AAA
Notte
Dei
passi leggeri risuonavano nei vicoli deserti. Il caldo afoso
dell'estate era penetrato in ogni mattone, in ogni pietra della
cittadina, e pareva sollevarsi, a piccoli sbuffi invisibili, anche
dal terreno, contribuendo a rendere l'aria pesante e appiccicosa.
Anche durante quella silenziosa notte di luna piena l'afa non
rinunciava a dominare il paese con straziante insolenza, a scapito di
tutti quegli abitanti che non riuscivano a chiudere occhio per il
caldo insopportabile.
Ma
lui non era toccato dal clima sfiancante, era nativo di Jehanna,
abituato a temperature ben peggiori, e aveva trascorso vari mesi nei
luoghi più inospitali delle sei nazioni, da grotte buie e umide, a
picchi innevati, a paludi putride. Quel caldo non era che un
piacevole refrigerio per lui.
Il
tintinnare della lama tenuta alla cintura era quasi più debole dei
suoi passi agili e veloci, e l'unico vero rumore che proveniva
dall'uomo era quello del sacchetto di pelle colmo di monete d'oro,
che, a ritmo regolare, faceva sobbalzare nella mano. Joshua, sorriso
beffardo, occhi brillanti, stava riassaporando il gusto della
vittoria avuta poco tempo prima. Il suono dei soldi risvegliava ogni
istante il suo sorrisetto compiaciuto, e nello stesso tempo placava
le fitte sorde che gli stava ancora procurando l'unico colpo
incassato dall'avversario. Era stato un tipo grosso, alto e robusto,
provvisto di un'armatura piuttosto invidiabile, un mercenario delle
montagne di Carcino, sceso fino lì per combattere nell'arena e per
vantarsi delle sue precedenti vittorie su celebri lottatori. Aveva
sottovalutato Joshua, apparentemente troppo esile per contrastare con
lui, ma era stata questa la sua rovina. Veloce come un cobra delle
sabbie, il mirmidone aveva sfinito la montagna con una serie di finte
rapidissime, per poi finirlo in un unico colpo alla gola. Un balzo,
come era solito a fare, verso l'avversario, puntando la Lama letale
appena sotto il mento del mercenario, e questo si era accasciato a
terra privo di vita in meno di dieci secondi, dopo aver borbottato
una mezza frase affogata nel suo stesso sangue. Gli spettatori si
erano alzati urlando di emozione, o di rabbia, dipendeva da chi aveva
scommesso su chi. Il premio era stato ottimo, trecento monete d'oro
sonanti tutte per lui, al modesto prezzo di un taglio superficiale
sul petto, poco sotto il polmone sinistro. Del quale la folla non si
era certamente accorta, neanche il suo rivale probabilmente. Aveva
semplicemente sfregato contro la grande lama piatta dell'avversario,
mentre stava attaccando, per un piccolo errore di calcolo, ma
l'avversario era stato leale, senza aver intinto la spada in nessun
veleno mortale come troppi concorrenti solevano fare. Non sarebbe
rimasta che l'ombra di una cicatrice... mentre pensava a questo, fu
colto da un improvviso suono di passi, leggeri come i suoi ma più
veloci, che si avvicinavano rapidamente. Non ebbe il tempo di
appoggiare la mano libera sull'elsa della spada che qualcosa lo urtò
da dietro, facendolo sbilanciare e cadere rovinosamente in avanti. Il
sacco di monete si rovesciò e decine di piccoli gettoni lucenti si
sparpagliarono sulle mattonelle color sabbia davanti agli occhi
illuminati di irritazione e sorpresa del mirmidone.
«Ma
cos...!»
Non
poté concludere la frase che si sentì schiacciare da un corpo
estraneo, seguito da un gridolino femminile. Per un attimo la fitta
al petto avvampò, facendogli digrignare i denti.
«Oh,
mi scusi!»
Sentì
sussurrare alle sue spalle, mentre il corpo rotolava giù dalla sua
schiena e lui poteva finalmente alzarsi in piedi. Con uno scatto
fulmineo, infatti, si riportò in posizione eretta e si voltò verso
l'altra persona; l'espressione contrariata sul suo viso si dissolse
con la stessa velocità che impiegò un sorriso meschino ad
affiorargli sulle labbra. Baciata dai raggi lunari, stava una giovane
donna dai lunghi capelli dorati, che le scendevano a boccoli morbidi
sulle spalle, coperti da un velo bianco come la neve da chierici. Le
profonde pozze blu come il cielo che costituivano gli occhi della
ragazza brillavano di un lieve rammarico, e di una strana paura
procurata da chissà quale pensiero.
