Autrice: rekishi
Titolo: Dimentica
Pairing: SiriusRemus
Generi: introspettivo; one shot; romantico
Avvertimenti: shonen ai
Credits: personaggi © J. K. Rowling
Disclaimers: I personaggi appartengono alla Rowling e
vorrei che non fosse così, perché io avrei dato a quel libro un finale ben
diverso, ma amen. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e io non
ci guadagno assolutamente niente a far accoppiare Sirius e Remus, se non
un’immensa gratificazione personale ed esaltazione da yaoi fan.
Note dell’autrice:
Allora, questa storia totalmente senza pretese e scritta più
per rispetto verso Macrì (che si era tanto esaltata quando mi sono iscritta,
quindi mi sono sentita un po’ in “dovere” di finirla, perché io mi sarei
ritirata volentieri ç_ç) che per ispirazione vera e propria, si è piazzata
seconda al contest: Lookin’ for loneliness (perché devono fare contest
dai nomi facili, loro…) indetto dal forum http://fanfictioncontest.forumcommunity.net.
Che dire? Considerando che volevo ritirarmi, che non volevo
scriverla e che non pensavo minimamente di arrivare tra le podiste, posso
ritenermi più che soddisfatta del risultato XD.
I frammenti non sono in ordine cronologico, ma sparso.
Coprono tutto l’arco dei sette anni di Hogwarts e dei quattro anni successivi
al diploma, prima della morte dei Potter e dell’arresto di Black.
Sono tutti drabble o doppie drabble, a seconda della
necessità. Ognuna di cento o duecento parole, titolo, antefatto ed epilogo
esclusi.
Pensavo di non aver azzeccato il punto di vista di Black.
Non so muovere quel personaggio e non ho neanche il terzo libro a disposizione,
per approfondirlo. Avrei senz’altro preferito scriverla dal punto di vista di
Remus, ma amen. L’esperta ha detto che è IC e ci fidiamo del suo giudizio XD.
Forse è un po’ troppo stucchevole. Parecchio. E non è
chiara. Non penso si capisca che sono i ricordi felici di Sirius che vengono
strappati via a poco a poco dai dissennatori. Vabbè. Di meglio, non sono
riuscita a fare.
Ad uno stupido,
maniaco ed adorabile cane.
Azkaban.
Abitanti:
delinquenti; disperati; rifiuti della società; assassini; qualche innocente
finitoci per sbaglio, ma pochi.
Sorveglianti: Dissennatori.
Unica speranza di
sopravvivenza: dimenticare.
Cancellare con la
rabbia ogni gioia, per conservare quei frammenti di memoria che giacciono
insepolti dentro al cuore.
Ricordare ti uccide.
Dimenticare, no.
Fluisce via, come
fiume che scorre,
il ricordo del
tempo che fu.
«Black Sirius!»
«Grifondoro!»
«Lupin Remus!»
«Grifondoro!»
…Dimentica…
[Incontro]
Gli occhi scuri
seguirono attentamente l’incedere nervoso del bambino appena assegnato alla
casata di Godric Grifondoro.
Lo osservò sedersi di
fronte a sé. Scrutò i capelli castani un po’ scompigliati; gli occhi nocciola
che guizzavano nervosi sui membri della tavolata; il viso pallido e malaticcio.
La sua attenzione ne
fu distolta solo al sopraggiungere del ragazzo incrociato in treno. Lo accolse
con gioia, come fossero amici di vecchia data.
Mentre applaudiva con
gli altri Grifondoro per festeggiare l’arrivo di James Potter lasciò cadere un
ultimo sguardo su quel ragazzino che batteva le mani, composto e intimidito
dall’altra parte della tavolata.
[Camera]
«Ah, quindi sei tu il
mio compagno di stanza.»
Sirius Black rise, al
sobbalzo nervoso del bambino incrociato in sala mensa.
Ripresosi dallo
spavento, questi confermò con un filo di voce.
«Sirius Black.»
«Remus Lupin.»
