Lui non era
uno di loro e per la verità, non lo sarebbe mai stato.
Il fatto che
non lo considerassero una bestia, una cosa, era dovuto solo allo
scheletro del
drago adagiato ai piedi della torre di avvistamento ovest, fuori dalle
mura
della città.
I cittadini
di Whiterun erano davvero pronti a credere che lui fosse il Dovahkiin,
il Sangue di Drago delle
antiche leggende del Nord? Che lui appartenesse davvero alla
discendenza di
Sant'Alessia, la fondatrice della stirpe imperiale degli Uomini, e di
Talos, il
nono divino? Certamente no. Nemmeno lui aveva rivendicato un simile
diritto, e
come avrebbe potuto in fondo?
Eppure, i
Draghi erano tornati, dopo essere scomparsi per ere: questo, non poteva
essere
negato. Eppure, lo scheletro di uno di loro giaceva ai piedi della
torre ovest
di avvistamento, ora semidistrutta: uno scheletro e una prova, che
tutti
potevano vedere e toccare con mano. In verità, una prova che tutti
avevano già
visto: una prova che non lasciava spazio a dubbi, una prova corroborata
dai
racconti di alcune guardie cittadine, un pugno di coraggiosi che
assieme a lui erano
accorsi sotto il comando di Irileth, huscarlo dello Jarl, quando la
notizia di
un drago era arrivata in città.
Nemmeno
Irileth era una di loro, ma la dunmer, l'elfa scura, serviva il loro
signore da
troppo tempo perché ci fossero dei dubbi sulla sua sincerità: se
Irileth, e le
guardie, raccontavano che lui avesse ucciso il drago con frecce, spada
e magia,
affondando alla fine la sua lama rotta nell'occhio del drago, i
cittadini di
Whiterun erano disposti a crederci. Ad accettare quindi, ciò che anche
il loro Jarl,
Balgruuf il Grande, sembrava disposto a credere: che lui, un Argoniano,
uno
degli uomini rettile di Argonia, potesse davvero essere il Sangue di
Drago.
E se tutto
questo non fosse bastato a convincerli, c'era stata la convocazione dei
Barbagrigia dalla cima della loro montagna: tutta Skyrim aveva udito i
monaci
chiamare a loro il Dovahkiin, con una parola che aveva scosso cielo e
terra.
Per questi
eventi, e per lo scheletro di drago ai piedi della torre ovest, i
cittadini di
Whiterun avevano accettato la sua nomina a nuovo Thane: lui era una
delle
figure importanti del feudo ora... ma non sarebbe mai stato uno di loro.
Non ce n'era
uno fra i cittadini di Whiterun però, che non compatisse la guardia
cittadina
che lo Jarl aveva nominato huscarlo del nuovo Thane, specialmente in
quel
momento.
Lydia non
aveva fatto parte dei coraggiosi che erano accorse a difendere la torre
di
avvistamento: l'attacco del drago, e il coinvolgimento del suo Thane,
era
accaduto quel giorno, ma troppo presto perché fosse già mattina.
La giovane
donna del Nord si interrogava in effetti se fosse stato o meno un male,
non
partecipare alla difesa della città contro il primo drago che Skyrim
vedesse da
ere, ma solo nel silenzio della sua mente: Lydia si era già dimostrata
una
sciocca agli occhi del suo nuovo Thane, e inoltre, non sapeva ancora
cosa
pensare di lui. Con le dita che continuavano sempre più a sporcarsi
mentre
eseguiva la richiesta dell'Argoniano, Lydia ricordò il loro primo
incontro, che
era avvenuto alle prime luci dell'alba di quel giorno.
***
Era stata
fatta chiamare da Proventus Avenicci in persona, consigliere personale
dello Jarl
e amministratore del feudo: uno dei pochi Imperiali di cui Lydia
tollerasse gli
ordini. Proventus era anziano, calvo e brusco nell'esporre il suo
pensiero, un'abitudine
maturata nei suoi anni di servizio, ma il suo passo aveva conservato
l'elasticità della giovinezza: quando le aveva ordinato di seguirlo,
lei non
aveva chiesto perché, ma aveva ubbidito, scortandolo fino al trono
dello Jarl.
Con il loro
arrivo, la corte era stata presente al completo: Balgruuf sul suo
trono, e a
fianco a lui il sanguigno Hrongar, suo fratello, bardato nella sua
corazza e con
la spada alla cintura, in verità il suo stato naturale. Irileth, dalla
pelle
color della cenere e gli occhi e i capelli rossi come il sangue, che
osservava
e comprendeva quasi tutto, senza mai proferire che poche parole con una
voce la
cui gravità stupiva ancora e sempre Lydia. Era presente anche Farengar
Fuoco
Segreto, il mago di corte, uno dei pochissimi Nord che sapessero usare
la
magia. I suoi non erano semplici trucchi: per quanto solitamente mite e
dalla
voce calma, tratti della sua persona che gli avevano valso il suo
appellativo, Farengar
padroneggiava i tre elementi fondamentali della magia di distruzione,
ed era
sempre pronto a offrire dimostrazioni pratiche a coloro che facevano
l'errore
di sottovalutarlo. Più di questo, Farengar era una persona assai
istruita, e
molto intelligente: il suo sguardo penetrante si era fermato su di lei,
quando
Lydia ed Avenicci erano arrivati.
La Nord
temeva che il mago non avesse perso nemmeno una delle sue smorfie, e
avesse
compreso perfettamente il motivo della sua figuraccia.
Perché
mentre si inchinava di fronte allo Jarl, Lydia non aveva potuto fare a
meno di
notare il forestiero che in quel momento stava ascoltando Balgruuf,
appoggiando
il piede destro sul primo dei tre scalini che conducevano al trono: un
gesto
che le aveva fatto capire, poiché gli veniva permesso, che questo
forestiero
era una persona importante. Lydia aveva dedotto che dovesse trattarsi
di un
emissario, di certo un guerriero valoroso, perché dal suo fianco
pendeva il
fodero seghettato di una grande spada, e ancora portava sulla testa un
elmo a testa
di lupo con possenti corna. La corazza del forestiero era nera, di una
pelle
che Lydia non poteva dire di aver mai visto, nonostante Whiterun fosse
città di
commerci e di traffici: lo straniero doveva venire da molto lontano.
Quando però Balgruuf
le aveva ordinato di alzare la testa dal suo inchino, Lydia aveva
compreso che
il forestiero veniva da molto più lontano di quanto avesse mai potuto
pensare,
e che, allo stesso tempo, non aveva compreso nulla: non era una spada
quella,
ma una coda! E non era affatto un elmo quello, ma la sua vera testa,
corna
comprese! Non una corazza di pelle la sua, ma scaglie nere, così scure
che
nessuna luce avrebbe potuto rischiararle!
Non era un
uomo: il forestiero era un Argoniano, il primo che Lydia incontrasse di
persona.
Si sapeva
molto poco di loro: non erano necessariamente reclusivi, ma raramente
gli
Argoniani abbandonavano la loro terra natia, tanto che in tutta Skyrim
il loro
numero non doveva superare di certo la ventina di individui. In
definitiva, gli
Argoniani erano considerati fondamentalmente imperscrutabili, da
Uomini, Elfi e
persino dagli stessi Khajiit, gli uomini-gatto di Elsweyr.
Lydia non
seppe quale fosse stata la sua reazione, ma se era stato offeso, non un
muscolo
si mosse sul volto del forestiero, che continuò ad osservarla con i
suoi
azzurri occhi da rettile, senza sclera: di fronte a quegli occhi da
serpente,
Lydia non aveva potuto fare a meno di inghiottire.
Era stato
Balgruuf in persona a spiegarle chi fosse il forestiero, e perché
l'avesse
nominato Thane, nonostante non fosse un uomo. Ed era stato sempre
Balgruuf a
spiegarle che da quel momento in poi, lei sarebbe stata l'huscarlo
personale
dell'Argoniano, il cui nome era Coda Spezzata. A quella rivelazione,
Lydia non
aveva potuto fare a meno di spiarne la coda, scoprendo però che non
sembrava affatto
spezzata: il gesto era stato commentato dal suo nuovo Thane con una
lieve
esalazione delle narici, così fioco che forse solo Lydia e lo Jarl
l'avevano
sentita.
Il resto
dell'udienza era stata irrilevante a confronto, e Lydia si era trovata
a
seguire l'Argoniano nel primissimo sole del mattino, che non riusciva
nemmeno a
riflettersi sulle nere scaglie del suo nuovo Thane: sotto l'impietosa
luce del
sole però, nuovi dettagli si erano rivelati agli occhi stupiti della
Nord. Non
solo l'Argoniano non era un uomo, ma non avrebbe mai potuto passare
per un uomo: non c'era parte di
lui che avrebbe potuto.
Anche se gli
dava le spalle, e la precedeva, Lydia non poté fare a meno di notare
quanto...
enorme fosse l'Argoniano: era alto, assai più alto di lei, e Lydia non
era
certo piccola, nemmeno tra i Nord. L'uomo rettile doveva superare i sei
piedi,
seppur non di molto, ed era fisicamente possente: misurandolo, Lydia si
convinse che le braccia dell'Argoniano dovessero equivalere alle sue
cosce. Era
davvero dotato di corna, e per quanto faticasse a capacitarsene, Lydia
ne contò
un paio che si staccava dalle tempie, possente e ricurvo, per puntare
poi in
avanti, come quelle di un toro; ed un altro più corto e sottile, che
puntava
semplicemente verso l'alto, adornato da un singolo anello di ferro. Sul
petto,
portava semplicemente un giustacuore dall'aria vissuta di pelle
rinforzata con
lamine di metallo, che gli lasciava braccia, petto e ventre nudo,
mentre di
sbieco sulla schiena c'era il fodero vuoto di una spada.
Nonostante
questo, l'uomo rettile riusciva a sembrare sinuoso, piuttosto che
tarchiato:
forse era un effetto della coda, che lo faceva sembrare più slanciato
di quanto
già non fosse. La sua, era una lunga coda muscolosa che si ripiegava
all'indietro per non toccare terra, ornata di scaglie in due file
aguzze come i
denti di una sega. L'uomo rettile indossava anche pantaloni di pelle,
dello
stesso taglio della sua casacca, con una bisaccia gonfia appesa alla
cintura e
l'ascia che gli era stata consegnata dallo Jarl, simbolo della sua
carica.
Lydia notò che era anche a piedi nudi e quei piedi di certo non erano
d'uomo o
di Khajiit: nonostante le sue mani infatti portassero ciascuna quattro
dita ed
il pollice, perfettamente proporzionati, per quanto ricoperte di
scaglie, i
suoi erano piedi da rapace, che poggiava solo per le punte e le cui
dita finivano
in artigli affilati e ricurvi, mentre un quarto dito vestigiale partiva
da
quella che era la sua caviglia.
Lydia si
rese conto che doveva essere rimasta a fissarlo molto a lungo, e
l'Argoniano l'aveva
permesso, rimanendo immobile come una statua, a scaldarsi le scaglie
nella
prima luce del giorno: la sua coda si mosse lievemente, anticipando il
suo
prossimo movimento. Lydia non credette nemmeno per un momento di essere
riuscita a ricomporre il suo viso, e la giovane donna del Nord si perse
nuovamente nel volto del suo Thane.
Aveva tozzi
spuntoni d'osso anche sulla mandibola, che diventavano sempre più
minuti fino a
ricongiungersi in un'unica coppia sotto il mento. Un volto e occhi da
lucertola
la stavano guardando, e Lydia notò anche la corta fila di piccole corna
a
seguire la linea delle sue sopracciglia. Unica nota di colore in quel
mare di squame
nere, a parte il suo sguardo, erano pochissime scaglie color del sole
nell'incavo dei suoi occhi, che come aveva già notato erano di un
azzurro che, nella
loro tonalità, non le era estraneo. Ghiaccio: i suoi occhi erano
azzurri come
il ghiaccio, o il mare dopo una tempesta.
L'Argoniano
era ai suoi occhi di donna del Nord troppo alieno perché riuscisse a
comprenderlo: era qualcosa di cui non si capacitava. Ecco perché non
era
riuscita a ricordarsi di abbassare lo sguardo di fronte a quello
dell'uomo
rettile, che era rimasto a sua volta a fissarla.
"Verresti?"
Fu la prima
parola che gli sentì pronunciare da quando lo aveva incontrato: una
domanda che
le fu posta con una voce quieta.
Lydia non
ebbe riferimenti a cui paragonare quella voce, almeno per quanto
riguardava il
suono di voci di uomini: le ricordò vagamente il suono della mola sulle
lame, o
della sabbia sulle rocce. Era metallica e roca, ma non sgradevole in
sé: un
fatto questo, che se possibile la stupì ancora di più.
"...Sì?"
rispose alla fine.
All'Argoniano
sembrò bastare: si girò nuovamente, iniziando a condurla a passo svelto
attraverso
la città, seguendo vie che Lydia conosceva così bene.
Lo seguì, giù,
lungo la scalinata di pietra che conduceva a Dragonsreach, la residenza
dello Jarl,
attraverso il distretto delle nuvole e in quello del vento, il cuore
pulsante e
ricco della città, che ospitava le dimore più antiche e i templi ai
nove dei,
compresa la titanica statua di Talos, nonostante il Concordato Oro
Bianco fosse
da tempo in vigore. Non scesero al distretto delle pianure attraverso
il
mercato, che nonostante fosse poco più che l'alba era già pieno di
vita, ma
l'Argoniano la condusse davanti alle sale dei morti, scendendo poi con
sicurezza la rampa di scalini a fianco della bottega del Cacciatore
Ubriaco,
trovandosi poi in faccia la Vergine Guerriera, gestita dalla figlia di
Proventus Avenicci e da suo marito.
Lydia conosceva
quei luoghi: Whiterun era la sua città, il luogo che l'aveva vista
crescere,
che l'aveva accolta e che aveva scelto di difendere come guardia
cittadina.
Eppure, seguendo l'Argoniano le sembrò di vederli per la prima volta di
nuovo:
per caso o per scelta, la strada che l'uomo rettile aveva preferito
imboccare
era anche quella che aveva permesso loro di evitare la maggior parte
dei
cittadini di Whiterun, ma ora che erano di fronte alle porte della
città, era
impossibile continuare a passare inosservati. Lydia vide Ulfberth Orso
Guerriero osservare l'Argoniano ed impallidire sotto la sua barba nera.
Indifferente
a quello sguardo, e ad altri simili che gli erano stati rivolti, l'uomo
rettile
la condusse attraverso le porte della città, lasciandosi Whiterun alle
spalle.
Per una
attimo, Lydia credette che volesse condurla ad Honningbrew, locanda e
fattoria
produttrice di uno dei due migliori idromele su questo versante delle
montagne
Jerall: non importava che fosse poco dopo l'alba, la donna del Nord
avrebbe
volentieri bevuto un goccetto. Era stata una giornata già abbastanza
impegnativa...
