La sala grande era gremita come ogni mattina di studenti assonnati, il cui
unico desiderio era quello di tornare a ripararsi sotto il calduccio delle
coperte.
Lo scrosciare della pioggia non riusciva a coprire il vociare che veniva dai
tavoli.
Harry si sedette svogliato al tavolo rosso-oro con al suo fianco i suoi due
fedeli compagni. Il cielo plumbeo non faceva molto per motivare il ragazzo, che
iniziò a giochicchiare con il cibo nel suo piatto, ascoltando con un orecchio
solo la solita paternale in cui Hermione si era lanciata per cercare di
migliorare le maniere a tavola del rosso, come se le sue parole potessero
rimediare a quel caso disperato.
Lasciò vagare lo sguardo lungo la sala, finchè non la vide sedere al tavolo
verde-argento.
E’ incredibile pensare quanto possa fare una donna senza neanche esserne
cosciente, bastava la sua sola presenza, un sorrisino divertito a mezza bocca,
il modo in cui si attorcigliava una ciocca di capelli attorno al dito con fare
innocente, per far andare in tilt i pensieri del griffondoro.
Anche ora si prendeva beffe di lui, salutando con un bacio sulla guancia il
suo fidanzato.
Il suo rivale, quel Draco Malfoy principe senza corona delle serpi che dal
primo momento in cui ha incrociato il suo cammino non ha fatto altro che
annoiarlo.
Non l’aveva mai reputato più che una mera seccatura al contrario di quello
che potevano pensare gli altri o il biondo stesso, magari qualche volta il
sentimento si era trasformato in disprezzo quando la situazione lo riteneva; un
piccolo furetto che si credeva grande nascondendosi dietro l’ombra del padre
leccapiedi e le sottane di una madre che lo aveva viziato oltre ogni
ragione.
Ma ora si trovava a invidiarlo.
Quanto avrebbe dato per essere al suo posto in questo momento, per sentire
quelle morbide labbra sfiorare le sue di gote.
Avrebbe svuotato ogni suo conto alla Gringott pur di poterla stringere a se
la sera in sala comune scaldandosi con il calore dei loro corpi vicini, con il
camino come unica luce, le loro ombre proiettate sui muri, unici testimoni muti
dei loro incontri.
Lo sapeva bene che era inutile tormentarsi così, lei era e sempre sarebbe
stata intoccabile per lui. Troppi motivi li tenevano a distanza.
L’incantatrice di serpenti e il re dei leoni avrebbero continuato a dominare
su due regni distinti e inconciliabili, le loro strade, se si fossero mai
incrociate, non sarebbe certo state nel modo che in fondo al cuore
desiderava.
Cercando di liberare la mente da questi dolorosi pensieri, cercò di dare per
la prima volta attenzione a ciò che gli succedeva immediatamente vicino ma,
presto infastidito dall’immaturità dei suoi amici, decise di avviarsi prima alla
classe di trasfigurazione, lasciando gli altri interdetti.
Non ne poteva più di sentire Ron lanciare malcelate lodi a Ginny nella
speranza che Harry cogliesse l’allusione e dichiarasse il suo eterno amore alla
ragazza. Il rosso aveva sempre fatto di tutto per allontanare tutti i
pretendenti da sua sorella, ma sembrava che anche lui si fosse lasciato
intrigare dalla balzana idea della "grande famiglia Weasley" di cui Molly andava
particolarmente fiera.
Come se lui potesse sposare quella ragazzina insignificante quando smaniava
per qualcuno di ben altra eleganza e carattere.
I corridoi vuoti aiutarono il corvino a ricomporsi, il rimbombare dei suoi
passi stabilizzarono il battito del suo cuore, ma quando aprì la cigolante porta
della classe e vi vide già seduto al suo posto l’oggetto dei suoi turbamenti,
non potè fare a meno di maledire il nome di tutti i fondatori e della loro
stirpe fino al centesimo discendente (guarda caso, per quanto riguardava
Serpeverde, esso non era altro che faccia da serpente stesso).
"Potter", il tono, come al solito quando non era circondata da Draco e la sua
corte, era di asciutta cortesia.
"Pan-Parkinson"
Trovarsi solo con lei in una stanza non era certo una delle cose più facili
che Harry avesse mai affrontato. Si trovò quasi a sperare che spuntasse fuori
dal nulla un mangiamorte tanto per spezzare la tensione che provava.
Oh, quanto sarebbe stato facile ora avvicinarsi a lei e gettare da parte la
sua bacchetta appoggiata così spensieratamente sul banco.
Si trovò quasi a leggere in quegli occhioni sgranati l’incertezza e il timore
per quell’azione così improvvisa, ma cos’era quello?....aspettativa?
Avrebbe zittito sul nascere la sua balbettata risposta posando le sue labbra
su quelle della ragazza, assaporando ancora su di esse il sapore del frutto che
la giovane aveva mangiato a colazione.
Era più forte di lei, gli sarebbe stato facile sopraffarla e stringerla con
decisione a se come gli altri avevano fatto. I suoi baci si sarebbero fatti
sempre meno esigenti e più dolci, finche lei non avrebbe smesso ogni possibile
resistenza e avrebbe realizzato quanto era stata stupida a stare con Malfoy.
Lui si sarebbe ritrovato a sussurrare il suo nome come la preghiera di un
devoto, e lei avrebbe urlato quello di lui fino in cielo, cullata da quel caldo
e passionale abbraccio.
Non si sarebbe mai stancato di accarezzare quella morbida pelle d’alabastro,
adorandola come fosse la seta più pregiata, esplorando ogni angolo del suo corpo
con il suo tocco, creando strade dal percorso senza senso e infuocando i suoi
sensi fino a farla perdere in lui come gli era successo, ribadendo al mondo la
sua proprietà su di lei
Così Pansy sarebbe stata al suo fianco, catturando gli sguardi invidiosi
degli altri studenti, e ogni risata, ogni movimento e ogni pensiero sarebbero
appartenuti solamente ad Harry Potter, che tutto il resto se ne andasse in
malora.
Si, sarebbe stato così facile, se solo…
"Potter, stai bene? Mi sembri ancora più strano del solito. Sei stato troppo
vicino alla piattola per caso?"
Nella sua voce era tornato il solito sarcasmo e nei suoi occhi, addestrati
fin da bambina a mascherare le sue emozioni, non si poteva leggere nulla di ciò
che il giovane desiderava.
La sua bramosia non sarebbe mai stata saziata, da quella porta sarebbe presto
entrato Malfoy e se la sarebbe portata di nuovo via con se.
Sarebbe per sempre rimasto tormentato da quel viso e da quel corpo sinuoso,
perché questi appartenevano al suo rivale, l’unica cosa che gli sarebbe stato
concesso di fare sarebbe stato quello di adorarli da lontano, sperando nel suo
cuore che quell’angelo del giudizio cadesse dal suo piedistallo dorato per venir
raccolto dalla sua anima ansiosa di peccatore.
"Niente Parkinson, è solo il pensiero di passare, oh due così belle ore in
vostra compagnia" fu la semplice risposta, accompagnata anche da un leggero
inchino derisorio, scherno rivolto più a se stesso che a
lei.