Sirius gli tese la
mano, sorridendo. Serrò forte la presa quando sentì quella del compagno nella
propria.
Rimase sorpreso nel
constatare che, a dispetto dell’apparenza malaticcia, avesse una stretta di
mano piuttosto decisa, nient’affatto debole come si aspettava.
Ed un odore buono che
solleticava piacevolmente le narici.
Forse, il fatto di
non essere stato messo in camera con James, non era poi tanto male, pensò.
[Febbre]
«Te l’avevo detto che
rotolarti nudo nella neve assieme a James non era una buona idea.»
Remus Lupin cambiò la
pezza bagnata sulla fronte bollente del compagno, nel tentativo di abbassargli
la temperatura.
In tutta risposta,
Sirius grugnì, tirando le coperte fino al naso e fissando l’amico con aria
irritata..
«Potevi unirti a noi,
dannato. Ti saresti divertito.»
Remus sorrise,
scostando i capelli neri dal viso di Sirius che, irritato, corrugò le
sopracciglia aspettando giustificazioni per non aver partecipato alla bravata
che, oltre ad una bella punizione, gli era costata anche una discreta
influenza.
«Invece hai preferito
disertare. Non te la perdonerò mai. Hai capito? Mai!»
Con un sospiro, il
ragazzo decise di ignorare le accuse, passando ad argomenti più concreti:
«Non pensi che
sarebbe meglio andare in infermeria?»
Sirius scosse il capo
a quella proposta. Sicuramente, sarebbe stato costretto ad ingurgitare un
intruglio disgustoso. E poi si stava così bene in camera, nel proprio letto, al
calduccio…
«Perché dovrei, visto
che ho te a farmi da infermiera?»
Sghignazzò,
meritandosi, per tutta risposta, la bacinella dell’acqua fredda in testa, solo
per trovarsi subito dopo un asciugamano in testa e le mani di Remus che gli
frizionavano il capo bagnato.
[Segreto]
Quando lo aveva
conosciuto, Sirius aveva pensato che Remus fosse semplicemente cagionevole di
salute.
Dopo due anni che
spariva almeno una volta al mese, però, aveva cominciato a sospettare che la
sua malattia fosse qualcosa di diverso da una semplice indisposizione.
Aveva finito così con
l’assillarlo. Dapprima con battute sul genere: «Hai le tue cose?», poi
scivolando sul patetico e il lamentoso («Non ti confidi con noi, che siamo i
tuoi migliori amici! Come puoi farci questo?»).
Alla fine, aveva
optato per il pedinamento, ma vista la sorveglianza di Silente durante le fughe
mensili dell’amico, aveva dovuto rinunciare e procedere con una ben più sensata
ricerca dei sintomi della malattia misteriosa.
Ci aveva impiegato
meno del previsto a capire la verità. Un po’ di più, a digerire la delusione
della mancata confidenza di Remus che, messo alle strette di fronte
all’evidenza, era stato costretto a confessare.
Eppure, nonostante la
rabbia e il rancore, fu il primo ad operare la trasformazione che rese
l’inferno personale del licantropo un piccolo frammento di paradiso.
E, forse, la scelta
di trasformarsi in cane non era neanche tanto casuale come voleva, ostinatamente,
far credere.
In fondo, tra cane e
lupo la differenza è minima, no?
[Soprannome]
«Sirius, sto cercando
di concentrarmi.»
La protesta di Remus
non toccò minimamente il giovane Black che, per tutta risposta, pestò con più
veemenza i piedi sul pavimento.
Un ghigno si dipinse
sul bel volto di Sirius, soddisfatto di aver distolto l’attenzione di Lupin dal
tema di trasfigurazione per il giorno seguente.
«Cammini come un
troll.»
Protestò questi,
accartocciando il compito e lanciandoglielo addosso.
«Sbaglio o hai la
luna di traverso?»
«Sbaglio o non fai “felpato”
come secondo nome?»
«No. – Sirius soppesò
l’idea per qualche secondo – Però potrei.»