«Cosa
ci fa un giovane bocciolo come lei in un paese spoglio come questo?»
Domandò
Joshua, facendo ricorso a quel poco di galateo – o forse, sarebbe
meglio dire, quel poco di romanticismo – che ancora conservava dai
tempi della fanciullezza. La donna non rispose, tremava. Sembrava
terrorizzata da qualcosa che solo lei poteva vedere, e non stava
minimamente ascoltando il mirmidone. Il sorriso sul volto di questo
scomparve:
«Posso
aiutarti? Ti sentibene?»
Solo
adesso la ragazza pareva vedere Joshua, e si affrettò a scuotere la
testa meccanicamente, per poi lanciare un'occhiata alle monete sparse
per il terreno e sussultare, come se avesse fatto una doccia fredda.
Si guardò un attimo alle spalle, scrutando il vicolo buio dal quale
era comparsa, e sussurrò ancora un “mi perdoni!” per poi
iniziare a correre meglio che poteva verso il lato opposto della
piazza. Joshua si aggiustò il cappello, rimuginando tra sé e sé, e
s'inginocchiò per riprendere le monete vinte all'arena. Ma mentre
lasciava cadere soldo per soldo dentro la borsetta di cuoio, la sua
mente continuava a soffermarsi su quella misteriosa giovane, sui suoi
occhi blu, sui suoi capelli. Di solito non aveva mai avuto molti
pensieri per la testa, da quando era scappato dal castello si era
preoccupato solo dei problemi al momento che si presentavano e aveva
agito poco di testa, lasciandosi guidare dal suo istinto, dal suo
carattere naturale. Eppure, dopo una serata fortunata come quella,
mentre allungava la mano per recuperare le monete cadute, quando
avrebbe dovuto essere felicemente spensierato come al solito, c'era
qualcosa che non andava. Quell'attimo in cui aveva incrociato gli
occhi della chierica era bastato a fargli scattare qualcosa
nell'animo, qualcosa che nel lasso di pochi minuti stava mettendo
radici e lo tormentava piacevolmente. Cercò di scacciare,
inutilmente, quei pensieri assurdi che stavano passandogli davanti
agli occhi, quando, a pochi centimetri dall'ultima moneta, la sua
mano si bloccò. Aveva avvertito dei passi pesanti, frettolosi
giungere dal vicolo alle sue spalle. Sentiva armature di soldati
tintinnare ad ogni passo, producendo un fragore lontano e fastidioso.
E, colto da un improvviso timore, trattenne il fiato per un istante.
“La
stanno inseguendo”
Il
rumore di passi si fece più vicino.
“È
in pericolo”
Una
coppia di soldati armati di lancia lo superò a corsa. Lui rimase
immobile per un'altra frazione di secondo, quando serrò la mascella,
afferrò l'ultimo pezzo di vittoria e se lo gettò in tasca,
abbandonando il sacco nel bel mezzo della piazza. Si gettò in una
corsa sfrenata, con la mano sull'elsa della spada, prendendo vie
diverse da quelle dei soldati per non rischiare troppo – il rischio
era la sua passione, ma anche lui conosceva il limite. I vicoli
notturni erano angusti e sporchi, più lunghi della via principale,
ma Joshua era anche senza armatura e nella compagnia di mercenari era
sempre spiccato per la sua velocità. Correva, come il vento,
inarrestabile, con la sola immagine degli occhi terrorizzati della
giovane stampata in testa. Inciampò, per un secondo temette di
cadere, ma riuscì a bilanciarsi e continuò a correre, fendendo
l'aria spessa e afosa come una la sua lama fendeva le cotte di maglia
degli avversari.
Correva,
correva, spinto dal pensiero che a quella giovane potesse capitare
qualcosa. La guerra che da poco era iniziata stava scombussolando
anche le vite dei cittadini innocenti, non la sua, non molto, ma
avrebbe benissimo potuto scombussolare quella della giovane chierica.
E questo non gli andava per niente a genio.
Perché
l'avesse colpita così tanto, non lo sapeva. Sapeva solo che in pochi
minuti quella cosa che lei gli aveva trasmesso gli stava infiammando
l'anima, dandogli, per la prima volta nella sua vita, una ragione
concreta per correre,
per rischiare.