Invece,
superate le stalle di Whiterun, l'uomo rettile l'impegnò in una lunga
passeggiata in direzione opposta: poiché raramente Lydia alzò i suoi
occhi da
terra, si accorse che l'uomo rettile camminava quasi senza fare rumore.
In
effetti, era il clangore della sua armatura a punteggiare la loro
passeggiata,
un'armatura che ora era d'acciaio a piastre, la sua armatura personale,
piuttosto
che quella a scaglie che era stata invece l'uniforme delle guardie di
Whiterun,
bordata di panno giallo e con l'emblema della testa di cavallo...
Prima che
Lydia potesse iniziare a chiedersi fino a quando avrebbero marciato, la
loro
passeggiata finì: alzando gli occhi, Lydia si accorse di essere ai
piedi della
torre di avvistamento ovest della città.
Negli anni a
venire, e ogni volta che avesse dovuto raccontare quella storia, Lydia
avrebbe sempre
cominciato da lì: dalle bianche ossa dello scheletro del drago, che
giacevano
ai piedi del rudere che era ora la torre. Tra le ossa, imprecando e
maledicendo
la sorte, si affaccendavano alcuni volti noti a Lydia, volti di altre
guardie
della città, a cercare di separare quello scheletro titanico. Le ossa
del drago
possedevano ancora legamenti e cartilagini: solo muscoli, tendini,
carne e
scaglie mancavano. In verità, lo scheletro sembrava vecchio di anni,
solo ossa
sbiancate, ma Lydia sapeva che non potevano avere che ore.
Eppure,
nonostante fossero solo ossa, Lydia ne fu colpita: niente l'aveva mai
preparata
alla grandezza e maestosità di quello scheletro, nemmeno il teschio di
drago che
riposava sopra il trono del suo Jarl. La giovane donna del Nord pensò
alle
balene, che non aveva mai visto, ma che facevano parte della sua
mitologia,
perché si diceva che la Sala del Valore, il dominio di Shor a
Sovngarde, il
luogo in cui i Nord valorosi riposavano dopo la morte, fosse
raggiungibile solo
percorrendo un ponte fatto proprio con le ossa di balena... ma anche i
canti
della sua stessa mitologia non avevano preparato Lydia a quello che
l'aspettava
ai piedi della torre di guardia.
Lo scheletro
del drago... definirlo enorme sarebbe stato come dire del sole che
scaldava: solo
i denti, dovevano essere lunghi come metà della sua spada.
"È
stato ucciso da me." confermò Coda Spezzata con la sua strana voce.
"...Come?"
chiese Lydia.
La torre
ovest aveva fatto parte di una fortificazione che risaliva a tempi
molto
antichi, di poco successivi alla fondazione della città: era stata
costruita
per formare una prima linea di difesa contro i giganti, che pascolavano
i loro
mammut sia a nord che a sud, nei loro insediamenti del Bacio di Secunda
e alla
pozza di Bleakwind. Era stato prima di scoprire che vivi e lascia
vivere era
l'unica fortificazione necessaria contri i giganti: sporadicamente,
qualcuno di
loro si avventurava ancora fino alle porte della città, ma era un
evento più
unico che raro, che non risultava quasi mai in vittime. I giganti erano
creature stolide, e i Compagni di Jorrvaskr e le guardie cittadine
erano
l'unica difesa necessaria.
Per questo
motivo era stato permesso alla fortificazione di cadere in rovina,
preservando
l'antica torre come unica struttura di guardia.
L'Argoniano
indicò la cima della torre, che rispetto ai ricordi di Lydia, ora
mancava,
assieme ad una porzione della parete: la donna del Nord vide la
scalinata
interna attraverso breccia del muro, annerita dal fuoco.
"Frecce
e magia." Poi spostò il dito dove si trovava ora il drago: "È stato
attirato
a terra da Irileth e i suoi uomini." spiegò semplicemente l'uomo
rettile:
"Io... ho saltato. Giù, sul contrafforte della torre e poi lì, sulla
cima
della colonna che ora è caduta."
L'Argoniano
doveva essere saltato per venti piedi, e aver balzato molto più
lontano: Lydia
provò ad immaginare quel momento, quando il drago era stato ancora
vivo, prima
dell'alba, ancora nel buio della notte, e provò anche ad immaginarsi il
momento
in cui il drago aveva incendiato la torre. Scoprì di riuscirci
piuttosto bene.
"Da lì,
sul drago. Però, la mia spada è stata rotta dalle scaglie del suo
collo. Una
spada di buon acciaio... e a quanto pare, la stessa resistenza è
offerta dalle
sue ossa e dai suoi legamenti, anche da morto." disse l'Argoniano,
indicando le guardie, che fino a quel momento avevano provato invano a
separare
le ossa le una dalle altre, per poterle riportare in città con loro.
Sarebbe
servita Adrianne Avenicci, e un daga d'ebano, per tagliare i legamenti
delle
ossa del drago, ma sarebbe arrivata solo successivamente.
"Il suo
occhio... ha ricevuto la lama che aveva spezzato. Fino al gomito."
disse
ancora l'Argoniano come se fosse naturale: "...Non ero stato preparato
al
resto."
Nel
frattempo, il gruppo delle guardie lo aveva visto in compagnia di
Lydia, e
avevano interrotto il loro lavoro:
"Sangue
di Drago." lo salutarono alcuni, a cui l'Argoniano rispose con un cenno.
Lydia
conosceva le leggende: i draghi erano immortali. Le loro scaglie più
dure
dell'acciaio, le loro ossa più della pietra, per quanto impossibilmente
leggere. Solo la magia poteva davvero scalfirli, ma non ucciderli:
perché anche
quando sconfitti, la loro morte era, secondo le leggende almeno, solo
temporanea. Ecco perché si diceva dei draghi che erano scomparsi,
invece che
estinti e ora, a quanto pareva, erano tornati.
Solo un
Sangue di Drago, un Dovahkiin, era
davvero in grado di uccidere i draghi, di rescindere l'unione della
loro carne
e del loro spirito: poiché un Sangue di Drago ne divorava l'anima.
Quando
questo avveniva, solo scaglie e ossa restavano: come in quel caso. Ma
un Sangue
di Drago non divorava solo le loro anime, si impossessava anche del
loro
potere: il loro Thu'um, la loro Voce, capace di riforgiare la realtà
stessa.
Perché il Thu'um era potere assoluto, qualcosa di più antico e assai
più
terribile della magia: una volontà che non poteva essere negata da
nulla,
nemmeno dal mondo stesso.
L'ultimo
Sangue di Drago noto a Tamriel era stato Tiber Septim, che era asceso
come nono
divino, affiancando gli antichi dei del pantheon degli uomini, più di
due ere
or sono...
"Tutto
questo... può essere accettato da te, Lydia?" le chiese.
"...Sì."
disse semplicemente.
L'evidenza
era innegabile, ma Lydia era sopraffatta da ciò che aveva di fronte
agli occhi
in quel momento, per comprenderne appieno le implicazioni. La sua
risposta però
sembrò bastare a Coda Spezzata, che si voltò, dirigendosi di nuovo
verso
Whiterun. Di nuovo, Lydia lo seguì: lungo la strada, avrebbero
incrociato
diversi cittadini che andavano in direzione opposta alla loro,
desiderosi di
constatare coi loro occhi ciò che la Nord aveva appena visto.
La sua
giornata era cominciata in quel modo così strano e terribile, e Lydia
capì non
sarebbe finita presto.
Rientrando
in città, Lydia scoprì che il suo Thane non aveva perso tempo: una
delle
guardie che incontrarono, e Lydia constatò che da quel momento in poi
lei non
faceva più parte di quella categoria, li stava già aspettando. Per un
assurdo
istante, Lydia si chiese se non volessero arrestarlo, ma, invece, la
guardia
porse titubante all'Argoniano una chiave ed una pergamena, che portava
la firma
svolazzante di Proventus, sulla quale l'uomo rettile passò lo sguardo
annuendo
lievemente. Fu così che Lydia seppe che non solo l'Argoniano sapeva
leggere la
scrittura degli uomini, ma di certo leggeva più velocemente di lei:
perché
quando le passò il documento, la donna del Nord lottò duramente con la
sintassi
per comprendere ciò che c'era scritto.
Fu così che
Lydia scoprì che il suo Thane aveva pagato una somma di 5000 septim
d'oro per
acquistare una casa a Whiterun e quando alzò gli occhi dal documento,
scoprì
anche quale. Breezehome: l'edificio costruito a fianco della fucina di
Adrianne
Avenicci. Il fatto che fosse proprio a fianco della fucina del fabbro
spiegava
anche perché fosse rimasta sfitta così a lungo: il suono del martello e
dell'incudine, e l'odore di fuliggine e metallo rovente, avrebbero
accompagnato
ogni giornata passata a Breezehome, ma in quel momento era una
preoccupazione
così secondaria per Lydia, da non esistere minimamente.
"Che
usanza astuta." commentò l'uomo rettile, osservando la casa.
La loro
casa, ora.
"...Che
cosa, mio Thane?"
"Essere
nominati Thane. Richiede che una dimora sia acquistata nelle mura della
città e
così, septim d'oro sono convogliati nelle casse del feudo." La frase
più
lunga che Lydia gli avesse sentito dire fino a quel momento, e la più
offensiva, che l'Argoniano pronunciò staccando il più possibile le
parole:
pronunciava ogni sillaba senza accenti, e a parte il tono della sua
voce, e la
strana costruzione convoluta delle sue frasi, era perfettamente
comprensibile.
Il
temperamento del Nord di Lydia prese fuoco immediatamente:
"Lo
Jarl ti ha riconosciuto come una persona di grande importanza nel
feudo. Un
eroe. Il titolo di Thane è un onore, un dono per il tuo servizio. Le
guardie
abbasseranno lo sguardo, se dirai loro chi sei ora. Di fronte a tutto
questo,
l'obbligo ad acquistare una dimora è poca cosa...!"
Lydia seguì
il suo stesso consiglio, abbassando lo sguardo quando si accorse di
avere gli
occhi azzurri da rettile dell'Argoniano su di lei.
"No."
disse infine il suo Thane: "Una dimora non è mai poca cosa." mormorò,
aggiungendo poi a voce più alta: "...Ci sono scuse che vanno fatte
Lydia:
troppo tempo è stato passato da me tra gli Imperiali."
Poi l'uomo
rettile infilò la chiave nella toppa, ed insieme entrarono a Breezehome.
L'interno,
prevedibilmente, portava i segni di un lungo abbandono: era piccolo,
buio e
sporco. Decisamente non la dimora di un Thane, e di certo non quella di
un
Sangue di Drago. Lydia non disse nulla, le bastò il suo volto per
esprimere il
suo pensiero, mentre l'uomo rettile al suo fianco rimase impassibile in
ogni
sua scaglia.
"Lydia..."
"Mio Thane?"
rispose titubante.
"...Coda
Spezzata risulta più che sufficiente alle mie orecchie."
Ed
esattamente dove fossero, era un mistero che a Lydia sarebbe piaciuto
risolvere: non c'erano orecchie, ne altri buchi nella sua testa che
avrebbero
potuto passare come tali.
"...Sarebbe
irrispettoso, mio Thane."
"E mio
Thane è pervaso invece di note servili. Ci sono poche cose che siano
disprezzate da me quanto la servitù, e la schiavitù. In qualunque
forma."
ribatté pacato l'Argoniano, senza lasciare che alcuna emozione
trasparisse
nella sua voce.
"Io non
sono una schiava! Il titolo di huscarlo è un voto che..." ma
l'Argoniano
la interruppe con un altro dei suoi penetranti sguardi: sembrava
centellinare
ogni suo gesto per ottenere il massimo risultato col minimo sforzo.
Di nuovo,
parlò a lei con quella sua voce roca e calma, separando bene le sillabe:
"Allora
il tuo voto è sciolto, Lydia. Impegnarsi a far sì che i desideri di
qualcun
altro siano esauditi, anche volontariamente, è una vita che non è
vissuta. Di
nessuno, questo dovrebbe essere il destino."
"...Ho
dato la mia parola come guardia del feudo. Di proteggere e servire
Whiterun. E
di condividerne il destino. Il mio giuramento ed il mio Jarl mi
chiamano a
condividere il tuo destino oggi, mio Thane, a proteggere la tua persona
e la
tua proprietà, fino al giorno della mia morte, o della tua. I Nord
hanno una
sola parola: piuttosto che il disonore di rinunciare ai miei obblighi,
preferisco la morte."
"...Un'altro
modo di non vivere la propria vita. Letteralmente."
Lydia
scrollò le spalle, ribelle: un gesto che un Thane del Nord avrebbe
ricompensato
con uno schiaffo per la sua impudenza. A posteriori, mesi nel futuro,
Lydia
avrebbe compreso che in quel momento voleva solo avere una scusa per
provare
risentimento nei confronti dell'uomo rettile, la cui colpa era quella
di essere
un Argoniano a Skyrim. Per l'esattezza, un Sangue di Drago Argoniano:
la somma
di ogni sogno di valore Nord in un corpo di lucertola.
Solo le ossa
bianche alla torre di guardia le avevano impedito di tentare di
ribellarsi
prima.
"Esasperante..."
rispose invece l'uomo rettile, sempre impassibile: col tempo, Lydia
avrebbe
anche imparato che a causa del loro volto, era difficile per gli
Argoniani esprimere
le loro emozioni in modi che uomini o elfi potessero capire.
Il
nostro cuore viene fatto riposare sotto le nostre scaglie, Lydia, non
sulla
lingua, o nel braccio, le avrebbe spiegato un giorno Coda
Spezzata.
"...I
miei principi sono messi alla prova dalle tue convinzioni, Lydia. Le
rispetto,
ma non si può dire che siano comprensibili per me. Ma ti sarà permesso
di
essere il mio huscarlo solo se questa risulta davvero essere la tua
convinzione. Non a causa di un giuramento, o perché questo è ciò che ci
si
aspetta da te."
"Io...!"
cominciò Lydia, ma l'uomo rettile la interruppe:
"Una
sola parola è data ai Nord... è già stato detto. Ma il mio invito è che
tu ci
rifletta, Lydia: perché non è possibile sopravvivere ad un drago con
dubbi nel
cuore. E questo..." spiegò Coda Spezzata, mettendosi una mano sul petto
scaglioso, non proprio nel punto dove Lydia avrebbe posto la sua: "...È
ciò che mi è stato insegnato da Mirmulnir: il drago le cui ossa sono
state
lasciate alla torre ovest di Whiterun. Non si rende necessaria una
risposta:
sarà evidente col prossimo drago. Sono stato compreso?" le chiese,
incrociando il suo sguardo.