In fondo, Padfoot
aveva un suono così carino quando era lui a pronunciarlo.
[Vischio]
«Non penso sia una
buona idea!»
«Avanti, signor
Prefetto! Dobbiamo pur aiutare Ramoso a baciare la sua bella, no?»
«Non mi pare un’idea
geniale stregare il vischio con un incantesimo attraente.»
«Che vuoi che sia –
Sirius tirò fuori la propria bacchetta, cominciando ad agitarla per far
levitare il rametto ricco di bacche bianche al centro della sala comune di
Grifondoro. – In fondo, si sposta solo su persone che già si piacciono.»
«Finiremo nei guai.»
«Nah, al massimo
scopriremo che Codaliscia ha una cotta per Ramoso.»
Sirius indietreggiò
di qualche passo, osservando ammirato il proprio lavoro.
«Adesso non ci resta
che attendere.»
«Mh.»
«Che c’è?»
Si voltò verso Moony,
osservando con attenzione le sopracciglia corrugate e l’aria pensierosa e
preoccupata.
«Niente, pensavo.»
Sirius sgranò gli
occhi, in una perfetta mimica di un volto incredulo.
«Ne sei in grado?»
«Fottiti, Padfoot. –
Remus sorrise, per poi tornare ad accigliarsi - Sai che se la Evans scopre che…»
«Ehi, Moony. Invece
di parlare guarda dove sei.»
Il ragazzo alzò lo
sguardo, fissando il vischio che si era spostato sopra le loro teste.
«Non oserai…»
Sirius ghignò, prima
di avvicinarsi alle labbra dell’amico e coprirle con le proprie.
«Buon natale, Moony.»
«Tsk. Buon natale,
Padfoot.»
[Gelosia]
Dal giorno di Natale,
dopo l’ “incidente” col vischio, Sirius era diventato ancora più malizioso.
In particolare, aveva
sviluppato un vero e proprio gusto sadico nell’imbarazzare Remus, stordendolo
con improvvise e inappropriate dichiarazioni in mezzo ai corridoi.
Il problema era che,
contrariamente a quanto pensava Moony, che incassava tutte le frecciate in un ostinato
ed imbarazzato silenzio, non stava propriamente scherzando.
Non se ne capacitò,
almeno finché James non gli fece notare che scagliare una fattura su una
ragazzina del primo anno solo perché Remus le aveva prestato una piuma, era una
reazione leggermente esagerata da parte di un amico.
[Sexy shop]
«Spiegami ancora
una volta come hai fatto a convincermi a seguirti, perché ancora non me ne
capacito, Padfoot.»
Sirius sorrise.
Semplicemente.
Di sicuro, non era
sua intenzione svelare al casto, pudico e innocente Lupin quale fosse la loro
meta.
«Semplice: non sai
resistere al mio immenso fascino. Mi sembra ovvio, caro Moony.»
«È stato solo
un bacio, Black! – Felpato sorrise all’improvviso arrossarsi delle gote
dell’amico. – Solo un bacio. Niente di più!»
«Certo, Remus.
Certo.»
Sghignazzò, schivando
prontamente un pugno del compagno e guardandosi attorno.
Afferrò il polso del
compagno, indicando entusiasta una porta in metallo con maniglione antipanico.
Entrarono, ignorando
le proteste di Lunastorta.
Naturalmente, il
godimento di Sirius fu enorme, nel vedere il volto del compagno imporporarsi di
imbarazzo e vergogna, nel trovarsi all’interno di un Sexy Shop babbano.
L’entusiasmo di
Black, però, durò solo fino al momento di mostrare i documenti, quando
l’attento e pignolo Lupin, ammise di essersi dimenticato la carta d’identità
falsificata nella propria uniforme scolastica.
«Scusa…»
Mormorò Lupin, lungo
la strada del ritorno.
Sirius gli tenne il
broncio per un po’, prima di affermare, con tono deciso:
«Dovrai farti
perdonare.»
«E come?»
