gridava Kaeru pronunciava in modo distinto un
nome che la giovane madre capì all'istante.
Inuyasha.
"Maledetto! Bastardo lascia stare
mia figlia!" La signora Higurashi e Sota rimasero paralizzati allo stipite della
porta mentre vedevano la loro nipotina agitarsi a quel modo nel letto. Kagome
iniziò a piangere fino a quando le lacrime le impedirono di vedere Kaeru
distintamente. La vista le divenne appannata e più tentava si smettere di
piangere più le lacrime uscivano copiose dagli occhi.
La bambina si alzò di scatto sul
letto con gli occhi completamente spalancati. Si voltò a guardare la madre con
sguardo terrorizzato e il cuore di Kagome mancò un battito.
L'occhio destro di Kaeru era color
dell'ambra.
"Kaeru!"
La bambina iniziò a piangere
disperatamente afferrandosi alle braccia della madre, continuando a emmettere
suoni indefinibili.
"Mamma! Mamma, mamma, non ci vedo
più! Mamma non riesco più a vederti! Aiutami mamma!"
L'angoscia prese il sopravvento su
Kagome che afferrò di scatto la figlia prendendola in braccio. Corse fuori dalla
camera, scese le scale e tentò di aprire la porta dell'ingresso. L'agitazione e
la fretta le impedivano di centrare il buco della serratura e le grida della
figlia erano un potente distrattore. Una mano afferrò la sua e guidò la chiave
all'interno della serratura. Suo fratello. Mille pensieri sorpassarono la sua
mente. Suo fratello aveva capito le sue intenzioni.
"Kagome la stanza del pozzo è
aperta."
"Grazie Sota-chan."
Sota sorrise e vide la sorella
correre verso il cortile esterno.
Kagome spalancò la porta quasi
marcia per gli anni passati. Si bloccò di fronte al pozzo, titubante.
Ci sarebbe riuscita? Anche senza lo
Shikon? L'avrebbe visto? Avrebbe sofferto? Era quella l'azione giusta? Lei lo
odiava per quello che gli aveva fatto e per quello che stava facendo a sua
figlia, i suoi sentimenti non sarebbero cambiati. Ma per salvare Kaeru era
disposta a far fronte al suo dolore, a riaprire quelle ferite dolorosamente
chiuse da profonde cicatrici. Se era destino che tutto ciò accadesse lei lo
accettava.
Saltò con decisione nel pozzo e
come otto anni prima fece ritorno in quell'epoca che l'aveva fatta sognare e
rattristare. Otto anni. Nello stesso modo, ma consapevole di provare sentimenti
diversi.
Quando si svegliò si accorse di
tenere ancora salda a sé sua figlia. Si alzò di scatto e osservò il volto della
piccola. Il respiro era tornato ad essere regolare, le osservò l'iride del suo
occhio destro. Era tornato normale: grigio come l'acciaio.
Trasse un sospirò di sollievo, alzò
la testa verso l'alto. Il suo cuore riprese a battere incessantemente. Dal pozzo
intravedeva fronde di alberi possenti e verdi come non mai.
Ora lo sapeva.
Aveva fatto ritorno.
In quell'epoca di guerre.
Il Sengoku Jidai.
L'avrebbe rivisto, Inuyasha.
Ma stavolta era diverso, lei era
diversa.
Prese Kaeru in braccio e afferrò il
ramo di un edera rampicante.
Era tornata, lei, Kagome Higurashi.
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