Svoltò,
rapido, in uno stretto passaggio laterale, e si ritrovò, finalmente,
nel piazzone principale, completamente inondato dalla luna piena. La
luce argentea si infrangeva sull'acqua della fontana che dominava il
paesaggio, una leggera brezza scacciava un po' dell'umidità intrisa
nel paese. E, finita la piazza, le mura della cittadella si gettavano
perpendicolarmente verso il basso, creando un dislivello di 30 metri
dalla piazza al terreno appena fuori le mura. E i due soldati,
seguiti da altre due coppie, si trovavano di fronte allo strapiombo,
lance impugnate e corpo rigido, in cerchio attorno alla chierica. Le
armature rosse dei soldati di Graze scintillavano malignamente sotto
i raggi freddi della luna. Joshua si trattenne, per la prima volta
privo di idee su come agire, tenendosi in ombra per metà nascosto
dal muro della stradina secondaria. Doveva pensare, ed in fretta. Un
lanciere tentò una finta che spaventò la giovane ancora di più,
già tremante come una foglia, che indietreggiò afferrando con le
mani sudate i merli delle mura. Dietro di lei l'aspettava un salto
mortale. Joshua sibilò un'imprecazione, poi non ci pensò più e
partì alla carica, impugnando la sua fedele Lama. I soldati si
accorsero di lui solo dopo che uno dei lancieri si fu accasciato a
terra atterrando in una pozza di sangue che andava via via
ingrandendosi.
«Vigliacchi!
Come potete prendervela con una giovane ragazza indifesa?»
I
soldati, per un attimo disorientati, persero l'opportunità di
contrattaccare, e in due colpi il mirmidone ne uccise altri due.
Rimanevano tre lancieri, che, slanciandosi in avanti, tentarono di
colpirlo con delle lance di ferro; ma lui era troppo rapido per loro,
e poco prima di essere raggiunto dal più rapido scartò di lato,
mirando alle ginocchia, meno protette dall'armatura, e con un rapido
fendente tranciò la gamba a metà, e il soldato cadde in avanti,
troppo avanti. Joshua sentì l'urlo che si spegneva dietro di sé,
poi il tonfo, poi nulla. Ne rimanevano due, che invece di combattere
abbandonarono le armi e fuggirono. La piazza piombò nel silenzio più
totale. Il mirmidone rimase immobile qualche secondo, permettendo al
suo cuore di tornare a battere normalmente, poi si voltò come se
nulla fosse successo verso l'altra.
«Ora
sei salva»
Ridacchiò.
Lei non rispose, si limitò a guardarlo negli occhi per lunghi
istanti. Poi, con un filo di voce, chiese:
«Perché
mi ha aiutato?»
Joshua
afferrò uno straccio consunto, e portò la lama davanti ai suoi
occhi, iniziandola a ripulire dal sangue:
«Non
potevo restare con le mani in mano di fronte ad un'aggressione tanto
vigliacca. E di fronte a cotanto splendore, milady»
Rispose
senza guardarla negli in volto. Poi ripensò alle parole appena
pronunciate:
“Cotanto
splendore? Da dove me lo sono tirato fuori?”
Il
vento prese a tirare più forte. Il velo bianco della chierica
ondeggiò lentamente.
«Devo
ringraziarla moltissimo, signore»
“Signore,
ba'. Odio questa parola”
Pensò
lui.
«Ma
adesso la sua vita sarà in pericolo, la cercheranno, la vorranno
uccidere»
«Ah,
la mia vita è pericolo.
E comunque, non riusciranno a farmi fuori tanto facilmente, sta'
tranquilla»
Rimasero
in silenzio per un altro po', mentre l'unico rumore udibile era il
fruscio del vento e il debole strofinare del panno sulla lama. La
ragazza osservò con un misto di disgusto e di sollievo i corpi morti
accanto a loro, poi sobbalzò.
«Mi
scusi, devo... devo scappare prima che ritornino!»
Fece
per scavalcare il soldato alla sua destra quando Joshua, preso da
un'improvvisa paura di non rivedere mai più la giovane donna, si
voltò di scatto e le afferrò il braccio prima che lei sgattaiolasse
via di soppiatto:
«Già
te ne vai?»
«Devo
scappare, davvero, mi lasci!»
«Posso
almeno sapere il tuo nome?»
Gli
occhi di lei lasciaro, per un solo istante, trapelare indecisione sul
da farsi.
«Natasha»
Sussurrò
infine. Poi si liberò dalla stretta di lui e iniziò a corse via.
“Natasha”
Pensò Joshua sorridendo.
“È
proprio un peccato lasciarsi sfuggire una così rara bellezza...
probabilmente non è il mio giorno fortunato”
Il
sorriso dal suo volto si dissolse in mezzo secondo.
“Fortuna...!
La mia vittoria...”
Quando
tornò nella piazza dell'arena, il sacco era sparito.
Giorno
«...se
ciò che dici è vero, dobbiamo subito metterci in cammino per
salvare le Sacre Pietre!»
