Capitolo undici: This is my
kingdom come
La stanza
puzzava di fumo e sudore. L’odore sarebbe rimasto
sui loro vestiti presumibilmente per tutta la giornata, e probabilmente
sarebbe
solo peggiorato se avessero seguito il consiglio di Kisshu e fossero
andati in
chissà quale nuovo locale che lui aveva scovato nei suoi vagabondaggi
notturni.
Pai osservò il
socio in affari, che, come al solito durante
quelle riunioni, aveva un’espressione terribilmente annoiata e
scarabocchiava
sul foglio davanti a sé. Se non avesse saputo che anche la propria
espressione
non era molto dissimile, l’avrebbe rimproverato per il poco tatto che
mostrava
nei confronti dei loro clienti.
Qualche parola
borbottata in russo attirò la sua attenzione
mentre gli altri continuava a discutere in giapponese. Sapeva che un
forte
malumore si stava diffondendo all’interno del gruppo. Era da troppo
tempo ormai
che si stavano intrattenendo a Tokyo per cercare di concludere affari
con
soggetti che si mostravano particolarmente tenaci nelle loro posizioni,
e il
fiato sul collo che avvertivano da quell’incontro con quelle due donne
non dava
loro tregua.
Non sapeva
ancora per quanto sarebbe riuscito a mantenere il
controllo sui propri uomini, prima che decidessero di levare le tende e
spostarsi in un luogo più sicuro.
Avrebbero
dovuto solamente mettere a segno quell’ultima
richiesta, e tutto sarebbe andato a posto.
Sempre che i
termini di scadenza non continuassero a
cambiare.
Kisshu alzò lo
sguardo in quel momento, intercettando il suo
mentre si grattava pigramente il braccio sinistro, lì dove fino a pochi
giorni
prima c’era stata la garza a proteggere il colpo di proiettile.
Si era rimesso
davvero in fretta, non c’era da dire. Forse
anche lui avvertiva la stessa tensione e la voglia di andarsene il
prima
possibile. Anche se era sempre difficile riuscire a leggere le
espressioni del
proprio compagno, con tutta quella facciata di rilassatezza che sempre
mostrava.
Anzi, molto
spesso quell’attitudine lo infastidiva. Avrebbe
voluto che certe cose fossero prese un po’ più sul serio, soprattutto e
specialmente in una situazione come quella.
Ma anche
Fukazawa era nervoso, quello lo percepiva. Lo
attribuiva probabilmente al fatto che si era fatto scappare in modo
così
stupido quelle due, e ne era anche rimasto ferito. Ma era strano vedere
Kisshu
agitato.
Quest’ultimo
alzò un sopracciglio nel notare il costante
sguardo di Pai, come a chiedergli quale fosse il problema.
Lui accennò
appena ad un movimento della testa, per
dissuaderlo dall’insistere. Non era il caso di distrarsi ulteriormente,
in
questo momento. Finché i problemi di Kisshu non avessero danneggiato il
loro
lavoro, sarebbero stati solo una sua faccenda.
E per un breve
istante, Pai sperò davvero che non avrebbero
interferito.
§§
“Ti prego,
dimmi che
abbiamo finito con quella roba.”
Purin schiantò
la
testa contro il tavolo, mugolando sommessamente. Poteva sentire gli
occhi
bruciarle da quanto era stata ferma a guardare lo schermo del computer.
“Voglio andare
a casa.
A cercare nuovi appartamenti da dipingere di azzurro.”
Ryo le lanciò
un’occhiata distratta, sfogliando velocemente il plico di fogli tiepidi
appena
stampati da Retasu: “Pensavo che lo volessi giallo.”
“Il salotto lo
voglio
giallo. Il bagno lo voglio azzurro.”
“E la camera
da letto
rossa?”
“Non lo so,
com’è
quella di Ichigo, capo?”
Mentre sia la
ragazza
in questione che l’americano colpivano Purin con delle palle di carta,
Retasu
scosse la testa stancamente, trattenendo la voglia di alzare gli occhi
al
cielo. Ogni tanto non capiva come la biondina potesse prendersi certe
liberà
con Shirogane-kun. Lei sicuramente non si sarebbe mai permessa di
rispondergli
con quel tono canzonatorio, come a volte faceva anche Minto.