Un lampo malizioso
attraversò le iridi scure di felpato.
«Io un’idea ce
l’avrei…»
[Intimità]
Era uno sporco,
lurido approfittatore e il peggio era che se ne vantava.
Però, in fondo, non
lo aveva ingannato: era Lupin che era troppo ingenuo e non aveva preso sul
serio le sue proposte oscene.
Se per farsi
perdonare dell’incidente del sexy shop (Sirius era stato così abile da tenere
il muso per ore, al fine di farlo sentire in colpa), aveva pronunciato la
fatidica frase: «Te lo do.», non era mica colpa sua.
Probabilmente,
l’intento di Remus era stato quello di scherzare sopra alla vicenda. Almeno a
giudicare da come era sbiancato quando Sirius, una volta tornati ad Hogwarts,
gli era saltato addosso appena si era coricato.
Eppure, non gli era
sembrato che il suo assalto lo scandalizzasse più di tanto. Tutt’altro, lo
aveva lasciato di buon grado prendersi quello che voleva.
Molto, di buon grado.
Ed era stata magica,
quella notte iniziata un po’ per gioco e un po’ per sfida. Magico era stato
toccarsi; scoprire il corpo del compagno; assaporarne i baci; udirne i gemiti
strozzati; infrangere quel mondo intimo che rimane celato ai più.
E magico era stato
svegliarsi la mattina dopo, con i loro corpi nudi ancora avvinghiati e il
sapore dell’altro sulle labbra.
[Insieme]
Il termine del
settimo anno ad Hogwarts arrivò fin troppo rapidamente.
La guerra incombeva
fuori dalle mura della scuola; il clima di terrore si diffondeva come un miasma
velenoso all’interno del mondo magico.
Eppure, all’interno
di quella camera, erano riusciti sempre a ritagliarsi un piccolo angolo di
paradiso.
Minuscolo, fragile e
interamente loro.
Adesso, indugiavano
entrambi sulla porta della stanza; bagagli e diploma in mano, pronti ad
affrontare il mondo esterno.
«Che farai, ora?»
Domandò, scrutando il
profilo malinconico dell’amante; i lineamenti stanchi e sempre un po’
malaticci.
«Non lo so. Tu?»
Ci pensò sopra, non
sapendo bene cosa rispondere a quella domanda.
«Combatterò.»
Decretò, infine.
«Probabilmente anche
io.»
«Allora… ci vediamo
all’Ordine?»
Imbarazzo. Muro.
Silenzio.
«D’accordo.»
Pareti. Paura.
Distacco.
«Remus…»
«…sì?»
Forse, l’ultima
possibilità di parlare, prima che il mondo esterno inghiotta entrambi col ritmo
frenetico della vita.
«Penso di essermi
innamorato di te.»
«Pensi?»
«No. – scosse il
capo, deciso. – Ne sono convinto.»
«Bene. Perché ne sono
convinto anche io.»
Stranamente, l’addio
ad Hogwarts, fu molto meno spiacevole del previsto, almeno finché le loro mani
rimasero intrecciate, prima di uscire dalla stanza e perdersi con Codaliscia,
Ramoso e la Evans nelle risate gioiose che accompagnano la fine della scuola.
Non serve a niente
aggrapparsi strenuamente ai ricordi.
Assolutamente a
niente.
Il freddo gelo dei
guardiani della prigione li succhia via, assieme ad ogni singolo brandello di
felicità.
Inutile evocare i
momenti felici. Inutile. Tragicamente e disperatamente inutile.
I brandelli della
memoria gli vengono strappati via uno ad uno. Ogni cosa bella accaduta in
passato viene tranciata; squartata; violentata e trasmutata in dolore,
rimpianto e rabbia.
Così ti aggrappi
all’ultimo, disperato pensiero fisso che ti è rimasto in testa, sperando che
sia quello giusto per non impazzire.
Vendetta.
[«Se esco,
riuscirò a rivederlo?»]
Vendetta.
[Forse.]
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