Lydia
masticò diverse bestemmie tra la lingua e i denti, prima di raddrizzare
le
spalle e pronunciare tre parole:
"Sì mio
Thane." Almeno poteva continuare ad offenderlo in quel modo, ma il
sangue
dell'Argoniano doveva essere di altra natura rispetto al suo, perché
ancora una
volta il suo volto rimase immutato.
Coda
Spezzata sembrava impossibile da offendere:
"...È
necessario un calderone, Lydia. Molto grande e molto pulito: almeno 6
galloni."
spiegò, indicando i polverosi resti che erano rimasti a Breezehome dal
suo
precedente proprietario.
"Ti
aspetti che ti prepari la colazione mio Thane?"
"Solo
un calderone da 6 galloni. Vuoto e pulito per quando sarò di ritorno."
ripeté solamente: poi prese la porta senza aspettare la risposta di
Lydia,
chiudendola piano dietro di sé.
***
Il che li
riportava al momento presente: a quando cioè Coda Spezzata era tornato,
portando con sé una gerla di grano e una gerla di fiori blu di
montagna,
acquistati al mercato di Whiterun, assieme ad un secchio pieno
semplicemente
d'acqua. Lydia preferì non pensare alle reazioni dei suoi concittadini
di
fronte alle strane richieste dell'Argoniano, che aveva acquistato al
mercato i
pochi resti che erano sopravvissuti all'inverno.
Tuttavia,
con lei il suo Thane aveva solo cominciato: Lydia aveva trovato il
calderone
che l'uomo rettile cercava, fortunatamente privo di ruggine o sporco,
un
miracolo probabilmente dovuto al fatto che era stato una delle poche
cose ad
essere impilata per bene quando la casa era stata abbandonata, anni fa.
Con lei
ad aiutarlo, l'Argoniano si era messo subito all'opera: questo aveva
significato, date le miserevoli condizioni di Breezehome, che Coda
Spezzata si
era caricato in spalla una panca, l'aveva portata fuori, l'aveva
appoggiata
contro il muro della casa, e ci si era seduto sopra, invitando Lydia a
fare lo
stesso. Dopo averla costretta a sciacquarsi le mani nel secchio d'acqua
gelida,
e aver posto tra loro il calderone, l'Argoniano aveva cominciato a
separare i
boccioli azzurri dai loro steli, gettandoli nel pentolone.
Nel
frattempo, Lydia si sarebbe occupata del grano.
Era metà mattina
ormai, e le loro attività avevano attirato non poche occhiate curiose
dai
cittadini di Whiterun, che insistentemente continuavano a passare di
fronte a
loro, cercando di dare un senso a quello che vedevano. L'Argoniano
però,
rimaneva impassibile ai loro sguardi, concentrandosi sul lavoro: alla
fine,
Lydia aveva fatto lo stesso.
Decisamente,
Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro.
"...Mio
Thane?" gli chiese infine Lydia: ormai le sue dita si erano da tempo
sporcate con la crusca, ma non era che a metà della sua gerla e il
silenzio le
era diventato insopportabile.
Al suo
fianco invece, Coda Spezzata aveva quasi finito: le punte delle sue
dita ormai
erano macchiate di blu scuro.
"Sì,
Lydia?"
"Dov'è
l'anello? Quello che portavi sulle..." Lydia deglutì un attimo, prima
di
finire: "...corna?"
In effetti, l'anello
di ferro era scomparso.
"È
stato venduto... A Belethor." aggiunse Coda Spezzata dopo un momento.
Ora che ci
faceva attenzione, Lydia notò che tutti i denti dell'Argoniano erano
zanne
sottili, una chiostra di denti bianchissimi, che si mostravano appena
quando
parlava: muoveva molto poco la bocca.
"Belethor...
il Bretone? Quello che gestisce il banco dei pegni? Quello che se
l'avesse,
venderebbe la propria sorella per comprare due altri parenti e vendere
anche
loro?"
"...Sì."
"Oh...
non credevo che valesse tanto."
Ne che il
nuovo Thane del feudo fosse così povero da dover impegnare i suoi
monili dopo
aver comprato una dimora: in effetti, Lydia non sapeva nulla di lui, ne
della
sua gente.
Coda
Spezzata si limitò ad annuire alla sua osservazione.
"E con
quei septim... hai comprato... grano vecchio e fiori seccati?"
Di nuovo, un
cenno affermativo.
"Posso
chiedere mio Thane... perché?"
"...Perché
si possano guadagnare altri septim."
"Non
capisco."
L'Argoniano
esalò lievemente, prima di rispondere: che fosse un sospiro infastidito
o di
divertimento, Lydia non seppe dirlo.
"Che
cosa si dice sull'Alchimia a Skyrim?"
Lydia
dovette pensarci un attimo: Il Calderone di Arcadia, gestito dalla
sunnominata
Arcadia, farmacista della città, era una delle botteghe che si
affacciavano
sulla piazza del mercato, ma in tutti gli anni che viveva a Whiterun,
Lydia
poteva dire di esserci entrata non più di un paio di volte. Eppure,
altri suoi
concittadini avevano di certo un uso per i suoi intrugli, perché
l'anziana
donna imperiale viveva da anni coi septim dei suoi rimedi, curando
atassia,
tremori o altri mali. I preti del tempio di Kynareth potevano essere
addestrati
alla taumaturgia, ma anche senza la guerra civile che era scoppiata, i
feriti e
i malati non mancavano mai, e Arcadia soddisfaceva con discrezione
anche i
desideri dei suoi concittadini per filtri ed elisir più... esotici.
"Bene e
male... suppongo." rispose Lydia.
Di nuovo,
l'Argoniano annuì:
"Ricorda
questo Lydia: più di ogni altra cosa, con l'Alchimia è possibile
diventare
ricchi."
Un pensiero
sorprendentemente pratico e banale, per un'arte con così pochi
discepoli.
"...Se
è così, perché in così pochi la praticano?" Un'Alchimista degno di
questo
nome era effettivamente una rarità a Skyrim: nemmeno tutte le capitali
dei nove
feudi potevano dire di averne uno.
"Diverse
ragioni. L'Alchimia richiede anni di studio per essere appresa.
Tuttavia, rimane
sempre complessa: un filtro di guarigione può diventare un veleno se
anche un
solo ingrediente viene scambiato, o preparato in modo errato. Infine,
non è mai
ammesso di sbagliare ad un Alchimista, perché una volta distrutta la
fiducia
nei suoi rimedi, non sarà mai più recuperata."
"Quindi...
sei un Alchimista, mio Thane?"
"Sì. E
No: la mia vocazione è un'altra. Ma ricordo ancora ciò che ho appreso."
"In
Argonia?"
"...No.
In quella terra, l'Alchimia serve solo ai forestieri."
"Non
capisco mio Thane."
"E le
tue domande sono fonte di divertimento, Lydia: è passato del tempo
dall'ultima
volta in cui la curiosità di altri ha stemperato la loro sfiducia."
Di fronte a
questo, Lydia poté solo abbassare lo sguardo, arrossire e tacere.
"...Che
strana terra è questa." esalò alla fine l'Argoniano.
"Mio
Thane?" Lydia lo scoprì ad osservare le nuvole.
"Così
piena... di cielo. Sembra così impossibilmente... vasto."
"...Non
saprei mio Thane. Questo è il cielo che ho avuto sopra la testa fin da
quando
ho memoria, e non posso dire di averne mai conosciuto altro. È diverso
in altri
luoghi?"
L'Argoniano
annuì:
"Tu la
chiami Argonia, ma quello è il vecchio nome Imperiale. Argonia.
Argoniani." spiegò l'uomo rettile, guardandola con un solo occhio
azzurro:
"Palude Nera è un nome... più corretto. La dimora dei Saxhleel, coloro
che
l'uomo chiama Argoniani. Saxhleel." ripeté l'uomo rettile, aspirando la
h e lasciando sibilare le ultime tre
lettere: fu così che Lydia seppe che come i serpenti, il suo nuovo
Thane
possedeva una lingua bifida.
"...Nella
lingua dell'uomo, il popolo della radice. Perché nella Palude Nera, il
cielo si
vede solo attraverso le fronde: non un raggio di sole o di lune arriva
a terra,
senza che abbia toccato almeno una foglia. Per certi versi, l'opposto
di
Skyrim."
"...Non
riesco ad immaginare un luogo simile." ammise Lydia.
"Dovrebbe
essere visto per essere compreso appieno." concesse Coda Spezzata:
"...Ma
non c'è uomo o elfo o Khajiit che sopravviva alla Palude Nera."
"...Se
sono tutti come te, non fatico a crederlo, mio Thane."
"Il
pericolo più diffuso nella Palude Nera non sono i Saxhleel: nella loro
terra
natia, loro non occupano lo stesso posto dell'Uomo nella sua. I
Saxhleel sono
cacciatori, ma anche prede: per loro, sopravvivere significa
soprattutto non
essere mangiati, e la competizione è... aspra. Ci sono creature che
possono
lasciare solo ossa di una preda prima che si abbia finito di
pronunciare la
seconda sillaba del suo nome."
L'uomo
rettile fece una pausa a quel punto, guardandola di nuovo negli occhi:
"...Ma
per i forestieri, è anche peggio: nella Palude Nera, ogni creatura che
voli,
nuoti, strisci o corra, e quasi ogni pianta, è velenosa, portatrice di
malattie, o entrambe. I Saxhleel sono immuni a quasi ognuna di esse:
morbi e
veleni di altre terre non hanno quasi effetto... Ma il sangue di un
forestiero
potrebbe marcire per aver annusato un fiore della Palude Nera con cui i
Saxhleel adornano le proprie case."
"...In
questo caso, capisco perché tu abbia lasciato la Palude Nera, mio
Thane."
"Non è
stata mia la scelta." rispose Coda Spezzata.
Fu a quel
punto che Lydia finì di separare il grano dalla crusca, ma prima che
potesse
chiedere cosa intendesse, l'Argoniano la precedette:
"C'è
bisogno della zangola per il burro ora. Nell'angolo più lontano dalla
porta,
tra il tavolo ed il muro."
Dopo un
attimo di esitazione, Lydia corse in casa, tornando con ciò che gli
aveva indicato:
il suo Thane era rimasto a Breezehome poco tempo, eppure ricordava
perfettamente la disposizione degli oggetti al suo interno. Come se
fosse
naturale, l'Argoniano smontò la zangola, separando lo stantuffo e
poggiandolo
nel calderone pieno di fiori blu e chicchi di grano, come un pestello
gigante
in un mortaio ancora più grande.
Poi aprì la
sua bisaccia e ne trasse un involto misterioso: svolgendolo, Lydia vide
carne
brunastra e spugnosa, macinata fino a diventare una pasta morbida,
modellata
come una spessa candela. Puzzava da far spavento, come vecchio
formaggio e
carne fradicia, tanto che non appena aprì l'involto, Lydia sentì i suoi
occhi
riempirsi di lacrime, e si ritrovò a tossire.
"Per le
ossa di Shor... che è mai?"
"Un
ingrediente assai difficile da procurare, e da preparare." rispose
semplicemente l'Argoniano, gettando il tutto a raggiungere gli altri
ingredienti e imbracciando lo stantuffo con decisione.
Il gioco dei
muscoli fu subito evidente sotto le sue scaglie: la forza
dell'Argoniano doveva
essere considerevole, perché fece in pochi minuti quello che
normalmente
necessitava di un mulino. I chicchi di grano furono polverizzati in
farina,
mischiandosi alla poltiglia che erano diventati i fiori blu e la
vomitevole...
qualunque cosa fosse quella che aveva estratto dalla sua bisaccia.
L'Argoniano
si perse nel suo compito con un'ossessione che Lydia aveva visto
raramente
perfino in Eorlund, quando il metallo lo chiamava alla Forgia Celeste
come una
febbre.
Quando finì,
il fondo del calderone era occupato da una poltiglia uniforme del
colore e
della consistenza dell'argilla, che puzzava di selvatico, anche se non
più così
tanto.
"Il
difficile è stato fatto." disse Coda Spezzata, guardando il risultato
del
loro lavoro e togliendo lo stantuffo, e affidandolo a Lydia: gerle e
zangola
tornarono invece dentro casa, e l'Argoniano chiuse la porta di
Breezehome.
"Andiamo."
ordinò a Lydia, sollevando il calderone e poggiandoselo sulla spalla.
"Dove
mio Thane?"
"A
mangiare qualcosa." disse semplicemente.
Come Lydia
scoprì però, la risposta dell'Argoniano era stata... incompleta:
intanto
perché, a quanto pareva, non conosceva nessuna delle taverne di
Whiterun, e poi
perché la prima fermata che fecero fu nella piazza del mercato della
città.
Piuttosto che cercare altri strani ingredienti, Coda Spezzata si limitò
a
dirigersi al pozzo, riempiendo il calderone di acqua gelida il più
rapidamente
possibile: non perché avesse fretta, o perché sembrasse infastidito
dagli
sguardi dei curiosi, ma perché, semplicemente, sollevava quattro secchi
pieni
alla volta dal fondo del pozzo, il massimo che il gancio potesse
sostenere. Con
il calderone sciabordante di liquido di nuovo sulla spalla, Lydia lo
condusse
alla Giumenta Bardata, che si affacciava proprio sulla piazza del
mercato. La
locanda era la più grande e famosa di Whiterun: famosa soprattutto per
le risse
che vi scoppiavano quasi ogni sera e seconda casa di molti individui
violenti e
passionali. Veri Nord insomma.
A mandare
avanti gli affari da dietro il bancone, e cercare di mantenere la pace,
c'era
una donna del Nord dai capelli castani, il cui marito lavorava nelle
cucine,
uscendo solo per mettere fine alle risse.
La locanda
aveva visto passare molti forestieri attraverso le sue porte, ma un
Argoniano
con un calderone sciabordante sulle spalle era nuovo: come se nulla
fosse, Coda
Spezzata si avvicinò al bancone, posando a terra il suo carico con un
sordo
tonfo.
"Affamati,
assetati, o semplicemente stanchi?" lo precedette la locandiera: erano
anni che faceva quel lavoro, e ciò che le mancava in esperienza con gli
Argoniani, di certo compensava in malizia.
"Le
prime due. E mi chiedevo anche se il tuo fuoco fosse disponibile."
rispose
Coda Spezzata, indicando il falò che come sempre ruggiva al centro
della
stanza, riscaldando gli avventori assieme a birra e sidro...
"...Non
vedo perché no. Immagino che come nuovo Thane del feudo, possano
esservi
concesse alcune stranezza. Specie se avete ucciso un drago alle porte
della
città..."
Quella
notizia in particolare si era diffusa molto in fretta: Lydia si chiese
se non fosse
già arrivata almeno a Riverwood, a sud.
"...Ma
è meglio che usiate quello dell'altra ala: è più adatto al vostro
calderone. Lo
scricciolo che avete al seguito può farvi vedere dov'è."
Lydia e la
locandiera erano vecchie conoscenze, fin da quando era stata guardia
del feudo:
dopotutto, la Giumenta Bardata era un locale per veri Nord...