E il loro capo
rispondeva alle provocazioni della più giovane del gruppo con un tale
calma,
quasi come se ne fosse divertito, da spiazzarla. A lei sembrava che
stessero
tutti giocando così tanto con il fuoco, non poteva capire come
potessero affrontarla
con così tanta noncuranza.
Forse quei due
pensavano di essere intoccabili, ponderò, così avvolti dai loro
sentimenti da
pensare che potessero comunque prevalerne.
Retasu, in
cuor suo,
pregava che fosse così, sia per il bene della sua amica, che di
Shirogane. Non
poteva capire molto bene come lui avesse potuto perdonarla così
facilmente,
anche perché non erano girati molti dettagli tra di loro – Ichigo era
stata
incredibilmente riservata riguardo la questione, per una volta nella
sua vita,
e lei lo riteneva quasi un buon segno.
Come
d’altronde non
poteva capire l’evidente fissa che Minto si era presa per Kisshu. Non
le
importava molto del fatto che infine si fosse rivelato dalla loro
parte; lei
continuava a non fidarsi, non le piaceva. Non le piaceva il suo
comportamento,
l’attitudine che comunque aveva tenuto nei loro confronti quando erano
state
prigioniere, che fosse servito a mantenere la propria copertura o meno;
non era
nemmeno certa che dopo tutti quegli anni passati in mezzo alla Deep
Blue, lui
fosse del tutto sicuro di a chi appartenere. Poteva essere pericoloso,
e molto,
e forse Minto avrebbe fatto meglio a farsi passare la voglia del
brivido per il
rischio.
“Retasu, hai
finito
con quelle fotocopie?”
La voce
dell’americano
la distrasse dai suoi pensieri, facendola sussultare. Notò Ryo
osservarla con
cautela, un accenno di preoccupazione sul volto. La guardava spesso a
quel modo
quando la vedeva perdersi nei pensieri, o reagire di scatto, da quando
lei e
Minto era tornate al lavoro. Da un lato le faceva piacere pensare di
avere un
superiore che tenesse genuinamente a loro; dall’altro, la infastidiva
il fatto
che lui non rivolgesse mai occhiate di quel genere alla sua amica dai
capelli
neri. Come se solo lei avesse bisogno di essere controllata, perché non
era
forte come Minto.
E dire che se
aveva
deciso di offrirsi volontaria per quella maledetta missione, era stato
solo per
dimostrare che non era lei l’anello debole del gruppo.
Si schiarì la
gola e
sorrise al biondo, giusto per fare in modo che scostasse lo sguardo che
l’aveva
sempre messo a disagio, e gli porse il nuovo plico di fogli caldi.
“Ecco,
Shirogane-kun.”
“Grazie,” le
rivolse
un sorriso “Prometto che tra dieci minuti ce ne andiamo, prima che
Minto si
rimetta a lamentarsi.”
“Non
trasformare me
nella causa della tua fretta,” lo rimbeccò la mora, senza alzare gli
occhi dai
documenti che stava riempendo, con tono canzonatorio.
Zakuro
intercettò
lesta la pallina di carta che Ichigo, questa volta, aveva lanciato
contro Minto
– erano rimaste solo loro dentro l’ufficio, e si stava avvicinando
l’ora di
cena, scatenando tutto il loro malumore e la loro stanchezza.
Le loro
giornate
lavorative si stavano allungando sempre più, specialmente ora che gli
incontri
con Kisshu stavano diventando sempre più difficili da organizzare.
Avevano
molte cose ancora da discutere, ma lui non poteva rischiare di sparire
troppo a
lungo e troppo spesso, ed era già capitato un paio di volte, in quelle
ultime
due settimane, che gli incontri nella casa sicura fossero avvenuti dopo
cena. Addirittura
Purin si stava rivelando più nervosa del solito, e la mancanza della
sua
normale allegria si rifletteva in modo evidente sul gruppo.
Ryo sospirò
nel vedere
Ichigo e Minto scambiarsi occhiatine da battibecco e farsi le linguacce
a
vicenda, si passò una mano tra i capelli e si avviò a lunghe falcate
verso il
suo ufficio.
“Va bene,
basta,”
esclamò ad alta voce oltre la spalla, aprì uno dei cassetti della
scrivania e
vi infilò dentro quasi di scatto i plichi di fogli che teneva in mano,
ormai
dissoltasi la forza di volontà necessaria per consultare anche loro
“Andiamo a
casa. Domani sarà un’altra lunga giornata.”