Esclamò
Erika colta di sorpresa. Seth si avvicinò alla chierica,
rivolgendosi però alla Principessa:
«Principessa,
non possiamo essere sicuri su ciò che ci viene detto dagli abitanti
di Graze. Ma se le parole di costei si riveleranno veritiere,
dovremmo avvertire gli altri regni»
Erika
annuì, poi chiese all'altra se volesse proseguire con loro.
«Se
ti stanno cercando per le tue informazioni, faresti meglio a startene
al sicuro nelle retrovie, Natasha. Non voglio che ti succeda niente
di male»
Ma
la giovane scosse il capo:
«So
usare le Bacchette, posso curare i vostri feriti. La prego,
principessa, mi faccia stare vicino a lei!»
Il
suo tono di voce lasciava trapelare una strana emozione,
un'intenzione nascosta che solo lei conosceva. Erika non ci badò più
di tanto e acconsentì, raccomandandole comunque di fare attenzione,
e assieme ai suoi validi alleati varcò le porte della città.
Passare di lì era inevitabile per raggiungere e soccorrere Ephraim.
Mentre attraversavano le vie del borgo, destando l'attenzione dei
cittadini intenti nelle loro mansioni giornaliere, Natasha non faceva
che guardarsi attorno, nell'intento di ritrovare, anche per un solo
istante, lo sguardo del misterioso giovane uomo che l'aveva salvata
due sere prima.
“Inutile”
pensò “a quest'ora sarà già fuggito per scampare ai soldati”
Natasha
si era rifugiata per un giorno nel bosco fuori dalla città, quando
aveva incontrato la compagnia di Erika e aveva raccontato la sua
situazione.
Una
coppia di soldati dall'armatura carmina attraversarono un vicolo, e
per un attimo Natasha fu colta dal panico, scivolando rapidamente
dietro al cavallo di Seth, che sporse leggermente lo scudo per
coprirla totalmente. Le guardie passarono. Ben presto si ritrovarono
nel piazzale dell'arena, e qui la chierica ebbe un sussulto. Tra la
folla di cittadini e forestieri radunata vicino al grande anfiteatro,
le parve di scorgere i lunghi capelli rossi e il cappello del suo
soccorritore. Si sporse per vedere meglio, si sporse troppo, e un
grido le raggelò il sangue:
«Eccola,
è lei! Prendetela!»
Dopo
scoppiò un caotico scontro del quale Natasha non prese parte,
indietreggiando e nascondendosi dietro a dei barili di una bottega.
Erika e i suoi guerrieri iniziarono a scontrarsi, e ben presto
giunsero decine di soldati da ogni angolo. Natasha non poteva fare
nulla, se fosse uscita allo scoperto l'avrebbero sicuramente uccisa.
Eppure sentiva un bisogno ardente di ritrovare il suo salvatore.
Temeva gli succedesse qualcosa, in mezzo a tutto quel caos. I paesani
iniziarono a correre da ogni parte, gridando, invocando gli dei,
piangendo, mentre sempre più soldati venivano sconfitti e si
ritiravano, o cadevano a terra senza vita. Erika schivava ogni colpo,
Seth non ne mancava uno. Garcia, Franz, Gilliam, Vanessa... tutti
loro combattevano con ardore, schiacciando tutti i Grazeiani che si
avvicinavano. Sarebbe potuta rimanere nascosta per tutto il tempo
della battaglia se, ad un certo punto non l'avesse visto. Spada lunga
e affilata, movimenti agili, capelli rosso fuoco, lunghi. Si stava
scagliando verso Seth, incurante di tutti i soldati che quest'ultimo
aveva ucciso e che ora giacevano ai piedi del suo cavallo.
“Si
farà ammazzare!”Era ancora lontano dal paladino, si stava
avvicinando furtivamente aspettando che i soldati davanti a lui
venissero battuti per poi lanciarsi all'attacco. Natasha non ci pensò
due volte, e corse il più velocemente possibile verso il mirmidone,
cogliendolo di sorpresa:
«No,
fermo!»
Lui
si bloccò.
«Non
puoi competere contro di lui, è un generale di prima categoria»
Urlò
per sovrastare i ruggiti di battaglia.
“Non
puoi farti ammazzare così, dopo avermi salvata”
Lui
le lanciò una strana occhiata, poi disse, semplicemente:
«Natasha...»
Seth
aveva sconfitto tutti coloro che gli si erano parati davanti. Spronò
il cavallo a raggiungere Joshua, con la lancia d'argento impugnata e
pronta a colpire. Il mirmidone stringette con più forza l'elsa della
spada.