"Molto
obbligato..."
"Hulda."
rispose semplicemente la locandiera, strofinando il suo bancone.
"Molto
obbligato Hulda."
"Ho
sentito le cose più incredibili su di voi durante questa mattinata,
Thane. Ma
nessuno sembra essere sicuro del vostro nome..."
"Per
Uomini ed Elfi, sono Coda Spezzata." rispose asciutto l'Argoniano.
"Beh,
Thane Coda Spezzata, benvenuto alla Giumenta Bardata. Il suo conto è
pagato
dall'oro dello Jarl in persona, per cui non pensi nemmeno ad offrirmi i
suoi
septim."
"Farò
tesoro della graziosa ospitalità."
Le sue
parole gentili sorpresero Hulda: con quel volto, era difficile capire
il
pensiero dell'uomo rettile, ma sembrava sincero.
"Allora,
che posso portarvi, Thane?"
Coda
Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro, ma uccidere un drago
sembrava
offrisse un modicum di rispetto anche
ai forestieri: Hulda sciorinò l'interezza del suo menù, tra cui
l'Argoniano
decise per pesce scottato e speziato e una zuppa di cavolo, da
innaffiare con
birra Argoniana, importata attraverso Cyrodiil grazie agli Imperiali.
Non
c'erano molti uomini di Skyrim che prendessero un secondo sorso di
quella
bevanda e Lydia ora sapeva il perché: c'era da diventare sordi a berla
con
regolarità e probabilmente era fatta con qualche radice velenosa della
Palude Nera.
La
locandiera non chiese il piatto favorito di Lydia, dopo tutti quegli
anni, lo
conosceva a memoria: bistecca e patate. E idromele ovviamente.
Concluso il
rituale, Lydia condusse il suo Thane, di nuovo col calderone sulla
spalla,
nell'altra ala della locanda, dove Hulda aveva posizionato falò ad uso
e
consumo dei clienti: un modo per attirare anche i meno indigenti a
mangiare alla
Giumenta Bardata, dato che potevano cuocersi il pasto da soli,
acquistando a
prezzi inferiori gli ingredienti, o di sopperire alla cucina di suo
marito nei
momenti di grande calca.
In due,
riuscirono ad accendere in fretta un fuoco, che cominciò a scoppiettare
allegramente sotto il calderone: Coda Spezzata iniziò a mescolarlo
lentamente
con lo stantuffo della zangola, sempre nello stesso senso. L'odore che
cominciò
a salirne fu strano: assai più piacevole di quanto Lydia avesse
immaginato. Un
odore... quasi nostalgico, anche se la donna del Nord non comprese di
cosa si
trattasse.
"Esattamente,
mio Thane... cosa fa?" chiese Lydia: lo sciabordio e il calore erano
quasi
ipnotici.
Strettamente
parlando, l'Alchimia era una branca della magia... anche se la più
terrena e distante
dal resto: fare pozioni dopotutto, era assai differente che lanciare
palle di
fuoco dalle mani o evocare creature dell'Oblivion.
"Dovrebbe
diventare un potente elisir... un farmaco in grado di sanare qualunque
ferita,
tranne la decapitazione. Anche un uomo che sia stato masticato da un
Drago
dovrebbe sopravvivere bevendone un sorso."
Lydia
spalancò la bocca per la sorpresa:
"...Nemmeno
i taumaturghi del tempio potrebbero tanto, mio Thane." sussurrò alla
fine.
E pensare
che qualcosa del genere veniva preparata in modo così... mondano di
fronte a
lei, con lo stantuffo di una zangola come mestolo...
"Racconti
sulle abilità dei sacerdoti di Kynareth di questa città hanno superato
le
montagne Jerall da tempo, Lydia. Persino a Bruma si conosce il nome di
Danica
Fonte Pura... ma i draghi non dovrebbero essere combattuti da mortali."
"Eppure,
tu hai ne ucciso uno, mio Thane."
"Mirmulnir...
Ma quel drago non è l'unico ad essere ritornato dall'oblio della
memoria e
nemmeno uno dei più forti della sua specie. Helgen... è stata spazzata
via di
fronte ai miei occhi da un enorme drago nero dagli occhi rossi."
"Helgen...
è stata spazzata via?" ripeté stordita Lydia: Helgen era la prima città
del feudo di Falkreath, loro vicino. Era situata sull'altro versante
della Gola
del Mondo, la montagna dei Barbagrigia... e per coloro che arrivavano
da Cyrodiil,
in special modo dalla città di Bruma, Helgen era la prima tappa del
loro
viaggio dopo le difficoltà dei monti Jerall.
Sembrava
impossibile.
"È
stata cancellata dalla mappa, sotto una pioggia di fuoco chiamata dal
cielo. Io
e un soldato della Legione Imperiale siamo riusciti a scampare alla
distruzione,
cercando la fuga nei passaggi sotterranei della città. Altri potrebbero
essere fuggiti,
ma ne dubito. Portare questa notizia allo Jarl Balgruuf, e chiedere che
uomini
fossero inviati a Riverwood per meglio difendere la città, è stata la
ragione
per cui sono giunto a Whiterun. Prima dell'attacco del drago."
Le
implicazioni del ritorno dei draghi arrivavano molto più in profondità,
e molto
più lontano, di quanto Lydia avesse pensato, e con Skyrim già impegnata
nella
guerra civile... tempi oscuri si delineavano di fronte a loro. Perché
se un
drago poteva cancellare una città dalla mappa... cosa avrebbe impedito
che la
prossima fosse Whiterun? Ora Lydia capiva appieno la saggezza del suo
Jarl nel
nominare Coda Spezzata come Thane del feudo, e la gravità del compito
di fronte
a loro. No, abbandonare il suo Thane non era più possibile per lei:
onore e
senso del dovere e di responsabilità li legavano assieme,
indissolubilmente,
fino alla morte di uno di loro, o di entrambi.
"Abbiamo
bisogno di armi e di armature migliori." disse subito Lydia, sentendo
per
la prima volta quanto fosse inadeguato la corazza di piastre che
portava: cosa
poteva l'acciaio contro zanne lunghe quanto spade?
"Vero.
La mia ultima corazza e le mie armi hanno pagato il tributo a
Mirmulnir... ma è
necessario anche cercare il consiglio dei Barbagrigia sulla loro
montagna, i
maestri della Voce, la magia dei Draghi. Ma tutto questo ha un suo
costo. E
quindi sono necessari septim d'oro."
Mentre
raccontava, il tono di Coda Spezzata era rimasto piatto e privo di
emozione: il
suo volto non era piegato dalla preoccupazione. Lydia non sapeva ancora
cosa
pensare: avrebbe imparato col tempo che gli Argoniani hanno il loro
modo di
affrontare il terrore dell'ignoto.
"E
questa pozione può fornirceli?"
"Se il
risultato finale sarà quello che spero, il contenuto di questo
calderone avrà
un valore di almeno 12'000 septim. Ci serviranno tutti."
Lydia aprì
la bocca: in un altro momento, l'idea che un liquido qualsiasi potesse
valere
tanto le sarebbe sembrata ridicola... ma la notizia di Helgen aveva
scosso le
sue certezze. E il fatto che il suo Thane avesse un piano, per quanto
vago e
incerto, in qualche modo la rincuorò grandemente.
"...E
pensare, che ero giunto a Skyrim per placare la mia sete di avventura.
Devo
essere una fonte di divertimento per gli Hist."
"Chi?"
Fu la prima
volta in cui Lydia vide il suo Thane apparire incerto: per un momento,
il suo
mescolare si interruppe. Sarebbe stato uno spettacolo più unico che
raro anche
negli anni a venire:
"...Gli
Hist." ripete: "Quanto di più simile il popolo della radice abbia a
Dei. Ciò che si crede di sapere su di essi da parte degli uomini è solo
una
pallida eco della verità...gli Hist sono più antichi della Palude Nera,
e più
numerosi delle foglie su un albero."
"Mio
Thane... perdonami se lo chiedo, ma nel poco tempo che ti ho conosciuto
hai
continuato a separarti dagli Argoniani. Parli della tua gente come se
non ci
appartenessi..."
"Non è
troppo distante dalla verità..." disse quietamente l'uomo rettile:
"...e non per il tempo passato tra gli uomini."
Coda
Spezzata non parlò subito, compiendo due giri completi con lo stantuffo:
"...Esistono
molte razze di Saxhleel, così come esistono molte razze di Uomini, di
Elfi o di
Khajiit. L'Uomo ha i Nord di Skyrim, gli Imperiali di Cyrodiil, le
Guardie
Rosse di Hammerfell e i Bretoni, se devono essere inclusi all'elenco
anche i mezzi
elfi di High Rock. Allo stesso modo, nella Palude Nera esistono gli
Agacephs,
gli Archein, i Paatru, i Sarpa, i Naga... e molti altri. Lo stesso
territorio è
condiviso da tutte le razze del popolo della radice, ma le differenze
non sono
minori che tra ogni razza di uomo. Da questo punto di vista, le
differenze tra
Uomini e Saxhleel... non sono molte in fondo, ma la più importante
risiede nel
modo in cui ogni razza è considerata."
"...In
che senso?"
"Non
esistono modi in cui spiegarlo, se non per approssimazione. Esistono
concetti
che non possono essere tradotti in questa lingua: per i Saxhleel, ogni
loro specie
rappresenta una... sfaccettatura degli Hist. Una diversa
interpretazione di una
medesima origine. Gli Uomini hanno i loro nove Dei, i Saxhleel le loro
specie.
Questa distinzione non è messa in dubbio da nessun Saxhleel timorato
degli
Hist. Ecco perché un mezzosangue, il frutto di due razze diverse di
Saxhleel, è
visto come un'offesa agli dei. Io sono uno di quei mezzosangue: la mia
esistenza nella Palude Nera è vista come un peccato. E il fatto che uno
dei
miei genitori, probabilmente mio padre, sia stato un Naga, ha
peggiorato le
cose."
Lydia ebbe
bisogno di un momento per accettare quelle parole: che strano, pensò la
donna.
Ascoltare una storia così simile alla sua: suo padre era stato un Thane
del
feudo, prima di cadere nel disonore e fuggire, lasciandola indietro.
La donna di
Skyrim chiese:
"Perché
che fosse un... Naga è così importante?"
"I
Naga... se un paragone dovesse essere fatto con le razze dell'Uomo,
potrei dire
che sono i Nord dei Saxhleel. Le zone più interne della Palude Nera
sono
abitate da loro, il cuore segreto del continente, che non è mai stato
messo su
nessuna mappa. Una razza di guerrieri di sette piedi come minimo, e uno
in più
quando si infuriano, molto spesso e facilmente."
Sì,
decisamente quella descrizione ricordava a Lydia della sua gente:
quindi il suo
Thane era più basso di un Naga. Qualcosa che faceva riflettere: Lydia
non aveva
idea che gli Argoniani potessero essere così giganteschi.
"...Hanno
bocche grandi, con zanne come aghi, che stillano veleno. Per questo
probabilmente, il mio morso risulta narcotico su Uomini ed Elfi, ma non
mortale. Ed è anche la ragione per cui sono dovuto venire a Skyrim da
Cyrodiil,
a dire la verità."
"Hai
morso un'Imperiale, mio Thane?" chiese Lydia, lievemente spaventata:
era
forse un'animale il suo Thane?
"...Per
la verità, è stata una Imperiale a
venire morsa, dopo avermi invitato alla sua tavola e poi nel suo letto.
Non al
nostro primo incontro ovviamente: sarebbe stato... troppo sfrontato.
Tuttavia,
la mia compagnia è arrivata ad essere per lei assai piacevole, così
come le mie
doti, e anche... i miei morsi. Comprensibilmente, l'avventura è stata
meno
apprezzata da suo marito, che mi aveva assunto come guardia. Ed essendo
suo
marito il conte di Bruma, cambiare versante delle montagne Jerall mi è
sembrato... il minimo della prudenza."
Lydia rise. Non
poté fare altro: non tanto per l'idea, ma per come le era stata
raccontata.
Salaci
storie e ballate di tradimenti ed infedeltà all'interno di famiglie
nobili
vedevano spesso Argoniani come gli strumenti dell'adulterio: erano le
più
piccanti e le più licenziose probabilmente, ma c'era una ragione per
cui La Lussuriosa Domestica Argoniana veniva
ristampata nella sua forma letteraria da quasi sette secoli, ed era
possibile
trovare il testo in quasi qualunque provincia di Tamriel, per quanto
magari
nascosto ad occhi indiscreti. Perfino Lydia ne aveva sentito parlare,
per
quanto non avesse mai avuto l'occasione, o il desiderio, di leggerlo.
Per la
verità, era forse uno dei pochi testi che parlassero di Argoniani, che
un Nord
potesse leggere nella vita.
"...Bene."
disse Coda Spezzata: "L'alchimia è resa migliore dalla gioia. La tua in
questo caso."
"Sul serio,
mio Thane?"
Coda
Spezzata annui, continuando a rimestare:
"L'Alchimia
è... trarre un solo colore da un misto di sfaccettature. In questo
caso, dal
blu dei fiori e dal giallo del grano..."
"E dal
marrone di qualunque cosa sia il terzo ingrediente..." aggiunse Lydia,
a
cui l'Argoniano annuì:
"...È
necessario trarre il rosso della vita. Ma l'Alchimia dipende anche da
chi è
praticata: non ci saranno mai due pozioni uguali, così come non ci
saranno mai
due fiori uguali. E allo stesso modo, il risultato finale è influenzato
dal
cuore, dallo spirito e dalla mente di chi manipola gli elementi che
compongono
la mistura. O almeno, così mi è stato insegnato: la teoria è più
complessa di
così, ma l'esperienza suggerisce di essere gioioso quando si preparano
pozioni
curative. E funesto quando si mischiano veleni. Il racconto degli
eventi di
Helgen mal si accompagna a questa mistura." spiegò continuando a
mescolare: a Lydia sembrò quasi che le sue scaglie brillassero in modo
strano
in quel momento, ma lo imputò ad un gioco della luce.
Avrebbe
scoperto in seguito di non essersi sbagliata: l'Alchimista è sempre il
catalizzatore della reazione alchemica.
"...E questa
in particolare sarà resa più potente dalla tua gioia."
"Quindi...
vi stavate burlando di me, mio Thane? La vostra era solo una storia per
fornire
un ingrediente all'elisir?"
"Sì. E
no. Tutto quello che ti è stato raccontato è vero, tranne un
particolare. Non
era la contessa, ma sono davvero dovuto fuggire dagli uomini del conte,
dopo
aver fatto loro credere di avermi ucciso. Il resto della storia rimarrà
un
segreto: del valore, la discrezione è dopotutto la parte più
importante... Ma
se dovessi un giorno passare da Bruma, chiedi di Ellya Erdain, e solo
al suo
orecchio, fai il nome di Kaiman. Immagino che ti si offrirà uno
spettacolo
interessante."