“Ma domani è
venerdì!”
si lamentò Purin, alzandosi lentamente dalla sedia.
“Domani sera
dobbiamo
incontrare Ikisatashi.”
“Di venerdì?!”
“Purin. Non
fare come
Minto. A mezzanotte.”
La biondina mugugnò qualcosa
che somigliava
molto a ma a Minto piacerebbe incontrare
Kisshu a mezzanotte, ma prese la borsa e si allontanò in
fretta, prendendo
Retasu sottobraccio e praticamente trascinandosela via, permettendole
di
lanciare un saluto affrettato agli altri.
Zakuro le
osservò
andarsene, scambiandosi uno sguardo con Ryo non appena questo uscì
dalla sua
stanza con la giacca piegata sul braccio.
“Dici che
dovremmo
controllare come sta?”
L’americano
scrollò le
spalle: “Lo sai com’è fatta Retasu, non vuole che ci si preoccupi per
lei.”
“Dobbiamo
preoccuparci?”
Ichigo si era
avvicinata a loro due, e si mordeva ansiosamente il labbro inferiore.
“Ho
provato a parlarle, ma lei sostiene che è tutto okay, che sta bene…”
“Non te lo
puoi
scordare,” Minto parlò all’improvviso, aggiustandosi la borsa sulla
spalla “E
per Retasu credo sia stato un po’ più difficile.”
“Tu, in ogni
caso,
devi smetterla di fare Wonder Woman.” la riprese Ryo.
“Non puoi
dirmi
nulla.”
“Sono comunque
il tuo
superiore.”
“Ancora
peggio!”
“Minto, la
vuoi
piantare?”
“Coda di
paglia,
Ichigo-chan?”
“Guardati la
tua!”
Zakuro rise
sotto i
baffi mentre il solito dibattito continuava anche nell’ascensore, con
il povero
Shirogane che cercava di mantenere il controllo.
Gli sfiorò il
braccio
mentre le porte grigie si aprivano cigolando, sorridendogli. “Ci
vediamo
domani.”
“Ciao,
Zakuro-chan,”
Ichigo si sciolse la coda che le stava ormai facendo dolere
l’attaccatura dei
capelli “Vuoi un passaggio, Minto-chan?”
La mora scosse
la
testa, ma Ryo intercettò la sua risposta alzando gli occhi al cielo.
“Non ci torni
a casa
da sola, Aizawa, fila in auto.”
§§
Non appena
Purin entrò
in casa, lasciò penzolare cappotto e borsa sulla poltrona dell’ingresso
e si
trascinò fino al divano, dove si fece cadere con uno sbuffo a faccia in
giù.
“Sono morta.”
Taruto sbucò
dalla sua
piccola cucina, utilizzata praticamente solo quando la biondina si
palesava in
casa sua. “La cena è quasi pronta. Sei abbastanza rumorosa per essere
morta.”
“Non sei
spiritoso,”
lo rimproverò lei, legandosi i lunghi capelli in una crocchia scomposta
che
pendeva da un lato “Hai notato che ore sono? Pensavo che una volta
risolta la
situazione con Ichigo, Shirogane avrebbe smesso di fare lo schiavista.”
Il ragazzo
spense il
fuoco sotto alla pentola, raggiunse il salotto e si sedette accanto a
lei,
sollevandole le gambe e posandosele in grembo.
“Stare tutto
questo
tempo con Minto ti sta facendo diventare pettegola.”
Purin ghignò,
voltandosi
sulla schiena: “Spettegoliamo?”
L’occhiataccia
che le
fu rivolta da Taruto non riuscì a spegnere la sua ritrovata allegria.
“La verità è,”
si
arrampicò sulle ginocchia del ragazzo, piegando le gambe sotto di lei
ed
accoccolandosi contro il suo petto “Che siamo tutti preoccupati, tutti
su di
giri. Io lo sono specialmente per Retasu. Forse avrei dovuto invitarla
a cena.
Non mi piace che stia da sola.”
“Forse ogni
tanto ne
ha bisogno. State sempre e comunque insieme un sacco di tempo in questi
ultimi
giorni.”
“Sì, ma è
diverso.
Reta-chan avrebbe bisogno di svagarsi. Forse dovremmo trovarle un
fidanzato.”