«Fermi,
entrambi, vi prego!»
Seth
frenò il suo destriero, Joshua si voltò nuovamente verso di lei.
«Lui
mi ha salvato la vita, l'altra notte»
Cercò
di spiegare la chierica al generale.
«Non
è che un mercenario di Graze, un mirmidone, direi»
Ribatté
piatto Seth.
Joshua
indietreggiò, perplesso:
«Mi
hanno ingaggiato questa mattina per fermare una certa disertrice, non
ho minimamente pensato potesse trattarsi di te»
Cercò
di scusarsi il mirmidone.
“In
realtà, ero certo fossi tu. Non ti avrei mai fatto del male, volevo
solo rivederti”
La
piazza era ormai deserta, tutti i soldati erano morti o fuggiti.
Erika si avvicinò ai tre:
«Cosa
sta succedendo qui? Chi sei tu?»
Joshua
fece scorrere il suo sguardo su tutti i guerrieri che si trovava di
fronte. Non erano di Graze, probabilmente stavano combattendo contro
l'Impero. Quella giovane perla era stata attaccata dai guerrieri di
Graze per delle informazioni che l'Impero non voleva rendere note.
Lui aveva combattuto contro i soldati, pochi giorni prima. Lui era
con la ragazza, decise, contro l'Impero di Graze, dunque.
«Possiamo...
fare una piccola scommessa»
Propose.
Natasha lo guardò perplessa, Seth serrò il pugno sulla lancia.
Dalla
tasca tirò fuori l'unica moneta che era riuscito a recuperare di
quel ben di Dio che aveva vinto nello scontro di due notti prima.
«Se
esce testa, mi unirò a voi»
Si
stava praticamente autoinvitando a seguire Erika e il resto della
compagnia. Nessuno parlò, Natasha continuò ad osservarlo con uno
sguardo poco convinto.
Lanciò
in aria la moneta, che sotto il sole brillava come una scintilla
dorata. Questa roteò in alto, poi ricadde e lui l'afferrò al volo,
chiudendola in pugno. Guardò cos'era saltato fuori, e inizialmente
parve perplesso, ma poi i suoi lineamenti si rilassarono e sorrise.
«Testa.
Spero di non esservi d'impiccio, sono bravo con la spada»
Seth
continuò a guardarlo storto, mentre Erika, spontanea come se fosse
accaduta una cosa semplicemente normale, si presentava al mirmidone.
Qualche
tempo dopo, in viaggio.
Natasha
finì di bendargli il braccio, per poi mormorare un paio di parole di
conforto.
«Era
un brutto taglio, ma ora sta già meglio»
Joshua
annuì.
«Bisogna
essere vili per avvelenare le proprie lance»
Commentò
in disparte L'Arachel, intenta a strigliare la sua meravigliosa
cavalcatura.
«Per
fortuna abbiamo fatto scorta di antitossine a sufficienza»
Ribatté
Gerik tamponandosi, anche lui, una ferita.
Erika
annunciò:
«Rimettiamoci
in marcia, Raust è ancora lontana!»
Joshua
salì sul carro del rifornimento, troppo esausto per continuare a
piedi, così come lo erano Gerik e Marisa, entrambi stati colpiti da
armi velenose. Anche Natasha salì sul carro.
Dopo
qualche ora di viaggio passato a chiacchierare del più e del meno,
si fermarono nuovamente per la cena. Gerik e Marisa saltarono subito
giù, riposati e affamati, mentre Joshua venne bloccato dalla
chierica:
«Come
va il braccio?»
«Bene,
non brucia più»
Sorrise
lui.
«Senti...»
La
voce della donna cambiò improvvisamente.
«A
volte mi chiedo... quel giorno, a Serafew, quando ti unisti al nostro
viaggio... quella moneta... era veramente uscita fuori testa?»
Joshua
impiegò qualche istante a capire di cosa stesse parlando, quando
improvvisamente i suoi occhi si illuminarono e rivide la scena
davanti a se.
Abbozzò
un sorriso furbo:
«E
anche se così non fosse? La vita non è fatta solo di fortuna,
piuttosto di scelte fortunate»
Lei
ricambiò il sorriso.
Commento
E
dopo tanti anni passati a venerare Super Mario, scopro quest'altra
fantastica serie! Sin dai primi capitoli, The Sacred Stones mi ha
appassionata e mi sono subito innamorata di Joshua! Questa era una
piccola one-shot che dovevoo scrivere assolutamente, spero vi sia
piaciuta!
Una
nuova intrusa in questo fandom,
Debby_Gatta_The_Best
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