Nel
calderone, la mistura stava diventando sempre più di un rosso vivo,
assai più
acceso di quello delle guance della Nord.
"...Spero
che la mia storia non sia stata fonte di troppo imbarazzo per te."
"Non è
esattamente qualcosa che mi aspettavo di ascoltare durante il mio primo
giorno
come huscarlo."
Un conto era
sentire una storia con un Argoniano... un altro sentirsela raccontare.
Il suo
Thane le era ancora troppo spaventoso perché potesse conciliare
quell'immagine
particolare con il suo essere... un uomo rettile. E tuttavia, quella
storia
aveva scosso alcuni dei preconcetti che aveva su di lui, e ridotto in
parte le
distanze fra loro.
"Bene.
Tempi inaspettati sono su di noi: dovrai essere pronta all'impossibile."
"Nessuno
diventa guardia del feudo di Whiterun senza addestramento, mio Thane..."
"E
dimmi Lydia: si viene anche addestrati ad uccidere i draghi?"
La donna del
Nord non ebbe bisogno di rispondere, né ne ebbe l'occasione, perché una
delle ragazze
della taverna entrò, portando loro da mangiare.
Coda
Spezzata mangiò in piedi, continuando a rimestare nel calderone,
infilandosi in
bocca il pesce scottato e masticandolo lentamente: Lydia scoprì che
poteva
aprire la sua bocca molto più di quanto avesse pensato... specie quando
si
infilò la bottiglia di birra Argoniana in bocca e la svuotò in un solo
fiato.
Almeno beveva come un Nord: Lydia avrebbe scoperto che era più semplice
per lui
in quel modo. Con la sua bocca senza guance, centellinare una
bottiglia, o un
bicchiere, era più difficile che per un uomo.
Quello che
la stupì davvero però, fu che mentre il suo Thane tracannava la birra,
gli si
aprirono sei tagli paralleli sul collo, tre su ogni lato: di un rosa
acceso e
pulsanti, che si chiusero non appena abbassò la testa.
"Ti
spalanca le branchie." soffiò l'uomo rettile, poggiando la bottiglia
vuota
a fianco del suo piatto.
Su quello,
Lydia non fece domande.
Uscirono
dalla Giumenta Bardata nel primo pomeriggio, non appena l'elisir era
stato
terminato e il calderone si era raffreddato al freddo vento di Skyrim:
non ci
era voluto molto, poiché era pur sempre il primo mese dell'anno. Il
liquido che
adesso sciabordava al suo interno, era diventato più denso dell'acqua e
di un
colore rosso vivo: quasi quello del sole al tramonto. Mentre
aspettavano che si
raffreddasse nel cortile della locanda, l'Argoniano aveva continuato ad
ordinare birra della Palude Nera, ma nonostante ne avesse bevute
abbastanza
perché Lydia perdesse il conto, camminava ora dritto col calderone di
nuovo
sulla spalla: se avesse tentato di eguagliarlo anche solo con
l'idromele, Lydia
sarebbe rimasta sdraiata sul pavimento della Giumenta Bardata per un
paio di
giorni.
Lo seguì di
nuovo a Dragonsreach, dove l'Argoniano disse ad una guardia di avvisare
il mago
di corte che era atteso, cosa che venne fatta immediatamente:
attraverso
passaggi secondari, furono portati nello studio di Farengar Fuoco
Segreto, dove
l'Argoniano posò finalmente il calderone sciabordante.
"Siete
stato più rapido di quanto credessi." disse lo stregone senza
preamboli:
di tutti i Nord del feudo, Farengar era l'unico che si coprisse la
testa col
cappuccio della sua veste da mago blu scura. Era magro, al punto da
essere
esile, con una corta barba bianca a ornargli il mento, una stranezza
tra gli
uomini di Skyrim, che di solito portavano barbe con la stessa gioia con
cui
mulinavano asce. Anche il resto del volto era piuttosto insignificante:
solo
gli occhi, dal fondo del suo cappuccio, suggerivano il segreto lavorio
della
sua mente. Farengar era, per Lydia almeno, un essere pericoloso dai
modi di
coniglio, più strano ancora del suo Thane per certi versi, dato che
almeno lui
veniva da un'altra terra, ed era di un'altra specie. La superstizione e
la sfiducia
dei Nord verso la magia fecero in modo che Lydia non incrociasse lo
sguardo
dello stregone: c'erano storie di uomini resi pazzi da un solo sguardo
di mago.
"Era
pronta." rispose semplicemente il suo Thane.
"Vedo...
E dopo la pietra che mi avete dato, non ho ragione di dubitare
dell'efficacia
dei vostri rimedi. Sono curioso però... dove avete appreso l'arte
Alchemica?"
"...Mournhold."
esalò il suo Thane.
"Ah."
rispose Farengar contrito: "...Mi dispiace, ho fatto una domanda
indiscreta."
Il perché lo
fosse, Lydia non lo capì:
"Nessuna
indiscrezione. Ho lasciato Morrowind assieme all'Impero, giungendo a
Cyrodiil in
tempo per veder firmare il Concordato Oro Bianco."
"E
infine qui..."
"Sete
di avventura, Farengar, e di Cyrodiil era stata vista quasi tutto.
Dovendo
scegliere tra Skyrim o Hammerfell, ho scoperto Skyrim più vicina."
A questo,
ricordando la sua storia, Lydia sorrise lievemente.
"...Da
quello che ho visto, le avventure non vi mancheranno in questa terra."
Alle parole
del mago, il suo Thane rispose con un cenno di assenso:
"I
segreti della pietra sono stati svelati?" gli chiese.
"Non...
proprio. Ho già fatto mandare un messaggio ad un mio associato con più
esperienza sulla questione, e un'altro al Collegio di Winterhold, ma ci
vorrà
tempo per avere delle risposte, con est e ovest di Skyrim che si
combattono, e
Whiterun proprio al centro che si dichiara neutrale. Le conoscenze sui
draghi
non sono più molto diffuse, come potete immaginare, anzi non lo sono
mai state.
Nel frattempo, ho condotto qualche esperimento sulla scaglia e
sull'osso che mi
avete portato: un campione piuttosto singolare, soprattutto dopo i
risultati
dei miei esperimenti..."
"Farengar,
la vostra solerzia vi fa onore, ma se ci si limitasse ai fatti, potrei
lasciarvi ai vostri studi più rapidamente e così tornare ai miei... a
proposito..."
disse indicando l'angolo dello studio del mago: "...Non risulta
pericoloso
lasciare gemme dell'anima piene vicino ad un pentacolo non protetto?"
"Dove?"
disse il mago voltandosi repentinamente verso la direzione indicata:
"Io
non... ah. Vedo." disse Farengar.
Il mago
marciò cautamente verso un angolo del suo laboratorio, spostando uno
strano
cristallo dall'altra parte della sala, il più lontano possibile da un
tavolo
pentagonale vergato di rune bluastre, che poggiava su tre gambe,
adornato da un
teschio con tre orbite che reggeva un globo verdastro e dieci candele
ad
illuminarlo. Fu la prima volta che Lydia sentì qualcuno far tacere il
mago e
passarla liscia: Farengar adorava quanto il suono della sua voce lo
facesse
apparire brillante, e per di più, Coda Spezzata era riuscito a farlo
senza
apparire offensivo.
Farengar
posò il cristallo con cura, stando bene attento che non rischiasse di
cadere:
"Abbiamo
rischiato un piccolo incidente." disse il mago con un sorriso nervoso,
tornando a rivolgersi a loro con un altro guizzo: "Ma non mi ero reso
conto che foste anche un incantatore..."
"Farengar...
le vostre conclusioni?" chiese invece l'Argoniano.
"Ma
certo, perdonatemi: è solo che siete un enigma affascinante... la
scaglia ma
certo." disse il mago schiarendosi la gola, per parlare a voce più
chiara:
"È come avevate suggerito, e come tramandano le leggende: a parità di
volume, pesa un terzo dell'acciaio. Ma è assai più resistente. Ho
dovuto usare
strumenti fatti di ebano per riuscire anche solo a inciderle. La magia
invece
penetra normalmente attraverso le scaglie: sono riuscito a forarle con
un
sortilegio di ghiaccio di livello apprendista."
"Se si
trovasse un modo di lavorarle..." iniziò l'Argoniano.
"Il
risultato sarebbe assai interessante." finì il mago per lui.
"E le
ossa?" chiese l'Argoniano.
Farengar
fece schioccare la lingua insoddisfatto:
" Più
pesanti dell'ebano e impervie a qualunque forza che conosca, magica o
terrena. Non
possedendone, non ho potuto testare strumenti di lega daedrica, ma sono
cautamente persuaso che nemmeno quella sia in grado di scalfire le loro
ossa.
In breve, l'unico punto vulnerabile di un drago a tutto ciò che non sia
ebano o
magia sembrano essere gli occhi. Il che però ci avvicina alla bocca..."
"E le ali...
le loro ali non sono protette. Semplice cuoio."
"Queste
informazioni sono estremamente utili..."
"Salveranno
vite, Farengar."
Un bussare
alla porta dello studio del mago distolse Argoniano e uomo dalla loro
discussione. Irileth, huscarlo personale dello Jarl Balguuf e suo
braccio
destro, entrò senza che fosse stata invitata.
Nemmeno gli
occhi della Dunmer, rossi come il sangue anche nella sclera, Lydia osò
incrociare: l'elfa scura dai capelli color ruggine era collerica e
brusca, ma
fedele al suo Jarl. Soprattutto però, Irileth era, così come il suo
Thane a
quanto pareva, capace di brandire allo stesso tempo acciaio e magia in
battaglia. A Skyrim, simili individui erano chiamati Spade Stregate:
mercenari
in grado di usare spada e magia erano stati l'ago della bilancia di
molte scontri
del passato ed erano cercati e pagati profumatamente dai loro
committenti.
Forse, si
chiese Lydia, la tradizione delle Spade Stregate era nativa di
Morrowind, la
patria ancestrale dei Dunmer?
"Farengar.
Thane."
"Irileth."
rispose Coda Spezzata con un cenno, senza distogliere lo sguardo dal
lavoro del
mago.
In breve,
Farengar spiegò anche ad Irileth il risultato delle sue ricerche sulle
scaglie
di drago e sulle sue ossa: le conclusioni non piacquero all'elfa, ma fu
comunque qualcosa.
"E tu
sei convinto che stiano tornando?" chiese alla fine l'elfa guardando
l'Argoniano.
"Di
questo, non ho dubbi. Mirmulnir e il drago di Helgen sono stati solo
l'inizio: presto
il cielo sarà solcato da altre ali. Molte altre ali."
Irileth
sembrò assorbire la notizia con preoccupazione, facendo vagare lo
sguardo fino
al calderone: in due passi ci fu sopra, specchiandosi nel liquido.
Senza dire
nulla, la dunmer estrasse una daga dalla sua cintura, tagliandosi il
palmo e
chiudendo la mano a pugno. Poi intinse l'indice dell'altra mano nel
liquido e
se lo cacciò in bocca: quando riaprì la sua mano per osservarla, la sua
pelle
non portava segno di alcuna ferita. Non c'erano cicatrici, né segni:
solo il
sangue le sporcava ancora la mano.
"Effetti
collaterali?" chiese la dunmer, di fronte a quel piccolo miracolo.
"...È
limitata a quell'unico calderone. L'unico ingrediente importante è
anche...
raro. E difficile da ottenere e preparare: abbastanza difficile, da
rendere
pericoloso divulgare la sua natura."
"Pericoloso?"
chiese Farengar.
"Un
singolo errore nel trattarlo trasformerebbe l'elisir in un veleno
capace di
togliere il vigore alle membra di un uomo. Ulteriori errori, e il più
vigoroso
degli uomini diverrebbe un vecchio incapace perfino di sedersi da solo,
o di
eseguire il più semplice dei sortilegi, se ne si possiede la capacità.
Troppo
facile creare opportuni incidenti se la conoscenza fosse divulgata.
Troppo
facile per ciarlatani avvelenare con questa ricetta chi ne ha bisogno."
"...Quanto
ne serve perché abbia l'effetto voluto?"
"Un
sorso cura qualunque ferita, tranne la decapitazione."
"...Proventus
preparerà il tuo compenso quanto prima, Thane. Passa da lui." disse
semplicemente l'elfa, prendendo congedo.
"Irileth."
la fermò Coda Spezzata sulla soglia: "...Di nessuno dovrebbe essere il
destino dell'uomo che hai perso. Ci saranno mie offerte per il suo
spirito
nelle Sale dei Morti, quando sarà il momento."
L'elfa annuì
senza voltarsi, per poi chiudere la porta dietro di sé.
Anche loro
non restarono a lungo: giusto il tempo per il suo Thane di ordinare
diversi
tomi a Farengar, da consegnare a Breezehome. Il mago si fece pagare in
septim e
con un piccolo favore, che Lydia prese in carico spontaneamente:
portare dei
sali ad Arcadia difficilmente era un compito degno del suo Thane...
Quando
uscirono dallo studio, Proventus li stava già aspettando: la cifra che
passò di
mano fu poco più di quella che il suo Thane aveva detto. Di quei
septim,
l'Argoniano ne diede 500 a Lydia, da consegnare ad Arcadia, come
investimento:
maggiori erano gli ingredienti alchemici che sarebbe stato possibile
acquistare
in futuro a Whiterun, meglio sarebbe stato per tutti loro. Lydia
comprese quel
ragionamento, e si affrettò ad eseguire quel compito.
Nel
frattempo, il suo Thane fece delle richieste precise a Proventus, che
Lydia non
sentì: da parte sua, l'Imperiale si sarebbe affrettato a farle eseguire.
***
Si
ritrovarono sotto l'albero sacro a Kynareth: un tempo un luogo di
pellegrinaggi, l'albero sacro alla dea del cielo era da anni solo uno
scheletro.
Non era stata la collera degli Dei, ma un fulmine, a colpire l'albero:
il suo
tronco non si era spezzato, ne era stato sradicato, alcuni dicevano che
la fede
doveva averlo protetto, ma purtroppo l'albero aveva perso tutte le sue
foglie.
Era uno spettacolo triste ora, e il tempio, senza più la sua reliquia,
languiva
sopravvivendo solo grazie ai servizi taumaturgici dei suoi sacerdoti.
Non erano
più i pellegrini a venire al tempio, ma solo i feriti, gli storpi e i
moribondi: l'inverno non era ancora finito però, ed era troppo presto
perché si
fossero messi già in viaggio attraverso Skyrim... ma non appena la neve
si
fosse sciolta, di nuovo Whiterun avrebbe accolto coloro che erano
abbastanza
ricchi o disperati da compiere il viaggio. Era sempre un triste affare,
in cui
la speranza che normalmente la fede avrebbe dovuto essere in grado di
offrire,
veniva offuscata da più disperati ed immediati bisogni.