“Ti ricordi
cos’è
successo l’ultima volta che hai cercato di trovare un fidanzato a
qualcuna?”
Purin
ridacchiò: “Io e
Ichigo siamo finite chiuse dentro lo stanzino in armeria per tre ore
perché
Minto non aveva apprezzato. Ma non si tratta di Minto-chan, ora, lo sai
che lei
ha dei gusti particolari. Decisamente particolari,
basta guardare a che pensieri ha ora per la testa. Ogni volta che ci
incontriamo
con Ikisatashi-kun, puoi tagliare la tensione con un coltello, e fidati, quella casetta è davvero
piccola. Se poi ci aggiungi pure il capo ed Ichigo…”
Taruto sbuffò,
cercando di scostarsela gentilmente di dosso: “Ho troppa fame per
queste cose.”
“Dai,
Taru-Taru,”
Purin gli strinse le braccia al collo e le gambe attorno alle sue,
placcandolo
sul divano “Fammi due coccole, siamo stati lontani due lunghissimi
giorni!”
Lui arrossì:
“Basta
che la smetti di parlare di quello che fanno le tue amiche, o
Shirogane-san.”
“Ma così è più
facile
non essere in sua soggezione, se sai che –”
“Io non sono in soggezione, e non
voglio sapere! Già mi guarda
malissimo da quando tu gli hai
detto
dei nostri… piani.”
“Avevamo
deciso che
sarebbe stata la cosa giusta.”
“Potevi
avvertirmi!”
Purin sorrise,
sfiorandogli il naso con la guancia: “Come sei carino quando sei
imbarazzato,
Taru-Taru.”
“Piantala,”
Taruto se
la scrollò definitivamente, facendola ridere mentre rimbalzava sul
divano, “Io
vado a mangiare, scimmia dispettosa.”
“Aspettamiiiii,
non ti
ho ancora finito di raccontare…!”
§§
Purin non era
stata
l’unica, ovviamente, a notare il cambiato atteggiamento, almeno questa
volta in
positivo, tra Ichigo e Ryo. Anche Kisshu, grazie alle varie ore passate
in
compagnia della squadra µ, sembrava
aver percepito quale tipo di relazione intercorresse tra i due; e,
visto che
sembrava aver fatto un passatempo il cercare di dare sui nervi il più
possibile
a Shirogane, si prodigava sempre in battutine e doppi sensi che molto
spesso
riguardavano proprio loro due.
La biondina
sbadigliò
rumorosamente; era quasi l’una di notte del venerdì, e loro erano
nuovamente
seduti intorno a quel tavolone polveroso, sepolto dalle carte.
Retasu le
allungò la
tazza di caffè che stringeva in mano: “Ne vuoi un po’?”
Lei scosse la
testa:
“No, grazie. Se lo bevo, so che poi non dormirò tutta la notte.
Preferisco
tirare avanti e sperare che tra una mezz’oretta sarò al calduccio da
Taru-Taru.”
Litri del
liquido
scuro, invece, stavano scorrendo tra Kisshu e Ryo, piegati sopra una
grande
planimetria del luogo dove, secondo l’agente sotto copertura, Pai
avrebbe fatto
accadere l’ultimo e il più importante atto di vendita, quello per cui
l’intera
banda era arrivata a Tokyo.
“L’impianto di
aerazione è inutilizzabile,” spiegò Kisshu, arrotolandosi una manica
della
camicia bianca “E c’è solo un’altra uscita sul retro. Di solito, Pai
mette a
guardia delle uscite un minimo di tre uomini, ma essendocene solo una,
non
vorrei che ne mettesse di più.”
Ryo annuì,
passandosi
una mano tra i capelli: “E’ questa la planimetria più vecchia che
possiamo
trovare? È una zona vecchia della città, non vorrei che ci fosse
scappato
qualcosa.”
L’altro scosse
la
testa: “Ho trovato solo questo.”
“Che dite di
costruzioni lì attorno?” Minto si avvicinò a loro, cercando su un
tablet la
mappa della zona “Per sistemare la copertura dall’alto?”
“E’ isolato,”
Kisshu
rilassò le spalle con fare scoraggiato “Non so se i cecchini dall’alto
siano
fattibili.”
