Il bambino perduto
Capilolo1 - Un sogno? Forse no.
Dario sarebbe dovuto andare a lavorare, lo sapeva, ma non riusciva a
smettere di fissare la propria immagine riflessa nello specchio. Il suo
corpo nudo era ricoperto di strani simboli, tatuaggi particolari che la
sera, prima di coricarsi, non aveva.
-Che scusa posso trovare per tutto questo, forse è meglio che mi
dia malato e che cominci subito la ricerca, prima che quell'essere si
metta a giocare con me, come mi ha detto.- si preoccupò.
Dario aveva fatto un lungo, doloroso, particolarissimo sogno, o almeno
era ciò che credeva prima di risvegliarsi indolenzito e tatuato.
Cercò di ricordarne i particolari e tremò all'idea che il
tempo concesso per la sua missione avesse cominciato a scorrere.
Il castello era ricco e sfarzoso, ma poco illuminato e sul trono vi si
trovava un essere che lo fissava con aria seria e indagatrice.
“Così sei tu l'uomo in grado di riportarlo a me?” esordì, senza un cenno di saluto, alla sua volta.
Era un bel ragazzo, anche se il suo aspetto non era di certo ordinario.
I suoi capelli bianchi, gli occhi grigi e la pelle rossa, gli fecero
capire che non era totalmente umano. Si avvicinò a Dario che non
lo temette e sostenne il suo sguardo, convinto com'era che si trattasse
di un semplice sogno erotico. Gli capitava di farli, anche se non
spessissimo, e non era la prima volta che l'ambientazione era
particolare e i personaggi crudeli e violenti, almeno all'inizio, e
abusavano della sua virtù (!) senza remore ma facendolo godere.
Nonostante tutto qualcosa gli diceva che c'era qualcosa di insolito.
Che cosa doveva riportare? Il ragazzo pellerossa gli fu a un centimetro
dal naso, osservandolo bene.
“Spero che tu mi possa aiutare, ci ho messo diecimila anni a
trovare il luogo in cui si trova il bambino, quindi non farmi sprecare
altro tempo.”
“Io... non... non capisco.” balbettò Dario.
Sì, in effetti le cose stavano andando in maniera alquanto
insolita.
“Oh, capirai, non preoccuparti. E non ti dimenticherai neppure
questo momento, farò in maniera che al tuo risveglio tu rammenta
ogni parola e non solo.” Un lampo malvagio apparve negli occhi
dell'essere e Dario rabbrividì.
Un servo intervenne e si inchinò.
“Brenta, mio Signore, la sala delle torture è pronta.” annunciò.
“Bene.”
Il tale sorrise e mormorò qualche incantesimo. Dario si
sentì prima stringere come se delle corde invisibili lo
avvolgessero, poi sollevare da terra e trascinato senza fatica. Scesero
verso le segrete del castello, sempre più giù, oltre le
celle delle prigioni. Appena raggiunta la sala annunciata, Dario
rabbrividì: c'era tutto ciò che poteva far parlare un
uomo solo a guardarla, anche chi non aveva nulla da dire.
In quel momento non riusciva ad aprire bocca, sperava di risvegliarsi
il prima possibile, anche se la sensazione pessima non passava.
Con un altra serie di incantesimi, Brenta lo legò a una macchina che allungava le membra e lo bloccò lì.
“Mio bel giovanotto, se fossimo in un altro momento, avrei da
fare di meglio per passare il tempo con te, ma la mia magia mi dice che
tu sei
la persona adatta per questa ricerca e non posso fare diversamente. Hai
visto il mio castello?” gli chiese indicandosi attorno in maniera
vaga “Non parlo certo di queste segrete, ma di tutto ciò
che sovrasta la terra. Il nostro regno è comandato dalla magia,
e solo con la magia lo si può regnare. Purtroppo, non essendo
dello stesso sangue del marito di mia madre, mi sarebbe precluso di
dare al palazzo lo splendore che merita. A patto che
non trovi l'erede al trono e ne assorbisca i poteri.”
Il primo pensiero di Dario fu che si trovava davanti ad un usurpatore:
sperò che l'uomo non lo cogliesse, non gli sembrava molto
disposto ad accettare critiche.
“Quindi il mio compito sarebbe di trovare questo bambino? Come
faccio a sapere dove si trova di preciso ed essere sicuro che si tratta
proprio di lui?” Aveva deciso di stare al gioco, per evitare
conseguenze spiacevoli.
“Oh, non ti preoccupare, quando te lo ritroverai davanti lo
saprai con certezza. Come ti ho detto ci ho messo diecimila anni a
trovare il mondo astrale dove mia madre lo spedì, ma ora non
sono in grado di entrarvi di persona. Non sei qui per essere torturato,
non nel vero senso della parola, almeno. Ti lancerò addosso un
incantesimo che ti permetterà di percepire l'aura del bambino,
quando te lo ritroverai davanti. A parte questo, per aggiungere
sicurezza, dovrai controllare che abbia una voglia a forma di
quadrifoglio sotto l'ascella destra. Dopo di che, lo dovrai portare da
me.”
Dario deglutì a fatica: che significava ciò che gli aveva appena detto? Lo avrebbe torturato, o no?
Come se gli avesse letto nel pensiero, o immaginato dove volgevano i suoi pensieri, rispose al suo dubbio.
“Vedi questi?” chiese, mostrandogli una ciocca di capelli
“Sono l'unica cosa che riuscii a recuperare prima che mia madre
lo spedisse lontano. E sono ciò che ti porterà da
lui.”