"Mi
ricorda un poco gli alberi della Palude Nera." disse Coda Spezzata
osservandolo: "Il suo tronco e la sua chioma... erano fonte di
solennità.
Cosa gli è successo?"
Lydia glielo
spiegò e Coda Spezzata annuì:
"Il
luogo più lontano dalla mia casa... è il più vicino." sillabò
solennemente.
Poi diedero
le spalle a ciò che restava del sacro albero di Kynareth, dirigendosi
verso
Jorrvaskr: la Sala degli Incontri dei Compagni era un luogo più antico
della
città stessa. Ricavata dallo scafo di una delle navi con cui Ysgramor
in
persona era giunto a Skyrim da Atmora, o almeno così dicevano le
leggende, era
stato il primo insediamento attorno a cui era cresciuta la città. Ma
c'era un
motivo se la nave era stata posta proprio in quel luogo, in mezzo alla
fertile
pianura che ora comprendeva il feudo di Whiterun: a fianco della sala
degli
incontri, salendo consunti scalini di pietra, si ergeva un luogo ancora
più
antico, forse più antico di Skyrim stessa.
La Forgia
Celeste, la fucina raccolta tra le ali di un grande falco di pietra,
che aveva
fissato con i suoi occhi l'avvicendarsi di un numero incalcolabile di
fabbri,
artigiani e maestri del metallo: l'unico luogo, in cui il gelo del Nord
non
arrivasse mai. L'acciaio della Forgia Celeste era leggendario, e per
diverse
ragioni: era l'acciaio degli eroi, il che spiegava il perché i Compagni
si
rifornissero solo di quello.
Erede di una
tradizioni più antica della città, era per quella generazione Eorlund
Manto
Grigio: non si incontrava semplicemente il fabbro, ma si veniva ammessi
alla
sua presenza. Il rispetto che il fabbro comandava era dovuto alla
dedizione riservata
al suo lavoro. Eorlund non era il miglior creatore di lame di Skyrim
per
niente: lui apparteneva alla fucina, e il metallo era a volte come una
febbre
per lui, che lo chiamava alla forgia.
Li stava
aspettando, e come Lydia ebbe la conferma, lui e il suo Thane erano
creature di
poche parole:
"L'acciaio
è il tuo orgoglio, creatore del metallo. Così mi è stato detto."
"Hrm."
confermò il fabbro.
"Ma per
me e la mia compagna, sono necessarie lame d'ebano. Le farai per noi?"
Il vecchio
fabbro si scompigliò la barba a quella richiesta, mentre uno strano
sguardo si
disegnò nei suoi occhi.
"Sì."
disse Eorlund alla fine, e l'Argoniano rispose con un cenno d'assenso:
"Due
lame allora. Una grande spada ad una mano e mezza da cinque con un filo
solo
per me. Niente guardia."
Le indicazioni
precise del suo Thane ebbero più senso per il fabbro che per lei
evidentemente,
perché Eorlund chiese:
"Come
una spada degli Akaviri? Come vengono chiamate... grandi katane?"
"Sì."
rispose Coda Spezzata.
"Hrm.
Avrai la forza di manovrare una spada da cinque piedi del nero sangue
degli dei?
Saranno... 22 libbre, più o meno."
"È il
peso che mi è più confortevole da mulinare."
"Ah! Ma
certo che lo è... ti farò una spada affilata come la lingua di mia
moglie, uomo
lucertola..."
"Mi
affido alla tua maestria allora, vecchio."
"Hrm. E
tu ragazza... tu combatti con spada e scudo. Lo vedo dalle tue spalle e
dalle
tue braccia. Ti farò una spada da tre piedi, la stessa lunghezza di
quella che
porti alla cintura. Saranno... 12 libbre. Il tuo braccio è abbastanza
forte?"
"Lo
diventerà." rispose Lydia: la spada che portava appesa alla cintura era
da
10 libbre. La differenza sarebbe stata poca, e i Nord erano
naturalmente vigorosi.
"...E
lo scudo?"
"No."
rispose il suo Thane: "Abbiamo bisogno delle lame. Di corazze e scudo,
se
ne occuperà qualcun'altro."
"La
figlia di Avenicci."
Coda
Spezzata non negò:
"...E
io stesso. Prima di prendere la spada, ho imparato a forgiare armi e
corazze, alcune
almeno. Ma non so lavorare l'ebano abbastanza da farci lame. Per
questo, è
necessario un maestro del metallo."
Eorlund
sputò per terra:
"L'adulazione
non ti porterà lontano con me. Torna tra un mese, e avrai le tue lame."
"Di
sicuro scherzi, artigiano: l'ebano non deve essere lavorato, non quando
la tua
forgia è cosi calda da sciogliere il minerale puro. E si vedono i
lingotti da
qui. Con uno stampo... ah. Le mie scuse. Si trattava di una prova."
"Hrm."
rispose Eorlund con un sorriso, passandosi la mano sporca di fuliggine
sulla
barba: "Sei brutto come una serpe, ma non sei stupido. Quattro giorni.
Torna tra quattro giorni e avrai le tue lame. Posso preparare la base
assieme e
fonderle dalla stessa matrice, per poi colarle separatamente."
L'Argoniano
annuì:
"Le
voci sulla tua maestria sono vere."
"Ma
certo che lo sono." disse Eorlund tornando alla fucina: lo lasciarono
mentre il suo mantice già ruggiva.
Gran parte
del pomeriggio era passato ormai, ma la loro giornata non era ancora
finita:
Lydia era meravigliata dall'energia che sembrava pervadere il suo
Thane. Forse
erano le birre che aveva bevuto a pranzo: era ancora mezzo nudo e
disarmato, ma
di certo dava una diversa impressione alla donna del Nord. Sapeva
quello che
faceva, quello che voleva e come ottenerlo. Doveva essere stato un
mercenario a
lungo per avere così pochi dubbi: o forse, la sicurezza di sé era
tipica degli
Argoniani.
Per la
verità, Lydia non sapeva nemmeno da quanto fosse al mondo, o se gli
Argoniani
invecchiassero quanto e come gli Uomini: c'erano così tante cose che
avrebbe
voluto chiedergli... ma nonostante le avesse detto che le sue domande
lo
divertissero, la ragazza del Nord non sapeva ancora molto sul suo
Thane.
Inoltre, il suo ruolo e l'onore la mettevano due passi dietro di lui:
non al
suo fianco.
Di ritorno
dalla Forgia Celeste, passarono di nuovo per il mercato, dove, grazie
alla sua
nuova ricchezza, Coda Spezzata poté acquistare qualcosa di meno
necessario:
dopotutto, non ci si poteva aspettare che il nuovo Thane di Whiterun
andasse in
giro per il feudo con solo le spalle coperte. Data l'ora, non trovarono
molti
curiosi nella piazza del mercato, ma furono abbastanza: ciascuno dei
suoi
acquisti venne soppesato, giudicato e trasformato in pettegolezzo
all'istante. Coda
Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro: importava cosa fosse, non
le sue
azioni. Almeno però, nessuno tentò di imbrogliarlo alzando i propri
prezzi:
questo almeno, fino a quando rientrarono da Belethor.
Il Bretone
era sempre stato avido, e dotato di abbastanza malizia da credere che
essere
sopravvissuto indenne ai suoi traffici avrebbe garantito che sarebbe
sempre
stato così: quando però tentò di chiedere a Coda Spezzata per l'anello
che
aveva impegnato giusto quella mattina, il doppio del prezzo, perfino
Lydia fu
sul punto di estrarre la spada. Fu il suo Thane a fermarla, e ad
offrire la
mano sopra il bancone al Bretone, perché la stringesse per suggellare
l'accordo. Il Bretone capì il suo errore solo quando la stretta
dell'Argoniano
cominciò a macinare la sua mano: non ci fu verso di liberare le dita
intrappolate tra le scaglie, non importa quanto imprecasse o si
sforzasse.
Lydia stessa
credette di sentire le ossa del Bretone venire lentamente triturate:
Coda
Spezzata le avrebbe successivamente spiegato che i Saxhleel erano più
agili e
rapidi dell'uomo, e che, normalmente, i soli che potesse vincere un
Saxhleel a
pugni erano i Khajiit, ma questo perché possedevano artigli alla fine
delle
dita. Il suo Thane avrebbe avuto modo di dimostrare che non erano solo
vanterie
in più di un'occasione: per lui, le avrebbe detto, i corpi degli uomini
e degli
elfi erano... più fragili di quanto non si aspettasse.
Rinegoziato il
prezzo di Belethor con la sua stretta di mano, Coda Spezzata ritornò in
possesso dell'anello di ferro, che indossò immediatamente sul suo
corno, dove
Lydia l'aveva visto la prima volta: per il prezzo che Belethor aveva
proposto
all'inizio inoltre, Coda Spezzata portò via dalla sua bottega un sacco
di sale,
inchiostro, e tutta la pietra di luna e il mercurio che aveva in
magazzino.
Lydia rimase
convinta che comunque, a parte la mano, Belethor ci avesse guadagnato.
Ritornati a
Breezehome, un'altra sorpresa li attendeva: mentre erano rimasti al
mercato, la
casa era stata rimessa a nuovo. Non più un tugurio, la loro dimora era
stata
pulita, liberata dalle ragnatele e arredata, anche se con gusto Nord:
ora era
davvero la casa degna di un Thane. Ad aspettarli, trovarono Gerda, una
delle
domestiche di Dragonsreach: Coda Spezzata osservò il lavoro che era
stato
fatto, il piccolo fuoco brillare al centro della stanza, che sfogava
libero nel
tetto, la rastrelliera delle armi a fianco della porta, il mobilio
lucidato e
pulito... Ispezionò perfino la stretta cantina, accessibile solo da una
botola
nel pavimento, sotto la ripida scalinata che portavano alle due camere
da letto
al piano superiore. Lydia scoprì anche che nel bugigattolo in fondo
erano
riusciti a farci stare anche una piccola postazione alchemica e perfino
librerie vuote, dove Coda Spezzata avrebbe posto i volumi che aveva
chiesto a
Farengar, e molti altri nelle settimane a venire.
"Un
lavoro eccellente." disse poi: "Una dimora degna di uno Jarl,
Gerda."
"Le
vostre parole mi onorano, Thane. Le riferirò alle altre domestiche."
"Per i vostri
graziosi servizi." rispose Coda Spezzata, allungandole monete per 50
septim d'oro.
"Non
posso accettare, mio Thane: è troppo per così poco lavoro..." si
schermì
la domestica, ma Coda Spezzata in questo fu irremovibile:
"Una
dimora non è mai poca cosa. E una dimora è stata creata da un tugurio,
in così
poco tempo. Accettare la mia gratitudine è solo normale."
L'anziana domestica
prese le monete alla fine, stringendosi il sacchetto al petto:
"Se
dovesse aver bisogno ancora dei miei servizi in futuro, può contare su
di
me."
L'Argoniano
assentì, mentre Gerda tornava a Dragonsreach più ricca e felice: non ci
sarebbe
stata una seconda occasione per lei, con suo grande rammarico.
"Lydia?"
domandò Coda Spezzata slacciandosi il giustacuore di pelle e calzando
una
maglietta di grezzo e spesso cotone.
"Mio
Thane?"
"Un altro
prodigio?"
"...Sono
con te, mio Thane."
"Allora,
si prenda una fiala di mercurio e un lingotto di pietra di luna. Io
porterò
sale, pergamena e inchiostro." E fu proprio con il sacco di sale in
spalla
che entrò nella bottega di Adrianne Avenicci.
"...Per
le palle di Shor." sbottò Ulfberth attraverso la sua barba nera. Il
massiccio Nord superava per altezza anche Coda Spezzata, seppur di poco.
Eppure, nonostante
il suo martello da guerra appeso sulla schiena, era lui ad essere il
più
intimorito: al suo fianco sua moglie, il volto brunito dagli anni
passati alla
forgia, era più calma, ma non meno interessata del marito.
Nonostante
gli anni del loro felice matrimonio, e qualsiasi dubbio a proposito
poteva
essere disperso semplicemente guardandoli, la loro unione non aveva
prodotto
figli, fatto che le comari di Whiterun non mancavano mai di far pesare
ad
Adrianne: il seme dei veri Nord era sprecato in un ventre imperiale,
dicevano.
Ecco perché
era quasi sempre lei a lavorare la forgia, invece di Ulfberth Orso
Guerriero:
le serviva a trovare uno scopo e calmare l'ira.
"Fai
un'offerta difficile." rispose la donna: "E tuttavia..." disse
pensierosa, senza continuare.
"Questa
guerra civile avrà la sua fine, prima o poi. La conoscenza invece, dura
per
sempre."
Ulfberth incrociò le braccia, nodosi
tronchi
pieni di muscoli:
"Si
combatte dall'est all'ovest, Argoniano. Whiterun è al centro degli
schieramenti, l'occhio del ciclone. La nostra bottega non ha mai
lavorato tanta
pelle, o battuto tanto acciaio. Cosa ti fa pensare che siamo
interessati ai
segreti che dici di conoscere?"
"La mia
parola è il mio onore. Non è per ingannarvi che sono qui, ma per
chiedere il
vostro aiuto: abbiamo quattro giorni per finire le nostre due armature.
Da soli,
è impossibile, ma col vostro aiuto può non esserlo. La ricompensa per
il vostro
impegno è la storia di Ulvul Llaren e dei segreti che rubò, e che lo
resero
maestro fabbro della Casata di Indoril, a Morrowind."
"Che dici di conoscere..."
"Mio
Thane... anche se fosse, io non so come manovrare una forgia."
"Ma
conosci l'uso di un mantice, giusto?"
Lydia annuì.
"Allora
può essere fatto. Se voi volete aiutarci."
"Moglie...?
Io dico che non abbiamo bisogno di questi forestieri e dei loro
segreti..."
"Ma
nessuno a Skyrim batte il metallo elfico, marito." lo calmò Adrianne
posandogli una mano sul bicipite e costringendolo a guardala negli
occhi:
"C'è chi batte l'ebano, l'acciaio e il ferro... sappiamo di qualcuno
che
batte l'oricalco... ma nessuno a Skyrim sa battere il metallo elfico."
la
donna tornò a guardare l'Argoniano: "...Si dice che sia leggero come la
seta, e resistente come l'acciaio."
"Menzogne.
È più resistente dell'acciaio, anche se gli occhi lo credono ottone
quando è
uscito dalla forgia."
Adrianne e
suo marito si guardarono a lungo, nessuno col coraggio di dire ciò che
pensava
per primo: alla fine, fu proprio la donna Imperiale a parlare.
"La tua
offerta è generosa. E mi piacerebbe accontentarla, ma mi chiedo... che
differenza possa fare. Ho visto la creatura che è caduta ai piedi della
torre
ovest. E so che sei stato tu ad abbatterla... ma cosa può il metallo
elfico
contro qualcosa di simile?"