“Damn
it.” Shirogane studiò qualche altro foglio “Sei sicuro che
sia
la nostra unica occasione?”
“Dopo questa
vendita,
Pai ha intenzione di andarsene. Nemmeno io so mai quale sia la nostra
destinazione fino a quando non siamo ormai praticamente in viaggio. È
troppo
tempo che siamo qui, gli altri si stanno lamentando, e non troppo
raramente.”
Il biondo lo
guardò
con un’occhiata decisa: “Il fatto che tu parli al plurale non è
rassicurante.”
Kisshu si
strinse
nelle spalle: “Forza dell’abitudine. E anche il fatto che se non si
smonta
tutta questa operazione ora, io dovrò partire con loro e continuare la
mia
investigazione.”
“What
a shame.”
Perfino Zakuro
lanciò
un’occhiataccia all’americano dopo la battutina sarcastica, e lui si
ritrovò a
sospirare e cercare di correggere il tiro.
“Non hai modo
di
convincere Hayashi a cambiare il luogo?”
“Purtroppo non
sono io
a decidere questi dettagli. Né sono abbastanza influente. Ho già avuto
il mio
da fare a convincerlo a spostare la data della vendita.”
Mentre i due
uomini si
rimettevano a confabulare tra di loro, Minto si andò a sedere accanto a
Ichigo,
sfregandosi il viso con il dorso della mano per tentare di scacciare la
stanchezza.
“Io non ho
capito
perché dobbiamo venire anche noi se poi fanno tutto loro due,”
bofonchiò la
rossa.
L’altra li
occhieggiò,
cercando di non soffermarsi troppo sui muscoli bene in vista delle
braccia di
Kisshu. “Senso di inferiorità numerica?”
“Altra ragione
per
lasciarci a casa.”
La mora
sorrise,
osservando il profilo del ragazzo dagli occhi dorati. Sapeva che
avrebbe dovuto
tenere ben separati vita personale e lavoro, soprattutto in un momento
come
quello, ma non aveva un bel esempio nemmeno nel suo capo e in una delle
sue
migliori amiche, e Kisshu…
Non riusciva a
capirlo
fino in fondo, e quello era il fattore maggiore che la spingeva verso
di lui.
La colpiva la
leggerezza con cui sembrava affrontare qualcosa che era sicuramente più
grande
di tutti loro, e in qualche assurdo modo, ciò le ispirava fiducia.
Sapeva che
non tutti la pensavano come lei, decisamente. Eppure, sembrava che in
fondo a
lui non importasse.
Lo vedeva nel
modo in
cui trattava Retasu; lei era sempre molto sulle spine e rigida attorno
a lui,
cauta ed attenta. Lui, d’altro canto, le dimostrava la massima
attenzione,
quasi come per scusarsi ancora di tutto quello che era successo,
rivolgendole
sempre saluti e parole gentili.
“Terra chiama
Minto,”
la voce divertita di Ichigo la distrasse “Ti hanno chiesto il tablet.”
“Ah, sì,” lei
si alzò
e allungò l’oggetto a Shirogane, ignorando l’occhiata scocciata che lui
le
stava rivolgendo.
Da
che pulpito, si ritrovò a pensare.
“Pai arriverà
lì
mezz’ora prima del cliente, ed io dovrò essere con lui,” stava
spiegando Kisshu
in quel momento, muovendo le dita sullo schermo del tablet per aprire
una mappa
delle strade “Un furgoncino con da tre a cinque uomini ci seguirà poco
dopo.
Per ultimo, arriverà il cliente, scortato da una delle macchine della Deep.”
“Arrivare
prima di Pai
sarebbe uno sbaglio, immagino.” commentò Zakuro.
“Sarebbe
pericoloso.
Lui arriva sempre prima per accertarsi che tutto sia a posto, e se
desse
l’allarme prima dell’arrivo della squadra, potrebbe saltare tutto
comunque.”
Ryo incrociò
le
braccia al petto: “Dovremo trovare comunque il modo di avere almeno un
po’ di
vantaggio.”
“Posti di
blocco sulla
strada che porta al luogo di incontro, tipo lavori in corso?” domandò
Retasu.
Kisshu scosse
la
testa: “Sarebbe troppo sospetto.”
