Amelia dagli occhi dolenti

di looking_for_Alaska
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I ragazzi entrarono nella casa abbandonata. I loro passi echeggiavano, passi così piccoli e spaventati da far ridere i topi. Non ci credevano, loro. Non avevano mai davvero creduto alla mia leggenda. Ma tutti quelli che erano venuti prima di loro non avevano mai avuto paura. Non prima di mettere piede in casa mia, perlomeno. Erano in tre. C'era un ragazzo sui diciassette anni, biondo e molto muscoloso, ma che non sembrava molto intelligente. Una ragazzina sui quattordici anni, due in meno di me quando ero morta. Aveva un viso anonimo e vuoto. La tipica persona che segue la massa. L'ultimo invece, sembrava fin troppo intelligente. Occhiali rotondi, capelli rossicci, lentiggini; insomma, il tipico secchione. Ma non sempre la cultura fa l'intelligenza. Difatti, una persona con un minimo di cervello non sarebbe mai venuta qui. Un sussulto mi scosse nel profondo. Quanto ci avrebbe messo la bestia a risvegliarsi? Arrivarono al centro della stanza. Nulla di nuovo. Fu allora che lo sentii. Un ringhio profondo, nel mio stomaco. Risalì la mia gola, fino ad uscire dalle mie labbra esangui. Quanto ci avrebbero messo a capire? Il ragazzo biondo scattò, prendendo la ragazzina per un polso. Sua sorella, intuii. << Cosa diavolo è stato? >>. Il ragazzo rossiccio rabbrividì. << Probabilmente il pavimento è vecchio >>. Risi tra me e me. Lo si notava solo guardandolo : non ci credeva nemmeno lui. Sentii un dolore lancinante alle mani e quindi me le portai davanti al viso per osservarle meglio. Le unghie erano cresciute; ora erano lunghe quanto un normale dito umano, ed erano nere come la pece. Gli occhi presero a bruciarmi, e avvertii un liquido tiepido sulle guance. Sapevo che ora avevano un colorito vermiglio e piangevano sangue. I capelli iniziarono a svolazzarmi indietro, come se ci fosse un vento impetuoso. Ma nella mia casa, ormai, non c'era aria nuova da almeno duecento anni. O di più forse, io non avevo il senso del tempo, ormai. Sentii la bestia risvegliarsi, urlare e ruggire, affamata. E dalle facce dei tre ragazzi, capii che l'avevano sentita anche loro. Poi persi il controllo. Sentii solo la mia anima che veniva strappata via dal mio corpo. Provavo odio, solo odio, un odio non mio e che non mi apparteneva. La bestia si gettò sui ragazzi, li morse, li divorò, li distrusse. Il sangue schizzò sulle pareti, disegnando arabeschi bellissimi e grotteschi che solo un essere morto da tempo poteva apprezzare. Poi tutto finì come era iniziato: tornai in me e la bestia, finalmente sazia, si quietò. Mi ritirai nella mia stanza attraverso i muri, con ancora la macabra melodia delle urla di innocenti che mi risuonavano nelle orecchie.




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