"Il
drago è stato affrontato con una spada d'acciaio e un'armatura di
pelle. Con
un'armatura di metallo elfico, potrei uccidere draghi senza sacrificare
ogni
volta la mia corazza."
"Il
metallo elfico resiste ai loro denti?"
"No. Ma
sarò abbastanza veloce da schivarli. La pelle... brucia sotto la fiamma
di un
drago. Solo la mia magia mi ha tenuto in vita, in mezzo a quel calore.
Gli
altri metalli sono troppo pesanti per il mio scopo, e si fonderebbero.
Si deve
essere veloci, più di quanto lo sia mai stato, per avere una
possibilità."
"...Ora
so che sei in buona fede Argoniano. Ma..."
"Ma ci
sono ancora molti dubbi e misteri. E le mie richieste rimangono strane
e
incomprensibili."
Questa
volta, anche Adrianne annuì:
"Una
dimostrazione, allora?" chiese l'Argoniano: "So che i Nord hanno una
sola parola. Datemi un lingotto di ferro, e prima che sia tramontato il
sole,
avrò due daghe di metallo elfico sul vostro bancone. In quel caso, ci
aiuterete?"
"Questo
è impossibile Argoniano. Il sole tramonterà prima che tu abbia finito
di
scaldare la forgia."
"Allora,
non avete niente da temere ad accettare, e sarò chiamato bugiardo sulla
piazza
della città."
Ulfberth a
Adrianne si guardarono molto a lungo: alla fine, la donna annuì e
chiuse
bottega per quel giorno, mentre suo marito mise un lingotto di ferro
sul loro
bancone.
La coppia li
seguì nel retro, dove c'era una piccola fucina, non troppo diversa
dalla forgia
che avevano all'esterno: l'Argoniano aveva insistito che non facesse
differenza
per lui. Lì almeno, aveva detto, sarebbero stati al riparo da occhi
indiscreti.
Disse a
Lydia di prendere un secchio, e di riempirlo per un terzo di sale e due
terzi
di acqua, e poi mescolare fino a quando non avesse visto il fondo.
Ulfberth e
Adrianne lo fissavano attenti, ma l'Argoniano non accese la forgia, ne
toccò il
mantice: si limitò a posare a terra il mercurio, il ferro, la pietra di
luna e
il rotolo di pergamena.
Poi si morse
il pollice con le sue zanne, facendo colare il sangue e mischiandolo
all'inchiostro della boccetta, scuotendola il più possibile. Nel
frattempo,
cominciò a raccontare:
"Sono
sempre stato una fonte di frustrazione per il mio maestro: per quanto
abbia
provato ad insegnarmi, la scuola dell'evocazione mi è sempre sfuggita."
"Nella
Palude Nera, mio Thane?"
"No... l'evocazione
non è praticata dai Saxhleel. E della loro magia, posso dire di aver
padroneggiato solamente quella taumaturgica."
"Sei un
guaritore?" chiese Ulfberth, prendendo la mano di sua moglie.
"Non
bravo quanto i sacerdoti del tempio di Kynareth."
"Ah."
"Marito..."
lo ammonì Adrianne.
"Ma sei
anche un'Alchimista però. Sei una... una persona dai molti talenti, mio
Thane."
L'Argoniano
annuì lievemente, ponendo quattro pietre a tenere aperto il rotolo di
pergamena,
continuando a scuotere l'inchiostro.
"Voglio
dire, anche per essere appena arrivato a Skyrim, conosci già le sue
erbe
abbastanza da poter chiudere ogni ferita con fiori, grano e poco altro."
"L'eredità
di Curalmil." disse criptico l'uomo rettile.
"Chi,
mio Thane...?"
"...L'Ysgramor
degli Alchimisti." disse con un lieve soffio l'Argoniano: "Un Nord,
vissuto nell'era Meretica. Un'altra delle ragioni per cui ho deciso di
venire a
Skyrim."
"Ah."
ripeté Ulfberth, questa volta con più energia, in coro con Lydia: a
quanto
pareva, il suo Thane non faceva mai una cosa per un solo motivo.
"Comunque...
per quanto l'evocazione in sé sfugga alle mie mani, ho scoperto un modo
di
essere un buon ritualista. E questa cosa, rendeva immensamente furioso
il mio
maestro, perché non è mai riuscito a farlo."
"Che
differenza c'è mio Thane, tra evocatore e ritualista?"
"...L'Oblivion
è aperto dalla magia dell'evocatore, le sue creature comandate dalla
volontà. Immediato,
facile e pericoloso. Anche dal ritualista l'Oblivion viene spalancato,
ma con le
rune. È difficile, ma non così pericoloso, e molto più lungo,
normalmente,
perché le rune e i simboli ermetici devono essere vergati. Ho trovato
un modo
di evitare tutto questo noioso lavoro." spiegò l'Argoniano, voltando la
boccetta d'inchiostro e sangue verso il basso, tenendola chiusa col
pollice e
guardandoli:
"Quello
che sarà fatto ora, è fatto per usare meno tempo. Lo stesso risultato
si può
ottenere con una forgia, ma non sarebbe possibile completare due daghe
prima
del tramonto. Sarà usata la magia, per mantenere la mia promessa. Vi
chiedo
solo di non distrarmi fino a quando avrò finito."
L'Argoniano
non aspettò la loro risposta, semplicemente Coda Spezzata fissò la
pergamena e
spostò il pollice: la scaglie nere rifulsero di una lieve luce dorata,
ma
questo fu quanto.
Lydia
dovette abbassare lo sguardo per capire il prodigio: l'inchiostro, che
normalmente sarebbe dovuto scendere come acqua, scorreva invece
lentamente,
fluido e viscoso. E più si avvicinava a terra, più rallentava, mentre
il flusso
nero si divideva in mille rivoli, ognuno con una direzione precisa, uno
scopo
definito, riempiendo il foglio di feroci rune cuneiformi, cerchi,
raffigurazioni di soli e lune, pentacoli, a contenere un'unica grande
runa.
Perfino Lydia sapeva quale fosse: Oht, la runa che compariva sempre in
qualunque libro che raccontasse della crisi dell'Oblivion. Un occhio
terribile,
che restituiva sempre lo sguardo.
Fu solo per
un momento, però, perché Coda Spezzata raddrizzò la boccetta di
inchiostro
facendo un passo indietro:
"È
stato fatto." disse l'uomo rettile, mentre la luce dorata scompariva
dalle
sue scaglie, lasciandolo di nuovo nero come una notte senza lune o
stelle: "Il
lavoro di giorni, compiuto in un istante."
Chinandosi,
l'Argoniano raccolse pietra di luna, ferro e la fiala di mercurio e
disse con
voce chiara:
"Ecco,
queste rune chiamano la fiamma che non è di questo mondo. Vieni!"
E la
pergamena prese fuoco.
La fiamma
che si innalzò fu ridicolmente alta perché fosse solo pergamena ad
alimentarla:
fu un fuoco che prese forma. Non fu più una fiamma poi, ma una figura
di rogo e
roccia ignea, vagamente femminea, vagamente bella. Una creatura
dell'Oblivion,
un Atronach di fuoco. Il demone non posava i suoi piedi per terra, ma
galleggiava nell'aria, circondata da piccole fiammelle: il suo corpo
era fuoco
liquido, e i contorni della sua forma erano disegnati da roccia
infuocata.
"Hai
fatto una lunga strada per giungere fino a qui." disse Coda Spezzata,
rivolgendosi alla creatura: "Io ti dono pane, e carne, per saziare la
tua
fame." recitò l'Argoniano, passando al demone la pietra di luna e il
ferro.
La creatura
li mangiò: sbocconcellò i lingotti come se davvero fossero stati pane e
carne.
Li divorò, e il metallo si liquefece nella sua bocca, scendendo in
rivoli nella
sua gola.
La creatura si forbì le labbra con le dita, in un gesto voluttuoso:
"E ti
dono vino, per calmare la tua sete." disse ancora coda Spezzata,
dandole
la fiala di mercurio.
La creatura
bevve: il peltro che conteneva il mercurio si mise a bruciare prima che
la
creatura finisse di svuotarlo.
Non aveva
occhi: tutto il suo volto al di sopra del naso era pura fiamma, che si
innalzava tra due corna, tuttavia il demone non smise di incrociare lo
sguardo
dell'Argoniano. L'Atronach cercò di allungare una mano per toccarlo, ma
una
forza invincibile, le leggi dell'Oblivion, gli impedirono di completare
i suoi
gesti.
"Ulfberth:
c'è bisogno della pinza più lunga che possiedi." ordinò l'Argoniano.
Il fabbro,
troppo scosso dallo spettacolo che aveva di fronte, non pensò nemmeno a
disobbedire: con la sua pinza migliore in mano, l'Argoniano la immerse
nella
creatura, dove un uomo avrebbe avuto lo stomaco, traendo un globo
informe di
ottone incandescente. Non colava, ma restava ancora solido: Coda
Spezzata aveva
calcolato bene i tempi.
"Ritorna
al tuo regno ora, Atronach. Io ti bandisco!" disse poi l'Argoniano, e
come
era venuta, la creatura scomparve in un lampo di fumo azzurro, odore di
zolfo e
metallo incandescente.
"...Il difficile
è stato fatto." esalò Coda Spezzata, ignorando gli sguardi dell'uomo e
delle donne che lo fissavano.
No, lui non
sarebbe mai stato uno di loro: l'Argoniano si diresse all'incudine di
Ulfberth,
prendendo il martello, e cominciando a modellare il metallo, che in
quello stato
era morbido come pane.
Lo piegò, lo
batté, lo piegò di nuovo, fino a che fu soddisfatto, poi gli diede
forma, quella
di un lungo coltello dalla lama triangolare, in cui punta ed elsa di
trovavano
sulla stessa linea. Tagliò l'eccesso dalla lama, rendendola curva e
serpentina
come una scimitarra, solo più corta e spessa. Non avrebbe avuto una
guardia, ma
con un punteruolo l'uomo rettile tagliò una parte del dorso,
modellandolo un
setto dove avrebbe potuto intrappolare le lame avversarie. Anche quando
ne rinforzò
lo spessore, il metallo rimase sempre piuttosto morbido: il calore con
cui i
materiali erano stati amalgamati doveva essere stato immenso. Fece
tempo a
lavorare l'elsa, e incidere una testa di aquila sulla sua cima, e rozze
ali sui
suoi lati, senza che il materiale si raffreddasse.
Poi, quando
fu soddisfatto del risultato, con un unico movimento deciso, Coda
Spezzata
tagliò la daga per il lungo, con precisione assoluta, ottenendone due
gemelle,
e dedicandosi a rifinirle rapidamente.
"Lydia!
Il fondo del secchio si vede ancora?" chiese poi.
"Sì mio
Thane!"
"Portalo
qui!" ruggì, cosa che Lydia fece.
Immediatamente,
una dopo l'altra, Coda Spezzata immerse le daghe nel secchio di acqua
salata,
che cominciò subito a fumare e gettare vapore.
Il sole
aveva appena cominciato a calare sull'orizzonte: mentre aspettava che
si
raffreddassero, Coda Spezzata rivelò il segreto della forgiatura elfica.
"Ulvul
Llaren di Morrowind, schiavo di Nuulion, maestro fabbro delle Isole di
Summerset dal 5° al 7° secolo della Seconda Era. Nuulion lavorava il
metallo e
lasciava Ulvul al mantice. L'elfo Nuulion era crudele, e stupido: non
pensava
che i suoi segreti potessero essere appresi da uno schiavo. Quando
Ulvul alla
fine fuggì, tornando a Morrowind, non ci fu migliore punizione per il
suo
crudele maestro di un tempo, che svelare i suoi segreti. Normalmente,
la pietra
di luna deve essere fusa in un orcio pieno di mercurio, per essere
lavorata col
ferro incandescente: trovare la giusta temperatura per unirle è sempre
la parte
più difficile. Il vero segreto però, è che il risultato finale deve
essere
raffreddato in acqua salata. Solo l'acqua salata dà resistenza al vero
metallo
elfico, nonostante la sua leggerezza...
Tutto
questo, mi è stato insegnato da Ulvul in persona, a Mournhold: gli elfi
dopo
tutto, vivono molto a lungo, ma io sono stato il suo ultimo
apprendista. Mi è
stato insegnato bene."
Ulfberth e
Adrienne tennero fede al patto: insieme, loro quattro avrebbero fatto
le due
corazze di cui Coda Spezzata e Lydia avevano bisogno. Sempre usando lo
stesso
trucco con cui aveva vergato la pergamena, e che Lydia avrebbe scoperto
essere
taumaturgia in effetti, in cui il sangue veniva usato per veicolare
l'inchiostro dove si voleva, Coda Spezzata disegnò le bozze per
spiegare di
cosa avevano bisogno. Fu una discussione lunga e intensa, di cui Lydia
comprese
molto poco, a parte il fatto che lei non avrebbe ricevuto una corazza
di
metallo elfico: meglio uno scudo per lei, aveva asserito l'Argoniano,
uno scudo
tondo abbastanza grande da potersi accucciare dietro. Sarebbe stato di
un
materiale che Ulfberth aveva chiamato "Acciaio inciso del Nord ", che
pochi usavano ancora. Sarebbe stato di acciaio, con una lieve
percentuale di
mercurio, e immerso in un bagno di ebano una volta completato.
Dello stesso
materiale sarebbe stata anche la sua corazza: piastre interconnesse a
formare
un busto completo ed un elmo a testa d'orso, alleggerendo il carico che
avrebbe
dovuto portare. Sarebbe stato proprio Ulfberth a battere quel metallo,
assieme
a gambali e bracciali, mentre il resto della sua persona sarebbe stato
protetto
dalla pelle e dalla pelliccia di un vero orso nero, le migliori che
Adrianne
avesse mai preparato. Secondo i fabbri, quella corazza sarebbe stata
abbastanza
forte da resistere a qualunque lama di uomo, ma non troppo pesante da
non poter
scappare da un drago: il suo Thane le disse anche che avrebbe incantato
lo
scudo perché la difendesse dalla magia, di uomo o di drago
indifferentemente.
In quei
quattro giorni, Adrianne e Coda Spezzata nel frattempo avrebbero fatto
la sua
corazza, ma aveva detto la donna, e su questo era stata intransigente,
senza
evocare altri demoni dall'Oblivion. Coda Spezzata aveva accettato:
sarebbero
tornati domani all'alba, per affilare le daghe, dare loro
un'impugnatura degna
di questo nome e un fodero, e iniziare le armature.