“Se ci
sostituissimo
al cliente? Sappiamo il nome, potremmo incriminarlo, e…”
Ryo interruppe
Purin:
“Contenere la fuga di notizie sarebbe difficile. È un’operazione troppo
delicata per imbastirla in poche settimane, e sarebbe anche rischioso
trovare
capi d’accusa che possano reggere abbastanza a lungo per potere giocare
d’anticipo. Non basta avere il suo nome su una lista.”
Zakuro sbuffò
così
forte che le punte della frangetta le sventolarono. “E’ assurdo pensare
di non
poterlo incastrare.”
“Se fosse così
semplice, ci sarebbero già riusciti.”
La modella
lanciò
l’ennesima occhiata glaciale al biondo: “Quit it with coffee, you’re getting irksome.”
“No, vi
prego,” si
lamentò Ichigo “Sono quasi le due del mattino, l’inglese no.”
“Non ti
diverti
abbastanza, Rossa, se alle due del venerdì sei già stanca,” la prese in
giro
Kisshu.
“Preferisco
fare altre
cose che stare rinchiusa in una casetta ammuffita.” rispose piccata
lei.
Purin si mise
a
sghignazzare, esclamando un Oooooh
irrisorio che fece tingere di rosa acceso le guance dell’amica.
“Anche io, ed
infatti
quella era la mia scusa,” il ragazzo le fece un occhiolino prima di
stirarsi
la schiena, facendo scrocchiare piacevolmente le vertebre. “Mh, a
proposito, avrei
bisogno di qualche segno del mio divertimento notturno,” si voltò
ancora con un
ghignetto sarcastico verso Ichigo “Vorresti favorire, micetta?”
Una vena
pulsante comparve sulla fronte di Shirogane, mentre
la rossa alzava gli occhi al cielo e si allontanava sbuffando e
scuotendo la
testa. “Stai tirando troppo la corda, Ikisatashi.”
Kisshu rise:
“Non avete davvero senso dell’umorismo.”
“It wasn’t funny.”
Lui lanciò uno
sguardo di sbieco a Minto, che era rimasta
zitta per tutto il tempo e stava riponendo le sue cose nella borsa, la
schiena
un po’ più rigida del solito.
“Possiamo
andarcene, ora?” domandò infatti lei.
Ryo annuì:
“Sì, basta, non ne posso più.” Si voltò verso
Ikisatashi, le mani sui fianchi: “Il prossimo venerdì?”
L’altro fece
segno di no con la testa: “Il tempo stringe.
Proviamo mercoledì, sempre a quest’ora.”
“Che scusa
dovrai trovarti questa volta?”
Kisshu ghignò:
“Qualcosa mi inventerò. Ve lo confermo entro
il pomeriggio alle cinque.”
Il biondo
annuì e prese Ichigo per mano, stringendola forte,
ormai noncurante del fatto che fossero davanti agli occhi di tutti.
Un’occhiata
intuitiva con Zakuro gli fece intendere che avrebbe pensato lei a
controllare
tutto; lui si preoccupò solo di accertarsi che Purin e Retasu salissero
in
macchina illese ed al sicuro, raccomandando loro di fargli sapere non
appena
fossero arrivate in casa.
Quasi spinse
Ichigo in auto senza una parola, ringraziando
almeno che l’ora così tarda permettesse di arrivare al proprio
appartamento in
pochi minuti, senza traffico.
La rossa, dal
canto suo, non protestò affatto, contenta
soltanto di aver riempito le ciotole di acqua e cibo di Masha prima di
essere
uscita.
Lo seguì in
silenzio dal garage all’entrata del moderno
appartamento, che come sempre aveva il vago odore di dolci aleggiante
per
l’aria.
“Hai fatto una
torta prima?” gli domandò, appoggiando borsa
e cappotto sul bancone della cucina.
“Ieri sera,”
rispose quasi bruscamente Ryo mentre si sedeva
con uno sbuffo sul divano e si toglieva le scarpe.
Ichigo gli si
avvicinò e passò le mani tra le ciocche
bionde: “Sei nervoso?”
Lui annuì,
tirandola a sé così da poggiare la fronte contro
il suo ventre. “Sono esaurito, è diverso. Incontri notturni, microspie,
doppi
giochi… A volte mi chiedo se sia tutto un incubo, e cosa sia davvero
reale.”
La ragazza si
inginocchiò per guardarlo negli occhi. “Tra
poco finirà, vedrai. Non manca molto, ora.”