Erano una bella manciata, doveva averli stretti con forza per riuscire
a strapparglieli. Ne prese fra le dita una piccola porzione e rimise
gli altri nella tasca. Poi ordinò al servitore di spogliarlo del
pigiama. Per la prima volta da quando era in quel sogno, Dario si
oppose. Non gli piaceva per nulla quella situazione. Nonostante le sue
recriminazioni, l'uomo tagliò con un grosso coltello i suoi
vestiti, non riuscendo a farli passare per le manette cui era
già stato legato. Si ritrovò completamente nudo nella
fredda aria della cella, imbarazzato come non mai. Oltretutto,
l'ammirazione che leggeva negli occhi di Brenta, lo confondeva.
Ancora una volta fu anticipato.
“Mi sembra un sacrilegio sprecare un corpo come il tuo, ma magari
potremmo recuperare una volta sistemata la situazione.”
sospirò. Strofinò fra le mani i capelli biondi e
cantilenò una formula magica. Si trasformarono in una polverina
che Brenta soffiò sul corpo di Dario. Il ragazzo vide la marea
dorata avvicinarsi e avvolgerlo, come se fosse una calamita vivente.
Dopo qualche istante non la vide più, ma cominciò a
sentire un dolore acuto e imprevisto lungo tutto il corpo.
“Aaaargh. Perché questo dolore improvviso? Cosa mi hai fatto?” chiese non riuscendo a trattenere i gemiti.
“La magia ha funzionato, ora tornerai nel tuo mondo e comincerai
la ricerca del bambino. Se entro un anno del tuo mondo non lo troverai,
il tatuaggio che hai sulla pelle diventerà un veleno e ti
ucciderà. Se invece tornerai con lui, la tua vita sarà
salva.”
“Perché proprio io e come fai ad essere sicuro che sia
ancora vivo o che età abbia?” Dario capì che qualche informazione non poteva fargli che comodo.
“Il tempo nei nostri mondi scorre in maniera diversa. Ci vogliono
mille anni dei nostri per fare uno dei tuoi, quindi il bambino deve
avere all'incirca dieci anni.”
“Ma... Ma perché proprio io, chi ti dice che posso aiutarti?”
“Beh, da qualche parte devo pur cominciare e, se tu non dovessi
farcela, avrei ancora parecchi milioni di persone da contattare dopo di
te, magari in altre zone. Chi la dura la vince e, se la mia natura di
mezzo Ifrit non mi ha portato molto bene con la famiglia, almeno mi ha
donato una lunga vita che mi permetterà di aspettare per un bel
pezzo che lui venga riportato a me e finalmente questo mondo
ritroverà la luce.”
“Come devo fare a contattarti?”
“Ne riparleremo tra qualche giorno, quando ti sarai reso conto
che quello che sta accadendo non è un sogno. Sarà
dura aspettare qualche centinaia di giorni, ora che so di essere ad un
passo dalla meta, ma posso comprendere tu sia in confusione.” Gli
toccò un braccio, come per consolarlo, ma fu come se una mano
infuocata lo avesse sfiorato. Un grido di dolore spontaneo gli
uscì dalla bocca.
“Ops, mi dispiace, stavo dimenticando che essendo il
fratellastro, ho la metà del suo sangue e che quindi ti provoca,
in parte, il dolore che proveresti alla sua presenza.”
“In parte?” si lamentò Dario “Vuoi dire che se
lui mi toccasse, mi brucerebbe ancora di più?”
Brenta assentì.
“Non solo.” infierì “Il tuo tatuaggio dovrebbe
essere in grado di reagire anche a metri di distanza, anche
perché non ti sarà facile avvicinarti a lui. Mia madre lo
spedì con la balia perché
non stesse solo. Non so come se la sono cavata in un mondo come il
vostro dove non esiste la magia, ma Falia era una maga potente e sono
certo che abbia trovato qualche soluzione.”
“Suppongo di non avere altra scelta.”
Brenta scosse la testa.
“Se l'incantesimo che ho fatto dice che sei la persona giusta per
aiutarmi, significa che hai delle caratteristiche che mi possono
tornare utili. Usale saggiamente e riuscirai nel tuo intento. Ora
tornerai nel tuo mondo, non dimenticare ciò che ho detto.”
Brenta mormorò un altro incantesimo e Dario si ritrovò
nel suo letto, sudato e con il cuore che batteva in maniera in consueta.
-Uff, che sogno del cavolo.- fu il pensiero che sovvenne alla mente del
ragazzo, prima di rendersi conto di essere completamente nudo. Si
strinse nelle coperte, mentre nella penombra cercava di trovare traccia
del pigiama e dell'intimo. Sicuramente se li era sfilati durante la
notte. Non trovò nulla, ma il suo occhio cadde sulla sveglia e
si rese conto che erano passati appena dieci minuti da quando si era
coricato. Eppure era certo che il sogno fosse stato lunghissimo, anche
se doveva ammettere che non si sentiva molto riposato, come se avesse
vegliato invece di dormire. Ripassò mentalmente ciò che
era accaduto, ricordò alcuni particolari e decise di andare a
prendere un
sonnifero, sentiva il bisogno di riposare. Si diresse nell'armadietto
dei medicinali, situato in bagno, senza accendere la luce, a tastoni.
Accese la luce solo lì e mentre lo specchietto mostrava il suo
volto, prese tre pillole per essere sicuro di addormentarsi. Fu allora
che abbassò gli occhi sul proprio corpo e vide i segni che lo
avvolgevano. Il tatuaggio! Oddio, forse stava ancora dormendo e non se
n'era reso conto. Quando si sarebbe svegliato per davvero? Tornò
verso il proprio letto, senza pensare che doveva cercarsi un altro
pigiama, ma avvolgendosi meglio che poteva nelle coperte. Si
riaddormentò quasi subito, anche per causa dei sonniferi che
aveva preso, un lungo, ristoratore
sonno senza sogni.
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