Fecero in
tempo perfino a passare da Arcadia, mentre la farmacista stava già per
chiudere
la sua bottega: l'Alchimista ringraziò il suo nuovo Thane per
l'investimento
generoso che aveva fatto nel suo umile emporio, e l'Argoniano in
risposta fece
strane domande, a valle delle quali acquistò linfa di Spriggan e una
manciata
di strani funghi a bolla, con cui, tornati a Breezehome, si mise a
preparare un
elisir nella sua nuova postazione alchemica, e che mise sopra una
fiamma molto
fioca, alimentata a olio. Coda Spezzata spiegò a Lydia che sarebbe
dovuta
andare tutta la notte, ma che sarebbe bastata controllarla di tanto in
tanto: non
c'era ragione le disse, perché anche lei si privasse della cucina di
Hulda.
La libertà
implicita che quell'invito le diede la galvanizzò: staccarsi per un
poco dal
suo servizio era un dono che poteva essere accordato o meno a seconda
del
volere del Thane e come primo giorno era stato abbastanza straordinario.
Lydia
temette inoltre, che quello sarebbe stato solo l'inizio: l'idea di
trovarsi col
suo Thane a combattere draghi... era qualcosa di troppo enorme perché
la sua
mente riuscisse a contemplarla. Meglio bere per quella notte, e
dimenticare...
Ma quando
entrò alla Giumenta Bardata, Lydia seppe che non le sarebbe stato
permesso:
aveva appena varcato la soglia, che gli avventori della locanda la
stavano già
guardando. C'era Sinmir il rissoso, Uthgert l'invincibile, che
nonostante
potesse essere sua nonna, non mancava mai di massacrare a pugni chi la
provocasse... c'era perfino Jenassa quella sera, la dunmer mercenaria
con la
faccia tatuata d'oro, a fissarla dall'angolo più buio della taverna. E
c'era
persino qualcuno dei Compagni, l'ubriacone Torvar e la mite Ria,
l'ultima
arrivata tra le loro fila.
E tutti la
stavano guardando: chi di sottecchi, da sopra il boccale, chi
apertamente.
"...Mikael,
perché non ci suoni invece qualcosa con un po' di ritmo?" stava dicendo
Hulda da sopra il bancone.
Mikael,
perenne residente della locanda, era il bardo locale, sfacciato e
volgare
corteggiatore di ogni donna: poche si concedevano a lui più di una
volta,
perché c'era solo una persona che lui amasse veramente, ed era sé
stesso.
"Hmm...
sì, in effetti è una buona idea. Sette Septim per Sigurd?"
"Magari
più tardi Mikael: la notte è ancora troppo giovane. Comincia con
l'idromele di
Mogo e prosegui da lì." disse Hulda.
E il bardo
rispose attaccando il motivo allegro con cui aveva così spesso
consumato le
corde del suo liuto: l'allegra storia dell'orco Mogo e del barile di
idromele
che rotolava giù dalla collina, sempre più leggero ad ogni boccale.
Lydia non
fece in tempo a sedersi al bancone di Hulda prima che fosse avvicinata:
fu
Ysolda la prima, la strana perla di Whiterun. Affascinate ragazza,
Ysolda era
sempre rimasta padrona del suo destino, nonostante i molti pretendenti.
Si
guadagnava da vivere come mercante, sensale e a volte servendo alla
Giumenta
Bardata: sembrava ormai deciso infatti che quando Hulda si fosse
ritirata, tutto
sarebbe passata a lei. Nel frattempo però, con i suoi modi da
cortigiana, Ysolda
aveva stretto strane amicizie, che le fornivano un alone di mistero:
che fosse
una semplice contrabbandiera o una spia per o contro il feudo però,
nessuno
sapeva dirlo con certezza.
"Non
vedo il tuo Thane." sillabò dolce, scuotendo i suoi capelli rossi e
sedendosi a fianco di Lydia: una domanda abbastanza innocente, ma che
fece
rizzare i capelli sulla nuca della giovane ragazza.
"È
rimasto a Breezehome."
"Sta
intrattenendo ospiti? Altrimenti, potrei fargli visita..."
"È
occupato." rispose neutra Lydia.
"Una
vera disgrazia. E domani? Domani sarà ancora occupato?"
"Credo
di sì."
"Di
certo non perde tempo... ammirevole. Mi chiedo solo se tu potessi dirci
qualcosa in più su di lui... è così misterioso in fondo. Sembra piovuto
quasi
dal cielo."
Come
huscarlo, Lydia aveva la responsabilità di preservare i segreti del suo
Thane
ora. Ma la Nord non sapeva ancora quanto di quello che aveva appreso
quel
giorno fosse possibile rivelare e cosa no: Farengar sembrava aver
capito molto al
solo sentire nominare quello strano luogo... Mournhold? Ma Lydia non
sapeva
dargli un significato: meglio essere i più vaghi possibile.
"Credo tu
sia al mio posto, Ysolda." disse però una terza voce, prima che Lydia
potesse inventarsi una vaga scusa.
Voltandosi,
Ysolda impallidì lievemente: di fronte a lei, si ergeva uno dei membri
più in
vista dei Compagni. Aela la Cacciatrice era una leggenda spaventosa tra
i
cittadini di Whiterun: incuteva rispetto e timore, al punto che tutti
le
facevano spazio. Si diceva fosse stata letteralmente cresciuta dai lupi
e Lydia
era disposta a crederci: anche in pieno inverno, Aela non portava
niente di più
pesante che il suo consunto corpetto di pelle rinforzata, stivali,
bracciali,
guanti e della pittura da guerra sul volto. Nella foresta, nessuno
avrebbe
sentito arrivare Aela o l'avrebbero vista muoversi, mentre in città
pochi
avrebbero osato mettersi sulla sua strada, o tentare di sedurla:
nonostante la
sua schiena nuda, l'ultimo che aveva provato a toccarla si era trovato
la mano
tagliata di netto.
Decisamente,
non erano gli animali che Aela favoriva come prede: quando un criminale
fuggiva
da Whiterun, o quando le guardie trovavano i resti di assassinii e
agguati
nella foresta, era ad Aela dei Compagni che si chiedeva aiuto per
cercare il
colpevole. La donna aveva occhi grigi, scintillanti come le lune, e
capelli del
colore del sangue secco: ma furono per le due daghe che portava appese
alla
cintura, su cui stava facendo riposare le mani, che Ysolda assentì.
"Le mie
scuse Compagno. Ero solo curiosa." disse Ysolda, scivolando via il più
in
fretta possibile.
Lydia non fu
così fortunata:
"Tu sei
l'huscarlo del nuovo Thane." non fu una domanda, e quindi Lydia non
rispose. "...Ha pensato alla mia proposta?" chiese senza preamboli.
La sua
confusione dovette essere evidente, perché Aela piegò la testa di lato:
"Non te
l'ha detto quindi. Mhh. In fondo, non c'è ragione di vantarsi di aver
ucciso un
gigante, quando tutti sanno che ha ucciso un drago... Poco male. Digli
da parte
mia che l'offerta è vera, e valida. Lui saprà che intendo."
"...Sì
Compagno." disse Lydia.
Aela non si
girò quando la sedia volò verso di lei, ma si piegò in basso con
un'agilità e
una velocità disumane, afferrandola al volo e rispedendola al mittente,
che la frantumò
con un pugno.
"Uthgert."
"Aela!"ringhiò
l'invincibile.
"...Dovresti
sapere che non ho ragioni per combattere con te."
"Sei
una vile dunque?"
"Un
branco di lupi non spreca il suo tempo con un pulcino, Uthgert." E
all'improvviso, dietro l'Invincibile, comparvero Ria e Torvar, con le
mani
sulle spade: "... Avresti dovuto saperlo."
La faida tra
Uthgert e i Compagni era molto vecchia, e molto accesa: l'Invincibile
aveva
tentato di unirsi alle loro fila un tempo, ma aveva fallito la sua
prova,
uccidendo uno dei loro, un fanciullo che avrebbe dovuto essere invece
il suo
compagno d'armi, piuttosto che la sua vittima. Per la sua sete di
sangue, i
Compagni avevano cacciato Uthgert dalle loro fila, perché non vi
facesse mai
più ritorno. Era quello il motivo per cui Uthgert beveva alla Giumenta
Bardata,
lavorando come mercenaria per pagare il suo liquore: per rimorso,
vergogna... e
per dimenticare.
"Non mi
combatterai dunque?"
"Non
abbiamo ragioni di farlo." disse Ria dietro di lei.
"Andiamo."
ordinò Aela, e Ria e Torvar la seguirono fuori dal locale, non prima
che
quest'ultimo battesse la mano sull'armatura di Uthgert, ruttando e
ghignando
ubriaco.
"Meglio
che vai, Lydia." sussurrò Hulda: "Uthgert vorrà di sicuro scatenare
una rissa contro di te ora."
E Lydia
seguì il suo consiglio: avrebbe preferito combattere un drago che
finire in
mezzo ad una rissa dell'Invincibile. Qualcuno diceva che Uthgert avesse
sangue
d'orco nelle vene, e anche a quello, Lydia era disposta a credere.
Fuori dalla
Giumenta Bardata, i suoi passi la condussero di nuovo rapidamente a
Breezehome:
le lune stavano salendo nel cielo, ed era già buio. Lydia si fece
riconoscere e
salutò una delle guardie di pattuglia, che portava con sé una torcia:
il lavoro
di una guardia del feudo non era mai finito. La giovane Nord invece
entrò a
Breezehome in fretta: non le era mai piaciuto il buio.
Il suo Thane
sedeva di fronte al fuoco, stravaccato in una delle sedie, con una
gamba
appoggiata sopra uno dei braccioli, sfogliando un libro con una mano:
decisamente, leggeva più rapidamente di lei, dato che era già quasi
arrivato a
metà. Nella mano libera invece, l'Argoniano faceva scorrere tra pollice
e
indice il suo prezioso anello di ferro.
"Lydia...
più rapida di quanto pensassi."
C'era un
odore strano a Breezehome, come di miele caldo e zuppa.
"C'è
stata una rissa alla Giumenta Bardata mio Thane... ho preferito venire
via."
L'Argoniano
assentì distratto: un vero Nord non avrebbe esitato a marciare alla
Giumenta
Bardata e partecipare alla discussione coi pugni . Ma il suo Thane non
sarebbe
mai stato un di loro: era raccolto e... indefinibile.
"E ho
incontrato Aela la Cacciatrice... dei Compagni. Dice che hai ucciso un
gigante,
mio Thane."
"Sì."
"Non me
lo avevi detto. Quando è stato?"
"Ieri
notte. Vicino ad una delle fattorie, quella di fronte alla città. Ho
prestato
qualche freccia ad Aela e la sua compagnia."
"È
stato molto coraggioso."
"No.
Uno spreco piuttosto: non avevano bisogno di me. Ma il gigante era in
piedi e
io avevo un arco..." aggiunse semplicemente.
"Aela dice che la sua offerta è vera, e
che tu avresti capito."
"Mhh...
allora sarà necessario far visita a Jorrvaskr e dire loro che al
momento non mi
è possibile unirmi ai ranghi dei Compagni."
"I
Compagni... Aela?"
"La
reputazione dei Compagni mi è nota... conosco l'onore che i Nord danno
all'essere accettati tra loro. Sono famigerati almeno quanto la Gilda
dei
Guerrieri a Cyrodiil. Ma visitare i Barbagrigia al momento ha la
priorità e da
quello che ho scoperto, raggiungere la cima della Gola del Mondo è un
viaggio
che non può essere affrontato alla leggera. Ci prenderemo del tempo per
qualche
avventura nel feudo, per imparare a coprirci le spalle, prima di
tentare la
scalata a Hrothgar Alto."
"...Sì
mio Thane."
"Disapprovi."
Anche quella non fu una domanda: "Bene."
"...Mio
Thane?"
Coda
Spezzata sospirò, sentendola usare così spesso quell'appellativo.
"Sono
uno straniero in questa terra, Lydia. C'è bisogno che qualcuno ogni
tanto mi
dica se sto facendo errori." disse l'Argoniano chiudendo il libro: "Una
passeggiata ti è gradita, Lydia? I fumi di linfa di Spriggan mi danno
alla
testa. Questo odore così dolce... blash."
disse disgustato il suo Thane e Lydia non seppe se era una parola in
lingua
Argoniana o un semplice verso.
"Non so
nemmeno cosa sia uno Spriggan, mio Thane."
"...Imparerai."
Uscirono
all'aria fredda della notte: il suo Thane evocò un semplice globo di
luce a
illuminare i loro passi.
"...Piuttosto
comodo, mio Thane."
"Un
piccolo trucco, che può essere appreso da chiunque. Ti insegnerò, se lo
desideri."
"...Non
so usare la magia."
"Chiunque
può usarla. Il resto... è solo addestramento. Viene dallo stesso luogo
in cui
va l'idromele quando lo bevi."
"Lo
stomaco?"
A questo,
l'Argoniano soffiò lievemente:
"Qualcosa
di meno letterale, Lydia. Lo stesso luogo da cui viene il calore delle
membra
quando hai svuotato un boccale. La magia è quella sensazione: tepore
senza
fiamma. Non viene dal cuore o dalla mente... ma da una parte dello
spirito,
quella che partecipa all'esistenza. Non ci sarebbe Tamriel, senza
magia."
"Non
capisco."
"...Ti
insegnerò, se tu lo vorrai. Non so molto. Ma potrebbe essere utile."
Lydia rimase
in silenzio a contemplare la luce che seguiva il suo Thane: come una
stella
addomesticata. Una luce buona.
Forse Coda
Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro... ma avrebbe potuto essere dei loro.
"Mio
Thane?"
"...Sì
Lydia?"
"Cosa
significa l'anello di ferro che porti con te?"
Coda
Spezzata glielo passò:
"Riesci
a vedere i caratteri sul bordo?"
Alla luce
del fuoco fatuo, Lydia percepì sotto il pollice, più che vederle, delle
incisioni, troppo regolari per essere un caso.
"Cosa
c'è scritto?"
"È il
nome della madre che mi ha cresciuto: Chalchi'Uhtlicue."
"...Non
credo che riuscirei a ripeterlo nemmeno con una lama alla gola."
"I nomi
di Lamia sono sempre peculiari."
Lydia
inciampò, ma riuscì a non cadere:
"Sei
stato cresciuto da una Lamia?"
Le storie
sulle donne serpenti erano arrivate fino a Skyrim, nonostante vivessero
vicino
alle acque.
"Non da
una Lamia qualsiasi. Chalchi'Uhtlicue: è stata lei a trovare il mio
uovo, abbandonato
sul fiume."
"...Mio
Thane?"
"Lydia?"
"Gli
Argoniani nascono dalle uova?"
Di nuovo,
Coda Spezzata soffiò leggermente, in quella che Lydia avrebbe imparato
a
riconoscere frustrazione e divertimento assieme.
Nel frattempo,
i loro passi li avevano condotti sotto le fronde senza foglie
dell'albero sacro
a Kynareth: si sedettero là, e il suo Thane le raccontò di lui.
Le disse che
non aveva mai avuto nessuno a dipendere da lui, e le spiegò perché.
Fu la notte
più lunga della vita di Lydia. |