“Sempre che
riusciamo a far funzionare l’operazione. The more we study it, the more it looks like
Mission Impossible.”
ribatté lui con uno sbuffo, incurante del fatto che lei si era persa
ormai metà
della frase. “E in tutto ciò, sono preoccupato per Retasu, e… e Minto
mette
l’asso di briscola!”
“Lasciala
stare. Certe cose non si possono scegliere,
giusto?”
“Alcune sì.”
Ichigo rise e
premette la fronte contro la sua. “Io e te
siamo reali.”
Ryo annuì,
affondando i polpastrelli nei suoi fianchi: “Promise?”
“Promesso.”
Il modo in cui
si strinsero quella notte non poté che
suggellare quella promessa.
§§
Minto guardò
distrattamente l’orologio in basso a destra
nello schermo del computer. Sapere che non mancava molto tempo alla
scadenza
posta da Ikisatashi il venerdì precedente la stava rendendo leggermente
nervosa. Ogni giorno che passava, cresceva in loro la voglia di
terminare
quella faccenda il più presto possibile, per ricominciare a vivere una
vita che
fosse quantomeno un poco più normale e meno caotica.
Il brusio
dell’ufficio, a quell’ora sempre pieno di tutti
gli altri agenti, la stava intontendo, così come le poche ore di sonno
che
ormai riusciva a concedersi ogni notte. Continuava a svegliarsi spesso,
in
preda a brutti ricordi e accenni di attacchi d’ansia che non voleva
fossero
troppo divulgati, e diventava poi difficile concentrarsi sul luogo di
lavoro.
Soprattutto
quando il suo cervello si sintonizzava
autonomamente su quello che era accaduto il venerdì precedente.
Ichigo e Ryo
uscirono
per primi, di fretta, sbiascicando saluti controvoglia e sparendo nel
buio del
corridoio. Il fresco della notte raggiunse quel salotto invecchiato
nella
manciata di secondi in cui loro aprirono la porta, ricordando a tutti
quale
fosse il vero orario a cui si erano incontrati.
Zakuro accompagnò
Purin e Retasu alla porta, lanciandole solo un’occhiata che sembrava
più di
avvertimento che di rimprovero, questa volta. Solo quando non la vide
tornare
per un po’, Minto si concesse di lasciare andare il respiro che aveva
trattenuto.
“Capisci perché
non te
l’ho chiesto, no?” le domandò Kisshu, che era rimasto ad osservare la
scena in
silenzio.
Lei continuò a
dargli
le spalle mentre sistemava le sue cose in borsa: “Perché ti piace
irritare
Shirogane fino a dove puoi spingerti, e la tua natura da maniaco prende
il
sopravvento su di te?”
Kisshu sorrise
sarcastico, e lei lo avvertì compiere un passo verso di lei ma
mantenere comunque
una distanza di sicurezza. “Fuochino.”
Lei sbuffò e
scosse la
testa, voltandosi solo in quel momento. Pensava che almeno ci sarebbe
stato il
tavolo tra di loro, invece lui l’aveva già aggirato, portandosi a poco
meno di
un metro da lei. La stava guardando con gli stessi occhi di quella
prima sera
in discoteca, ma la sua fronte era corrugata in un’espressione di
frustrazione.
“Sappiamo tutti e
due
che è complicato.” mormorò il ragazzo.
Minto annuì. “E
che
non dovremmo. Soprattutto non adesso.”
“Magari… dopo.”
La mora si
strinse le
braccia quando lui si avvicinò ulteriormente. “Non ti accontenti mai,
noto.”
“Difficilmente,”
rise
lui, e allungò una mano per arrotolarsi una ciocca corvina attorno ad
un dito.
“Ikisatashi,” la
voce
le tremò per la piacevole fitta dietro l’ombelico che la colse non
appena il
profumo di lui le sfiorò le narici “Sei un Agente di grado superiore al
mio.”
“E’ una diversa agenzia.”
Ormai aveva
appoggiato
la mano alla sua guancia, i loro nasi si stavano per sfiorare, lei non
aveva
intenzione di chiudere gli occhi.
“E’
una stronzata.”
Kisshu sorrise:
“Ooh,
occhio al linguaggio, mademoiselle. Hai intenzione di lamentarti per
abuso di
potere?”
“Shirogane ci
ucciderà.”
“Ancora più
elettrizzante.”
Era così vicino
che le
sarebbe bastato inclinare la testa di pochi millimetri per avere le sue
labbra
sulle proprie. Bastava chiudere gli occhi e non pensarci più.
“Me ne vado solo
se ti
sento dire di no, passerottino.”
Minto chiuse gli
occhi.
“Io ti mando
dalla psicologa per un caso di sindrome di
Stoccolma, sappilo.” la voce sarcastica di Shirogane, unita al rintocco
delle
sue nocche sulla scrivania di Minto, la fece riconcentrare sulla
situazione
presente.
Raddrizzò la
schiena e squadrò le spalle, non rivolgendogli
lo sguardo. “Non sono incline a parlare della mia vita privata con te,
Shirogane-kun.”
“Privata un
accidente, signorinella.” borbottò lui “Ti stai
cacciando in un bel guaio.”
Minto alzò un
sopracciglio: “Vuoi davvero iniziare questo
discorso?”
“Maledizione,
voi donne.”
“Ryo,” il
monito, mezzo divertito, di Zakuro lo fece alzare
dalla scrivania di Minto con un sospiro.
“Ci sono
novità?”
“Ancora
nessuna conferma, capo,” rispose Purin. “Ma non sono
neanche le cinque.”
L’americano
alzò le sopracciglia, poco perturbato dal fatto
che, come al solito, Ikisatashi si premurasse di fare sempre tutto
all’ultimo
momento.
Del lavoro da
sbrigare prima di ricevere la sua conferma ne
avevano a bizzeffe, quindi non c’era pericolo che rimanessero con le
mani in
mano ad attendere in vano.
Ma non gli
sfuggì l’occhiata inquieta che Minto scoccò all’orologio
quando le lancette oltrepassarono i trenta minuti dopo le sei. Nessuna
accennò
ad alzarsi, nonostante l’orario lavorativo fosse finito da un pezzo.
Il vecchio
cellulare di servizio che Shirogane teneva nella
tasca, sul quale Ikisatashi era solito inviare un corto SMS di
conferma, non
squillò nemmeno per le tre ore successive.
§§
La nuvola di fumo
che
aleggiava per la stanza gli stava facendo venire mal di testa. Non
sapeva
quante volte aveva detto a tutti gli altri di non fumare nell’armeria,
ma ora
meno che mai sarebbe stato probabile che l’ascoltassero.
La risata
rumorosa di
Kisshu coprì il chiacchiericcio degli altri; Pai si voltò verso di loro
mentre
camminava lungo il corridoio illuminato quasi a giorno per controllare
l’ultimo
carico arrivato dalla Russia.
Il suo compare
stava
pulendo uno dei vecchi fucili, quelli così ricercati dall’ultimo
collezionista
che si era rivolto a loro nelle ultime settimane; ci stava mettendo più
tempo
del solito, forse perché la spalla ancora non era guarita del tutto
nonostante
avesse già dismesso la fasciatura.
La pistola che
Kisshu
portava sempre con sé era invece appoggiata sul tavolo, ancora nella
fondina,
pronta per essere pulita anch’essa.
Avrebbe dovuto
darci
una controllata, pensò Pai, non era un buon segno che continuasse ad
incepparsi, e non voleva correre il rischio anche con le altre armi
destinate
alla vendita.
Non era
decisamente
più il momento di lasciare anche il minimo dettaglio al caso.
Sfiorò con due
dita le
canne lucenti dei fucili di precisione ancora nelle casse, e si
avvicinò agli
altri.
Uelàààààààà aggiornamento
lampo per i miei standard :D Anche se lo so che probabilmente
mi odiate, perché è un capitolo pieno di cazz*AHEM*te e poi... ohohohoh
:3 A mia discolpa, è stato scritto quasi tutto in università (e la
ultima scena e mezza proprio mo, dopo due spritz. "Se, come
se due spritz ti facessero qualcosa, a te, ormai!* NdKIsshu "Buono te,
che sei in mano mia!")
Credo di non avere niente da
dire per non rovinarvi la sorpresa ;) Il titolo viene, di nuovo, da Demons degli
Imagine Dragons. Non so perché, in realtà, l'avevo scelto da un pezzo
xD
Non siate troppo cattive, plis
:3 Un bacione, buon weekend e buona notte :)
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